La storia di Emily e del suo abusante, un “eroe” per i suoi concittadini…..

Fonte: http://www.massimilianofrassi.it/blog/

Adesivo_SigaretteHo 26 anni. A 18 anni compiuti di fronte ad un disegno di un prato e un cartello con scritto “libertà”ho preso il treno e mi sono trasferita dal sud al centro Italia.

Pensavo che avrei trovato la pace. Che avrei trovato respiro, che avrei sentito un po’ di calore dentro. Eppure sapevo che sarei tornata proprio in uno dei posti, dove il Dottore mi aveva portata.

Ma infondo non mi importava. Volevo solo rinascere.

L’Università, l’arte, lo studio. Gli amici. Niente di tutto questo è riuscito a colmare il mio vuoto, o a lenire il dolore.

Quello che era il mio medico, quello che doveva curarmi, ha abusato di me per anni.

Solo lui porta la verità di quello che mi ha fatto. Di quello che è successo prima che io potessi dare voce ai ricordi.

Lui mi ha resa sua e ha avuto tutto il tempo per farlo. La connivenza di mia madre. Il silenzio di chi vedeva.

Ha atteso i miei 12 anni per venirsi a prendere ciò che pensava fosse suo. Era l’estate del ’98.

Mi sono svegliata in un letto accanto a lui e mi ha sussurrato che avevamo dormito e lui aveva scoperto che ero nuda, che aveva dovuto rivestirmi.

Non capivo nulla. Ero stordita. Mi sono sentita lontana. E’ stata un’estate lunga, fatta di incontri, cene, uscite, “visite”. Mia madre continuava a mandarmi con lui. E io a non capire.

Un giorno accadde qualcosa di sconvolgente per me,  e tornata a casa, disperata chiesi aiuto a mia madre. Lì tutte le mie speranze in lei morirono.

Mi disse di tacere, che non esisteva che io lo denunciassi, che avevo capito male.

Ho sempre creduto nella giustizia, ma lui era un membro in vista della società. Con parenti in politica e nelle forze dell’ordine. La mia voce non sarebbe stata dello stesso valore.

Sapevo che potevo denunciare, ma a soli 13 anni, l’unica persona che poteva aiutarmi mi aveva voltato le spalle. Decretando l’inizio dell’inferno più buio.

Se mia madre avesse tenuto lui lontano da casa, non sarebbe accaduto il peggio. Quel peggio che per anni ho tenuto nascosto a me stessa e che ritorna come un incubo ogni tanto.

Nonostante mia madre fosse irascibile, terribilmente violenta con me e mio fratello, nonostante i calci, i pugni e le botte con cui a sua detta ci educava, scoprirla complice del Dottore,

mi distrusse più di quello che lui mi faceva.

Quando compii 15 anni decisi che lui doveva uscire dalla mia vita. Così lo affrontai. Litigammo. Smise con me, ma mi teneva d’occhio, mi pedinava.

Cominciò a portar via mio fratello più piccolo.

E’ una cosa che non riesco a perdonarmi.

Mi sentivo impotente. Disperata. Abbandonata. Spenta.

Cercai aiuto dalla psicologa della scuola, ma non so come, il Dottore lo scoprì. Arrivò a casa mia il giorno stesso. Mi portò in camera mia tirandomi per un braccio. Urlando furioso.

Temetti per la mia vita. Pochi giorni dopo mi fu chiaramente detto che se avessi detto qualcosa contro di lui mi avrebbero fatta chiudere in un istituto di igiene mentale.

Così contai gli anni che mi separavano dalla maggiore età concentrandomi sulla partenza. Quando compii 17 anni lui aveva smesso di venire a trovarci, ma mia madre, fedele

continuò a fargli regali  e a portagli mie notizie fino ai miei 20 anni.

Ho finalmente deciso di provare a denunciarlo, ignorando la prescrizione, ignorando tutto quello che sarà. Perchè nel piccolo paesino dove sono nata, lui è un eroe,

lui è un politico, lui ha potere, mentre io, non riesco nemmeno a mettere piede nella casa dove sono cresciuta senza che la nausea e la sconfitta mi si arrampichino addosso.

Mia madre, si è fatta prendere dal senso di colpa e ora cerca il mio perdono, dicendo che ci metto troppo tempo per guarire.

Scrivo questa email perché ho bisogno di farla leggera a qualcuno, perché mi sento incredibilmente sola. Perché so che quando la mia denuncia partirà lo sarò ancora di più. Per quanto ci siano delle persone che mi stanno aiutando, è una battaglia mia. E andrò contro tutte le “regole” puntando il dito contro due rispettabili membri della società della piccola cittadina campana da cui provengo, ma almeno per una volta darò voce alla Verità. Almeno per una volta sarò ascoltata e smuoverò il mantello dell’Omertà sotto cui tutti si nascondono.

“Emily”

Come le rane…

Scritto da: Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e di Altrainformazione)
Fonte: http://www.liberopensare.com/articoli/item/629-come-le-rane

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Forse ciò che auspicano coloro che hanno a cuore la libertà del nostro mondo si sta manifestando.

Le rivelazioni di Edward Snowden stanno finalmente arrivando – in onde concentriche sempre più larghe – a lambire anche i vertici del potere, acquisendo quell’ampia diffusione mediatica che fa sperare che questa volta – con tutta la buona volontà – non riusciranno a negare, minimizzare, insabbiare il tutto.

Condividevo, in un mio precedente articolo su questo argomento, le preoccupazioni di Snowden che temeva che il suo sacrificio potesse essere vano.

Nella prima intervista a Greenwald egli, infatti, diceva: “La mia più grande paura a proposito delle conseguenze di tutto ciò, l’esito di queste rivelazioni per gli Stati Uniti è che nulla di tutto ciò cambi. La gente verrà a sapere di tutte queste rivelazioni dai media, saprà che il governo si appropria del potere ed è in grado di tenere sotto controllo la società americana e quella mondiale, ma non sarà disposta a correre il rischio necessario per alzarsi in piedi unita e combattere per cambiare le cose, per costringere i propri rappresentanti a prendere posizione a favore dei propri interessi, quelli della gente”[1].

Per far sì che ciò non avvenisse, era necessario che rivelazioni sempre più destabilizzanti fossero pubblicate, in un ampio progetto di risveglio della pubblica opinione tramite alcuni organi di stampa selezionati. Quello che sta accadendo.

E ora che le dimensioni dello scandalo sono divenute globali – come oggi anche la stampa più allineata e coperta è costretta a titolare – si può iniziare ad accarezzare la speranza che questa volta non sarà come le altre, che i popoli non accetteranno di fare la fine delle rane in pentola.

Ve la ricordate la storia, vero?

La rana messa dentro la pentola piena d’acqua tiepida nuota tranquillamente. La temperatura sale, l’acqua si scalda. Diventa sgradevole, ma lei non si spaventa. L’acqua ora è calda; la rana inizia a star male, non ha più la forza di reagire e allora non fa nulla. La temperatura sale ancora, e la rana muore senza aver neppure tentato di scappare. Se fosse stata immersa direttamente nell’acqua calda invece che tiepida sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.

Così è per noi.

Le notizie drammatiche, le strette economiche, le difficoltà di vita ci coinvolgono – goccia a goccia – protestiamo, ci agitiamo ma alla fine ci abituiamo, come la rana… Ci ridiamo su, ci diciamo che “tanto si sa che è così e che non ci si può far niente”, facciamo spallucce e intanto…l’acqua inizia a bollire. Se trent’anni fa ci avessero descritto il mondo in cui stiamo vivendo, avremmo risposto che non è possibile, che mai avremmo permesso un mondo simile.

O no?

 E invece siamo qui a chiederci come uscire dalla pentola prima che sia troppo tardi.

Ora, prima di tutto è necessaria la consapevolezza di esserci – nella pentola.

È fondamentale comprendere cosa significhino certi eventi del nostro mondo e in che direzione vadano – o possano andare – da un punto di vista non solo politico o storico. Non possiamo limitarci all’analisi del presente; dobbiamo sforzarci di intuire gli effetti di certi avvenimenti, le loro conseguenze sul futuro, sul nostro futuro.

E qui ci può aiutare solo una riflessione più profonda di quanto accade in superficie, una riflessione che parta da una visione spirituale del mondo come base interpretativa degli accadimenti esteriori. Una tale visione oltre ad essere necessaria per comprendere gli enigmi della nostra vita personale è indispensabile per intuire il senso degli avvenimenti del mondo.

È ora di prendere coscienza di questo fatto.

Ebbene, se io cerco di cogliere il vero significato di questa immensa rete spionistica che sta coprendo la terra posso certamente far riferimento al NWO, al progetto di controllo assoluto del mondo da parte di élite ben identificabili, alla creazione di una dittatura globale, de facto se non de jure[2].

Ma posso andare anche oltre.

Se analizzo da un punto di vista spirituale il senso della rete spionistica globale mi accorgo prima di tutto che essa ha dimensioni inimmaginabili. Vengono spiate 24 ore su 24 – e registrate – miliardi di comunicazioni, scritte, in voce e in video. Esse non vengono distrutte ma rimangono – virtualmente – presenti nei server delle agenzie di spionaggio.

A cosa  fa pensare tutto questo?

Tutte le dottrine occulte parlano di una zona che circonda la terra dal nome sanscrito Akasha, il cui significato è “etere”. In questa zona si conserva traccia spirituale di tutte le azioni, i pensieri, gli eventi che si riferiscono alle esistenze umane sulla terra.

Le entità ahrimaniche vogliono invece che noi non sviluppiamo questa visione ma restiamo ancorati alla terra.

Ecco che allora nasce una sorta di Akasha rovesciata, una specie di memoria cosmica asservita al potere terrestre invece che alla conoscenza spirituale, cui possono accedere non esseri che si sono conquistati la visione spirituale, bensì i controllori delle élite.
Un contrappeso elettronico, sub-sensibile, alla memoria eterica, sovrasensibile.

Chi vuole confinare l’uomo al mondo fisico agisce tramite il ‘ribaltamento’ di realtà spirituali.

Stesso discorso possiamo fare, ad esempio, per quello che sta avvenendo nella tecnologia più avanzata, dove l’interazione con la macchina è sempre meno ‘fisica’.

Sappiamo che vi sono già computer che possono venir manovrati con il pensiero[3].

Anche in questo caso la comunicazione sovra-sensibile – la trasmissione interiore dei pensieri – che dovremmo sviluppare, viene ‘rovesciata’ – nel Global Village – in una comunicazione sub-sensibile.

Quanto alla comunicazione tra le persone cui oggi assistiamo, essa viene sempre più depredata del coinvolgimento dell’intero essere umano. Lo vediamo giornalmente nel modo in cui gli smartphone e i social network stanno sostituendo l’incontro di anime di esseri umani reali. Lo vediamo nella trasformazione del linguaggio che cessa di essere vivente ma diviene meccanico.

Anche la parola – emanazione del Logos, dunque – è ‘ribaltata’, asservita alla sua funzione meccanica.

Negli scambi di text message o di post sui social network ci si avvede immediatamente che è facilissimo non comprendersi, entrare in polemica, insultarsi.

Dove – in un incontro reale di anime – basterebbe uno sguardo, una parola, un sorriso, per trovare l’accordo, nella comunicazione elettronica ci si scontra su frasi che hanno perso del tutto il loro significato vivo, rimanendo solo dei vuoti gusci semantici. Non avendo davanti a noi l’altro nella sua interezza non abbiamo alcuna fiducia in lui e ci opponiamo alle sue posizioni percependone solo l’aspetto dialettico.

Anche qui abbiamo il ‘rovesciamento’ di quella che dovrebbe essere l’obiettivo dell’umanità futura; spregiudicatezza e fiducia alla base di un sano sviluppo sociale[4].

Stesso discorso lo possiamo fare per l’istruzione, ormai privata di ogni elemento umanistico e diretta solo alla creazione di un uomo ripieno di sole nozioni e finalizzato all’esecuzione di un compito esteriore specifico. Una sorta di robot in carne ed ossa il cui interagire con l’altro può avvenire solo all’interno dei rigidi canoni in cui è stato programmato; competenze, efficienza, motivazione, obiettivi.

24postmanAnche qui possiamo notare il ‘ribaltamento’ di quella che dovrebbe essere la finalità dell’educazione: uno sviluppo interiore che metta al centro l’uomo e non le esigenze produttive, attraverso una continua crescita ed indipendenza interiori, mediante le quali giungere ad una personale esperienza di libertà.

Non dovremmo faticare ad accorgerci, dunque, attraverso questi esempi che dietro le quinte del nostro attuale forma di civiltà esiste una intenzione precisa di ‘rovesciare’ ogni spinta evolutiva trasformandola nel suo contrario.

Avviene allora che l’impulso verso il sapere nozionistico separato dall’azione si trasformi in intellettualismo e tolga forza all’agire, rendendo l’uomo sempre più impotente. E l’uomo impotente e incapace di reagire è esattamente coma la rana…

Questa è l’azione ahrimanica che stiamo osservando intorno a noi e di cui dobbiamo prendere atto. 

Ma forse qualche speranza c’è ancora.

[1]  http://www.liberopensare.com/articoli/item/484-fino-a-quando-abuserete-della-nostra-pazienza-tra-cicerone-e-edward-snowden

[2]   http://www.liberopensare.com/articoli/item/546-davide-e-golia-una-storia-moderna

[3]   http://en.wikipedia.org/wiki/Brain%E2%80%93computer_interface

[4]   http://www.liberopensare.com/articoli/item/291-global-war-e-guerra-di-tutti-contro-tutti-dove-stiamo-andando

La UE autorizza il contestato mais ogm SmartStax

Scritto da: Alexis Myriel
Fonte: http://www.aamterranuova.it/

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La commissione europea ha autorizzato il contestatissimo mais ogm SmartStax sia per l’alimentazione umana sia per la mangimistica. La decisione è stata presa malgrado le migliaia di lettere di proteste arrivate da tutto il mondo.

L’associazione tedesca TestBiotech si era mossa per tempo, affermando che c’erano molti, troppi, punti oscuri sul mais ogm SmartStax della Monsanto DowAgroSciences. E migliaia erano state le lettere arrivate alla Commissione Europea per chiedere che dicesse no all’immissione in commercio. Eppure è stato tutto vano. Tante le critiche sollevate anche nei confronti della valutazione effettuata dall’Efsa, la European Food Safety Authority. Ora TestBiotech presenterà rimostranze formali nei confronti della decisione europea.

Il mais SmartStax è manipolato geneticamente per produrre sei proteine insetticide e per essere resistente a due erbicidi, ma non sono mai stati studiati gli effetti combinati tra i residui dei pesticidi utilizzati sulle coltivazioni e le tossine insetticide. Né l’Efsa ha mai chiesto studi su queste coltivazioni usate come mangimi per verificare gli effetti sulla salute. “L’importazione di questo mais non presenta alcun vantaggio per i contadini e la salute dei consumatori e degli animali. Al contrario, ci sono molti dubbi sulla sicurezza di queste coltivazioni” ha detto Christoph Then della TestBiotech. “Il mercato europeo degli aliemtni e dei mangimi è diventato luogo dove collocare prodotti pericolosi che nessuno vuole”. Con il mais SmartStax e il mais chiamato Powercore, ammontano a 49 i prodotti ogm autorizzati nella UE per alimentazione umana e mangimi. Di solito le industrie alimentari europee cercano di evitare materie prime ogm ma esse sono largamente usate per gli animali. La Commissione ha anche deciso di chiedere ilvoto del Consiglio dei membri UE sul mais ogm Pioneer (chiamato 1507) per permetterne la coltivazione. E’ progettato per essere resistente al glufosinato e produce una proteina insetticida. E’ commercializzato da Dupont, Pioneer e DowAgroSciences

Italiani a tavola: troppe proteine animali, poca frutta e verdura

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/italiani-tavola-proteine.php

italiani-a-tavola-troppe-proteine-animali-poca-frutta-e-verdura_3405Poca frutta e verdura e troppa carne e latticini sulle tavole degli italiani. È quanto emerge da un’indagine Gfk Eurisko sulle abitudini alimentari che ha coinvolto 800 individui.

Dall’indagine è emerso che gli Italiani mangiano più carne e latticini che pesce – consumati, rispettivamente, 3 e 1 volta e mezza alla settimana – e consumano in media solo 3 porzioni di frutta e verdura al giorno.

Più del 60% non conosce la regola delle “5 porzioni al giorno” di frutta e verdura e il 70% circa non crede di doverne aumentare il consumo.

Quali conseguenze per la salute? “Livelli sub-ottimali di micronutrienti essenziali come vitamine e minerali rientrerebbero nei fattori di rischio per alcune malattie croniche nella popolazione adulta e anziana, quali obesità, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari e metaboliche, diabete tipo 2, cataratta, degenerazione maculare senile, demenza senile, osteoporosi e alcune neoplasie – ha spiegato Michele Carruba, direttore del Centro Studi e Ricerche sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano – Per questo anche carenze lievi, soprattutto se durature nel tempo, non devono essere trascurate e vanno risolte prima che sfocino in disturbi più seri”.

Una mongolfiera per viaggiare nello spazio

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/11/06/una-mongolfiera-per-viaggiare-nello-spazio/

mongolfiera-spazioE’ l’ambizioso progetto di una compagnia americana: costruire un pallone ad elio agganciato a una capsula pressurizzata per portare a 30 chilometri di altitudine 8 passeggeri per volta. A quell’altezza niente effetto microgravità ma vista mozzafiato e anche nuove possibilità di studio per i ricercatori aerospaziali.

Se il vostro sogno è quello di viaggiare dello spazio ma pensate che il viaggio su un razzo possa essere troppo per voi (il costo di un biglietto è di 250 mila dollari), una società dell’Arizona ha progettato una mongolfiera spaziale, un modo alternativo e meno costoso di pensare al turismo spaziale.

L’ambizioso progetto è della World Wide Enterprises (posseduta in parte dalla Paragon Space Development Corp.) e consiste in un pallone a cui è agganciata una capsula pressurizzata.

Alla “modica” cifra di 75 mila dollari potreste volare a un’altitudine di 30 chilometri dalla superficie terrestre, ben al di sotto della quota raggiunta dallo spazioplano sub-orbitale sperimentale SpaceShipTwo, che può arrivare anche a 110 chilometri di altitudine. Nel caso di World Wide, quindi, il punto non è tanto l’altitudine ma la vista mozzafiato.

“Potete stare seduti godendovi la vostra bibita preferita e guardando lo spettacolo della Terra vista dall’alto”, ha detto la presidente e co-fondatrice della Paragon, Jane Poynter. “Si può restare a quell’altitudine per ore o anche giorni se motivi di ricerca scientifica lo richiedessero”, ha aggiunto.

I primi biglietti verranno venduti fra qualche mese, dicono i promotori del progetto. L’intento è quello di costruire un pallone pieno di elio, con un diametro pari a un campo di calcio, in grado di trasportare fino a otto passeggeri.

 

La Paragon e una manciata di altre aziende aerospaziali stanno cercando di sviluppare soluzioni innovative che consentano alle persone senza una formazione da astronauta di raggiungere lo spazio esterno o almeno avvicinarsi ad esso. I primi voli non inizieranno prima del 2016. La compagnia non punta solo al mercato statunitense ma pensa di spingersi anche oltre.

La location dei primi lanci, molto probabilmente, sarà a Las Cruces, in New Mexico, dallo Spaceport America (uno degli otto siti autorizzati). I fortunati proprietari del biglietto saranno al sicuro e protetti da una capsula pressurizzata dotata di ampie finestre e sistemi di supporto vitale progettati per resistere alle temperature estreme.

Non si arriverà alle altitudini importanti di altri progetti di turismo spaziale, ma i passeggeri non dovranno indossare tute spaziali o maschere di ossigeno, quindi il viaggio sarà più confortevole. “Pensiamo di effettuare i lanci di notte così che i passeggeri possano svegliarsi con lo spettacolo dell’alba sulla Terra, ammirando la trasformazione della superficie col sorgere del Sole”, ha detto ancora MacCallum.

In media un viaggio dovrebbe durare circa sei ore. La discesa avverrà in 20-40 minuti e la capsula atterrerà su dei pattini, mentre due piloti scollegheranno la capsula dal pallone e quindi utilizzeranno una sorta di ala curva regolabile, come quella di un parapendio, per controllare la discesa. Le sfide più grandi, al momento, sono quelle legate alla stabilità della capsula e del pallone, realizzato con un film di polietilene ad alte prestazioni.

Scambiati in culla? No, in teca

Fonte:http://oggiscienza.wordpress.com/2013/11/05/scambiati-in-culla-no-in-teca/#more-43346

chimp_brain_in_a_jarCRONACA – Quel che si dice un vero e proprio scambio di idee. Secondo la recente scoperta di Renate Schweizer, neuroscienziata del Max Planck Insitute, i cervelli del matematico Carl Friedrich Gauss e del fisico di Gottinga Conrad Heinrich Fuchs, entrambi morti nel 1855 il primo a febbraio e l’altro a dicembre, sarebbero  in realtà stati scambiati nelle teche probabilmente già poco tempo dopo la loro morte.

La scoperta è avvenuta inaspettatamente: durante le sue ricerche storiche sul personaggio di Carl Gauss, la Schweizer aveva elaborato la teoria secondo cui il cervello dell’eminente matematico e astronomo tedesco fosse in realtà affetto da una particolare variazione anatomica che si ritrova in meno dell’1% della popolazione, ovvero una divisione visibile della cosiddetta “scissura di Rolando” o “scissura centrale”. Questa ipotesi si basa a sua volta sugli studi compiuti  più di 150 anni fa da Rudolf Wagner, un anatomopatologo di Gottinga e amico di Gauss, il quale sezionò il cervello di entrambi gli scienziati – Gauss e Fuchs – prima di analizzarli e pubblicare i risultati tra il 1860 e il 1862.

Tuttavia, le risonanze magnetiche compiute oggi al Planck Institute hanno mostrato sì la variazione anatomica prevista dalla Schweizer, ma non nelle immagini del cervello di Gauss, bensì in quello di Fuchs. A questo punto è bastato recarsi presso Institute of Ethics and History of Medicine di Gottinga per dissipare ogni dubbio: i due cervelli si trovavano ognuno nella teca sbagliata. Secondo la ricercatrice essi furono scambiati subito dopo l’analisi compiuta da Wagner, ma prima che venisse esaminata nuovamente la superficie della corteccia cerebrale dei due scienziati, e non essendoci più state comparazioni successive dei loro cervelli, a nessuno per 150 anni è più saltato all’occhio l’errore.

Così inaspettato, questo risultato ha rappresentato un’importante conferma dell’importanza che le collezioni storiche hanno per la ricerca moderna, oltre a fornire uno slancio significativo per nuovi progetti di ricerca. Il team in cui lavora la Schweizer  è infatti interessato a continuare ad analizzare  approfonditamente le immagini fornite dalle risonanze magnetiche, per studiare meglio anzitutto il cervello di Fuchs.

Crediti immagine: Kaldari, Wikimedia Commons

Guantanamo. Medici torturatori a servizio della Cia

Fonte: http://www.articolotre.com/2013/11/guantanamo-medici-torturatori-a-servizio-della-cia/221907

guantanamo1-1-300x225Un rapporto svela come i medici dell’esercito Usa e della Cia abbiano avuto un ruolo chiave nelle pratiche di torture eseguite a Guantanamo, ai danni dei presunti terroristi.

Redazione– Il giuramento d’Ippocrate? Carta straccia. E’ quanto devono aver pensato i medici che hanno operato presso il carcere di Guantanamo, dove, anziché aiutare i detenuti e offrir loro cura e assistenza, si sono resi complici di torture e abusi. 

La denuncia arriva da un rapporto  della “Taskforce per il mantenimento della professionalità medica nei centri di detenzione per la sicurezza nazionale”, riportato dal Guardian, secondo cui numerosi medici, psicologi e infermieri dell’esercito Usa e della Cia hanno partecipato a torture contro i presunti terroristi e offrendo coperture per le vessazioni a cui i carcerati erano sottoposti.

Come scrive il quotidiano britannico, a seguito degli attentati dell’11 settembre a New York, alcuni medici, in piena violazione della propria deontologia, “hanno progettato e partecipato a torture e trattamenti degradanti, crudeli e inumani”. Per esempio, hanno offerto ai responsabili degli interrogatori -spesso condotti a forza di torture psicologiche e fisiche- dettagli sullo stato di salute dei detenuti, spiegando quali fossero i “punti deboli” su cui andare a pressar maggiormente. Hanno inoltre partecipato al nutrimento forzato di detenuti in sciopero della fame, un’azione esplicitamente vietata dalla World medical association e dalla American medical association.

Oltre a non denunciare gli abusi, ancora, secondo il rapporto, il servizio medico della Cia ha garantito di fronte al Pentagono che i metodi utilizzati negli interrogatori, come la privazione del sonno e l’annegamento simulato, erano medicalmente accettabili. Tanto che avrebbero partecipato attivamente ad alcune di queste pratiche.

Verdure contro le polveri sottili

Scritto da: Dario Scacciavento
Fonte: http://www.aamterranuova.it/Alimentazione-naturale/Verdure-contro-le-polveri-sottili

Verdure-contro-le-polveri-sottili_article_bodyUna sana alimentazione mediterranea ci difende dallo stress ossidativo dell’inquinamento. Infarto, ictus e cancro possono essere scongiurati mangiando il cibo giusto.

Dallo smog ci si difende con il cibo. E in particolare con una dieta mediterranea ricca di verdura e povera di grassi animali.
Lo studio presentato al Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Interna (Simi) dimostra che si può contrastare l’esposizione alle polveri sottili grazie alle buone abitudini alimentari. I ricercatori guidati Francesco Violi, ordinario di Medicina Interna all’Università “Sapienza” di Roma, hanno infatti studiato 100 lavoratori di un’acciaieria di Milano, esaminando l’elevata esposizione alle polveri sottili, dal momento che lavorano a contatto con PM10 e PM5. Secondo i ricercatori gli agenti inquinanti riducono anche più del 50% i livelli di vitamina E nel sangue, incrementando in parallelo il livello di una proteina legata allo stress ossidativo delle cellule. Un mix che accelera l’invecchiamento di organi e tessuti, danneggia il Dna e rende più vulnerabili a patologie cardiovascolari e al cancro. Per ridurre il rischio di infarto e ictus, però, è consigliata una una dieta ricca di antiossidanti come quella mediterranea capace di contrastarne i danni, aumentando il consumo di olio di oliva, pesce e verdura.

Energia pulita da idrogeno e nichel

Scritto da: Claudio Riccardi
Fonte: http://www.tuttogreen.it/energia-pulita-da-idrogeno-e-nickel/

Defkalion-reactor-350x220Prendiamo un contenitore d’acciaio, di dimensioni simili a una comune scatola da scarpe, e mettiamoci dentro della polvere di nichel e del gas idrogeno, alla pressione di  1 atmosfera. La reazione che si genera nello spazio chiuso produce maggiore energia termica di quella necessaria per l’attivazione della reazione stessa.

Il procedimento, messo a punto dalla società Defkalion Global Green Technology (DGGT), se tradotto in scala industriale, potrebbe garantire energia termica a basso costo sia per avere acqua calda che per il riscaldamento di condomini, ospedali e serre; dove è necessario avere grandi quantità di acqua calda in pressione.

Dal novembre del 2012, la DGGT  ha realizzato una joint venture con un gruppo di ricerca italiano, il MOSE, per lanciare in Europa questa tecnologia green, che speriamo possa trovare reali applicazioni sia di tipo industriale che civile.  Infatti si basa solo su una reazione nichel- idrogeno. con la totale‘assenza di CO2 e gas serra, e la mancanza di effetti secondari in qualche modo riconducibili a radiazioni nucleari.

L’obiettivo è di incanalare il’energia,  quattro volte in eccesso rispetto a quella impiegata per creare la reazione iniziale, per riavviare il ciclo e garantire una auto-sostenibilità al metodo.

Staremo a vedere.

Le enigmatiche esperienze di quasi-morte: potrebbe la morte essere solo un’illusione?

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it/

esperienze-di-premorte

Tutte le culture umane che si sono succedute nella storia, fin dalla loro comparsa, hanno considerato la morte come il passaggio verso un’oltrevita.

Le culture preistoriche la pensavano come un ricongiungimento con i propri antenati.

Le culture antiche più evolute, come quella sumera, egizie e greca, credevano che la morte fosse l’inizio di un viaggio che portasse il defunto in un luogo fisico, nel quale cominciare il nuovo stato di vita.

Bisognerà attendere le religioni orientali, come l’induismo e il buddismo per assistere ad una concezione più spirituale della vita oltre la morte, fino a quando il cristianesimo parlerà addirittura di “risurrezione dei corpi”.

Forse l’unica cultura ad aver smarrito la domanda fondamentale sulla morte, e quindi sulla vita, è proprio quella contemporanea. Intriso di materialismo scettico, generato da una parziale interpretazione della rivoluzione scientifica e dell’illuminismo, l’uomo del nostro tempo non pensa più alla morte, e se ci pensa, tende a considerarla come il definitivo disfacimento dell’esperienza esistenziale.

Con la perdita del significato della morte, paradossalmente assistiamo ad una perdita del senso della vita. Eppure, potrebbe essere proprio la scienza a gettare nuova luce sul mistero della morte, a partite dai più recenti studi sulle esperienze di premorte e della fisica quantistica.

 

La “quasi-morte”

L’esperienza di premorte è uno degli eventi più enigmatici che possa capitare nella vita di una persona. I pazienti che hanno vissuto questa esperienza la descrivono come una sensazione di pace e l’inizio di un viaggio verso una fonte di luce intensa, spesso accompagnata dall’incontro con alcuni familiari defunti che raccomandano alla persona il ritorno alla vita terrena, per completare il proprio ciclo esistenziale.

La fisica quantistica potrebbe spiegare l’esistenza dell’anima

Incuriositi da questi racconti, diversi scienziati hanno cominciato a compiere delle ricerche sul fenomeno, cercando di capire quale possa esserne l’origine. Ciò che più stupisce è la somiglianza delle visioni raccontante dai pazienti in stato di premorte: a prescindere dall’età, dalla provenienza e dalla culture, tutti raccontano grosso modo la stessa visione.

Tra gli studi più interessanti sull’argomento ci sono quelli cella dottoressa Laura Wittman, ricercatrice presso l’Università di Stanford, la quale ha analizzato tutta la letteratura prodotta a partire dal 1880 sulle esperienze di premorte, fino a giungere alle sceneggiature di film contemporanei come Brainstorm (1983) e Linea Mortale (1990), e alle opere di fantascienza di Bernard Werber, come Les Thanatonautes (1994) e Passage (2001) di Connie Willis.

Comparando i dati ottenuti dalla letteratura con quelli della scienza, la Wittman ha individuato una sostanziale somiglianza con i racconti di quasi-morte dei romanzi con quelli descritti dai pazienti. La ricercatrice ne ha tratto alcune conclusioni:

“La codificazione letteraria di tali esperienze, ci permette di guardare i racconti di quasi-morte nel contesto dell’evoluzione della ricerca scientifica su questo argomento”, spiega la Wittman. “Nel corso dei decenni, le narrazioni di quasi-morte sono state inserite in decine di romanzi e film, quasi a voler combattere la crescente invisibilità della morte nella nostra cultura, dove la morte è diventata un affare essenzialmente privato, spesso consumato in una terribile solitudine”.

Laura Wittman, laureata in lingua italiana e francese e titolare della cattedra in Studi Italiani, prima di dedicarsi all’esperienza di quasi-morte, si è dedicata allo studio della storia biblica della risurrezione di Lazzaro trattata da alcuni autori del 19° e 20° secolo.

Nel racconto biblico, Lazzaro è un uomo che tramite l’intervento di Gesù ritorna in vita, senza dire una parola su quanto vissuto. Wittman ha scoperto che il silenzio di Lazzaro ha affascinato e perplesso numerosi scrittori europei.

Nelle opere letterarie di D.H. Lawrence, Luigi Pirandello, Graham Greene, Andrè Malraux e Eugene O’Neil, gli autori hanno riesaminato la vicenda di Lazzaro, facendone diventare l’emblema degli studi sulle esperienze di pre-morte.

“Lazzaro esprime in modo univoco le ansie moderne sulla morte e il morire. Si avverte il desiderio di dare un senso alla morte, facendola diventare un viaggio di trasformazione piuttosto che un minaccioso varco verso il nulla”, continua la Wittman.

Approfondendo la questione, la ricercatrice si è accorta che l’interesse letterario per la storia di Lazzaro è coincisa con una crescita dell’interesse scientifico in materia, quando alla fine del 1880 i medici hanno cominciato a raccogliere le testimonianze di visioni e di viaggi dai loro pazienti. “Circa un secolo dopo, i neuroscienziati hanno cominciato a interessarsi al fenomeno, aprendogli una finestra sul funzionamento del cervello”.

Proprio sul nostro blog, qualche tempo fa, abbiamo parlato dell’esperienza vissuta dal dottor Eben Alexander, un neurochirurgo di Harvard ricoverato nel 2008 per un attacco di meningite [http://www.ilnavigatorecurioso.it/2013/02/14/lesperienza-di-premorte-di-un-neurochirurgo-sono-stato-in-paradiso/]:

Entrato in stato vegetativo, al suo risveglio ricordava di un viaggio in una “dimensione più alta”. Quella di Alexander è un’esperienza che ha modificato profondamente una radicata visione scientifica della coscienza umana. “Come neurochirurgo, non credevo alle Nde (Near Death Experience)”, dichiarò lo scienziato su Newsweek, “avendo sempre preferito le ipotesi scientifiche”.

Il dottore specificò anche di non avere credenze religiose e di non credere nella vita eterna. Ma poi ha sperimentato “qualcosa di così profondo”, da fargli riconsiderare le esperienze NDE in chiave scientifica.

La morte non esiste: il biocentrismo del dottor Lanza

“La convergenza tra racconti letterari, sociologia e ricerca scientifica, in realtà ci dimostra ancora una volta che le supposte barriere tra discipline umanistiche e scientifiche sono determinate più dalla paura che dalla mancanza di interesse nei reciproci campi”, continua la Wittman.

La ricercatrice spera che il suo lavoro possa promuovere una maggiore collaborazione tra discipline umanistiche e medicina, in particolare per quanto riguarda la cura dei malati terminali, mettendo in campo una partnership naturale dei due campi.

“Penso che scienziati e umanisti siano interessati agli stessi problemi: perchè il mondo è così come lo vediamo, qual’è la nostra relazione interpersonale e con il pianeta, che cosa è la vita e se c’è un’anima”, conclude la ricercatrice.