Banca d’Italia-Tesoro: il divorzio più caro della storia d’Italia di Ilaria BIFARINI e PALMA (da LA VERITA’)

Scritto da : Fabio Lugano
Fonte: http://scenarieconomici.it/banca-ditalia-tesoro-il-divorzio-piu-caro-della-storia-ditalia-di-ilaria-bifarini-e-palma/

In soli quindici anni dal suo avvio è costato agli italiani oltre mille miliardi di euro, per poi continuare a gravare sulla nostra economia fino a soffocarla: è il divorzio tra Banca d’Italia e Tesoro, avvenuto nel 1981 per volere dell’allora ministro Beniamino Andreatta. Con un atto quasi univoco, cioè una semplice corrispondenza epistolare con l’allora Governatore della Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi, Andreatta mise fine alla possibilità del governo di finanziare monetariamente il disavanzo.

Venne infatti rimosso l’obbligo vigente da parte di Palazzo Koch di acquistare i Titoli di Stato emessi sul mercato primario (cioè quelli collocati mensilmente dal Tesoro), che aveva consentito fino ad allora al nostro Paese di tenere sotto controllo il debito pubblico. Perso questo strumento di sovranità monetaria, anticipando quanto sarebbe avvenuto successivamente con l’ingresso nell’Unione Monetaria, l’Italia per finanziare la propria spesa dovette iniziare ad attingere ai mercati finanziari privati, con tassi d’interesse di tutt’altra entità rispetto a quelli garantiti in precedenza. Gli effetti furono immediati: sempre ragionando in euro i 142 miliardi di debito del 1981 (58% del Pil) dopo tre anni erano raddoppiati; dopo quattro, triplicati (429 miliardi), superando quota 1000 nel 1994, pari al 121% del Pil.

Ma cosa spinse Andreatta a questa scellerata decisione? Come raccontò lui stesso dieci anni dopo in una lettera pubblicata sul Sole 24 Ore, questo stravolgimento strutturale era necessario per salvaguardare i rapporti tra Unione Europea e Italia. Ad essere in pericolo era infatti la partecipazione del nostro Paese all’interno dello Sme, ossia l’accordo precursore del sistema Euro, basato sulla parità di cambio prefissata tra i Paesi europei aderenti, seppur con una possibilità di fluttuazione minima: “L’imperativo – spiegò l’ex ministro – era cambiare il regime della politica economica e lo dovevo fare in una compagine ministeriale in cui non avevo alleati, ma colleghi ossessionati dall’ ideologia della crescita a ogni costo, sostenuta da bassi tassi di interesse reali e da un cambio debole”. Pare dunque evidente che sia Andreatta che Ciampi abbiano agito non nel rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, bensì eseguendo ordini sovranazionali di indicibile matrice.

Il nemico da abbattere, nell’ottica di Andreatta, era quindi l’inflazione e gli stessi strumenti economici adatti a contenerla: dalla flessibilità di cambio, che con gli accordi europei sarebbe stata definitivamente abolita, ai meccanismi di adeguamento salariale, come la scala mobile, il cui rafforzamento è definito dallo stesso Andreatta come “demenziale”. Peccato che il titolare di via XX Settembre ignorasse i benefici evidenti e riconosciuti dal mondo economico che un tasso di inflazione elevato riflette sul debito pubblico, in quanto capace di ridurne il valore in termini reali!

Ad aggravare la situazione ci pensarono i nostri politici nel 1992 quando decisero di aderire al Trattato di Maastricht, che imponeva alla nostra economia il rispetto di parametri- capestro, tra i quali proprio la contrazione del debito pubblico. Questo diverrà lo spauracchio in grado di giustificare le politiche dissennate di privatizzazioni e svendita a capitali privati e stranieri di asset pubblici strategici, avvenuta proprio in quei decenni: tutto ciò rappresenta – occorre sottolinearlo – un tradimento della Costituzione.

Il colpo di grazia sarà l’introduzione dell’Euro: senza una banca centrale che funga da prestatrice illimitata di ultima istanza – la BCE per suo statuto, non lo è -, l’Italia si è sottomessa ai diktat di Bruxelles, che impongono autisticamente una folle politica di austerity fatta di tagli alle voci di spesa pubblica più sensibili (sanità, istruzione e pensioni), aumento della tassazione e inasprimento dei sistemi di accertamento fiscale. Ma le lacrime e il sangue degli italiani non possono bastare a risanare un debito pubblico che, tramite la capitalizzazione degli interessi, erode l’attivo di bilancio e deprime ogni possibilità di ritorno alla crescita.

Malgrado la fama di paese amante della spesa sconsiderata, che vive al disopra delle proprie possibilità, sin dagli inizi degli anni Novanta l’Italia continua a generare avanzo primario. Critiche e accuse deviano l’opinione pubblica dal vero problema -costituito dalla moneta unica, dal divorzio Bankitalia-Tesoro e dai parametri europei – proponendo uno specchietto per le allodole costruito sulla triade “casta/cricca/corruzione”. Così gli economisti di regime omettono di dire che il deficit annuale sul quale l’Italia viene costantemente bacchettata dai burocrati di Bruxelles è dovuto agli interessi passivi, e nulla c’entrano la spesa pubblica (inferiore a quella francese, ad esempio) e la corruzione.

Lorenza, paladina del risparmio con una vita “low impact”

Scritto da: Valeria Scopesi
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/articoli/lorenza-paladina-del-risparmio-con-una-vita-low-impact

In questi ultimi anni aumentano sempre di più le preoccupazioni riguardo i gravi problemi che stanno portando alla distruzione della nostra terra, quali l’inquinamento, lo spreco, l’aumento dei rifiuti e i cambiamenti climatici dovuti ai gas serra, tanto che già molte persone hanno adottato uno stile di vita diverso in cui il riciclo, l’autoproduzione, la sobrietà e il conseguente risparmio in termini economici ne sono alla base.
È il caso di Lorenza Noto, 34 anni, alessandrina di nascita ma ora residente a Torino, che da sempre cerca di ridurre il proprio impatto ambientale conducendo una vita il più possibile ecologica.
Nella sua famiglia hanno un grande rispetto per l’ambiente con gesti molto semplici come non sprecare l’acqua, riutilizzare la carta e i sacchetti tantissime volte, fare meno immondizia possibile praticando la raccolta differenziata non appena sono apparsi i primi bidoni in città anche facendo molta strada per raggiungerli. Appena diplomata si è trasferita a Torino dove ha continuato questo modo di vivere trovando costantemente nuovi metodi per ottimizzare i suoi consumi e inquinare il meno possibile.

Lorenza, quali sono le tue strategie per risparmiare e salvaguardare l’ambiente?
“Da quando vivo da sola, agisco su più fronti per limitare i miei consumi: ad esempio, il mio frigo viene usato come tale solo nei mesi estivi mentre in inverno diventa una libreria! Ho l’abitudine di fare una piccola spesa ogni due giorni così che i cibi rimangano freschi sul piano della cucina; vivendo in città, considero i negozi e i supermercati il mio grande frigorifero sempre a disposizione, hanno un orario di apertura molto ampio e questo mi consente di non avere l’esigenza di conservare gli alimenti. In ogni caso prediligo l’acquisto diretto dai contadini al mercato quando ho tempo, soprattutto per evitare le confezioni di plastica. Ogni volta che acquisto penso a ciò che dovrò buttare via, per questo se vedo imballati due ortaggi su una vaschetta di plastica preferisco non comprarli e cercare un negozio con prodotti non confezionati e anche per detersivi o riso e pasta mi rivolgo a negozi che consentono di acquistare prodotti sfusi senza confezionamento. Si può acquistare la spesa di una settimana senza affaticarsi portando uno zaino in spalle, il ché riduce anche lo spreco di sacchetti di plastica. Ho un metodo di cottura che prevede il risparmio del gas, al punto di ebollizione dell’acqua spengo il fuoco e permetto che la cottura continui a coperchi della pentola chiusi. Risparmio anche sul riscaldamento degli ambienti, l’anno scorso sono riuscita a non accendere la caldaia nemmeno per un’ora. Credo che il periodo più rigido qui dove vivo si limiti a una sola settimana, generalmente l’ultima di gennaio. L’anno scorso non ho trovato così difficile rinunciare al riscaldamento, per via delle temperature accettabili e non ho nemmeno avuto problemi di umidità: pareti

completamente asciutte e panni stesi asciutti nel giro di due o tre giorni. Per coprirmi uso tute e pile, anche due o tre insieme nei periodi più freddi. Utilizzo molto gli spazi dedicati al pubblico come le biblioteche o le aule studio per socializzare e risparmiare sui bisogni individuali di luce e riscaldamento. Si tratta di luoghi voluti e ottenuti dal comune grazie a volontari e attivisti che si sono impegnati per assicurarci questo servizio quindi frequentiamoli! Tutto ciò aiuta anche ad uscire dall’individualismo a cui spesso la vita ci porta e, personalmente, rinunciare al riscaldamento mi avvicina a comprendere le situazioni di difficoltà in cui si trova la gente, come chi dovrà affrontare una notte in auto per via dei sismi, i senzatetto e le vittime della tratta di prostituzione, e questo mi spinge anche ad occuparmene in modo attivo. Utilizzo i mezzi pubblici e mi sposto molto a piedi, quando non uso per più giorni l’auto, la scollego dalla batteria. Non è mai stato faticoso raggiungere il posto di lavoro in orario, basta partire da casa in tempo e anzi, recupero tantissimo tempo da dedicare all’ascolto di musica o di notizie alla radio durante il tragitto, arrivando a lavoro molto più carica di come sarei potuta arrivare in auto”.Com’è cambiata la tua alimentazione in questi anni e perché?
“Generalmente non mangio pesce, né carne né latticini, ma se ne sentissi l’esigenza li consumerei il giorno stesso dell’acquisto. Non sono vegana ma condivido alcune delle preoccupazioni riguardo alla salute e all’inquinamento che ne deriva dal consumo di carni e pesci e dal consumo di massa di latte e formaggi, oltre che per lo sfruttamento eccessivo di animali da allevamento. Per preservare la mia salute e nutrirmi correttamente, mi piace mangiare verdure crude condite con spezie, consumo quotidianamente mandorle pelate e prediligo alimenti come zuppe di riso integrale e altri cereali, farro, fagioli e lenticchie. Mantengo questa alimentazione da alcuni anni, da quando cioè ho subito un intervento chirurgico. Quello che ho imparato da questa esperienza è che la prevenzione è alla base di tutto e ho scoperto l’incredibile potere curativo degli alimenti, in particolare delle verdure: gli effetti di un concentrato di vitamine fresche sono quasi immediati e da allora non mi sono più ammalata nemmeno di un raffreddore! Questo mi ha permesso di evitare l’uso di farmaci, riducendo l’impatto sull’ambiente, nonché sulla mia persona e sul portafogli.”

Pensi che l’aumento della raccolta differenziata di questi ultimi anni porterà a un cambiamento delle nostre abitudini in direzione di una maggiore consapevolezza per la tutela dell’ambiente e la diminuzione dello spreco?
“Purtroppo devo osservare dei cambiamenti che non sono del tutto positivi: il moltiplicarsi dei bidoni per la differenziata in città, se da un lato ha invitato le persone a smistare i rifiuti, dall’altro non le ha disincentivate a diminuirne la produzione. I bidoni per la plastica in particolare sono stracolmi, e nonostante io creda nel riciclo, non lo vedo intorno a me nella forma predominante che dovrebbe essere. Penso che chi è a capo delle gestioni amministrative del nostro paese debba prendere coscienza dei cambiamenti climatici a cui stiamo andando incontro e debba mettere freno al consumismo esagerato dei nostri tempi. Credo inoltre che le aziende di produzione debbano mettere in atto cambiamenti più ecosostenibili senza necessariamente aspettare l’incentivo da parte del governo o senza doverne essere costretti a causa di una tassa, come può essere una tassa sulla sovrapproduzione o sul superamento di livelli di tossicità prodotti nell’ambiente. Anche noi stessi possiamo fare molto in questo senso perché siamo in grado di capire quanto la nostra auto sia nociva per la nostra città e cosa significhi riempire bidoni di plastica ogni settimana per poi ricomprare altra plastica originale e nuovissima che andrà nel bidone nel tempo di due giorni e così a seguire. Ognuno di noi ha la piena responsabilità dei cambiamenti climatici ed è anche l’unico settore dove ha pieno potere delle proprie scelte.”

 

Enorme palla di fuoco ha illuminato il cielo notturno di Chicago e scatenato il panico tra i cittadini

Fonte: http://www.segnidalcielo.it/enorme-palla-di-fuoco-ha-illuminato-il-cielo-notturno-di-chicago-e-scatenato-il-panico-tra-i-cittadini/

Decine di telecamere di sicurezza e di un gran numero di persone, hanno assistito a un evento che ha avuto luogo a Chicago, Illinois, alle 01:24 il Lunedi 6 Febbraio 2017. Gli abitanti della regione sono stati in grado di testimoniare come una grande palla di fuoco ha illuminato il cielo notturno da sud-ovest a nord-est della città, per poi scomparire in pochi secondi e immergersi  di nuovo nel buio della città.

Questo evento, che è stato anche visto negli stati come il Wisconsin, Minnesota, Indiana, Ohio, Michigan, Iowa, Kansas, Missouri, New York e Ontario (Canada), ha causato un enorme “bailam” all’American Meteor Society, che ha ricevuto nel corso della mattinata di Lunedi, un totale di 230 segnalazioni di testimoni oculari che hanno descritto l’evento come  una palla di fuoco enorme che ha attraversato il cielo e finito in collisione o si è disintegra nei cieli dello stato dell’Illinois.

Risultati immagini per meteor sighting in Wisconsin

È scomparso con un forte boato

I testimoni hanno spiegato che il meteorite ha lasciato dietro una spettacolare scia di luce verde che ha illuminato il cielo notturno di Chicago  per scomparire in pochi secondi con un forte boato. Questo forte boato potrebbe essere la collisione dell’oggetto celeste che si è schiantato sul terreno da qualche parte vicino Chicago. Come spiegato dall’American Meteor Society, questo meteorite era abbastanza grande da poter illuminare parte degli Stati Uniti e potrebbe essere caduto sul lago Michigan.

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La società ha spiegato attraverso un comunicato che  per il momento non è chiaro se il meteorite è andato a finire direttamente nell’acqua  del lago Michigan oppure si sia frammentato nel cielo poco prima di raggiungere la superficie. Tuttavia, il forte boato ha fatto a credere che possa esserci stata una collisione a terra.

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I social network reagiscono al meteorite

Dopo l’evento, i servizi meteorologici dei vari stati che erano in grado di testimoniare il fatto,  ha mostrato diversi video della meteora che ha attraversato i cieli di molti stati americani. I Servizi Meteorologici di Chicago e Milwaukee o il Centro di ricerca sullo Spazio, la Scienza e l’Ingegneria presso l’Università del Wisconsin-Madison,  hanno condiviso prospettive diverse  sulle collisioni di meteoriti. Certamente, come detto dall’American Meteor Society, la palla di fuoco deve essere stata abbastanza da grande da aver perforato l’atmosfera terrestre per abbattersi forse nel lago Michigan. Questo meteorite poteva essere simile a quello caduto a Chelyabinsk in Russia nel Febbraio 2013.  Il meteorite di Chelyabinsk era un piccolo asteroide di 17 metri di lunghezza e pesava circa 10.000 tonnellate, che ha attarversato l’atmosfera della Terra ad una velocità di 15 chilometri al secondo. Per l’American Meteor Society questo oggetto cosmico caduto Lunedi 6 Febbraio 2017, sarebbe uno dei più grandi asteroidi registrati negli ultimi dieci anni.

L’oggetto cosmico non era stato rilevato dalla sorveglianza spaziale, quindi i pericoli dallo spaizo esterno rimangono e il monitoraggio attuale non è sufficiente a far fronte ad una eventuale allerta.

GLI ALPINI

Fonte: http://www.archiviostoricodalmolin.com/alpini/

Pattuglia di Alpini sciatori - zona Adamello - Pizzo dei Tre Legionari

Nell’ottobre del 1888 il Gen, Luigi Pelloux, primo ispettore generale degli Alpini disse: «Essi simboleggiano quasi, all’estrema frontiera alle porte d’Italia, un baluardo sul cui fronte sta scritto: “Di qui non si passa”».  Parole destinate a segnare la storia di un Corpo Militare entrato nel suo secondo secolo di vita e passato per due guerre mondiali con innumerevoli campagne in Italia, Africa, e Russia. Battaglie nelle quali la Fanteria da Montagna più antica del mondo sacrificò innumerevoli battaglioni dei suoi magnifici reggimenti, dalle Ambe dell’Etiopia, agli Altipiani della Grande Guerra, alla steppa del Don. Il ricordo di decine di migliaia di Penne Nere cadute in combattimento e passate in questi centocinquant’anni nella grande armata dell’aldilà è riflesso ogni giorno dal lavoro dagli eredi di quei reggimenti dissolti, oggi unità d’elite dell’Esercito Italiano impegnate in Afganistan, oltre che nell’instancabile impegno civile della Associazione Nazionale Alpini, custode insieme ai commilitoni ancora in armi di quelle altissime tradizioni. In queste pagine rileggeremo alcune immagini emblematiche della Grande Guerra nella quale gli Alpini combatterono strenuamente dalle trincee delle cime più alte sino ai ghiacciai più remoti, sempre e ovunque con quello spirito indomito, quella fede incrollabile e quel coraggio smisurato che li immortaleranno come veri e propri eroi. Alla loro “montagna sacra”, il Monte Ortigara, sono inoltre dedicate diverse pagine di questo sito.

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Grazie alla storica collaborazione dell’Archivio Storico Dal Molin con la Biblioteca A. Baldini di Roma, depositaria del fondo “Paolo Monelli”, siamo oggi in grado di ospitare una galleria di preziose immagini appositamente a suo tempo concesse all’Archivio Storico Dal Molin dal Ministero dei Beni Culturali. All’Alpino Colognese, protagonista di alcune di queste memoriabili fotografie, caduto e decorato al valore militare, è stata inoltre dedicata una pagina specifica di questo sito.

L’eccezionale valore dei nostri Alpini è testimoniato dalla considerazione e dal rispetto che il Corpo ha ottenuto anche all’estero. Ad esempio presso il Musée de l’Armée di Parigi, in rappresentanza dell’Esercito Italiano nella Grande Guerra, oltre a un Fante della leggendaria Brigata Sassari è mostrato un Alpino del 3° Reggimento (fotografie nelle rispettive pagine di Andrea Aluisini e Federico Borsoni – foto d’epoca ASDM).

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Emilio Lussu

Fonte: http://www.storiaxxisecolo.it/antifascismo/biografie%20antifascisti13.html

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Nasce ad Armungia, piccolo paese in provincia di Cagliari, il 4 dicembre 1890. Della vita paesana serberà sempre un ricordo indelebile, considerandola indispensabile per la sua formazione democratica. Laureato in giurisprudenza, è favorevole all’entrata in guerra contro l’Austria. La consapevolezza politica, dopo il confuso agitazionismo interventista che ne ha caratterizzato il periodo studentesco, nasce sui fronti della Prima Guerra Mondiale, alla quale partecipa come capitano di fanteria della Brigata “Sassari”. E’ l’occasione in cui, non soltanto Lussu, ma una intera generazione di contadini e pastori sardi, hanno la possibilità di aprire gli occhi sulla propria condizione sociale: la guerra diventa perciò scuola rivoluzionaria (vedi Un anno sull’altipiano). La Sardegna post-bellica, gravemente impoverita dal conflitto, è terreno fertile per l’azione politica del Partito Sardo d’Azione, fondato nel 1921 da Lussu, Bellieni ed altri ex combattenti, che si pone a sinistra come portatore delle istanze delle classi proletarie in un quadro di recupero della questione nazionale sarda. Lussu è eletto deputato nelle elezioni del 1921 e del 1923, il periodo di ascesa del movimento fascista. Il sardismo si divide: abilmente gli emissari di Mussolini portano dalla loro una parte del partito, e lo stesso Lussu inizialmente non valuta a pieno il pericolo di un dialogo con i fascisti. Tuttavia la posizione successiva è netta: antifascismo intransigente. Dopo il delitto Matteotti, partecipa alla «secessione aventiniana». Nel ’26 è dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e viene perseguitato dai fascisti: nello stesso anno è aggredito in casa da squadristi sardi e per legittima difesa è costretto ad uccidere uno degli assalitori (vedi Marcia su Roma e dintorni). La magistratura cagliaritana, non ancora soggiogata dal regime, lo assolve, ma viene immediatamente confinato a Lipari. E’ l’isola che ospita di lì a poco un altro personaggio chiave del movimento antifascista: Carlo Rosselli. I due, con Fausto Nitti, e grazie all’indispensabile aiuto di Gioacchino Dolci e Paolo Fabbri, riescono ad evadere in motoscafo nel luglio del ’29 (vedi La catena). Raggiunta Parigi si mettono in contatto con i fuorisciti riuniti intorno alla figura di Salvemini: nasce il movimento Giustizia e Libertà. Pur partecipando in modo saltuario alla vita politica a causa delle precarie condizioni di salute, riesce a collaborare con una certa assiduità al settimanale ed ai quaderni del Movimento, facendosi promotore di un suo più marcato e consapevole indirizzo socialista (vedi Lettere a Carlo Rosselli e altri scritti di Giustizia e Libertà; La teoria dell’insurrezione). Dopo l’assassinio di Carlo Rosselli nel ’37 eredita il timone del Movimento, del quale evita la dispersione, specialmente nel difficile periodo dell’offensiva tedesca in Francia. Inizia il periodo della “diplomazia clandestina”, con l’aiuto importantissimo dalla moglie Joyce, durante il quale tenta di proporre agli Alleati il progetto di un colpo di mano che permetta di far crollare il regime fascista a partire dall’insurrezione della Sardegna. Il suo peregrinare fra i centri di comando degli Alleati non porta alcun appoggio concreto al progetto, ma mostra loro, in ogni caso, l’esistenza di un fronte antifascista pronto ad assumere la responsabilità di una partecipazione diretta al conflitto (vedi Diplomazia clandestina). Riesce a rientrare in Italia soltanto nell’agosto del ’43. Nel frattempo ha saputo della nascita del Partito d’Azione, nel quale, pur consapevole delle differenze politiche, ma spinto dalla superiore esigenza unitaria della lotta di liberazione, fa confluire il Movimento GL. Si installa nella Roma occupata dai nazisti e insieme a Ugo La Malfa regge il partito sino alla conclusione della guerra. Mentre il PdA si lacera in una lotta intestina fra filosocialisti (riuniti intorno a Lussu) e filocentristi (guidati da La Malfa), assume l’incarico di ministro nei governi Parri e De Gasperi (vedi Sul Partito d’azione e gli altri). E’ inoltre deputato alla Costituente e senatore di diritto. Ma anche il Partito sardo, che aveva lasciato al momento dell’esilio su posizioni di sinistra, è ora retto da una maggioranza moderata, molto attenta agli interessi dei ceti proprietari e delle libere professioni, per di più attraversata da umori separatisti: la sua battaglia per riportare il partito allo spirito originario viene persa e Lussu va via per formare una gruppo che poi aderirà al PSI (con tessera retrodatata al 1919, l’anno delle grandi lotte contadine e operaie combattute in Sardegna, che lo videro fra i principali protagonisti). Il periodo da parlamentare socialista è ricco di interventi in aula e fuori: dalla questione dell’adesione alla NATO al riconoscimento della Cina comunista, dalla difesa della Repubblica democratica e antifascista alle lotte per lo sviluppo economico e il progresso sociale della Sardegna (vedi Essere a sinistra; Discorsi parlamentari). Il 1964 segna la rottura con il PSI: la decisione di Nenni di entrare nel governo di centrosinistra a guida democristiana provoca la scissione che porta alla fondazione del PSIUP, una formazione che avrà però vita breve: la sconfitta elettorale ne accelera l’adesione al PCI, ma Lussu, coerentemente con la sua storia, rifiuta di confluire. Si spegne a Roma nel 1975.

Fra le sue pubblicazioni: La catena, Baldini&Castoldi, Milano, 1997 (ed. or. 1930); Marcia su Roma e dintorni, Einaudi, Torino, 1994 (ed. or. 1933); Un anno sull’altipiano, Einaudi, Torino, 1996 (ed. or. 1938); La teoria dell’insurrezione, Jaka Book, Milano, 1976 (ed. or. 1936); Diplomazia clandestina (ed. or. 1955) in Per l’Italia dall’esilio, a cura di M. Brigaglia, Edizioni della Torre, Cagliari, 1976; Sul Partito d’azione e gli altri, Mursia, Milano, 1968; Il cinghiale del diavolo, Einaudi, Torino, 1976 (Lussu narratore).

(a cura del Circolo GL di Sassari)

Scoperta gigantesca foresta torbiera nel bacino del Congo

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/it/reddd/4251-scoperta-gigantesca-foresta-torbiera-nel-bacino-del-congo.html

Gli scienziati della University of Leeds e dell’University College London hanno scoperto quella che potrebbe essere una delle più grandi  torbiere tropicali del pianeta, nelle remote paludi del Congo. La torbiera potrebbe contenere carbonio pari a i tre anni di di emissioni di combustibili fossili totali in tutto il mondo.

I ricercatori hanno mappato la torbiera “Cuvette Centrale” nel bacino centrale del Congo e hanno scoperto che ricoprono ben 145.500 km quadrati – un’area più estesa dell’Inghilterra. Le paludi potrebbero preservare in 30 miliardi di tonnellate di carbonio la cui esistenza era finora sconosciuta, facendo della regione uno degli ecosistemi più ricchi di carbonio della Terra.

Il team di ricerca britannico-congolese, co-guidato dal Prof Simon Lewis e il dottor Greta Dargie, aveva scoperto le paludi cinque anni fa. La loro ricerca, pubblicata su Nature, combina tre anni di analisi dei dati satellitari e stima che le torbiere del bacino del Congo stoccano quasi il 30% di carbonio torbiere tropicali del pianeta.

“La nostra ricerca dimostra che la torba nel bacino centrale del Congo si estende su una quantità colossale. È 16 volte più vasta della precedente stima ed è un unico grande complesso di entità superiore a qualsiasi altro luogo nei tropicii.

“Abbiamo inoltre trovato 30 miliardi di tonnellate di carbonio che nessuno sapeva esistessero. La torba copre solo il 4% di tutto il bacino del Congo, ma fissa la stessa quantità di carbonio sotto terra di quella immagazzinata dagli alberi al di sopra del suolo, sul restante 96%.

“Queste torbiere detengono quasi il 30% di carbonio torbiere tropicali del mondo, pari a circa 20 anni ‘delle emissioni di combustibili fossili degli Stati Uniti d’America.”

La torba è un terreno umido di origine organica, composto di frammenti di vegetali parzialmente decomposti, ed è comune negli ambienti freddi, come la Russia settentrionale, Scandinavia e Canada. Le torbiere fungono da serbatoi di carbonio. La completa decomposizione della torba è impedita dall’acqua che la ricopre, e che trattiene il carbonio.

Ma se torbiere vengono drenate, sia perché convertite in piantagioni, o semplicemente a causa di una riduzione delle precipitazioni, la torba asciutta ricomincia a decomporsi e a liberare carbonio nell’atmosfera.

Arrigo Boito

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1321&biografia=Arrigo+Boito

Arrigo Boito

Poeta, narratore e compositore Arrigo Boito è noto per il suo melodramma “Mefistofele” e per i suoi libretti d’opera.

Arrigo Boito nasce a Padova il 4 febbraio 1842; dal 1854 studia violino, pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano. Terminati gli studi si reca a Parigi con Franco Faccio dove prende contatto con Gioacchino Rossini, quando questi viveva alla periferia della capitale francese.

Boito viaggerà poi in Polonia, Germania, Belgio e Inghilterra.

Torna a Milano e dopo un periodo nel quale si presta a compiere svariati lavori, nel 1862 scrive i versi per l'”Inno delle Nazioni” che successivamente verrà musicato da Giuseppe Verdi per l’Esposizione Universale di Londra.

Seguono anni di lavoro, interrotti solamente per due mesi nel 1866 durante i quali, con Faccio ed Emilio Praga, Arrigo Boito segue Giuseppe Garibaldi nella sua azione nel Trentino.

Nel 1868 alla Scala di Milano viene rappresentata la sua opera “Mefistofele”, basata sul “Faust” di Goethe.

Al suo debutto l’opera non viene accolta benevolmente, tanto che provoca disordini e scontri per il supposto implicito “Wagnerismo”. Dopo due rappresentazioni la polizia decide di interrompere le esecuzioni. Boito successivamente rivedrà drasticamente l’opera, riducendola: la parte di Faust, scritta per baritono, verrà riscritta in chiave tenorile.

La nuova versione viene rappresentata al Teatro Comunale di Bologna nel 1876 e ottiene un grande successo; unica fra le composizioni di Boito, entra nel repertorio delle opere ancor oggi rappresentate e registrate con maggiore frequenza.

Negli anni successivi Boito si dedica alla stesura di libretti per altri compositori. I risultati più notevoli riguardano “La Gioconda” per Amilcare Ponchielli, per la quale utilizza lo pseudonimo di Tobia Gorrio, anagramma del suo nome, “Otello” (1883) e “Falstaff” (1893) per Giuseppe Verdi. Altri libretti sono “Amleto” per Faccio, la “Falce” per Alfredo Catalani e il rifacimento del testo del “Simon Boccanegra” (1881) di Verdi.

La sua produzione si compone anche di poesie, novelle e saggi critici, soprattutto per la “Gazzetta musicale”. Le sue poesie ripercorrono quasi sempre il tema disperato e romantico del conflitto fra il bene e il male, e il “Mefistofele” costituisce il suo esempio più emblematico.

Boito Scrive una seconda opera intitolata “Ero e Leandro”, ma insoddisfatto la distrugge.

Poi inizia la composizione di un’opera che lo impegnerà per anni, il “Nerone“. Nel 1901 pubblica il relativo testo letterario, ma non riesce a portare a termine l’opera. Verrà completata in seguito da Arturo Toscanini e Vincenzo Tommasini: il “Nerone” viene rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala il giorno 1 maggio 1924.

Direttore del Conservatorio di Parma dal 1889 al 1897, Arrigo Boito muore il 10 giugno 1918 a Milano: la sua salma riposa nel Cimitero Monumentale della città.

Due facce della stessa medaglia.

Scritto da: Massimiliano Frassi
Fonte: http://www.massimilianofrassi.it/blog/

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E’ morta pochi giorni fa l’attrice Mary Tyler Moore. Aveva 80 anni ed era malata da tempo. Un premio Oscar, numerosi Emmy ed una serie televisiva, che aveva il suo nome e che negli anni ’70 fece scalpore (oltre ottenere un successo planetario, Italia compresa). Con quella serie abbatté tantissime barriere per le donne in tv. Il personaggio che interpretava era un qualcosa che fino ad allora non si era mai visto (donna, single, in carriera, indipendente e felice). Non solo, nella serie (che aveva ben  25 sceneggiatrici donne!!!!) toccò temi assolutamente “sconvolgenti” per la prima serata della Tv americana, parlando di omosessualità, sessismo, parità di trattamento nel mondo di lavoro, pillola e metodi anticoncezionali.

Lei stessa negli anni ’60, in un’altra serie, fu la prima donna che indossò i pantaloni in Tv (andando contro le ire degli sponsor che minacciarono di farla cacciare). Insomma, una grande donna oltre che una grande attrice. Nello stesso giorno della sua morte un suo collega, Alain Delon, che in tempi recenti è stato ricordato più per certe sparate (una su tutte: “gli omosessuali sono malati”) che per i suoi film, ha preso le difese del regista Roman Polansky. Come ben saprete su Polansky pende l’accusa di aver drogato una ragazzina di 13 anni e poi averla abusata. Per quella pena scontò 42 giorni di detenzione, salvo poi scappare in Europa (dagli Usa) per non tornare più indietro (se tornasse sarebbe immediatamente arrestato). Delon prende le difese del regista e dichiara: “ogni volta che attraversa la strada dobbiamo chiedergli conto degli anni settanta?”. Sì. La risposta del mondo civile. Anche di quello che negli anni ’70 Mary Tiler Moore cercava di costruire, mentre l’ennesima bimba veniva stuprata. Impunemente

Ordine del Bucintoro

Fonte: http://www.isoladiavalon.eu/ordine-del-bucintoro/

Intorno all’anno 1510, su impulso di Emmerich d’Attile e della marchesa Antonia Contenta, venne fondato l’Ordine del Bucintoro.


“Il Bucintoro era la galea di stato dei dogi di Venezia, sulla quale si imbarcavano ogni anno nel giorno dell’Ascensione per celebrare il rito dello sposalizio di Venezia con il mare”. (Wikipedia, voce Bucintoro).

ordine del bucintoro

Ordine del Bucintoro

E’ evidente la correlazione tra l’Ordine e il rito pagano del matrimonio del mare. La sede venne posta a Venezia e precisamente sull’isola di Murano, non solo per la simbologia esoterica legate al culto rigeneratore, femminile e vivificante dell’acqua (il liquido amniotico), quanto al fatto che la Repubblica di Venezia era, ai tempi, un luogo libero ove vigeva, più che altrove, il rispetto dei diritti della persona.

Antonia Contenta si trasferì successivamente a Vienna per cercare ivi altri affiliati e, nel 1515, la direzione dell’ordine venne assunta da Giulietta da Montefeltro. L’Ordine iniziò ad avere respiro europeo anche grazie all’attivismo dei mercanti veneziani che aderirono alle sue Regole.

Nel 1516 Giulietta divenne Grande Sacerdotessa e Gran Maestra dell’Ordine segreto del Bucintoro.
La storia poco narra sulla sua figura, come se ella si fosse sempre preoccupata di occultare la sua presenza. Le memorie storiche, già evanescenti, spariscono del tutto dal 1562.

Obiettivo primario dell’ordine era la creazione di un nuovo Impero, un Impero collegato all’età dell’oro alchemico dell’umanità e il cui fulcro ideologico era il libero arbitrio della persona, anticipando così di oltre due secoli l’Illiuminismo.
Altro  principio fondamentale era il conferimento alle donne di pari dignità con gli uomini, un’affermazione che tuttora non trova ancora applicazione nell’Italia odierna, fortemente regredita sul piano sociale.

L’Ordine professava infine la venuta di un nuovo Eone, un Avatar apparentemente umano ed in realtà trasfigurazione del Divino da cui sarebbe iniziata la Nuova Età dell’Oro dell’Umanità Celeste che, fin dai tempi di Atlantide, combatte contro le innumerevoli e oscure entità demoniache di Lemuria, la cui forma umana, ottenuta per il tramite di una adattamento della frequenza vibratoria, permette loro di operare indisturbati nel mondo materiale di questo Universo Olografico, creato dal Demiurgo.

La tracce dell’Ordine diventano confuse a partire dal XVII secolo fino a sparire del tutto agli inizi del XVIII secolo.Ma secondo alcuni storici, esso avrebbe dato vita e linfa alla più importante società occulta del XX secolo: la Vril Gesellschaft.

 

Infezioni in ospedale? Uccidono più degli incidenti stradali

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/infezioni-ospedale-incidenti-stradali.php

infezioni ospedale

Ogni anno le infezioni ospedaliere causano più morti degli incidenti stradali.

Ogni anno le infezioni ospedaliere causano più morti degli incidenti stradali. È quanto emerso durante l’evento “L’innovazione tecnologica contro le infezioni chirurgiche ospedaliere” nel corso del quale è stata presentata la ricerca condotta da Francesco Saverio Mennini, Research Director Ceis Economic Evaluation and HTA, Università di Roma Tor Vergata. Sono stati presi in considerazione le schede di dimissione ospedaliera (Sdo) nazionali e regionali (con data di dimissione compresa tra il 1 gennaio 2006 ed il 31 dicembre 2014).

In Italia ogni anno gli incidenti stradali causano circa 3.419 morti. Le infezioni ospedaliere sono invece molto più letali, con un numero di vittime che si aggira tra i 4.500 e i 7mila decessi all’anno. Si tratta non solo delle complicazioni più gravi, ma anche delle più frequenti durante la degenza dei pazienti.

Secondo le stime le infezioni vengono contratte da una percentuale di ricoverati tra il cinque e l’otto per cento, con fino a 700mila casi ogni dodici mesi. Si tratta principalmente di infezioni respiratorie e urinarie e, con una frequenza minore, derivanti da ferite dovute a operazioni chirurgiche e sepsi.

Le nuove indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità contenute nelle “Global Guidelines for the Prevention of Surgical Site Infection” sintetizzano in 29 raccomandazioni i comportamenti corretti da tenere prima, durante e dopo un’operazione chirurgica al fine di scongiurare il rischio infezioni ed evitare il propagarsi di batteri pericolosi.

Tra queste, secondo quanto riportato sul portale dell’Oms, le persone che si preparano ad un intervento chirurgico dovrebbero sempre farsi un bagno o una doccia, ma non essere rasati. Gli antibiotici, invece, dovrebbero essere utilizzati solo per la prevenzione delle infezioni, prima e durante l’operazione, ma non dopo.