I piani di assetto idrogeologico ci sono, mancano i soldi

Scritto da Erasmo Venosi   
Fonte: www.estnord.it

Benedetto Croce, da Ministro della Pubblica Istruzione del Governo Giolitti, scriveva nel disegno di legge per la tutela delle bellezze naturali che “il paesaggio è la rappresentazione materiale e visibile della patria, con i suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suolo e presupposto di ogni azione di difesa delle bellezze naturali”. Il dato peculiare caratterizzante il paesaggio italiano è il consumo di suolo. Alcuni urbanisti affermano che i nove decimi dell’edificato italiano sono sorti in Italia negli ultimi 50 anni. Il WWF afferma che il consumo di suolo annuo ammonta a un miliardo di metri quadrati l’anno. Disastri e dissesti traggono origini nell’assenza di pianificazione. 
 
Pianificare nell’uso del territorio significa coordinare all’interno di un quadro di riferimento generale. Diceva l’ex Ministro dell’Ambiente, e fine economista Giorgio Ruffolo, che la pianificazione era detestata “dai pragmatici dell’intrallazzo come dai rivoluzionari della chiacchiera“ ma che essa stava “dalla parte dell’ordine vitale e della libertà”. Il Veneto del dissesto idrogeologico di oggi è il prodotto del forse più grande processo di trasformazione del territorio, che ha prodotto la felice definizione del Prof. Indovina: “la città diffusa”, questa immensa melassa edilizia che si spalma occupando tutto come una colata di acciaio. Il cemento invade i suoli agricoli, li consuma, li urbanizza. Da una ricerca della Fondazione Nord Est emerge che in un ventennio hanno cambiato destinazione d’uso più aree agricole di quanto non fosse accaduto nei 2000 anni precedenti.
Sottratti ad aree agricole 2,3 miliardi di metri quadrati, ovvero un’area equivalente al territorio della provincia di Treviso. A tutto questo si somma la grande partita infrastrutturale: passante di Mestre, autostrada Ravenna – Venezia, Pedemontana Veneta, prolungamento sud della Valdstico (VI – Rovigo), connessioni tangenziali venete, alta velocità Vr-Pd, prolungamento A-27. Le cause del dissesto idrogeologico sono naturali, ma nel caso italiano e veneto, in particolare, sono accentuate, se non provocate da trascuratezza o da interventi sbagliati dell’uomo sul territorio.
Infrastrutture e insediamenti producono effetti sul regime idraulico e idrologico: nella formazione delle piene qualsiasi intervento, che modifica le caratteristiche naturali del suolo, genera effetti immediati. Nella realizzazione delle infrastrutture viene modificata la permeabilità dello stato superficiale del suolo. Costruire strade, capannoni, piazzali pavimentati equivale a ridurre notevolmente l’infiltrazione delle acque. L’impermeabilizzazione di suoli, dovuta a un’urbanizzazione crescente e all’industrializzazione, comporta l’aumento del valore del deflusso superficiale. Le pavimentazioni e le coperture hanno minore scabrezza del suolo naturale, e questo determina nel flusso dell’acqua della pioggia una maggiore facilità di movimento, e ingenti masse di acqua si muiovono a grande velocità da un punto all’altro. Tutto questo fa ridurre i tempi di corrivazione, aumentando le probabilità di piene elevate e improvvise.
Strade e ferrovie, in particolare, con i loro lunghi rilevati, rappresentano una lesione della continuità della superficie del suolo, ed esercitano in tal modo un effetto barriera alle acque che scorrono in direzione perpendicolare a esse, trasferendo da un punto all’altro cospicue portate. Si aggiunga l’effetto delle canalette di scolo poste ai lati delle corsie, che raccolgono l’acqua scolante delle pavimentazioni e la concentrano in punti posti lungo il percorso della strada. Già il solo lavoro di sbancamento, con l’esecuzione di scavi, e il trasporto di terra, è causa di modifiche della permeabilità e della configurazione del suolo, con effetti sia sul convogliamento delle acque che scorrono, sia sulla quantità di acqua che s’infiltra nel sottosuolo. Il solo Passante di Mestre ha comportato un consumo di territorio pari a 103 ettari, una movimentazione di materiale di scavo di 3,1 milioni di metri cubi, e un fabbisogno di materiale per fondazioni, pavimentazione calcestruzzo di 4,1 milioni di metri cubi. L’amara storia delle politiche di difesa del suolo inizia dopo le alluvioni del 1966. Fu istituita la Commissione De Marchi, per lo studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo. Nel secolo scorso l’Italia ha registrato tra frane e alluvioni 10.000 vittime e 350.000 senza tetto. Tra il 1968-1992 i costi da dissesto a carico dello Stato sono stati pari a 75 mld di euro (G.U. del Senato 1992). L’Annuario APAT, limitatamente ai costi per i fenomeni alluvionali, riporta un totale di 16 mld di euro tra il 1951 e il 2005. I soli danni strutturali dovuti all’alluvione del Po del 2000 sono stati stimati in 5,6 mld di euro.
L’Inventario Italiano Fenomeni Franosi, realizzato dal Ministero dell’Ambiente, ha mappato il rischio per tutto il territorio. Il IV Report IPPC sui cambiamenti climatici indica nelle strategie di adattamento lo strumento di elezione, per ridurre la vulnerabilità territoriale, conseguente ai cambiamenti climatici che determinano l’aumento degli eventi estremi, in termini di frequenza e intensità. L’elevata criticità idrogeologica italiana riguarda 29.517 Kmq. Tutti i Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) sono stati completati. Consapevolezza del rischio, mappatura del territorio con definizione del livello di rischio, quantificazione dei costi d’intervento e messa a punto degli strumenti operativi, costituiscono il quadro operativo di ciò che si deve fare. Si continua, però, a morire per eventi che, con una grande dose di cinismo, sono definiti “naturali”.
Dopo Sarno fu quantificata in 40 mld di euro la spesa per la messa in sicurezza del territorio italiano. Nel 2009 il bilancio della Direzione protezione del suolo del Ministero dell’Ambiente ammonta a 198 milioni di euro! La riorganizzazione del Ministero dell’Ambiente ha comportato la soppressione della segreteria tecnica della Direzione difesa del suolo, cioè dell’organismo tecnico che analizza i progetti di messa in sicurezza del territorio. Un altro soggetto con grande responsabilità è il Comune che spesso non tiene conto dei P.A.I., e concede permessi per edificare nelle aree a rischio, chiedendo poi interventi allo Stato. Morfologia accidentata del territorio, scarsità di copertura vegetale, incremento degli eventi estremi meteorologici, tropicalizzazione dell’area mediterranea, impermeabilizzazione del territorio, assenza di coordinamento tra gli strumenti di pianificazione territoriale e mancata valutazione negli strumenti valutativi (VIA e VAS) dell’adattamento territoriale, non potranno che acuire i rischi connessi al dissesto.

Quell’allarme-piena sul forum internet «Bastava stare attenti»

Scritto da: Alessandro Mognon 
Fonte: IL Giornale di Vicenza

IL CASO. Sul sito Nordestmeteo.it l’annuncio del disastro già giovedì 28 ottobre. Un ragioniere di 33 anni assieme a 350 meteo-dilettanti vicentini. «C’erano tutti i dati per capire. A rischio la prossima settimana»


Marco Rabito durante la sua escursione negli Usa da “storm chaser”, cacciatore di tempeste

Vicenza.
Magari non sarà come il caso di Giampaolo Giuliani, il fisico che aveva lanciato una settimana prima l’allarme terremoto per l’Abruzzo. Ma la domanda bisogna farsela lo stesso, dopo che un gruppo di appassionati meteorologi dilettanti che frequentano il sito internet nordestmeteo.it già da giovedì scorso 28 ottobre lanciavano l’allarme per «l’alluvione peggiore degli ultimi anni». Insomma si poteva prevedere la grande piena dei fiumi?
Messa in modo più brutale: il Centro meteo dell’Arpav di Teolo (che tra l’altro pare fosse stato avvisato dal Sistema europeo di allerta maltempo di rischio alluvioni per Po, Vicentino e Veronese) non ha visto il pericolo ed è stato battuto da una banda di dilettanti? Marco Rabito, 33 anni, ragioniere di Cavazzale con il pallino del meteo e amministratore del sito nordestmeteo mette le mani avanti: «Non vogliamo sostituirci a nessuno, tanto più ai tecnici dell’Arpav che sono professionisti. Per noi appassionati è facile dare un allerta senza avere responsabilità».
Il problema che l’Arpav fa previsioni a tre giorni, quelle cosiddette ad alta probabilità. Oltre non può o non vuole andare perchè la percentuale di affidabilità crolla e le sue previsioni hanno un peso. I giovani meteorologi vicentini invece che scrivono su forum e chat parlano in libertà. «E se anche sbagliamo – spiega il meteo-ragioniere – se ne accorgono in pochi».
Comunque avevate predetto l’esondazione cinque giorni prima: perché voi sì e altri no? «Quello che non ha funzionato è stato il knowcasting» dice Rabito. Parliamo semplice… «Vuol dire l’aggiornamento continuo dei dati. La gente guarda una previsione e pensa che vada bene anche tre giorni dopo. Invece le cose cambiano anche ogni 6 ore. Insomma in una fase di criticità bisognava restringere i controlli, fiumi andavano osservati non ogni ora ma ogni mezz’ora».
Bastava seguire l’aumento progressivo del Bacchiglione, dicono, e i livelli di pioggia che cadevano a Monte Magrè, a Schio. «Ho parlato con il sindaco Variati, mi ha spiegato che i megafoni hanno lanciato l’allarme in città alle 11, c’era ancora un sacco di tempo. Ma chi li ha visti passare dice che la gente nelle case forse non poteva sentirli: il volume era basso, pioveva forte e le finestre erano tutte chiuse».
Sul sito web Rabito ha anche pubblicato una specie di riassunto. Titolo: “Si poteva fare di più?”. E ricostruisce ora per ora, livello per livello del Bacchiglione, cosa è successo partendo da domenica 24 ottobre al lunedì maledetto. E insiste: «Anche se si è tratto di un evento assolutamente eccezionale non vuol dire che fosse imprevedibile».
Gli elementi di pericolo c’erano tutti, si leggeva sul sito: «Correnti sciroccali con acqua alta in Adriatico e ostacolo al deflusso dei fiumi; zero termico a quote elevate con fusione dei cumuli nevosi; anticiclone sull’Europa dell’est che rallenta la perturbazione; fortissima piovosità nell’Alto Vicentino». Risultato: fiumi in piena e alluvioni.
Certo colpisce che un gruppetto di meteo fans che nella vita fanno tutt’altro lavoro riesca a centrare così una previsione. Sono circa 350 gli iscritti al forum di nordestmeteo.it (e dell’altro sito di divulgazione metereologica Serenissimameteo.it).
«La cosa bella è che ci conosciamo tutti, due-tre volte al mese ci troviamo a cena anche in una cinquantina – racconta Rabito -. Qualcuno viene da Padova e Verona. Come nasce una passione per il meteo? Io guardavo la neve cadere da piccolo e ci sono rimasto. E ho scoperto che è successo così, proprio con la neve, per moltissimi altri del gruppo. Adesso sono diventato anche “cacciatore di tornado”, sono appena tornato dagli Usa».
C’è perfino l’uomo misterioso, ed è anche uno dei più bravi. Sul forum si fa chiamare “mesociclone”, nessuno sa il vero nome nè che faccia abbia. Non partecipa mai alle riunioni e l’unica cosa che ha scritto nella sua scheda è che vive ad Arsiero. È lui che quel venerdì aveva sintetizzato i dati che arrivavano chiudendo con la frase «penso che martedì sia uno dei giorni più a rischio esondazioni degli ultimi anni». Ed è sempre lui che pubblica dati e mappe del prossimo weekend, lanciando un altro allarme: se le cose non cambiano, dice, ci sarà pioggia (meno intensa di quella scorsa) da domenica a mercoledì 10. E ancora scirocco. E ancora pericolo fiumi.
Conferma Rabito: «Sì, è quello che prevediamo ora. ma sabato si capirà meglio cosa succede.
Piuttosto c’è da stare attenti alle masse franose: anche con poca pioggia sono a rischio». Intanto Variati e il sindaco di Caldogno Vezzaro gli hanno chiesto il numero di cellulare. Tanto per non sbagliarsi.

Alluvione a Vicenza: il “giallo” dell’allarme: alla vigilia la criticità era solo “moderata”

Di:Gian Marco Mancassola  
Fonte: IL Giornale di Vicenza

IL MANCATO PREAVVISO. Spuntano i due fax spediti dalla Regione per l’avversità meteo. L’allerta viene definita “elevata” solo lunedì 1 novembre alle 13. Ma alluvione e disastro erano già in atto da almeno cinque ore 

Vicenza. La sciagura poteva essere prevista? L’allerta è stato sottovalutato? La popolazione poteva essere avvertita? Sono le domande che da lunedì rimbalzano da un capo all’altro delle zone alluvionate. Dopo giorni di proteste e polemiche, vengono alla luce i fogli dei fax che delineano l’allerta meteo. Sono due le comunicazioni scritte che vengono diramate e che raggiungono gli uffici di Vicenza e Caldogno. La prima viene diffusa sabato 30 ottobre alle 14: per l’area del capoluogo berico la criticità viene definita “moderata”. La seconda viene diffusa lunedì 1 novembre alle 13: la criticità viene promossa, ora è “elevata”, ma è troppo tardi, il Bacchiglione è già esondato, l’alluvione è in atto da oltre cinque ore.
IL PRIMO AVVISO. L’Arpav, l’agenzia regionale per l’ambiente, suddivide il Veneto in sette fasce. Vicenza è inserita nella pianura centrale, denominata “Vene-E”; la fascia montana dell’Alto Vicentino, il cosiddetto “orinal di Dio” per l’alta piovosità, è invece denominata “Vene-B”. Nel primo avviso di sabato il centro funzionale decentrato della protezione civile regionale annuncia l’arrivo di un’ondata di maltempo. Il documento ha validità anche per domenica 31 ottobre, il giorno in cui sono previste le precipitazioni più intense, che secondo i meteorologi non dovrebbero superare i 150 millimetri di pioggia: in una scala che va da “scarso” a “molto elevato (oltre i 150 millimetri), questa quantità è etichettata come “molto abbondante”. I rilevatori alla fine raccoglieranno oltre 400 millimetri d’acqua, come non accadeva dal 1882, quanto normalmente piove in un anno intero, secondo la definizione di un «fenomeno eccezionale» offerta dal capo della protezione civile Guido Bertolaso. La zona di Vicenza e Caldogno viene abbinata a uno stato di criticità idrogeologica e idrica “moderata”, mentre risulta “elevata” per la fascia montana vicentina. È sulla scorta di quel bollettino che gli amministratori locali ritengono di non dover far scattare forme di evacuazione.
DOMENICA. È nel corso della giornata di domenica 31 ottobre che le precipitazioni si rivelano drammaticamente più intense. Ma da Venezia non giungono nuove comunicazioni scritte: nessun fax. Nel pomeriggio, come riferiva l’assessore regionale Roberto Ciambetti ieri sera dal salotto televisivo di TvA Vicenza, l’allerta prende forma sul filo di alcune telefonate tra il Genio civile e i responsabili locali. In serata scatta il presidio lungo i fiumi. A mezzanotte i megafoni della polizia locale avvisano che il fiume sta per straripare a ponte degli Angeli.
IL SECONDO AVVISO. Il secondo e ultimo fax viene diffuso lunedì 1 novembre alle 13. La criticità per la pianura vicentina viene finalmente classificata “elevata”. Ma l’alluvione è in atto dalle 7.30: troppo tardi. Eppure, nel documento si legge: «A Dueville il Bacchiglione è esondato, mentre lo stesso scorso d’acqua ha causato allagamenti nei pressi di Caldogno». Assente ogni riferimento alla sciagura che da cinque ore sta mettendo in ginocchio il centro della città palladiana. Mistero e beffa.©

Alluvione, lacrime per 11 mila vicentini «Ripristinare subito viabilità e energia»

La redazione della “Patatina Fritta” è vicina alla gente di Vicenza per la grave alluvione che ha colpito il nostro territorio  ed in particolar modo  a tutti coloro che hanno perso tutto…

Fonte: il Giornale di Vicenza

Il sindaco rende noti i primi dati degli allagamenti: 5 mila famiglie sotto acqua, 6 scuole e 270 negozi ko, 12 monumenti danneggiati. Pronti 100 mila euro per le emergenze. «Grande la solidarietà dei vicentini»

Vicenza.
Sono 5mila le famiglie. per complessive 10.700 persone, coinvolte direttamente dal maltempo a Vicenza. Il dato è stato reso noto dal sindaco, Achille Variati, al termine della Giunta comunale riunitasi questa sera in una seduta straordinaria. L’esondazione del fiume Bacchiglione ha creato problemi a 7 strutture sanitarie (soprattutto ambulatori medici), 3 farmacie, 6 scuole, 13 servizi pubblici, 270 negozi, 9 strutture religiose e 12 monumenti. Variati ha voluto ringraziare le strutture comunali e aziendali vicentine, i cui uomini hanno operato «con turni massacranti, ma in grado di tener sotto controllo le varie situazioni ma anche un reale pericolo di black out che avrebbe potuto portare a serie situazioni di emergenze».

Variati ha anche sottolineato che ci sono 13 famiglie in una zona ancora sott’acqua che hanno deciso di rimanere nella propria casa; c’è anche un numero limitato, di cittadini che hanno preso momentaneamente alloggio in alberghi e in altre strutture messe a disposizione dal Comune: «Tutto ciò è la dimostrazione non dell’assenza del bisogno, ma che la nostra gente è abituata alla solidarietà. Ci sono stati vari episodi in cui famiglie del piano di sopra hanno ospitato gli inquilini del piano sottostante soprattutto anziani».

I prossimi passi operativi, ha spiegato Variati, saranno quelli di ripristinare la circolazione delle strade i servizi e sottoservizi, l’energia elettrica e poi gli interventi presso gli edifici pubblici e privati coinvolti dall’allagamento. Interventi riguarderanno anche le attività commerciali ed infine i privati.

«La Giunta procederà – ha spiegato – con la massima celerità funzionale». Fra tanto sono stati stornati 100mila euro dal bilancio comunale per gli interventi di emergenza «tra i quali – ha osservato Variati – si aggiungeranno molti altri grazie al contributo che arriverà al comune di Vicenza tra privati ed istituzioni».

Variati ha infine rilevato che saranno bene accetta la disponibilità di cittadini o gruppi di cittadini che intendono collaborare con il comune «per pulitura ed altri lavori al pari della protezione civile o sotto la protezione civile».

Per chi beve latte…

La redazione:
Alcuni giorni fa mi è arrivata una mail da un amico che, a sua volta l’ha ricevuta da una collega di lavoro. La notizia è ovviamente tutta da verificare; di certo però c’è il fatto che l’attenzione a ciò che assumiamo è importantissima.
Il cibo si tramuta in chimica all’interno del nostro corpo e il tutto si riflette in ciò che pensiamo e facciamo… 

Il latte ha una scadenza.
Il latte scaduto non venduto è mandato di nuovo al produttore che PER LEGGE può eseguire di nuovo il processo di pastorizzazione a 190 gradi e rimetterlo sul mercato.
Questo processo PER LEGGE può essere eseguito fino a 5 VOLTE.
Il produttore è obbligato a indicare quante volte è stato eseguito il processo, e, in effetti, lo indica, ma a modo tutto suo, nel senso che chi si è mai accorto che il latte che sta bevendo è scaduto e ribollito chissà quante volte?
Il segreto è guardare sotto il tetrabrick e osservare i numerini.
Ci sono dei numeri 12345. Il numero che manca indica quante volte è scaduto e poi ribollito il latte.
ES: 12 45 manca il “tre”: scaduto e ribollito 3 volte.
Ma non finisce qui, perché in uno scatolo da 12 buste ci saranno alcune buste dove manca il numero e altre dove ci saranno tutti i numeri. Attenzione tutto lo scatolone avrà ricevuto questo trattamento. In questo modo le aziende si arricchiscono, riciclando, di fatto, il latte scaduto, e chi ne paga le conseguenze, siamo noi che, di fatto, beviamo acqua sporca.