Parlare e riflettere non sempre camminano insieme. La moda di “dire in faccia quel che si pensa”

Scritto da: Salvatore Primiceri
Fonte: http://buonsenso.eu/parlare-e-riflettere-non-sempre-camminano-insieme/

Nell’era cosiddetta “social”, virtuale o reale che sia, vi sarà capitato di imbattervi almeno una volta in qualcuno che abbia pronunciato la frase “Dico in faccia quello che penso”.

Di tale affermazione ne esistono alcune varianti: quella giustificativa del tipo “Io sono fatto così, dico in faccia quello che penso”, quella educata “Scusa ma io sono così, dico in faccia quello che penso”, quella autoreferenziale e narcisista “Io sono uno sincero e onesto, dico in faccia quello che penso”, quella eroica “Io ho il coraggio di dire in faccia quello che penso” e così via.
Nel dialogo tra due persone dire all’altro quello che si pensa è giusto? E’ corretto? E’ utile? Ma soprattutto che significa l’espressione “dico quello che penso”?
Nella maggior parte dei casi chi utilizza tale frase è un individuo che si sente autorizzato (da chi o da cosa?) ad esprimere un parere su una questione che coinvolge il proprio interlocutore. Il fine dovrebbe essere quello di “aprire gli occhi” dell’altro affinchè veda le cose correttamente (secondo la visione di chi dice quello che pensa ovviamente). Dire quello che si pensa in faccia all’altro sarebbe quindi un atto mosso da indole benevola dove la schiettezza è sinonimo di sincerità, dove l’intenzione e l’azione assumono più valore delle conseguenze.
Eh sì perchè dire in faccia quello che si pensa ha anche delle conseguenze che l’eroico o coraggioso pensatore non sempre è in grado di considerare (o meglio, spesso non vuole considerare rifugiandosi dietro la scorciatoia della presunta sincerità).
L’atto di dire ciò che si pensa, infatti, si basa il più delle volte sulla verità presunta e relativa di una parte che tenta di imporre la propria visione all’altro. E’ un atto spesso fortemente individualista di chi lo compie e raramente altruista.
Gli alibi della sincerità, del coraggio e della schiettezza celano piuttosto l’egoismo e l’autoritarismo di chi vuol apparire più forte nei confronti dell’altro, per utilitarismo personale o per esercizio di piacere.
Pensare e parlare, però, sono ben altra cosa. Pensare è un’attività fondamentale del nostro organismo. Grazie al pensiero possiamo elaborare dati che ci portino al giusto risultato, al bene comune. L’attività del pensiero, diceva Socrate, non si basa sulla verità di chi parla ma sul dubbio. Il dubbio spinge alla ricerca che è sorretta dal dialogo e dalla collaborazione alla pari. Pensare è quindi un esercizio che richiede tempo, riflessione, elaborazione, ascolto dell’altro e dialogo costruttivo. Non può quindi risolversi in un atto istintivo di un singolo.
Sostanzialmente un conto è “dire ciò che si pensa”, un altro è “dire ciò che passa per la mente”. Ecco, quindi, che molte delle espressioni utilizzate oggi non sono vere attività di pensiero ma semplici parole buttate in faccia all’altro per sentirsi in qualche modo migliori o semplicemente per offendere.
Le parole sono importanti e se si deve proprio dire qualcosa è il caso di trovare quelle adatte che sappiano tener conto delle sensibilità altrui; ciò non significa essere falsi ma semplicemente essere giusti e rispettosi verso gli altri e verso sè stessi, per davvero.

Se è vero che chi gioca a palla impara contemporaneamente a lanciarla e a riceverla, nell’uso della parola invece il saperla accogliere bene precede il pronunciarla. (Plutarco).

 

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