La dieta vegetariana allunga la vita, oppure no?

Scritto da: Andrea Sperelli
Fonte: http://www.italiasalute.it/dieta.asp?id=2118

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Non ci sarebbe correlazione fra un consumo di carne moderato e la riduzione dell’aspettativa di vita. A dirlo è un nuovo studio dell’Università di Oxford che sembra smentire l’ipotesi della pericolosità della carne e dei benefici dell’approccio vegetariano all’alimentazione.
L’analisi – rilanciata dall’associazione Carni sostenibili – ha esaminato le abitudini alimentari e lo stato di salute di 60.310 adulti del Regno Unito negli ultimi 30 anni. Lo studio segnala la mancanza di differenze in termini di mortalità fra i diversi gruppi di dieta esaminati, ovvero vegani e vegetariani non mostrano un’aspettativa di vita più lunga rispetto a chi mangia carne. Fanno eccezione le morti per cancro pancreatico e tumori del sistema linfopoietico: in questo caso, chi consuma carne cinque o più volte alla settimana ha un rischio superiore rispetto agli altri.

Per quanto riguarda le prime 6 cause di morte, invece, non c’è differenza statisticamente significativa nella mortalità fra vegetariani o vegani e consumatori di carne. I dati sono risultati sovrapponibili sia in seguito agli aggiustamenti statistici riguardanti il peso (BMI), il genere, l’abitudine al fumo, sia confrontando la mortalità prima dei 75 anni e a 90 anni.
Il punto cruciale sembra essere quindi la moderazione. Se si adotta un regime alimentare equilibrato, senza privarsi di alcun alimento, ma variando i cibi, il problema non sussiste. Le linee guida americane sull’alimentazione, peraltro, indicano nelle calorie totali, nella percentuale di grassi saturi e degli zuccheri e nell’abuso di sale i principali fattori di rischio, tralasciando il consumo di carne.
In ogni caso, da qualche tempo a questa parte c’è un vero e proprio boom di adesioni alla dieta vegetariana. Stando ai dati diffusi dalla Società scientifica di nutrizione vegetariana, 1 italiano su 10 ha ormai detto addio alla carne.
Luciana Baroni, presidente della società, commenta: «Poco meno del 10 per cento della popolazione italiana segue una dieta vegetariana, sia latta-ovo che vegana. Le persone responsabili hanno preso coscienza che si tratta di una scelta salutare ed ecosostenibile: l’aspetto ecologista è infatti tutt’altro che irrilevante, e la scelta di cosa mangiare ha un effetto potente sull’impatto ambientale delle nostre scelte alimentari”.
“Gli studi condotti sui vegetariani – continua Baroni – evidenziano una protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari (infarto e ipertensione), delle malattie metaboliche (dislipidemie, obesità e diabete) e di tutti i tipi di cancro, nonché nei confronti della cataratta e della malattia diverticolare”.
Uno studio inglese rivela inoltre che il consumo di vegetali allunga in media del 20 per cento la vita.
In realtà la ricerca dell’Imperial College di Londra parla di un 70 per cento di cibo consumato proveniente da fonti vegetali, quindi non si può parlare propriamente di dieta vegetariana. Questa preponderanza dei vegetali, comunque, ha l’effetto di ridurre del 20 per cento il rischio di morire a causa di malattie cardiovascolari rispetto a chi segue una dieta in base alla quale solo il 45 per cento di alimenti è di origine vegetale.
I ricercatori inglesi hanno analizzato i dati del grande studio Epic, un’analisi di respiro europeo sulle abitudini alimentari dei cittadini del vecchio continente.
“Invece di evitare drasticamente gli alimenti di origine animale, come fanno molti anche con l’obiettivo di allontanare il cancro, sostituire solo in parte il consumo di carne con cibi provenienti da fonti vegetali può essere un modo molto semplice e utile per abbassare la mortalità cardiovascolare”, hanno spiegato i ricercatori.
Un altro studio pubblicato su Jama Internal Medicine va invece oltre e suggerisce l’adozione di una dieta interamente vegetariana. Lo studio della Loma Linda University, in California, è stato firmato dal dott. Michael J. Orlich, che insieme ai suoi colleghi ha analizzato i dati di oltre 73 mila uomini e donne che hanno partecipato a un follow up di 6 anni, nel corso dei quali sono morte più di 2500 persone.
Grazie ai questionari compilati a suo tempo dai pazienti, i ricercatori hanno potuto suddividere il campione in cinque gruppi diversi: i non-vegetariani (onnivori), i semi-vegetariani, i pesco-vegetariani (cioè chi non mangia carne, ma consuma comunque pesce), i lacto-ovo-vegetariani (chi non mangia carne e pesce, ma consuma uova e latticini) e infine i vegani puri, ovvero coloro che non consumano alcun prodotto di origine animale.
Dai risultati emerge una differenza netta nella mortalità fra gli onnivori e i vari tipi di vegetariani, con percentuali che variavano dallo 0,88 al 12 per cento in meno di rischio a seconda del tipo di vegetarianismo adottato.
È chiaro di conseguenza il rapporto di causalità fra l’adozione della dieta vegetariana e il rischio di morte, un’associazione più evidente fra gli uomini rispetto alle donne. Come previsto, la riduzione della mortalità riguarda in particolar modo le patologie cardiovascolari, ma non esclude tutte le altre malattie.
Ad esempio, i ricercatori hanno individuato 380 casi di tumore del colon e 110 casi di cancro del retto, scoprendo che rispetto ai non vegetariani, chi seguiva una dieta vegetariana aveva il 22% di probabilità in meno di sviluppare un tumore colorettale di qualsiasi tipo. In particolare, le probabilità di ammalarsi erano diminuite del 19% per il cancro del colon e del 29% per quello del retto. Inoltre, rispetto ai non vegetariani, i semi-vegetariani avevano l’8% in meno di rischio di cancro del colon-retto, che scendeva al 18% in meno tra i vegetariani che consumavano di preferenza latte e uova e addirittura al 43% in meno tra coloro che consumavano pesce. “Se tali associazioni sono causali, la dieta semi-vegetariana o vegetariana può essere di estrema importanza nella prevenzione primaria dei tumori colorettali”, conclude Orlich.
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