Una scuola materna ecologica: che caratteristiche deve avere?

Fonte: http://www.soloecologia.it/21032012/una-scuola-materna-ecologica-che-caratteristiche-deve-avere/

Non è mai troppo presto per insegnare ai bambini quanto sia importante salvaguardare l’ambiente e vivere nel rispetto della natura. Ma come potrebbero muoversi coloro che avessero a cuore di fondare una scuola materna con caratteristiche ecologiche? Un esempio al riguardo, che speriamo diventi un modello per molte altre iniziative simili è quello dell’asilo ecologico di Pontecagnano, in provincia di Salerno – allestito all’interno di un centro commerciale.

Una struttura a impatto zero nell’arredamento, che utilizza esclusivamente materiali e strumenti ecocompatibili e atossici e implementa un approccio pedagogico volto a insegnare ai più piccoli la cultura sostenibile ai piccoli mediante attività ludiche e laboratori.

Qui la raccolta differenziata è una parola d’ordine; i mobili sono riciclati, il pavimento è in linoleum. Domotica per regolare luce e musica, percorsi sensoriali e riciclo creativo degli oggetti come bottiglie di plastica, bicchieri di carta, rotoli di carta igienica, contenitori per uova, gusci di noci che si trasformano in giocattoli. Il metodo pedagogico della scuola materna è fondato sulle “Sette intelligenze di Howard Gardner” e calibrato su un tempo minimo di permanenza quotidiana di due ore. L’asilo è aperto 7 giorni su 7 e le tariffe sono proporzionali alle disponibilità della famiglia.

Obama firma i preparativi per la legge marziale?

Scritto da: Jacopo Castellini
Fonte: http://www.nexusedizioni.it/

Il 16 marzo scorso, il presidente Obama, nel silenzio mediatico generale, ha firmato un ordine esecutivo che suona come un campanello d’allarme per tutti gli americani. L’Ordine Esecutivo 12919, denominato “National Defense Resources Preparedness” [“Preparazione delle risorse per la difesa nazionale”] è di fatto un emendamento al “Defense Production Act del 1950” e fornisce al presidente totale controllo su tutte le risorse presenti negli Stati Uniti in caso di guerra o di emergenza. Ma chi stabilisce cosa sia una “emergenza”?  Con così tanti cittadini scontenti dell’attuale amministrazione, è una domanda che le persone potrebbero porsi in questi giorni. La prima sezione dell’ordine esecutivo definisce lo scopo dell’emendamento e la possibilità del suo utilizzo in tempi di pace: Sezione 101. Scopo. Il presente ordine delega le autorità ed indirizza le politiche di gestione delle risorse per la difesa nazionale ed i programmi sottoposti al Defense Production Act del 1950, come emendato. (b) valuta su basi continue la capacità dell’industria domestica e la base tecnologica per soddisfare le richieste in tempi di pace ed in tempi di emergenza nazionale, valutando specificamente l’utilizzo delle risorse più necessarie e le fonti di produzione, compresi subappaltatori e supplenti, materiali, manodopera qualificata, il personale tecnico e professionale;

La sezione seconda dispone ogni gabinetto dei rami dell’esecutivo ad ottenere il controllo su tutte le risorse. Per esempio, (4) il segretario dei trasporti rispetto a tutte le forme di trasporto civile; (6) il segretario del commercio rispetto a tutti gli altri materiali, servizi, e facilitazioni, inclusa la costruzione di materiali”.

Nulla è tralasciato, persino l’acqua è inclusa! Cosa comporta questo per i cittadini? Gli agricoltori dovrebbero essere i primi ad allarmarsi. Sapere che il governo può letteralmente confiscare ogni fattoria ed ogni attrezzo su ordine del presidente è una prospettiva quantomeno inquietante. Nel passato, quando ordini simili sono stati invocati, i diritti costituzionali degli americani sono stati calpestati. Vi è una ragione per cui il Presidente Obama ritiene necessario emendare quest’ordine esecutivo? Forse sospetta un’imminente guerra esterna (contro Iran, Siria, Sudan, Uganda) oppure una guerra civile, tra le proteste di Occupy e quelle dei Tea Party? Se è così, Obama si sta assicurando che tale situazione non sfugga al suo controllo.

L’ordine in questione è identico all’EO (executive order) 12919, firmato dal presidente Cinton il 7 Giugno 1994, che era a sua volta un emendamento all’EO 10789, voluto da Eisenhower nel 1958, e fu nuovamente emendato da Bush Jr. con l’EO 13286 del 2003. Nello specifico, l’ordine esecutivo di Obama assegna ai dipartimenti esecutivi ed alle agenzie responsabili dei piani e dei programmi relativi alla difesa nazionale cinque competenze:

  • identificare le richieste per le emergenze;
  • supportare la capacità industriale e tecnologica della nazione;
  • prepararsi allo sfruttamento di risorse necessarie e scarse in periodi di minaccia nazionale;
  • rafforzare l’efficienza dell’industria di base per supportare la difesa nazionale;
  • favorire la cooperazione tra il commercio ed i settori della difesa.

Ad oggi, la notizia ha goduto di ampia circolazione sui social networks, accolta dall’allarme in merito ad una possibile (o probabile) instaurazione della legge marziale. Tali timori -osservano alcuni- sarebbero infondati. Infatti, lo stesso Bush Jr, alla sigla dell’analogo provvedimento nel 2003, fu accusato di voler instaurare la legge marziale e sospendere le elezioni del 2004 e del 2008, ma nulla di questo accadde. Ad ogni modo, che l’ordine esecutivo di Obama rappresenti un preparativo di instaurazione della legge marziale o il semplice emendamento ad ordini esecutivi preesistenti, la notizia solleva in realtà un altro, vero problema di fondo. Come scrive Doug Mataconis di outsidethebeltway:

il fatto che il Presidente degli Stati Uniti possa attualmente esercitare una tale potere sin dai tempi della Guerra di Corea e della Guerra Fredda è un riflesso di come il potere sia in realtà senza controllo. Il fatto che un ordine esecutivo come questo sia stato rilasciato un venerdì pomeriggio e sia stato largamente ignorato dai media tradizionali è un’indicazione di come sia facile per i politici manipolare le notizie. E l’idea che il governo abbia delle competenze come quelle indicate nel documento, anche se solo teoricamente, nella totale ignoranza del popolo americano, è un riflesso di quanto poco sappiamo di ciò che viene fatto nel nostro nome. L’illegittimità di decisioni come queste è molto più profonda di un ordine esecutivo relativamente innocuo.

Il Veneto al tempo di Palladio

Scritto da: A. Cocchi
Fonte: http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=palladio&prod=veneto-tempo-palladio

Gli anni in cui Andrea Palladio trascorse la prima infanzia rappresentano un periodo particolarmente drammatico per il Veneto, poichè il territorio era devastato dalla guerra di Cambrai. In quel periodo la Repubblica di San Marco subiva una doppia aggressione. Da un lato la violenta ostilità della lega antiveneta, rappresentata dal papa Giulio II della Rovere, insieme all’imperatore Massimiliano d’Austria a guida degli eserciti dei principali stati europei, soprattutti i Francesi, aveva messo in gravi difficoltà le città del Veneto. Dall’altro le pesanti pressioni dei nobili veneti, soprattutto vicentini, che miravano a restaurare l’antico sistema feudale, mettevano il pericolo la stabilità della Repubblica. La Pace di Noyon, nel 1516, riportò la normalità e il veneto visse senza guerre fino all’arrivo di Napoleone.
Le vicende drammatiche appena trascorse scossero la popolazione e portarono le principali città venete, soprattutto Padova, uscita da un terribile saccheggio, a dotarsi di mura e fortificazioni più moderne ed efficaci. Vennero chiamati subito architetti esperti come i veronesi Michele Sanmicheli e Giovanni Maria Falconetto, incaricati di ricostruire muri di cinta, torri, bastioni e porte.
Gli anni seguenti segnarono una decisa ripresa, che comportò il consolidamento del potere e delle ricchezze della classe dominante. Le famiglie più influenti si dotarono di nuovi e moderni palazzi cittadini. Ma già negli anni ’40 del Cinquecento in Veneto si verifica un’importante trasformazione del sistema economico. La tradizione commerciale e mercantile, che aveva determinato per secoli la potenza della Repubblica di Venezia e del suo territorio comincia ad entrare in crisi, a causa dell’apertura di nuove vie di traffico e di nuovi mercati. Le potenti famiglie venete quind cominciano a investire spostando le loro ricchezze sulle proprietà terriere e sulla produzione agricola. Vennero quindi bonificati nuovi terreni presso i delta dei fiumi e acquistate grandi proprietà, in modo da garantirsi un’ampia e redditizia produzione. Vengono quindi richieste agli architetti numerose residenze siignorili suburbane, destinate sia allo svago e allo studio, ma soprattutto al controllo e alla gestione delle attività agricole. Andrea Palladio fu uno degli architetti più coinvolti in questo rinnovamento edilizio, lasciando con le sue opere un’impronta particolare nelle città e nelle campagne del Veneto.

Carenza di vitamina D? Uscite all’aria aperta

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/medicina/carenza_vitamina_d_aria_aperta.html

La carenza di vitamina D è un problema che riguarda dal 50 al 70 per cento della popolazione europea e che può aumentare il rischio di insorgenza di alcune patologie, soprattutto l’osteoporosi.

A lanciare l’allarme è uno studio dell’European Menopause and Andropause Society che in particolare attribuisce il deficit di vitamina d al nostro stile di vita ‘indoor’ (al chiuso). Come ha spiegato Faustino Perez-Lopez, coordinatore del gruppo di studio, la carenza di vitamina D è un problema comune, che affligge anche gli abitanti delle zone più soleggiate del sud dell’Europa.

Eppure, sottolinea l’esperto, basterebbero 15 minuti all’aperto tre o quattro volte alla settimana, quando il tempo lo permette, per produrre vitamina d a sufficienza. Infatti, circa il 90 per cento della vitamina D viene sintetizzata nella pelle, in conseguenza all’esposizione solare; il resto arriva da alimenti quali il latte, le uova e il pesce.

Lo studio descrive le implicazioni di una carenza di vitamina D facendo riferimento in particolare al rischio di insorgenza dell’osteoporosi, condizione comune nelle donne in postmenopausa che porta a fratture ossee.

Secondo gli esperti per garantire un buon livello di vitamina D le donne con meno di 70 anni dovrebbero introdurre ogni giorno di vitamina D, quelle over 70 20 microgrammi, sotto forma di ergocalciferolo o colecalciferolo. Nelle donne con fattori di rischio noti per l’ipovitaminosi, come l’obesità o le sindromi da malassorbimento intestinale, dovrebbe essere aumentata l’integrazione fino a circa 100 microgrammi, dose che comunque non è pericolosa in persone sane.

D’altra parte, la carenza di vitamina D può comportare anche il peggioramento di altre malattie tra cui diabete, tumori, infezioni e patologie cardiovascolari.

A.P.

Meteorite trovato nella tomba di un Druido

Fonte:http://www.archeorivista.it/0011755_londra-in-mostra-il-meteorite-trovato-nella-tomba-di-un-druido/

Gli studiosi si stanno chiedendo come una roccia di questo tipo si sia potuta conservare fino ai nostri giorni. Quello che è certo è che, in un modo o nell’altro, alcuni frammenti di un meteorite sono riusciti a farsi strada fino al nostro pianeta qualcosa come trentamila anni fa, sopravvivendo all’erosione e all’attacco degli agenti atmosferici, e diventando – con tutta probabilità – i reperti di origine extraterrestre più grandi e importanti mai scoperti nelle isole britanniche.

Questo singolare meteorite, un condrite di circa mezzo metro di lunghezza e del peso di circa 93 chilli, si è conservato dal momento del suo arrivo sulla Terra fino a oggi in uno stato davvero ottimo e senza mostrare alcun segno di erosione;  questo è l’aspetto più sorprendente del reperto e rappresenta il dato di maggiore interesse per gli studiosi che lo stanno esaminando.

Secondo Colin Pillinger, professore di scienze planetarie presso la Open University e commissario della mostra “Oggetti dallo Spazio” che si terrà fino al 30 marzo 2012 presso la Royal Society, la risposta all’enigma dell’eccellente stato di conservazione di questo meteorite va individuata nell’Era Glaciale.

Secondo il professore britannico, infatti, gli unici meteoriti che sono sopravvissuti così tanti anni in ottimo stato di conservazione sono quelli che sono stati recuperati in Antartide, oltre ad alcuni altri ritrovati recentemente nel deserto del Sahara. E il meteorite ritrovato in Inghilterra deve essere precipitato al suolo in un’epoca in cui le isole stavano attraversando un periodo di glaciazione durato 20.000 anni. Questo vuol dire che molto probabilmente sono state le bassissime temperature a proteggere la roccia spaziale dall’erosione.

Evidentemente il grande freddo ha fatto un ottimo lavoro nel conservare la pietra intatta; decine di migliaia di anni dopo la sua caduta un gruppo di druidi molto probabilmente ha trovato la roccia e l’ha utilizzata per i propri scopi attribuendole evdentemente un valore sacrale. E’ stata infatti impiegata per la costruzione di un tumulo sepolcrale vicino a Stonehenge.

Ed è stato proprio lì, sempre secondo Pillinger, che duecento anni fa circa il meteorite è stato scoperto da un archeologo dell’epoca, che a sua volta l’ha trasferito a Lake House, nel Wiltshire, dove è stata riscoperto in epoca recente da un altro gruppo di archeologi, che hanno subito avvisato gli specialisti.

Quello che oggi viene definito “Il Meteorite dei Druidi” può essere visto fino al 30 di marzo presso la mostra “Oggetti dallo Spazio”, organizzata presso la Royal Society di Londra

Una cometa che punta diritto verso la terra : non facciamoci prendere dal panico

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: Sunday Morning Post
Traduzione per la patatina fritta: Anna Nicoletti, Francesco Fontana

Il popolare romanzo di Arthur C Clarke del 1972 intitolato Rendezvous con Rama, in cui un asteroide si scontra con la terra l’11 settembre 2077, è stato un successo in tutti i sensi.
Nel libro, l’impatto spazza via le città italiane di Padova e Verona e fa sprofondare Venezia
nel  mare.

La coincidenza della data con gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle di New York ha contribuito a fare rivivere un interesse nei suoi confronti.

Per evitare disastri simili e prevedere in anticipo impatti sulla terra, gli abitanti del mondo fantastico di Clarke crearono il Progetto Difesa.
Qualcuno alla Nasa deve aver letto quel libro, poichè 20 anni dopo l’agenzia spaziale lanciò il proprio Progetto Difesa per monitorare i cieli e valutare i rischi.

Per dodici anni nel progetto, tre astronomi dell’ Osservatorio nazionale Kitt Peak in Arizona -Roy Tucker, David Tholen e Fabrizio Bernardi – scoprirono qualcosa di inquietante: una piccola cometa chiamata 2004 Mn4 sembrava essere in rotta di collisione verso di noi.

Si diffuse la notizia che la cometa avrebbe colpito la terra nel 2029, ed un nome più inquietante  le fu subito attribuito): Apophis, un personaggio della serie televisiva Stargate e anche un antico dio egizio del male.

Nuove osservazioni hanno spinto altri scienziati a ridimensionare i rischi associati al potenziale pericolo e alle dimensioni della cometa e a rivedere la data dell’impatto intorno al 13 aprile 2036. Che tra l’altro coinciderebbe con il giorno della Santa Pasqua.

Secondo gli ultimi dati, Apophis misura circa 350 metri di diametro e viaggia a più di 30 chilometri al secondo. La sua densità e composizione, chiavi per prevederne  il comportamento, rimangono un mistero, ma la sua velocità suggerisce che potrebbe sferrare un bel colpo: 510 megatoni.

Considerate per esempio i 50 megatoni della bomba sovietica Tsar, la bomba atomica più potente mai detonata. Il prossimo passaggio della cometa nelle vicinanze della Terra si verificherà il 13 aprile 2029, secondo la Nasa e i ricercatori delle Università di Pisa e di Villadolid.  Essa avrà una magnitudine astronomica di 3.4, che la renderà visibile ad occhio nudo, poiché viaggerà alla stessa altitudine di alcuni dei nostri satelliti di telecomunicazione. Se tutto procederà secondo i piani, dovrebbe passare attraverso una regione di spazio celeste spessa 600 metri, conosciuta agli astronomi come “buco della serratura gravitazionale”. Questo sarà il momento in cui gli osservatori saranno in grado di raccogliere i dati migliori circa la traiettoria della cometa, ma ci saranno poi solamente sette anni di tempo per organizzarne la deviazione prima di un possibile impatto catastrofico con la Terra. Purtroppo non c’è ancora un fronte comune in vista per affrontare questa sfida mortale. Gli USA stanno lavorando al proprio piano: un veicolo spaziale che possa deviare la traiettoria di Apophis sfruttando la gravità. L’agenzia spaziale russa, Roscomos, ha annunciato di aver intenzione di costruire una navicella spaziale in grado di deviare il percorso aereo della cometa. Tuttavia entrambi i piani sembrano essere rimasti sulla carta per mancanza di fondi. Anche la Cina sembra lavorare ad un piano con un team di scienziati capeggiato da Gong Shengping, professore dell’Università di Tsinghua. Lo scorso agosto Pechino ha presentato un nuovo progetto concernente l’utilizzo di una “vela solare” per spingere un veicolo spaziale – mosso solamente dalle radiazioni solari – in un’orbita retrograda. Se la vela solare fosse sufficientemente grande, il veicolo viaggerebbe alla sbalorditiva velocità di 90 chilometri al secondo per poi scontrarsi con la cometa e distruggerla all’impatto. Se questi tentativi fallissero e Apophis impattasse la Terra nel 2036, la collisione interesserebbe milioni di persone ma non minaccerebbe il pianeta, a differenza dell’asteroide che lo colpì 65 milioni di anni fa. Quest’ultimo era un mostro di 10 chilometri di diametro che si schiantò vicino alla penisola messicana dello Yucatan, spazzando via tre quarti di piante ed animali, inclusi i dinosauri.

Angelo Paratico è un giornalista, romanziere e imprenditore residente ad Hong Kong.
Il suo ultimo libro, Ben, è una narrazione romanzata  sugli ultimi giorni di Benito Mussolini, pubblicato in Italia

L’Univpm realizza un’importante scoperta per la tutela dei beni architettonici e culturali „Nanotecnologie per la tutela dei Beni Culturali: la scoperta è Univpm“

Fonte: http://www.anconatoday.it/cronaca/applicazioni-nanotecnologia-beni-architettonici-culturali-universita-politecnica-marche.html

L’Univpm realizza un’importante scoperta per la tutela dei beni architettonici e culturali.
„Viene dall’università politecnica delle Marche un’importante scoperta nel settore della tutela di edifici e reperti archeologici: trattamenti nano-metrici impediscono il logorio dell’acqua e del tempo“
L’Univpm realizza un’importante scoperta per la tutela dei beni architettonici e culturali
„Viene dall’università politecnica delle Marche un’importante scoperta nel settore della tutela di edifici e reperti archeologici: alcuni prodotti a base di biossido di titanio, sperimentati sul travertino hanno dimostrato la proprietà di impedire l’imbibizione d’acqua da parte delle superfici.
La ricerca, effettuata all’interno di un dottorato di Ingegneria coordinato dal prof. Placido Munafò, ha coinvolto il Comune di Ascoli Piceno per la disponibilità di edifici su cui testare il ritrovato.
La collaborazione, che è iniziata con la Salentec srl e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, ora si allarga anche con il Comune di Macerata. I risultati sono già stati pubblicati su tre prestigiose riviste scientifiche del settore.

L’utilizzo delle recenti nano-tecnologie si rivela dunque fondamentale anche per la conservazione e la protezione dei Beni Architettonici, con interventi di natura preventiva e duratura che possono essere più efficaci di azioni invasive e ripetute.
I rivestimenti auto-pulenti possono essere applicati direttamente sulle superfici storiche in pietra allo scopo di preservare il loro aspetto originale nel tempo e diminuire la deposizione di agenti inquinanti e aggressivi, riducendo i fenomeni di sporcizia, la formazione delle croste nere e l’innesco di processi di degradazione sugli strati esterni delle superfici lapidee.
Inoltre, la presenza di superfici più semplici da pulire limita costi e tempi di manutenzione delle stesse, riducendo i costi per la loro conservazione.

NANOTECNOLOGIA AL lavoro. Le nano-particelle di biossido di titanio vengono così utilizzate per ottenere rivestimenti auto-pulenti trasparenti capaci di degradare e rimuovere più facilmente lo sporco e gli agenti inquinanti che entrano in contatto con le superfici trattate grazie a due sue proprietà indotte dalla luce solare: la foto-catalisi e la super-idrofilia.
Diverse soluzioni a base di biossido di titanio sono state depositate tramite spray sul travertino, una pietra calcarea ampiamente utilizzata negli edifici storici e monumentali.
La trasparenza dei rivestimenti è stata confermata mediante analisi colorimetriche, permettendo l’utilizzo di questi rivestimenti nel campo dei Beni Culturali senza causare variazioni evidenti dell’aspetto delle superfici trattate. La degradazione degli inquinanti e della sporcizia sono state monitorate sotto irraggiamento UV, mostrando buoni risultati: la combinazione di queste due proprietà può portare a un reale effetto auto-pulente.
I rivestimenti dallo spessore nano-metrico alterano le proprietà fisico-chimiche della pietra in maniera molto contenuta e senza causare conseguenze negative per la loro conservazione.
Da notare che la trasparenza dei rivestimenti, l’efficacia auto-pulente e l’assenza di cambiamenti significativi nella morfologia del substrato lapideo sembrano consentire l’utilizzo di questo genere di trattamenti nano-metrici sulle superfici di tipo storico e architettonico in travertino.“

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Quattro chiacchiere con un hobbysta/artigiano del suono…

Scritto da:  Roberto Cegalin e Pierangelo Slaviero
Fonte : La patatina fritta

Caro Pierangelo tu da un po’ di tempo in qua ti dedichi alla costruzione di diffusori per la musica, vuoi spiegarci come ti sei avvicinato a tale disciplina?

Per quanto riguarda la tua domanda, devo dire che la musica mi è sempre piaciuta, strimpellavo e cantavo in un gruppuscolo da “giovane”. Ho un amico molto esperto e appassionato di musica e hi fi che mi ha parlato circa due anni fa dei diffusori monovia e di come cambi l’ascolto con questo tipo di casse. Quasi contemporaneamente si è liberata una cantina due case dopo la mia, così ho deciso di provare a unire la passione per la musica con quella per i lavori manuali che, mi servono per staccare dalle mie abituali occupazioni…

Così sono partito con progetti molto elementari per poi iniziare con costruzioni più difficili.

Pian piano (ma neanche tanto!) mi sono preso una attrezzatura decente, indispensabile per la buona riuscita delle costruzioni. Per caso ho conosciuto un ragazzo di Milano che fa queste cose per lavoro, una persona incredibile che mi sta insegnando molto.

I progetti sono diventati sempre più complessi e le soddisfazioni sempre maggiori, sia sul piano costruttivo che su quello dell’ascolto. Ho inviato diverse persone a sentire i loro CD col mio impianto e il complimento più bello è sempre “tante cose in questo disco non le avevo mai sentite prima”.

Per quanto riguarda lo studio dei progetti, la cosa è molto complessa e io di certo non sono in grado di “inventare” niente o quasi. Ci sono fior di ingegneri e tecnici che studiano i volumi, le forme, gli spessori, le dimensioni sia dei labirinti che dei cabinet esterni. Molti progetti sono liberi e si trovano in rete, altri si comperano a prezzi modesti.

Sula realizzazione invece posso dire che, almeno personalmente, inizio con uno studio approfondito dei progetti, che spesso sono criptici e vanno interpretati. Molte volte costruisco modellini o parti del cabinet in modo da capire bene come tagliare e incollare i pezzi. Poi viene la realizzazione vera e propria, fatta appunto solo con colla senza viti né chiodi. La finitura di solito, come ti dicevo, la faccio fare da persone più esperte di me.

Ricordo che parliamo di Hi fi, o alta fedeltà, cioè il tentativo di riprodurre in casa la musica come se fosse dal vivo.

Ma ci spieghi innanzitutto cosa sono?

Normalmente le casse per lo stereo hanno 2 o 3 altoparlanti, i famosi tweeter, mid e woofer, ognuno dei quali suona una certa gamma di frequenze. Questo splittaggio delle frequenze avviene tramite i cosiddetti filtri crossover che, appunto, dividono il segnale audio inviandone parti a ciascun componente.

Con i monovia, o fullrange, tutto il lavoro viene fatto da un solo altoparlante. Naturalmente questo altoparlante è stato appositamente progettato per rispondere al meglio, ovvero con la stessa resa, a tutte le frequenze. E altrettanto naturalmente l’impresa più che difficile è impossibile.

Allora perché usare un solo cono?

Anzitutto si eliminano i crossover, e con essi tutti i problemi e i disturbi da essi introdotti.

Pensa che crossover di scarsa qualità pregiudicano in modo pesante la qualità audio; con i monovia i cavi partono dall’altoparlante e arrivano all’amplificatore. Stop. Poi di solito questi altoparlanti sono intrinsecamente migliori degli altri: magneti speciali e molto potenti, membrane vibranti particolari, costruzione spesso fatta a mano. E prezzi che di conseguenza aumentano! I fullrange, come detto, mai e poi mai potranno rispondere in modo lineare a tutte le frequenze, e di solito i problemi si hanno con le frequenze basse. Per cercare di enfatizzare queste frequenze senza ricorrere a trucchi elettronici la soluzione è costruire dei cabinet particolari che, in modo meccanico, amplifichino i bassi. Ecco le soluzioni a labirinti interni più o meno sofisticati.

Un’altra caratteristica importante dei fullrange è che hanno una cosiddetta “efficienza” molto elevata, cioè basta un amplificatore da pochissimi watt per farli suonare molto forte. Ad esempio io uso un amplificatore da 3 Watt…

Questa è un po’ la storia tecnica, molto concisa, dei fullrange.

E veniamo al perché ascoltare con questo tipo di diffusore.

Come dicevo è la realtà del suono a essere impressionante. Senza filtri di alcun genere quello che è inciso sul supporto (nastro, vinile, CD) esce dalla cassa. Gli strumenti sono lì, reali, col loro timbro, l’importantissima e molto sottovalutata “scena sonora”è grandiosa, nel senso che le seconde voci sono in secondo piano, i primi violini sono davanti, e il senso di tridimensionalità è veramente notevole.

Un esperimento interessante è questo: si fa ascoltare un brano con delle casse a 3 vie, classiche. Di solito si è soddisfatti dell’ascolto. Poi si ascolta lo stesso brano, con stesso amplificatore, stessi cavi, stesso tutto, con i monovia. Credimi, la sorpresa è grande. Ho visto persone molto esperte rimanere di sasso. E il bello è tornare indietro ai 3 vie: mentre all’inizio la musica “piaceva” all’improvviso non piace più. Una frase storica detta a casa mia è stata:

“Ma dove sono finite le frequenze?” riferendosi al secondo ascolto con le 3 vie. E’ come aver tolto una coperta da davanti la cassa. Un mio amico, a sentire Battiato, si è commosso fino alle lacrime… ed è istruttore di sesto grado, non una mammoletta…. Altro aspetto da non sottovalutare è l’inesistente difficoltà di ascolto. Anche a volumi abbastanza alti la musica non dà fastidio, è come detto naturale.

Il Paradiso quindi?

Magari… Come ogni cosa i lati negativi non mancano, ma spesso sono legati a nostre abitudini e aspettative più che a limiti reali. Ad esempio i bassi che non fanno tremare la pancia. Difficilmente un amante dell’heavy metal rimarrà favorevolmente colpito dai monovia, ma d’altra parte quel tipo di musica è per sua natura e nascita “manipolata” e l’elettronica ci mette molto del suo. Però diciamo che per altri tipi di musica, vedi classica e jazz, se uno ha sentito concerti dal vivo non può non rimanere perlomeno colpito. Un altro difetto, se vogliamo, sono le dimensioni delle casse, che come detto devono essere grandi per poter avere tutte le frequenze al loro posto. Ma ce ne sono alcune non troppo invadenti…

Ultima cosa, di solito per avere prestazioni paragonabili con sistemi classici servono almeno 10 volte più soldi…

Che dire? Vieni qui e prova ad ascoltarle!!! Mi farebbe piacere.

Guarda, non mi faccio ripetere l’invito, anzi! La curiosità è troppa per lasciarmi sfuggire questa occasione… mi riserverò di scrivere poi gli eventuali commenti in futuro…grazie della tua disponibilità!

Se siete interessati ad approfondire questo argomento potete visitare il sito di Pierangelo:

http://pierangeloslaviero.wordpress.com/

 

Nuovo record di tasse e niente tagli, Monti è come gli altri

Scritto da: Enrico Zanetti
Fonte: http://www.linkiesta.it/pressione-fiscale-lotta-evasione

Innalzando la pressione fiscale oltre il 45%, non è stata salvata l’Italia, bensì lo Stato italiano, inteso come struttura, apparati, capacità di spesa e relativo potere esercitabile, scrive Enrico Zanetti, direttore di Eutekne.info. Senza una pari “feroce” lotta alla corruzione e agli sprechi come nel campo dell’evasione fiscale, i cittadini vengono trasformati in sudditi. E senza che gran parte dell’aumento delle tasse abbia ancora prodotto i suoi drammatici effetti. Uno squarcio nel muro di omertà istituzionale che si è eretto negli ultimi mesi su temi come pressione e oppressione fiscale. Questo rappresentano le dichiarazioni rese l’altro giorno dal presidente della Corte dei conti e dal Garante della privacy.

Il presidente della Corte dei conti ha sottolineato come la pressione fiscale sia destinata a superare il 45%, polverizzando ogni precedente record del nostro Paese (43,7% nel 1997) e ponendoci ai primissimi posti delle graduatorie mondiali. Per la precisione, la pressione fiscale dovrebbe attestarsi nel 2012 al 45,15; nel 2013 al 45,70% e nel 2014 al 45,54 per cento. In realtà, causa le revisioni al ribasso delle stime di crescita del Pil, è altamente possibile che, in assenza di correttivi, già dal 2013 si possa superare la soglia del 46 per cento. Guardando agli altri Paesi europei, troviamo ormai davanti a noi solo la Svezia (46,34%), il Belgio (46,40%) e la Danimarca (48,53 per cento). Staccati, alcuni addirittura surclassati, tutti gli altri. Ancora oggi, per i cittadini italiani, questi sono poco più che numeri del lotto.

A parte gli aumenti delle accise sui carburanti e, con le buste paga di questo mese di marzo, la presa di coscienza degli effetti dell’aumento retroattivo delle addizionali all’Irpef, la gran parte dell’aumento delle tasse ha ancora da produrre i suoi drammatici effetti. Il clou è previsto da giugno in avanti, quando, tra Imu ed aumento dell’Iva, gli italiani sborseranno oltre 14 miliardi di tasse aggiuntive e vedranno all’opera anche gli ulteriori, quanto inevitabili effetti inflazionistici sui consumi.

Sarà allora che capiranno come non è stata salvata l’Italia, bensì lo Stato italiano, inteso come struttura, apparati, capacità di spesa e relativo potere esercitabile: tutte cose rimaste sostanzialmente invariate, rispetto allo status quo ante crisi. E, d’altro canto, è indubitabile che una lotta all’evasione, condotta in un contesto ove manca palesemente una pari “feroce” determinazione nella lotta alla corruzione e agli sprechi, non costituisce una battaglia di legalità (perché, evidentemente,m il punto non è la legalità), ma una mera battaglia per accaparrarsi le risorse necessarie a garantire lo status quo, a tutto vantaggio di chi dispensa lezioni di educazione civica e senso dello Stato con stipendi assai più elevati di quelli erogati da altri Paesi ai loro “servitori dello Stato”. Proprio sulla lotta all’evasione si è soffermato il Garante della Privacy, sottolineando come alcune norme introdotte per combattere l’evasione fiscale siano prive di riscontri in altri Paesi europei e tali da mettere a rischio l’assetto democratico del Paese.

È proprio così che stanno le cose. E il problema, ancora una volta, non è tanto che, di fronte alla gravità del fenomeno, si sia scelto di ricorrere a misure oggettivamente eccezionali e tali da trasformare il cittadino in un suddito che confida nell’equanimità del sovrano che lo controlla e giudica, quanto il riscontro che solo ed esclusivamente sul fronte dell’evasione fiscale si è ritenuto di intervenire con questa intensità.

Stupefacenti anche alcune reazioni a queste dichiarazioni del Garante della privacy. Un sindacalista equilibrato e intelligente come Raffaele Bonanni, ad esempio, ha detto che secondo lui le norme contro l’evasione andrebbero semmai intensificate ulteriormente. In altre parole, la stessa persona che, sul fronte dell’articolo 18, pur di tutelare i lavoratori onesti, preferisce correre il rischio di avere una norma che talvolta finisce per tutelare anche chi se ne approfitta, quando passa a parlare di evasione fiscale ritiene insufficienti norme che già ora consentono una trasparenza assoluta e la possibilità di riscuotere ed escutere il cittadino anche in pendenza di giudizio di primo grado.

Per il direttore dell’Agenzia delle entrate, invece, il problema non si pone: l’amministrazione finanziaria si limita ad applicare le norme proposte dal governo e votate dal parlamento. Risposta ineccepibile dal punto di vista formale. Se però consideriamo che, dal 2008 in avanti, al crescere delle difficoltà del bilancio dello Stato, sempre più i governi hanno affidato il confezionamento per loro conto delle norme in materia di riscossione e accertamento ai tecnici di Equitalia e dell’Agenzia delle entrate, forse una replica un po’ più nel merito della critica non sarebbe stata male.

L’ITALIA CHE AFFONDA

Scritto da: Gianni Petrosillo
Fonte: http://www.conflittiestrategie.it/2012/03/13/litalia-che-affonda/

L’Italia, povera ancella di giorni meno servili, perde peso mondiale, appeal geopolitico, capacità industriale e finanziaria perché, da qualche decennio, non ha più un Governo degno di essere nominato. Prodi o Berlusconi, Berlusconi o Prodi, compresi i caroselli tecnici per distrarre la pubblica opinione dalla miserabile ed artificiosa riottosità dei partiti, il risultato è sempre lo stesso: decadenza politica, depauperamento economico, privazione d’identità, scollamento territoriale ed indebolimento progressivo di uno Stato che ha smarrito indipendenza e forza propulsiva dei suoi apparati, giunti ad un grado estremo di senescenza.

La disfunzionalità della cosa pubblica, a tutti i livelli, è la conseguenza della evanescenza della politica e del decadimento sociale, non delle ruberie e delle malversazioni di cui parlano ossessivamente i giornali. Lasciando stare qualche breve sussulto delle giornate d’oro di B., allorché sull’asse Roma-Mosca si sviluppavano intese ed accordi sui gasdotti e nasceva un comune modo di intendere le relazioni internazionali ad Est e nel Mediterraneo, con il coinvolgimento di altre capitali non allineate alla Nato, da quando è sorta l’UE ed è stato introdotto l’euro il nostro futuro delegato all’estero si è sbriciolato. Pressati dalle velleità monocentriche statunitensi, ormai insostenibili storicamente eppure ancora persuadenti militarmente, e irretiti dalle irrealistiche visioni egocentriche di Germania e Francia, noi italiani ci abbiamo rimesso tutto: affari, investimenti e libertà di movimento.

Non siamo più i partner privilegiati di Washinton, sebbene la nostra posizione strategica continentale ci lascerebbe ancora margini di contrattazione autonoma (ma, del resto, perché coinvolgerci in un processo deliberativo che agisce sui nostri assetti dispositivi con automatismi istantanei?) e siamo trattati dai membri fondatori dell’Unione come un Paese di secondo piano, nonostante circuizioni e discorsi accattivanti su integrazione e condivisione delle decisioni. I nostri problemi hanno soprattutto natura esterna, in una fase in cui la politica estera è la politica tout court.

L’unica maniera per fissare gli equilibri interni è, pertanto, quella di ridare alle nostre istituzioni una proiezione globale e regionale, fondando nuove alleanze per inaugurare opportunità di profitto e di crescita, battendo strade non ancora percorse alla ricerca di una migliore collocazione sul palcoscenico mondiale, capitalizzando penetrazione geopolitica per contrastare tendenze disgregative e svendite di sovranità. Purtroppo però anziché concentrarci sulle cause di tale alterazione epocale trasferiamo competenze e prerogative, di cui dovremmo essere gelosi, ai nostri nemici e concorrenti, affidiamo il nostro destino in outsourcing alle borse che ci restituiscono temporali e cataclismi e ci inquietiamo per le valutazioni delle agenzie di rating, dietro le quali opera il pugno di ferro della potenza statunitense.

Ci deprimiamo o ci consoliamo per i giudizi parziali degli organismi sovranazionali, ci imbuchiamo ai loro banchetti, li allisciamo per essere invitati ai loro meeting dove restiamo in disparte e solitari  nell’indifferenza generale, dimostrando così di non aver alcuna personalità e convinzione nei propri mezzi. Smarriamo status e obiettivi sulla scacchiera planetaria e scivoliamo verso un penoso stato d’impotenza. Se la cornice degli interventi “salvaitalia” resta quella di un’ acritica adesione alle prescrizioni del mercato, sulla quale i professori sono gli unici autorizzati a dare voti, chiedendo voti d’austerità alla popolazione per pareggiare i conti di bilancio spareggiando  quelli con la Storia, allora il quadro avrà sempre tinte fosche. Politicamente muti, storicamente inabili ed economicamente depressi siamo costretti a vegetare in un periodo in cui gli eventi ribollono e tutti accorrono al capezzale dei tempi conclusi per reinterpretarne l’eredità alla luce dei propri bisogni correnti.

Spauriti ed immobili, noialtri invece diventiamo anticaglia, passiamo di moda all’istante ma pretendiamo ugualmente di dire la nostra perché una volta era così. Gli indiani, tanto per dirne una, lo sanno benissimo e ci ridicolizzano quanto più alziamo la voce dopo i fatti di qualche settimana fa che hanno coinvolto nostri militari imbarcati a protezione di un mercantile ed accusati di aver sparato a pescatori inermi. A prescindere dall’accaduto in sè, ancora poco chiaro e difficilmente accoglibile nella versione ufficiale del “turbante”, l’evoluzione della vicenda, compreso il teatrino dei rimbrotti tardivi della nostra diplomazia, ci dimostra quanto valiamo.  D’altro canto perché l’India, definita da Marx nell’ottocento un’Italia di dimensioni asiatiche e diventata nel frattempo una grande potenza emergente, dovrebbe cedere ad uno Stato di dimensioni ridotte in immersione geopolitica permanente? Aspettano che siano i nostri padroni a mediare per noi e a portarci ancora più in basso nella classifica dei Paesi importanti. Si può avere l’orgoglio ferito per due marò (ingiustamente arrestati) ed essere al contempo immuni alle continue umiliazioni di secoli di storia patria?