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Tasse sempre più su: così i cittadini pagano il conto dei regali alle multinazionali

Scritto da: Filippo Burla
Fonte: http://www.ilprimatonazionale.it/economia/tasse-cittadini-pagano-conto-regali-multinazionali-81499/

Roma, 18 mar – Un gigantesco trasferimento di ricchezza, dalle tasche dei cittadini a quelle delle multinazionali. Effetti perversi della crisi finanziaria e delle politiche fiscali internazionali, con le tasse che nel corso degli ultimi anni sono scese solo per le grandi corporations mentre le persone fisiche hanno visto aumentare continuamente il prelievo dell’erario nei propri confronti.

Dal 2008 ad oggi, spiega la società di consulenza Kpmg, nei paesi dell’Ocse tasse e imposte sui cittadini sono aumentate del 6%. Nello stesso tempo, le imprese hanno visto la pressione fiscale ridursi di 5 punti percentuali. Potrebbe sembrare una normale politica fiscale anticiclica, visto che ad un minor livello di tassazione le imprese tendono ad investire maggiormente, sostenendo così l’economia. Peccato che la ripresa non si sia tradotta in numeri concreti, come ad esempio nel caso dei dati sulla disoccupazione. Il caso dell’Italia è paradigmatico: nonostante l’abbassamento dell’Ires dal 27,5 al 24% a partire dal primo gennaio del 2017, il numero dei senza lavoro è rimasto stabilmente al di sopra dell’11%, quasi il doppio rispetto ai periodi pre-crisi.

Ma non c’è solo il nostro Paese. Secondo uno studio condotto dal Financial Times, sempre dal 2008 ad oggi le multinazionali hanno sperimentato cali nel livello di imposizione pari in media al 9%. Non ci sono solo le note tecniche di elusione fiscale (sulle quali le autorità nazionali posso poco, anche se la nostra Agenzia delle Entrate nel “caso Apple” ha aperto una nuova strada), ma a farla da padrona è soprattutto la concorrenza fra Stati ad abbassare le aliquote per attirare capitali. La riforma di Trump, che ha portato la “corporate tax” dal 35 al 21%, è solo l’ultima in ordine di tempo. Paradigmatico, in tal senso, l’esempio dell’Irlanda che offre a chi intende insediare la propria sede nell’isola tasse al 12,5%.

L’aliquota media nei paesi Ocse è così scesa dal 32% del 2000 al 25% del 2015. E come fanno gli Stati a puntellare i propri bilanci, specialmente in tempi di austerità e, in particolare per quanto riguarda l’Europa, di vincoli al deficit? Semplice: il gioco dei vasi comunicanti impone di rivolgersi agli altri contribuenti, vale a dire i normali cittadini, che nello stesso periodo hanno visto imposte come l’Iva crescere di quasi il 10%. Altro che progressività del sistema fiscale

TRUMP DICHIARA GUERRA ALLA GERMANIA!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2018/03/12/trump-dichiara-guerra-alla-germania/

Partiamo da qui, dalla notizia che ha fatto esplodere l’entusiasmo in America venerdì…

Il rapporto sull’occupazione americana di febbraio, quando sono stati creati ben 313.000 posti di lavoro, è “impressionante”. Questo il commento del segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin. L’ex Goldman Sachs

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Nulla da dire, anche se noi non ci lasciamo impressionare, già qualche mese prima della Grande recessione nel 2007, un dato simile fu rivisto alcuni mesi dopo quasi a zero!

Quello che a noi interessa è che …

I salari orari – attentamente monitorati perché indicano l’assenza o meno di pressioni inflative – sono saliti dello 0,15% (o di 0,04 dollari) su base mensile a 26,75 dollari, meno del +0,2% atteso.; su base annuale sono saliti del 2,6%, sopra il range tra 1,9 e 2,2% segnato dal 2012 in poi e oltre la media del 2% degli ultimi sei anni.

A gennaio i salari erano saliti del 2,9%, il balzo maggiore dal 2009, cosa che aveva fatto temere un’accelerazione dell’inflazione e dunque una Federal Reserve meno accomodante.America 24

Di conseguenza, abbiamo ancora una volta ragione sui salari, nessuna pressione inflattiva, poco o nulla, al punto tale che…

Fed: Evans, possiamo permetterci pazienza sui tassi, aspettare prima di alzarli

Secondo Charles Evans, presidente della Federal Reserve di Chicago, la banca centrale americana si può permettere di essere paziente nell’alzare i tassi. Per colui che non è membro votante del braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, il Federal Open Market Committee, sarebbe meglio aspettare prima di aumentare il costo del denaro. La prossima riunione della Fed è in calendario il 20 e 21 marzo e il mercato si aspetta un aumento dei tassi di 25 punti base all’1,5-1,75%.

Quella sarà la prima riunione dell’Fomc con a capo il neo governatore Jerome Powell, che per la prima volta affronterà la stampa successivamente al meeting in cui verranno diffuse anche le nuove stime economiche e quelle relative al numero di strette attese nel 2018. Stando all’ultima mediana delle stime, quella diffusa a dicembre, la Fed conta di alzare i tassi tre volte nel 2018 ma il mese scorso sono aumentate le probabilità di quattro strette per via del balzo dei salari orari di gennaio ai massimi del 2009. A febbraio i salari orari sono saliti con meno slancio, motivo per cui gli investitori sembrano rincuorati. America 24

Strano davvero che il famigerato GDP NOW non abbia reagito alla meraviglia del dato di venerdì, anzi si è depresso ulteriormente…

  • Lavoro part-time involontario: +171.000 – Indagine sulle famiglie
  • Lavoro part-time volontario: +194.000 – Indagine sulle famiglie.

Davvero un rapporto sano quest’ultimo di venerdì, lavoro a part-time ovunque, gli ultimi dati sulle retribuzioni medie della classe media risalgono al mese di maggio del 2016. e sino ad oggi hanno mostrato  una diminuzione dei salari medi in sette degli ultimi 11 anni, aspettiamo con calma le prossime revisioni.

Nel frattempo Trump minaccia di nuovo la Germania, ops…L’Europa!

Trump minaccia di nuovo l’Ue: “Abbassate i dazi o tasseremo le vostre auto”

Dopo il nulla di fatto del vertice di Bruxelles il nuovo attacco del tycoon getta l’ombra di una guerra commerciale. Continuano a battere banco i dazi che il presidente Donald Trump ha deciso di imporre sulle importazioni di acciaio e alluminio, tassati rispettivamente al 25% e al 10%, su tutti i paesi del mondo ad eccezione di Canada e Messico. Le nuove misure, che diventeranno effettive dal prossimo 23 marzo, avranno un impatto soprattutto sui 28 paesi dell’Unione Europea a cui Trump ha mandato un altro chiaro messaggio.America 24

The European Union, wonderful countries who treat the U.S. very badly on trade, are complaining about the tariffs on Steel & Aluminum. If they drop their horrific barriers & tariffs on U.S. products going in, we will likewise drop ours. Big Deficit. If not, we Tax Cars etc. FAIR!

Nelle ultime ore il tycoon ha infatti minacciato, per l’ennesima volta e sempre attraverso twitter, una guerra commerciale contro Bruxelles: “L’Unione Europea, fatta da paesi meravigliosi che nel commercio trattano gli Stati Uniti molto male, ora si lamenta delle tariffe su acciaio e alluminio. Se loro abolissero le loro orribili tariffe sui prodotti che gli Stati Uniti esportano là, noi faremmo lo stesso togliendo le nostre. C’è un grosso deficit. Altrimenti tassiamo le automobili ecc. GIUSTO!”.

Un tweet che preoccupa l’Europa e che arriva a poco più di ventiquattro ore dal vertice a tre di Bruxelles, conclusosi con un nulla di fatto, tra la commissaria al Commercio dell’Unione Europea, Cecilia Malmström, il rappresentante per il Commercio estero degli Stati Uniti, Robert Lighthizer, e il ministro per il Commercio del Giappone, Hiroshige Seko.America 24

Al termine di quei colloqui la Malmström ha fatto il punto della situazione su Twitter specificando che “non è stata fatta chiarezza sulle procedure americane per l’esenzione dei dazi” aggiungendo che i “colloqui continueranno”. Non solo, perché in maniera diretta la commissaria al Commercio dell’Ue ha aggiunto che “essendo uno stretto partner sulla sicurezza ed il commercio degli Usa, l’Unione europea deve essere esclusa dalle misure annunciate”.America 24

Il tycoon non si è limitato a puntare il dito contro l’Europa. Qualche ora prima infatti, al termine di un colloquio con il Primo Ministro giapponese Shinzo Abe nel quale ha discusso sempre di questioni commerciali, ha voluto fare il punto della situazione sempre su Twitter sollecitando Tokyo ad un’ulteriore apertura verso Washington: “Attualmente abbiamo un disavanzo commerciale imponente da 100 miliardi di dollari. Non è giusto né sostenibile. Troveremo una soluzione!”.

Gli Usa chiedono alla Cina di ridurre il deficit di 100 miliardi di dollari

L’amministrazione Trump vuole abbattere il deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina di 100 miliardi di dollari e per farlo ha chiesto a Pechino di importare più automobili, aerei e servizi finanziari. A riportare la notizia è il Financial Times che cita fonti vicine alle due amministrazioni. Secondo loro un piano del genere potrebbe consentire ai prodotti fabbricati dalle aziende americane su territorio cinese di evitare i nuovi dazi imposti dagli Usa sull’import che saranno effettivi dal 23 marzo prossimo. America 24

Per il segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin, il presidente americano Donald Trump “non è un protezionista”. L’obiettivo del leader Usa è piuttosto quello di ottenere un commercio “equo”.

L’unico commercio equo che l’amministrazione Trump oggi vuole è “America First” il resto è relativo, ma la storia, la nemesi deve fare il suo corso. State sintonizzati, questa settimana si preannuncia davvero interessante.

Nel frattempo in Italia si avvicina sempre più l’ora della verità per la formazione del nuovo Governo con l’appuntamento dei presidenti delle Camere, non c’è alternativa a quello che tutti temono e fanno finta di non vedere nonostante i proclami di parte.