Soldati romani uccisi da arma chimica quasi 2.000 anni fa

Fonte: http://www.ditadifulmine.com/

L’arte della guerra è antica come l’uomo, questo è ben noto a tutti. Ma se ci immaginiamo che i nostri antenati combattessero soltanto con spade e archi, siamo ben lontani dalla realtà. Non solo c’erano armi relativamente complesse come catapulte, trabucchi, fuoco greco o polvere da sparo, ma anche una complessa gamma di armi chimiche e biologiche.

Intorno al 250 d.C., l’impero persiano voleva assolutamente appropriarsi della città di Dura, al tempo utilizzata come base militare da Roma. Era una città dotata di mura difensive realizzate con mattoni di fango, spesse circa un metro e di difficile superamento o abbattimento tramite le tecnologie d’assedio del tempo.

I persiani iniziarono quindi a scavare una serie di tunnel sotto le mura, in modo tale da farle crollare e consentire all’esercito di penetrare nella città. I tunnel iniziavano a circa 40 metri dalle mura, partendo da una tomba situata nella necropoli sotterranea di Dura.

Ma i Romani non restarono di certo a guardare: iniziarono a scavare cunicoli per intercettare i lavori di scavo persiani. Sembra quasi uno scenario da guerra di trincea di circa un secolo fa, ma tutto questo avveniva quasi 2.000 anni nel passato.

Intorno agli anni ’20-’30 del 1900, l’archeologo francese Robert du Mesnil du Buisson iniziò a scavare dentro questi tunnel, trovando i resti di almeno 19 soldati romani e di un solo persiano. Ma se al tempo ci si immaginò un duro combattimento a colpi di spada, oggi si ritiene invece che ad uccidere i soldati in quel tunnel sia stata un’arma chimica.

L’ipotesi precedente era che i soldati persiani, dopo il combattimento sotterraneo, avessero dato fuoco al tunnel romano. Cristalli di zolfo e bitume sembravano sostenere questa idea.
Ma secondo Simon James, archeologo dell’Università di Leicester, la ricostruzione non ha molto senso: è infatti difficile combattere con le spade in un tunnel che si attraversa soltanto chinandosi, e la disposizione dei corpi non sembra essere coerente con quella di uno scontro. “Non era un mucchio di persone raccolte in uno spazio angusto e cadute una volta colpite. Era un mucchio deliberato di corpi” dice James.

Cosa accadde in quel tunnel? Una pratica ben nota ai persiani: armi chimiche. “Nel mondo antico c’erano molte armi chimiche” spiega Adrienne Mayor, storica della Stanford University. “Poche persone sanno quanti documenti storici ci raccontano di questa guerra chimica”.

Ad esempio, quasi 400 anni prima di questo episodio, i Greci utilizzarono piume e soffietti per spingere il fumo all’interno dei tunnel d’assedio romani. Per creare il fumo, venivano utilizzati bitume, pece o petrolio.
L’idea che i Persiani abbiano utilizzato il fumo per uccidere gli invasori romani sarebbe quindi molto verosimile.

I Persiani avevano già avvertito la presenza dei Romani sotto il livello del terreno, e decisero quindi di piazzare una trappola. Non appena i Romani irruppero nel tunnel persiano, appiccarono il fuoco dal loro lato del passaggio sotterraneo e spinsero il fumo di zolfo e bitume nel condotto, uccidendo i nemici e un soldato del loro schieramento con questo mix letale. All’interno dei polmoni, infatti, il mix chimico del fumo si tramuta in acido solforico, uccidendo chiunque si dovesse trovare nel mezzo dei vapori.
Una volta che il fumo lasciò il tunnel, i soldati persiani fecero crollare il condotto e accatastarono i cadaveri nella posizione in cui du Mesnil li scoprì.

Il problema è che dimostrare questo scenario potrebbe essere un po’ complicato: du Mesnil ricoprì il tunnel dopo aver effettuato gli scavi e aver riportato la sua scoperta sulla carta tramite appunti e disegni. Ma le tracce di bitume e di zolfo sono ancora presenti nel terreno, e sono un indizio concreto a sostegno dell’ipotesi di James

Giganti irlandesi: più che semplice leggenda

Fonte: http://www.ditadifulmine.com

Irlanda è terra di miti e leggende: folletti, elfi, gnomi, leprecauni, ogni sorta di creatura bizzarra popola il folklore irlandese. Ci sono anche i giganti, che tuttavia potrebbero essere meno leggenda di quanto la tradizione popolare lasci intendere.

Secondo uno studio pubblicato sul The New England Journal of Medicine, gli abitanti delle regioni settentrionali dell’Irlanda sono particolarmente soggetti ad adenoma pituitario, una patologia che causa una produzione di ormone della crescita 50 volte superiore al normale.

Marta Korbonits, professoressa di endocrinologia e metabolismo alla London School of Medicine, ha indagato nel passato di quattro famiglie nord-irlandesi moderne, scoprendo un legame genetico con lo storico “gigante irlandese” Charles Byrne.

Charles Byrne, noto anche come Charles O’brien, fu mostrato per la prima volta in un freak-show negli anni ’80 del 1700. La sua altezza spropositata, tra i 248 e i 254 centimetri, attirò l’attenzione sulle sue misure tanto che la sua esistenza era nota a tutti i cittadini britannici dell’epoca.

Il suo gigantismo pare essere stato causato da una disfunzione della ghiandola pituitaria (ipofisi), una ghiandola alla base del cranio che regola l’attività endocrina e metabolica di tutto l’organismo.

Lo studio dei resti di Byrne, in particolare dei suoi denti, ha portato a trovare una connessione tra il gigante e quattro famiglie irlandesi moderne, inclusa quella di Brendan Holland, alto 220 centimetri e presentato al “Today” show come il nuovo gigante irlandese.

Byrne e Holland hanno ereditato la stessa mutazione genetica che provoca gigantismo da un antenato comune, vissuto 1.425-1.650 anni fa, 55-66 generazioni prima di loro.

“Queste persone non sono curiosità o freak, ma persone normali malate, come ogni altra persone che ha ereditato una maggiore possibilità di incorrere in patologie dai genitori, come problemi di cuore o diabete” afferma Korbonits.

Korbonits spera di identificare con precisione le cause genetiche del gigantismo per poter minimizzarne gli effetti nel caso la disfunzione venga diagnosticata in tempo.

Cinecittà rischia di morire

Fonte: http://www.iljournal.it/2011/cinicetta-rischia-di-morire/218845

Luciano Sovena, amministratore delegato di Cinecittà Luce, lancia l’allarme. I tagli ai finanziamenti – nel 2011 riceveerà dallo stato solo 7 milioni e mezzo di euro – mettono in pericolo anche uan delle eccellenze, lo storico archivio dell’Istituto Luce. Un archivio che è patrimonio di tutti. Sembra un paradosso ma mentre festeggiamo il 150° dell’Unità d’Italia il Governo lascia morire d’inedia una istituzione, un pezzo della nostra storia e sicuramente il pezzo più pregiato della storia del cinema. italiano e non. Dopo l’allarme, come sempre, la politica si getta apesce sulla ghiotta occasione. Non per fare, per risolvere, per offrire soluzioni ma per rinfacciarsi a vicenda colpe, ritardi ed omissioni.
A scendere in campo, con forza, mobilitandosi a favore di Cinecittà Luce, sono registi e produttori come Marco Bellocchio, Gianni Amelio, Saverio Costanzo, Angelo Barbagallo, Mimmo Calopresti. «L’istituto luce – dice Gianni Amelio – è la memoria storica del nostro cinema, chi perde la memoria del proprio passato perde anche il proprio futuro». Per Saverio Costanzo invece «Gli esordi, senza l’aiuto di un ente pubblico, è impossibile farli, ed io non avrei realizzato il mio primo film se non avessi avuto il sostegno da parte di Cinecittà Luce. Questo senza dimenticare l’importanza dell’Archivio, che è noto a tutti». Per il produttore Angelo Barbagallo: «È l’ennesima drammatica notizia di questo periodo che segna un disinteresse totale da parte del governo nei confronti del nostro settore. Cinecittà è un patrimonio non del cinema italiano ma dell’Italia. Svolge delle attività fondamentali e indispensabili oltre che nella conservazione del patrimonio cinematografico, nella distribuzione di opere prime e seconde e nella promozione del cinema italiano all’estero attività indispensabile per la sopravvivenza e il rinnovamento del nostro cinema e che in questo momento solo il Luce è in grado di svolgere». Rilancia Marco Bellocchio: «Nel caso di Cinecittà Luce c’è poi, tra l’altro, un archivio straordinario che deve restare allo Stato, un vero tesoro incedibile. Anzi – aggiunge il regista de I pugni in tasca -, l’archivio semmai andrebbe potenziato. È un vero patrimonio italiano che è minacciato proprio ora che si parla tanto di storia II regista Mimmo Calopresti sottolinea: «Le immagine dell’istituto luce sono patrimonio dell’umanità, la memoria dell’umanità deve essere salvaguardata. È retorico celebrare l’Unità d’Italia in nome della nostra memoria storica e poi tagliare i fondi che permettono di far vivere quella memoria. La cultura deve continuare a esistere perchè non muoia la vita sul pianeta terra».

Il terremoto in Giappone è stato provocato da un test nucleare?

Scritto da: Anto
Fonte: http://www.italiaparallela.it/

I media, in questi giorni, non fanno altro che parlare del devastante terremoto che venerdì 11 Marzo ha colpito il Giappone.
Il terremoto di magnitudo 8,9 ha provocato un enorme tzunami con onde alte oltre 10 metri e la preoccupante esplosione del reattore N°1 della centrale nucleare di Fukushima.
Il sisma è stato uno dei più devastanti negli intimi 150 anni (il più tremendo si verificò nel maggio del 1960 in Cile quando la terra tremò ad un magnitudo 9.3) e ha provocato uno spostamento dell’asse terrestre pari a 10 cm, portando all’aumento della rotazione della terra di un microsecondo (un milionesimo di secondo).

Cosa sta succedendo al nostro pianeta?
Siamo sicuri che sia tutto solo un fattore naturale e che l’uomo non centri nulla?
Andiamo a indagare sulla verità…

Dagli anni 50 Stati Uniti, Russia, Cina e India hanno iniziato ad effettuare test nucleari e forti terremoti, superiori al magnitudo 7.0 della scala Richter, sono succeduti alcuni giorni dopo questi test, sarà solo casualità?

Sappiamo benissimo che la crosta terrestre è in continuo movimento e le placche tettoniche che sfregano le une sulle altre provocano naturalmente vulcani e terremoti ma rimane il dubbio sul perché, tutti i terremoti avvenuti dopo esperimenti nucleari, siano sempre stati a un magnitudo pari o superiore allo 6.0 della scala Richter.

Nel 1974 il Dottor Matsushita, scienziato del National Center of Atmosferic Research, scoprì che dopo questi test nucleari la ionosfera e il campo magnetico terrestre venivano disturbati per un periodo da dieci giorni a due settimane portando addirittura ad oscillazioni dei poli terrestri.
Lo scienziato fu subito messo a tacere dal governo degli Stati Uniti e gli fu impedito di continuare le sue ricerche in merito nascondendo tutte le prove che egli aveva rilevato.

Ma è inutile stare qui a parlare di teorie, i dati fanno la differenza!
vi proponiamo quindi una tabella con le varie date dei test e i relativi terremoti:

n° Test

data del test

data terremoto

Località

Magnitudine

Vittime

17

1953 17 Marzo

18 Marzo

Anatolia

7.2

1.200

33

1956 6-16 Giugno

10-17 Giugno

Afghanistan

7.7

2.000

54

1957 9 Dicembre

13 Dicembre

Iran

7.2

2.000

145

1962 1 Settembre

1 Settembre

Iran

7.1

13.000

67

1966 19 Agosto

19 Agosto

Turchia

6.9

2.600

64

1968 27/29 Agosto

31 Agosto

Iran

7.4

12.000

61

1970 26/27 Marzo

28 Marzo

Turchia

7.4

1.100

61

1970 28/30 Maggio

31 Maggio

Perù

7.7

68.000

46

1972 21 Dicembre

23 Dicembre

Nicaragua

6.2

5.000

46

1974 27 Dicembre

28 Dicembre

Pakistan

6.3

5.200

38

1975 6 Settembre

6 Settembre

Turchia

6.8

2.300

45

1976 4 Febbraio

4 Febbraio

Guatemala

7.5

23.000

45

1976 27 Luglio

28 Luglio

Cina

8.2

800.000

45

1976 23 Novembre

24 Novembre

Turchia

7.9

5.000

59

1978 13 Settembre

16 Settembre

Iran

7.7

25.000

55

1980 8 Ottobre

10 Ottobre

Algeria

7.3

4.500

57

1982 10 Dicembre

13 Dicembre

Yemen

6.0

2.800

57

1987 26 Ottobre

30 Ottobre

Turchia

7.1

1.300

40

1988 5 Novembre

6 Novembre

Cina

7.3

1.000

40

1988 4 Dicembre

7 Dicembre

Urss

6.8

60.000

Il 5 aprile 2009 la Corea del nord lancio il suo primo missile atomico di media gettata
(vedi news), il giorno successivo, il 6 aprile un forte terremoto di magnitudo pari a 5,9 della scala Richter colpì l’Aquila mietendo centinaia di morti.

E cosa è successo venerdì 11 Marzo 2011?
Il Pakistan ha lanciato un missile nucleare a corto raggio chiamato Hataf-2
(vedi news), pocche ore dopo il Giappone ha iniziato a tremare.

Siamo ancora sicuri che sia tutto ancora una coincidenza?

Adam kadmon, l’uomo del Mistero, ci ha parlato già di queste “coincidenze” da molto tempo, ora che abbiamo davanti agli occhi questi dati e questa evidenza crediamo che non ci siano molti dubbi a riguardo.
I potenti stanno cambiando il nostro clima, la nostra terra e stanno distruggendo tutto negando l’evidenza.

n° Test

data del test

data terremoto

Località

Magnitudine

Vittime

17

1953 17 Marzo

18 Marzo

Anatolia

7.2

1.200

33

1956 6-16 Giugno

10-17 Giugno

Afghanistan

7.7

2.000

54

1957 9 Dicembre

13 Dicembre

Iran

7.2

2.000

145

1962 1 Settembre

1 Settembre

Iran

7.1

13.000

67

1966 19 Agosto

19 Agosto

Turchia

6.9

2.600

64

1968 27/29 Agosto

31 Agosto

Iran

7.4

12.000

61

1970 26/27 Marzo

28 Marzo

Turchia

7.4

1.100

61

1970 28/30 Maggio

31 Maggio

Perù

7.7

68.000

46

1972 21 Dicembre

23 Dicembre

Nicaragua

6.2

5.000

46

1974 27 Dicembre

28 Dicembre

Pakistan

6.3

5.200

38

1975 6 Settembre

6 Settembre

Turchia

6.8

2.300

45

1976 4 Febbraio

4 Febbraio

Guatemala

7.5

23.000

45

1976 27 Luglio

28 Luglio

Cina

8.2

800.000

45

1976 23 Novembre

24 Novembre

Turchia

7.9

5.000

59

1978 13 Settembre

16 Settembre

Iran

7.7

25.000

55

1980 8 Ottobre

10 Ottobre

Algeria

7.3

4.500

57

1982 10 Dicembre

13 Dicembre

Yemen

6.0

2.800

57

1987 26 Ottobre

30 Ottobre

Turchia

7.1

1.300

40

1988 5 Novembre

6 Novembre

Cina

7.3

1.000

40

1988 4 Dicembre

7 Dicembre

Urss

6.8

60.000

La Gelmini esclude i bambini disabili dai Giochi della Gioventù

Fonte: http://www.giornalettismo.com/

Ma come si fa a cacciare da una bella occasione di socialità e divertimento coloro che dovrebbero essere in cima ai nostri pensieri?Non ci si crede, ma è vero: per la prima volta  ragazzi disabili saranno esclusi dalle finali nazionali dei Giochi Sportivi Studenteschi, che si svolgeranno domenica prossima a Nove, provincia di Vicenza. Lo ha denunciato l’onorevole Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in Commissione Istruzione e Cultura della Camera. “L’esclusione dei ragazzi disabili dalle finali dei giochi sportivi studenteschi è gravissima e in netto contrasto con le norme di legge sull’integrazione scolastica, che da sempre costituisce un punto di forza del nostro sistema educativo”.

SUPERIORITÀ DEI SANI – “Si sta andando ben oltre la discriminazione. Questo è vero e proprio razzismo” Interviene in proposito Nina Daita, responsabile dell’Ufficio politiche disabilità della Cgil Nazionale. “Che il governo abbia avuto nei confronti della categoria dei disabili atteggiamenti discriminatori, come conferma l’ipocrisia nelle parole del ministro Gelmini, non è più una novità, ma arrivare a questo punto, tentando non solo di escludere ma di cancellare i disabili a fronte di una insopportabile e presunta superiorità dei sani, è vero e proprio razzismo”.

FORTE CON I DEBOLI, DEBOLE CON I FORTI – “Il ministro Gelmini spieghi agli studenti disabili e ai loro genitori perché sono stati esclusi dalle finali dei giochi sportivi studenteschi”. Lo dice il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando, che, dopo aver scomodato i nazisti, aggiunge: “Questo governo si dimostra, ancora una volta, forte con i deboli e debole con i forti.” Un fatto del genere non ha motivo di essere strumentalizzato. L’unica cosa che deve fare il ministro è dire che si è trattato di una svista e rimangiarsi tutto.

Gli Effetti di un Bicchiere di Coca Cola

Fonte: http://www.giornalettismo.com/archives/69228/cosa-succede-bicchiere-coca-cola/

The Coca-Cola company avrebbe rimosso già da tempo le tracce di cocaina nella ricetta della più famosa bevanda: perchè? 

Era inutile, ‘sovrabbondante’ rispetto allo effetto che ha sull’ organismo anche senza ‘l’ aiutino’ della sostanza stupefacente. 

Ce lo racconta Blisstree, sito di alimentazione e tendenze, che spiega passo passo quello che succede nel nostro organismo quando beviamo un bicchiere di Coca Cola.
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PRIMI VENTI MINUTI – Bevuto un bel sorso della nostra fresca bevanda, ‘dieci cucchiaini di zucchero colpiscono il sistema (più o meno il 100% della nostra razione giornaliera consigliata).’ La troppa dolcezza viene neutralizzata dallo acido fosforico contenuto nella bevanda, che ‘sopprime’ il sapore impedendoci di ‘vomitare all’istante.’ Nei successivi dieci minuti tutto questo zucchero finisce nel sangue, causando ‘una bomba insulinica’; il fegato provvede ‘convertendo tutto lo zucchero che trova (e ne trova moltissimo) in grasso.’

ENTRO I QUARANTA MINUTI – Successivamente, si conclude l’assorbimento della caffeina. ‘Le pupille si dilatano, si alza la pressione arteriosa, e perciò il fegato è costretto a rilasciare altro zucchero nel sangue.’ Come risultato, dopo quarantacinque minuti dall’assunzione della bibita il corpo ‘alza la produzione di dopamina, stimolando i recettori del piacere.’ E questo è più o meno quello che fa l’eroina.

UN’ORA DOPO – Le reazioni chimiche nello intestino consentono ‘una ulteriore accelerazione del metabolismo’; l’alto quantitativo di zucchero e dolcificanti artificiali stimola anche la produzione di urina, aiutata in questo dalla ‘azione diuretica della caffeina’. E mentre il “rave party” nel nostro organismo inizia a scemare, il corpo va in shock ipoglicemico, facendoci diventare “irritabili e/o apatici”. Inoltre, a questo punto, abbiamo letteralmente “pisciato via tutta l’acqua contenuta nella coca, evacuata insieme a preziosi nutrienti che il nostro corpo avrebbe potuto usare per idratare il sistema o costruire ossa e denti più forti”. Nelle successive ore, chiude il sito, il corpo andrà incontro a un ulteriore crollo caffeinico.

Obama, promesse da marinaio

Scritto da: Luca Galassi
Fonte: http://it.peacereporter.net   

Il presidente Usa allunga la detenzione dei prigionieri di Guantanamo, ritrattando la sua stessa decisione di chiudere il carcere ‘entro il 2010’

La prigione di Guantanamo ha indebolito la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e va quindi chiusa”. Con queste parole, il 21 maggio 2009, il presidente Usa Barack Obama annunciava che entro un anno il carcere sull’isola cubana avrebbe chiuso i battenti. Oggi, il presidente Usa fa un clamoroso dietrofront. Obama ha infatti firmato un ordine esecutivo che istituisce un sistema di detenzione a tempo indeterminato per i prigionieri, ritenuti una minaccia costante alla sicurezza nazionale statunitense.

Nel suo discorso Obama ha anche annunciato la creazione di nuovi tribunali militari dove processare i detenuti. Decisioni che arrivano a oltre due anni da quell’ordine esecutivo, siglato da Obama immediatamente dopo il suo insediamento, con cui il capo della Casa Bianca si impegnava a smantellare Guantanamo Bay: “Il presidente è ancora intenzionato a chiudere quella prigione”, hanno spiegato ieri i funzionari dell’amministrazione, senza che però Obama nel suo intervento di ieri facesse alcun riferimento alla parola data quasi due anni fa. Su questo drastico cambio di linea della Casa Bianca – che negli ultimi due anni si è scontrata con un’opposizione bipartisan alla chiusura di Guantanamo da parte del Congresso – l’opinionista del Washington Post, Dana Milbank ha così commentato:”Il presidente Obama ha iniziato il suo mandato con la promessa di chiudere in dodici mesi il carcere militare di Guantanamo Bay, di lì a poco il capo della Casa Bianca ha capito che il suo progetto era impossibile da realizzare e adesso ha sostanzialmente formalizzato la politica detentiva del suo predecessore, George Bush”. Ma la contraddizione di Obama, aggiunge Milbank, non è solo quella di aver di fatto legittimato una politica che aveva annunciato di non voler seguire, ma quella di continuare a sostenere di essere coerente: “Questo ordine esecutivo fa esattamente quello che Obama aveva detto di non dover fare, nello stile caro al suo predecessore”, aggiunge sarcastico l’opinionista.

Le critiche a Obama non sono mancate neanche dall’organizzazione per la tutela dei diritti civili più importante d’America, la Aclu (American Civil Liberties Union), il cui direttore esecutivo Anthony D. Romero, interpellato da PeaceReporter, ha dichiarato che esiste un sistema penale federale per giudicare i terroristi, e non deve essere un tribunale militare a farlo. “Il modo migliore per risolvere la questione è di utilizzare lo strumento più affidabile ed efficace che abbiamo, ovvero il nostro sistema giuridico. Invece, purtroppo, l’amministrazione Obama ha fatto l’opposto, scegliendo di istituzionalizzare la detenzione a tempo indefinito, creando un precedente pericoloso, e di ridare vita alle commissioni militari“. Per Romero “è virtualmente impossibile immaginare come si possa arrivare a chiudere il carcere una volta emesso questo ordine esecutivo. In quasi due anni, l’amministrazione Obama ha fatto un voltafaccia completo“.

Biocarburanti dai microbi?

Scritto da: Simona Falasca
Fonte: http://www.greenme.it/  

Biocarburanti dai microbi. E’ questa l’ultima frontiera dell’energia “pulita” aperta da alcuni ricercatori dell’Università della California che hanno portato avanti alcuni studi per ricavare energia dalle proteine prodotte da alcuni microbi che, accuratamente raffinate, verrebbero trasformate in carburante.

I risultati dello studio, pubblicati sul numero di domenica del “Nature Biotechnology” dimostrerebbero come, diversamente dall’attuale produzione di biocarboranti basata su piante che generano grassi, oli o carboidrati raffinati poi in biocarburante, sia possibile – utilizzare a tal scopo le proteine.

Questa ricerca è il primo tentativo di utilizzare le proteine come fonte di carbonio per la produzione di energia e bioraffinazione“, ha detto il Dr. James C. Liao, che ha coordinato lo studio.

La sfida, come spiega Yi-Xin Huo, uno studente post-dottorato che ha partecipato alla ricerca – era quella di “ingannare i microbi nell’impiego di proteine per la creazione di grassi o altre sostanze in grado di essere poi trasformate in carburante”. Come? “Riorientando completamente il sistema di utilizzo delle proteine che è uno dei sistemi più altamente regolamentati nella cellula”.

Tale processo permetterebbe così di ottenere maggior rendimento e costi minori nonché un rilevante “vantaggio collaterale”, ovvero lo sviluppo di un nuovo fertilizzante che usa meno azoto e riduce notevolmente le emissioni di gas serra generate dalla produzione di fertilizzanti, hanno assicurato i ricercatori.

Questa scoperta infatti, stando agli scienziati potrebbe scatenare un nuovo universo di microbi che producono combustibile mangiando proteine in natura in particolar modo quelle non idonee al consumo animale.

Geografia del Giappone

Fonte: http://www.giappone.cc/geografia-giappone.html

La geografia del Giappone è molto varia, vista la posizione e la forma allungata del territorio (377.837 kmq) ; ne deriva un clima differente, dal nord al sud e una morfologia a volte piana a volte collinare o montuosa.

Costituto da quattro grandi isole, Hokkaido (a settentrione), Honshu (estesa e popolata), Shikoku (la minore) e Kyushu (al sud), il Paese giace su un’intersezione di quattro plateau, quello pacifico, quello nord americano, quello filippino e quello eurasiatico, caratteristica che fa del Giappone una delle zone geologiche più attive del pianeta. Fanno parte di questo arcipelago anche le isole Ryukyu, situate verso il Tropico del Cancro nel mare del sud, che comprendono Okinawa (fino al 1972 di sovranità americana). Il carattere geologico di tutto il territorio del Giappone spiega il perchè di tanti terremoti, tzunami e attività vulcaniche, ai quali la popolazione ha saputo reagire da secoli e secoli nel modo più appropriato: ricostruendo la propria vita intorno a ciò che veniva distrutto in precedenza (sono noti a questo proposito i grandi lavori di ingegneria civile nella costruzione di grattacieli a prova di terremoto).

Terremoto in Giappone: è allarme per le centrali nucleari

Scritto da: Verdiana Amorosi
Fonte: http://www.greenme.it/i

Il Giappone – come tutti ben sanno – è un Paese estremamente vulnerabile dal punto di visto geologico e per questo è spesso vittima di terribile terremoti. Quello avvenuto poche ore fa (alba in Italia, primo pomeriggio in Giappone), quando due scosse (8.9 gradi della scala Richter) hanno colpito il nord est dell’isola nipponica provocando almeno 50 vittime, però è stata un avvenimento senza eguali: il sesto terremoto per potenza della storia, il più forte in 140 anni.

I grattacieli che punteggiano le grandi città giapponesi hanno oscillato per diversi minuti e la popolazione è subito corsa in cerca di un rifugio sicuro. I giapponesi sono abituati ai terremoti, ma queste scosse così intense non si erano mai verificate prima d’ora. Anche perché il movimento tellurico ha provocato un’onda anomala (visto che l’epicentro è vicino al mare), uno tsunami alto 10 metri ha colpito la città di Sendai – e ha trascinato via tutto quello che ha trovato sulla sua strada, compresi edifici, imbarcazioni e auto.

Da qui l’allarme tsunami si è esteso in tutti i Paesi del Pacifico, coinvolgendo anche l’Australia, il Messico, la Nuova Zelanda, tutta l’America Latina e diversi altri Paesi orientali, come la Cina, la Siberia russa e le isole Marianne.

Ma oltre al problema del terremoto e del maremoto, si prospetta un altro inquietante pericolo: la fuoriuscita di materiale radioattivo dalle centrali nucleari del Paese. L’eventualità di un’emergenza nucleare dopo una scossa di terremoto così violenta è assai probabile. Non a caso, prima di realizzare una nuova centrale nucleare si effettua una precisa analisi delle caratteristiche geologiche del territorio in cui si vuole costruire e si esclude dalla lista dei possibili siti quelli a rischio terremoti, proprio perché non sicuri a contenere intatte le scorie radioattive.
Facile quindi immaginare che la potente scossa tellurica del giappone abbia provocato qualche fuoruscita.

E infatti non si tratta di un’ipotesi remota: il governo di Tokyo ha dichiarato uno stato di emergenza sull’energia nucleare, una misura che viene resa nota e attuata solo in caso di fughe radioattive da centrali nucleari o di avarie nei sistemi di raffreddamento.

Intanto, le quattro centrali nucleari più vicine all’epicentro del terremoto sono state immediatamente bloccate per sicurezza, ma nel locale delle turbine della centrale nucleare Onagawa (nel nordest del Giappone) nel frattempo è scoppiato un incendio.
Il governo di Tokyo ha assicurato che non ci sarebbero fughe radioattive, ma l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sta raccogliendo ulteriori informazioni sulla situazione per verificare se le centrali sono effettivamente al sicuro dopo le scosse di terremoto.

Con una nota stampa anche Greenpeace “è preoccupata per i danni che il terremoto e lo tsunami possono aver provocato agli impianti nucleari, nonché alle altre industrie pericolose come le raffinerie di petrolio e di prodotti chimici” ma anche “per gli effetti dello tsunami sugli impianti nucleari, in particolare sulla centrale nucleare di Fukushima, che potrebbe aver danneggiato i sistemi di raffreddamento dei reattori e i depositi dei rifiuti radioattivi. Anche se vengono spenti immediatamente, i reattori devono essere raffreddati e servono grandi quantità di acqua per evitare il rischio di surriscaldamento e fusione”.

L’associazione dell’arcobaleno di augura inoltre “che le indagini sugli impatti agli impianti nucleari e sui rischi per la popolazione e l’ambiente vengano condotte in modo indipendente e comunicate al pubblico”.

Anche Legambiente ci tiene a dire la sua sull’allerta nucleare scatenata dal sisma del Sol Levante: “Siamo costernati per quanto sta succedendo in Giappone – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – ci fa piacere che il Cnr escluda un possibile effetto Chernobyl delle centrali giapponesi ma non ci tranquillizza, perché anche il rilascio di piccoli contaminanti mette a repentaglio la salute umana. E’ difficile immaginare il livello di distruzione che un terremoto di queste dimensioni potrebbe causare in Italia – aggiunge Cogliati Dezza – e quali potrebbero essere le conseguenze se avessimo centrali sul nostro territorio. Anche per questo motivo, ci auguriamo fortemente che l’Italia riveda il suo masochistico programma nucleare”.

Ed effettivamente una domanda sorge spontanea: vista la grande euforia del governo italiano di fronte all’idea di nuove centrali nucleari nel nostro Paese, la natura tellurica dell’intero territorio italiano non è forse un ulteriore buon motivo per non tornare al nucleare?

Il Giappone – come tutti ben sanno – è un Paese estremamente vulnerabile dal punto di visto geologico e per questo è spesso vittima di terribile terremoti. Quello avvenuto poche ore fa (alba in Italia, primo pomeriggio in Giappone), quando due scosse (8.9 gradi della scala Richter) hanno colpito il nord est dell’isola nipponica provocando almeno 50 vittime, però è stata un avvenimento senza eguali: il sesto terremoto per potenza della storia, il più forte in 140 anni.

I grattacieli che punteggiano le grandi città giapponesi hanno oscillato per diversi minuti e la popolazione è subito corsa in cerca di un rifugio sicuro. I giapponesi sono abituati ai terremoti, ma queste scosse così intense non si erano mai verificate prima d’ora. Anche perché il movimento tellurico ha provocato un’onda anomala (visto che l’epicentro è vicino al mare), uno tsunami alto 10 metri ha colpito la città di Sendai – e ha trascinato via tutto quello che ha trovato sulla sua strada, compresi edifici, imbarcazioni e auto.

Da qui l’allarme tsunami si è esteso in tutti i Paesi del Pacifico, coinvolgendo anche l’Australia, il Messico, la Nuova Zelanda, tutta l’America Latina e diversi altri Paesi orientali, come la Cina, la Siberia russa e le isole Marianne.

Ma oltre al problema del terremoto e del maremoto, si prospetta un altro inquietante pericolo: la fuoriuscita di materiale radioattivo dalle centrali nucleari del Paese. L’eventualità di un’emergenza nucleare dopo una scossa di terremoto così violenta è assai probabile. Non a caso, prima di realizzare una nuova centrale nucleare si effettua una precisa analisi delle caratteristiche geologiche del territorio in cui si vuole costruire e si esclude dalla lista dei possibili siti quelli a rischio terremoti, proprio perché non sicuri a contenere intatte le scorie radioattive.
Facile quindi immaginare che la potente scossa tellurica del giappone abbia provocato qualche fuoruscita.

E infatti non si tratta di un’ipotesi remota: il governo di Tokyo ha dichiarato uno stato di emergenza sull’energia nucleare, una misura che viene resa nota e attuata solo in caso di fughe radioattive da centrali nucleari o di avarie nei sistemi di raffreddamento.

Intanto, le quattro centrali nucleari più vicine all’epicentro del terremoto sono state immediatamente bloccate per sicurezza, ma nel locale delle turbine della centrale nucleare Onagawa (nel nordest del Giappone) nel frattempo è scoppiato un incendio.
Il governo di Tokyo ha assicurato che non ci sarebbero fughe radioattive, ma l’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sta raccogliendo ulteriori informazioni sulla situazione per verificare se le centrali sono effettivamente al sicuro dopo le scosse di terremoto.

Con una nota stampa anche Greenpeace “è preoccupata per i danni che il terremoto e lo tsunami possono aver provocato agli impianti nucleari, nonché alle altre industrie pericolose come le raffinerie di petrolio e di prodotti chimici” ma anche “per gli effetti dello tsunami sugli impianti nucleari, in particolare sulla centrale nucleare di Fukushima, che potrebbe aver danneggiato i sistemi di raffreddamento dei reattori e i depositi dei rifiuti radioattivi. Anche se vengono spenti immediatamente, i reattori devono essere raffreddati e servono grandi quantità di acqua per evitare il rischio di surriscaldamento e fusione”.

L’associazione dell’arcobaleno di augura inoltre “che le indagini sugli impatti agli impianti nucleari e sui rischi per la popolazione e l’ambiente vengano condotte in modo indipendente e comunicate al pubblico”.

Anche Legambiente ci tiene a dire la sua sull’allerta nucleare scatenata dal sisma del Sol Levante: “Siamo costernati per quanto sta succedendo in Giappone – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – ci fa piacere che il Cnr escluda un possibile effetto Chernobyl delle centrali giapponesi ma non ci tranquillizza, perché anche il rilascio di piccoli contaminanti mette a repentaglio la salute umana. E’ difficile immaginare il livello di distruzione che un terremoto di queste dimensioni potrebbe causare in Italia – aggiunge Cogliati Dezza – e quali potrebbero essere le conseguenze se avessimo centrali sul nostro territorio. Anche per questo motivo, ci auguriamo fortemente che l’Italia riveda il suo masochistico programma nucleare”.

Ed effettivamente una domanda sorge spontanea: vista la grande euforia del governo italiano di fronte all’idea di nuove centrali nucleari nel nostro Paese, la natura tellurica dell’intero territorio italiano non è forse un ulteriore buon motivo per non tornare al nucleare?

La brutta figura degli 007 inglesi in Libia

Scritto da: da Nicol Degli Innocenti
Fonte: Stampa Libera 

Le forze speciali britanniche torneranno in Libia per approfondire i legami con l’opposizione al regime del colonnello Gheddafi: lo ha dichiarato oggi il ministro degli Esteri William Hague, affermando che si tratta di “parte integrante dell’opera diplomatica e umanitaria che la Gran Bretagna svolge in Libia”. Hague tenta cosí di smorzare le polemiche sulla missione fallita delle SAS, e oggi pomeriggio riferirá al Parlamento per chiarire i molti dettagli ancora oscuri della vicenda.

Otto membri delle SAS, l’élite delle forze armate, stanno rientrando in patria a bordo di una nave della Marina britannica dopo essere stati liberati ieri sera dalle forze ribelli. Secondo voci non confermate facevano parte della missione anche due funzionari dei servizi segreti di MI6. Il team britannico era stato arrestato quando il loro elicottero era atterrato a Bengasi giovedí senza avere ottenuto il permesso dei comandanti dei ribelli, e armi, esplosivi, cartine e passaporti falsi erano stati trovati a bordo. I ribelli li avevano presi per mercenari e li avevano arrestati. Ad aumentare l’imbarazzo della cattura, la telefonata dell’ambasciatore britannico in Libia, Richard Northern, a uno dei capi dei ribelli per “chiarire il malinteso” e chiedere il rilascio dei prigionieri era stata registrata e trasmessa dalla televisione di Stato libica.

Oltre al danno per la reputazione delle forze speciali britanniche per una missione segreta fallita in modo cosí spettacolare per una serie di banali errori, l’episodio rischia di danneggiare la Gran Bretagna. Si teme infatti che il colonnello Gheddafi possa usare l’intervento delle SAS come una prova che la ribellione al suo regime non è spontanea e “indigena”, ma fomentata e finanziata da forze esterne e Governi stranieri che vogliono impadronirsi del petrolio libico.

Ieri il primo ministro David Cameron ha ribadito la posizione della Gran Bretagna che Gheddafi deve farsi da parte al piú presto per permettere la transizione a un Governo democratico in Libia. “E’ ora che Gheddafi se ne vada”, ha detto il premier.