In Australia scoperta una nuova specie di medusa grande come un’auto

Fonte: http://www.greenreport.it/.

medusa-australia-320x234L’uomo sta involontariamente creando un paradiso per questi animali, come mai prima nella storia

La notizia è deflagrata oggi, ma la gigantesca medusa  larga 1.5m è stata scoperta a gennaio dal dodicenne  Xavier Lim. Arenata su una spiaggia vicino al capoluogo della Tamania, Hobart, la medusa gigante era stata fotografata da sua madre Josie Lim.  Xavier è diventato famoso per la sua scoperta e la racconta così all’Abc: «Eravamo andati alla spiaggia in cerca di conchiglie e papà ha detto. “Whoa! Guardate che c’è”… io l’ho toccata… era abbastanza fredda».

Si tratta di un gigantesco esemplare di una nuova specie di meduse “criniera di leone” e Lisa Ann Gershwin, una delle più grandi esperte di meduse del mondo, che  lavora alla Commonwealth Scientific Industrial Research Organisation (Csiro), ha spiegato al Guardian Australia che si tratta una delle più grandi che abbia mai visto: «C’è una specie più grande nell’Artico,  che arriva a circa 3 metri con tutto il corpo, quindi sapevamo che là fuori ci sono specie molto grandi, ma non in Australia».

La misteriosa medusa gigante è una delle tre nuove specie di “criniera di leone” scoperte in Tasmania e la Gershwin sta lavorando per denominarla e classificarla correttamente e spiega: «Non è nuova perché è grande. E’ nuova perché le sue caratteristiche strutturali sono differenti da altre specie, si da il caso che questa sia enorme… è della dimensione di una Smart»

La scoperta arriva proprio mentre c’è una impressionante “fioritura” di meduse nelle acque della Tasmania e un po’ in tutto il mondo. Gli scienziati non sanno esattamente a cosa siano dovute  queste esplosioni di popolazioni s di meduse, ma hanno fondati sospetti: «Effettivamente quest’anno stiamo vedendo molte fioriture di meduse – dice la Gershwin – E’ stato un grande anno per le creature gelatinose di tutti i tipi. Quest’anno è piuttosto caldo. Cose di questo tipo stanno succedendo in tutto il mondo e non si tratta solo di cambiamento climatico, ma anche l’acidificazione degli oceani, eutrofizzazione, le specie introdotte, l’inquinamento, la pesca eccessiva. Sono impatti presenti in tutto il mondo e  qui in Australia non siamo immuni. Non è che siamo su un altro pianeta».

La scienziata australiana è preoccupata per le conseguenze che l’esplosione delle popolazioni di meduse sugli oceani: «Quale effetto tutte quelle bocche stanno avendo sull’ecosistema e, a sua volta l’effetto che avrà questo sul nostro stile di vita. L’Australia meridionale è conosciuta come uno dei migliori luoghi per la pesca del pianeta, ma cosa succede quando quei pesci  su cui contiamo sono in competizione per il cibo con le meduse?»

Comunque la Gershwin dice che il medusone trovato da Xavier «è veramente un animale magnifico. E’ così grande da mozzare il fiato. Josie Lim ed i suoi figli hanno trovato la medusa ed hanno scattato questa foto incredibile, di fronte alla quale la mente vacilla».

Le specie di meduse al quale appartiene il grande esemplare spiaggiato ad Hobart sono innocue per l’uomo: «Sembrano come un piatto con una scopa appesa sotto, hanno un look “raggedy” davvero tutto loro – spiega ancora la scienziata australiana –  Fa parte di specie che conosciamo da un po’ ma non sono ancora denominate e classificate. Siamo molto ansiosi di saperne di più».

Grosse popolazioni di cyanea, lo stesso genere delle meduse criniera di leone, si trovano nel Nord Atlantico e nell’Artico ed è proprio la Cyanea Arctica che può raggiungere i 3 metri.  Resta ancora molto da scoprire su questi misteriosi animali, compreso cosa mangiano e come si riproducono e quale sia il loro habitat. «E’ così grande, ma non sappiamo nulla – conclude la Gershwin – Sottolinea ancora una volta quanto abbiamo ancora da imparare riguardo all’oceano. Se le meduse potessero desiderare condizioni perfette, si tratterebbe in particolare di acqua calda e torbida, con mancanza di predatori e competitori, e con tutte le condizioni che rendono più difficile sopravvivere alle altre specie, come la scarsità di ossigeno o l’acqua leggermente più acida del solito. Queste sono le condizioni stesse che stiamo creando a un ritmo allarmante e crescente. E le meduse stanno vivendo una rinascita come mai prima nella storia».

L’uomo sta involontariamente creando un paradiso per questi animali, come mai prima nella storia

La notizia è deflagrata oggi, ma la gigantesca medusa  larga 1.5m è stata scoperta a gennaio dal dodicenne  Xavier Lim. Arenata su una spiaggia vicino al capoluogo della Tamania, Hobart, la medusa gigante era stata fotografata da sua madre Josie Lim.  Xavier è diventato famoso per la sua scoperta e la racconta così all’Abc: «Eravamo andati alla spiaggia in cerca di conchiglie e papà ha detto. “Whoa! Guardate che c’è”… io l’ho toccata… era abbastanza fredda».

Si tratta di un gigantesco esemplare di una nuova specie di meduse “criniera di leone” e Lisa Ann Gershwin, una delle più grandi esperte di meduse del mondo, che  lavora alla Commonwealth Scientific Industrial Research Organisation (Csiro), ha spiegato al Guardian Australia che si tratta una delle più grandi che abbia mai visto: «C’è una specie più grande nell’Artico,  che arriva a circa 3 metri con tutto il corpo, quindi sapevamo che là fuori ci sono specie molto grandi, ma non in Australia».

La misteriosa medusa gigante è una delle tre nuove specie di “criniera di leone” scoperte in Tasmania e la Gershwin sta lavorando per denominarla e classificarla correttamente e spiega: «Non è nuova perché è grande. E’ nuova perché le sue caratteristiche strutturali sono differenti da altre specie, si da il caso che questa sia enorme… è della dimensione di una Smart»

La scoperta arriva proprio mentre c’è una impressionante “fioritura” di meduse nelle acque della Tasmania e un po’ in tutto il mondo. Gli scienziati non sanno esattamente a cosa siano dovute  queste esplosioni di popolazioni s di meduse, ma hanno fondati sospetti: «Effettivamente quest’anno stiamo vedendo molte fioriture di meduse – dice la Gershwin – E’ stato un grande anno per le creature gelatinose di tutti i tipi. Quest’anno è piuttosto caldo. Cose di questo tipo stanno succedendo in tutto il mondo e non si tratta solo di cambiamento climatico, ma anche l’acidificazione degli oceani, eutrofizzazione, le specie introdotte, l’inquinamento, la pesca eccessiva. Sono impatti presenti in tutto il mondo e  qui in Australia non siamo immuni. Non è che siamo su un altro pianeta».

La scienziata australiana è preoccupata per le conseguenze che l’esplosione delle popolazioni di meduse sugli oceani: «Quale effetto tutte quelle bocche stanno avendo sull’ecosistema e, a sua volta l’effetto che avrà questo sul nostro stile di vita. L’Australia meridionale è conosciuta come uno dei migliori luoghi per la pesca del pianeta, ma cosa succede quando quei pesci  su cui contiamo sono in competizione per il cibo con le meduse?»

Comunque la Gershwin dice che il medusone trovato da Xavier «è veramente un animale magnifico. E’ così grande da mozzare il fiato. Josie Lim ed i suoi figli hanno trovato la medusa ed hanno scattato questa foto incredibile, di fronte alla quale la mente vacilla».

Le specie di meduse al quale appartiene il grande esemplare spiaggiato ad Hobart sono innocue per l’uomo: «Sembrano come un piatto con una scopa appesa sotto, hanno un look “raggedy” davvero tutto loro – spiega ancora la scienziata australiana –  Fa parte di specie che conosciamo da un po’ ma non sono ancora denominate e classificate. Siamo molto ansiosi di saperne di più».

Grosse popolazioni di cyanea, lo stesso genere delle meduse criniera di leone, si trovano nel Nord Atlantico e nell’Artico ed è proprio la Cyanea Arctica che può raggiungere i 3 metri.  Resta ancora molto da scoprire su questi misteriosi animali, compreso cosa mangiano e come si riproducono e quale sia il loro habitat. «E’ così grande, ma non sappiamo nulla – conclude la Gershwin – Sottolinea ancora una volta quanto abbiamo ancora da imparare riguardo all’oceano. Se le meduse potessero desiderare condizioni perfette, si tratterebbe in particolare di acqua calda e torbida, con mancanza di predatori e competitori, e con tutte le condizioni che rendono più difficile sopravvivere alle altre specie, come la scarsità di ossigeno o l’acqua leggermente più acida del solito. Queste sono le condizioni stesse che stiamo creando a un ritmo allarmante e crescente. E le meduse stanno vivendo una rinascita come mai prima nella storia».

L’uomo sta involontariamente creando un paradiso per questi animali, come mai prima nella storia

La notizia è deflagrata oggi, ma la gigantesca medusa  larga 1.5m è stata scoperta a gennaio dal dodicenne  Xavier Lim. Arenata su una spiaggia vicino al capoluogo della Tamania, Hobart, la medusa gigante era stata fotografata da sua madre Josie Lim.  Xavier è diventato famoso per la sua scoperta e la racconta così all’Abc: «Eravamo andati alla spiaggia in cerca di conchiglie e papà ha detto. “Whoa! Guardate che c’è”… io l’ho toccata… era abbastanza fredda».

Si tratta di un gigantesco esemplare di una nuova specie di meduse “criniera di leone” e Lisa Ann Gershwin, una delle più grandi esperte di meduse del mondo, che  lavora alla Commonwealth Scientific Industrial Research Organisation (Csiro), ha spiegato al Guardian Australia che si tratta una delle più grandi che abbia mai visto: «C’è una specie più grande nell’Artico,  che arriva a circa 3 metri con tutto il corpo, quindi sapevamo che là fuori ci sono specie molto grandi, ma non in Australia».

La misteriosa medusa gigante è una delle tre nuove specie di “criniera di leone” scoperte in Tasmania e la Gershwin sta lavorando per denominarla e classificarla correttamente e spiega: «Non è nuova perché è grande. E’ nuova perché le sue caratteristiche strutturali sono differenti da altre specie, si da il caso che questa sia enorme… è della dimensione di una Smart»

La scoperta arriva proprio mentre c’è una impressionante “fioritura” di meduse nelle acque della Tasmania e un po’ in tutto il mondo. Gli scienziati non sanno esattamente a cosa siano dovute  queste esplosioni di popolazioni s di meduse, ma hanno fondati sospetti: «Effettivamente quest’anno stiamo vedendo molte fioriture di meduse – dice la Gershwin – E’ stato un grande anno per le creature gelatinose di tutti i tipi. Quest’anno è piuttosto caldo. Cose di questo tipo stanno succedendo in tutto il mondo e non si tratta solo di cambiamento climatico, ma anche l’acidificazione degli oceani, eutrofizzazione, le specie introdotte, l’inquinamento, la pesca eccessiva. Sono impatti presenti in tutto il mondo e  qui in Australia non siamo immuni. Non è che siamo su un altro pianeta».

La scienziata australiana è preoccupata per le conseguenze che l’esplosione delle popolazioni di meduse sugli oceani: «Quale effetto tutte quelle bocche stanno avendo sull’ecosistema e, a sua volta l’effetto che avrà questo sul nostro stile di vita. L’Australia meridionale è conosciuta come uno dei migliori luoghi per la pesca del pianeta, ma cosa succede quando quei pesci  su cui contiamo sono in competizione per il cibo con le meduse?»

Comunque la Gershwin dice che il medusone trovato da Xavier «è veramente un animale magnifico. E’ così grande da mozzare il fiato. Josie Lim ed i suoi figli hanno trovato la medusa ed hanno scattato questa foto incredibile, di fronte alla quale la mente vacilla».

Le specie di meduse al quale appartiene il grande esemplare spiaggiato ad Hobart sono innocue per l’uomo: «Sembrano come un piatto con una scopa appesa sotto, hanno un look “raggedy” davvero tutto loro – spiega ancora la scienziata australiana –  Fa parte di specie che conosciamo da un po’ ma non sono ancora denominate e classificate. Siamo molto ansiosi di saperne di più».

Grosse popolazioni di cyanea, lo stesso genere delle meduse criniera di leone, si trovano nel Nord Atlantico e nell’Artico ed è proprio la Cyanea Arctica che può raggiungere i 3 metri.  Resta ancora molto da scoprire su questi misteriosi animali, compreso cosa mangiano e come si riproducono e quale sia il loro habitat. «E’ così grande, ma non sappiamo nulla – conclude la Gershwin – Sottolinea ancora una volta quanto abbiamo ancora da imparare riguardo all’oceano. Se le meduse potessero desiderare condizioni perfette, si tratterebbe in particolare di acqua calda e torbida, con mancanza di predatori e competitori, e con tutte le condizioni che rendono più difficile sopravvivere alle altre specie, come la scarsità di ossigeno o l’acqua leggermente più acida del solito. Queste sono le condizioni stesse che stiamo creando a un ritmo allarmante e crescente. E le meduse stanno vivendo una rinascita come mai prima nella storia».

 

I costi della violenza delle donne in Italia…ma lo stato quanto ci guadagna?

Scritto da: Dott. Elisa Caponetti
Fonte: http://www.nottecriminale.it/

b6004aaf43dbcfb743aa1b54a758f57d_MDall’inizio del 2013 al 25 novembre, sono state uccise in Italia ben 128 donne. La violenza contro le donne è stata riconosciuta come un crimine contro l’umanità. Dato certo e di assoluto rilievo, è che la violenza genera violenza: ciò significa, per esempio, che chi assiste ad aggressività e maltrattamento, è esposto ad un fattore di rischio evolutivo maggiore rispetto a chi non lo è, e da adulto aumenterà la probabilità di compiere esso stesso atti violenti. Non tutti i bambini diventeranno adulti violenti, ma tutti gli adulti violenti hanno subito qualche forma di violenza.

Perché e a chi conviene mantenere questo stato di cose? Analizziamo i dati più nello specifico così forse la risposta sarà più evidente a tutti. Ancora una volta, l’obiettivo è quello di leggere oltre il crimine ed i meri fatti di cronaca, non limitandosi a ciò che emerge in superficie.

Quotidianamente siamo ormai abituati a sentire raccontarci reati ai danni delle donne, ma quanti di noi si chiedono veramente cosa c’è dietro e come mai il fenomeno non tende a diminuire? Per dare una risposta occorre capire chi ci guadagna.

Intervita Onlus ha realizzato il primo studio nazionale sui costi reali della violenza sulle donne.

Ovviamente non ci sono soltanto quelli economici e sociali ma anche umani, emotivi ed esistenziali.

Il risultato di questa indagine è stato strabiliante: il costo totale corrisponde all’equivalente di tre manovre finanziarie! Ben 17 miliardi, per essere più precisi 16.719.540.000 euro. Ai quali vanno poi sommati le spese del lavoro per la mancata produttività, stimati in 604 milioni.

I costi sono così suddivisi: 460,4 milioni di euro sono i costi sanitari (comprendendo il costo dei ricoveri al pronto soccorso delle donne vittime di violenza) 158,7 milioni quelli per l’assistenza psicologica; 44,4 milioni per i farmaci,  235,7 milioni, rappresentano i problemi di ordine pubblico e 421,3 milioni, quelli di ordine giudiziario.

Ma l’elenco spese non si arresta qui. Ci sono poi gli oneri a carico dei Comuni: 154,6 milioni dei servizi sociali ai quali devono andare ad aggiungersi gli 8 milioni dei centri antiviolenza. E ancora, le spese legali, pari a 289,9 milioni. 

14,3 miliardi, rappresentano invece, i costi non monetari,  ovvero quelli umani e legati alla sofferenza. E’ stato così stimato l’ammontare del risarcimento danni che dovrebbe spettare a chi subisce atti di violenza, calcolando le vite distrutte di donne, bambini e del loro nucleo familiare e comunque il peggioramento della qualità della vita, come anche l’aumento degli stati psicopatologici.

Rispetto a questi dati da capogiro, per la prevenzione si spendono soltanto 6,3 milioni, contro a tutti quelli che entrano nelle tasche dello Stato, come ritorno per esempio del pagamento di tasse pagate per le consulenze psicologiche e legali, ma questo tanto solo per citare un dato.

 Tutto ciò sembra un vecchio film già visto, come avviene anche per il tabacco, il gioco d’azzardo, l’alcol, ecc.. Si sa che non c’è da parte dello Stato una reale tutela nel combattere tutto ciò che fa male. Al primo posto c’è sempre il fattore economico e non la tutela delle persone. Lo stesso discorso delle grandi lobby rappresentate dalle case farmaceutiche, si sa come curare il cancro ma costa meno lasciar morire le persone (tanto solo per citare un esempio).

Insomma, la triste verità è che non si vuole risolvere realmente il problema, perché la violenza genera guadagni, così si offrono solo interventi parziali e non risolutivi atti a mantenere questo stato di cose. Tutto ciò viene alimentato da una informazione fortemente strumentalizzata!

Dall’inizio del 2013 al 25 novembre, sono state uccise in Italia ben 128 donne. La violenza contro le donne è stata riconosciuta come un crimine contro l’umanità. Dato certo e di assoluto rilievo, è che la violenza genera violenza: ciò significa, per esempio, che chi assiste ad aggressività e maltrattamento, è esposto ad un fattore di rischio evolutivo maggiore rispetto a chi non lo è, e da adulto aumenterà la probabilità di compiere esso stesso atti violenti. Non tutti i bambini diventeranno adulti violenti, ma tutti gli adulti violenti hanno subito qualche forma di violenza.

Perché e a chi conviene mantenere questo stato di cose? Analizziamo i dati più nello specifico così forse la risposta sarà più evidente a tutti. Ancora una volta, l’obiettivo è quello di leggere oltre il crimine ed i meri fatti di cronaca, non limitandosi a ciò che emerge in superficie.

Quotidianamente siamo ormai abituati a sentire raccontarci reati ai danni delle donne, ma quanti di noi si chiedono veramente cosa c’è dietro e come mai il fenomeno non tende a diminuire? Per dare una risposta occorre capire chi ci guadagna.

Intervita Onlus ha realizzato il primo studio nazionale sui costi reali della violenza sulle donne.

Ovviamente non ci sono soltanto quelli economici e sociali ma anche umani, emotivi ed esistenziali.

Il risultato di questa indagine è stato strabiliante: il costo totale corrisponde all’equivalente di tre manovre finanziarie! Ben 17 miliardi, per essere più precisi 16.719.540.000 euro. Ai quali vanno poi sommati le spese del lavoro per la mancata produttività, stimati in 604 milioni.

I costi sono così suddivisi: 460,4 milioni di euro sono i costi sanitari (comprendendo il costo dei ricoveri al pronto soccorso delle donne vittime di violenza) 158,7 milioni quelli per l’assistenza psicologica; 44,4 milioni per i farmaci,  235,7 milioni, rappresentano i problemi di ordine pubblico e 421,3 milioni, quelli di ordine giudiziario.

Ma l’elenco spese non si arresta qui. Ci sono poi gli oneri a carico dei Comuni: 154,6 milioni dei servizi sociali ai quali devono andare ad aggiungersi gli 8 milioni dei centri antiviolenza. E ancora, le spese legali, pari a 289,9 milioni.

14,3 miliardi, rappresentano invece, i costi non monetari,  ovvero quelli umani e legati alla sofferenza. E’ stato così stimato l’ammontare del risarcimento danni che dovrebbe spettare a chi subisce atti di violenza, calcolando le vite distrutte di donne, bambini e del loro nucleo familiare e comunque il peggioramento della qualità della vita, come anche l’aumento degli stati psicopatologici.

Rispetto a questi dati da capogiro, per la prevenzione si spendono soltanto 6,3 milioni, contro a tutti quelli che entrano nelle tasche dello Stato, come ritorno per esempio del pagamento di tasse pagate per le consulenze psicologiche e legali, ma questo tanto solo per citare un dato.

Tutto ciò sembra un vecchio film già visto, come avviene anche per il tabacco, il gioco d’azzardo, l’alcol, ecc.. Si sa che non c’è da parte dello Stato una reale tutela nel combattere tutto ciò che fa male. Al primo posto c’è sempre il fattore economico e non la tutela delle persone. Lo stesso discorso delle grandi lobby rappresentate dalle case farmaceutiche, si sa come curare il cancro ma costa meno lasciar morire le persone (tanto solo per citare un esempio).

Insomma, la triste verità è che non si vuole risolvere realmente il problema, perché la violenza genera guadagni, così si offrono solo interventi parziali e non risolutivi atti a mantenere questo stato di cose. Tutto ciò viene alimentato da una informazione fortemente strumentalizzata!

– See more at: http://www.nottecriminale.it/noc/index.php?option=com_k2&view=item&id=958:i-costi-della-violenza-sulle-donne-in-italia-ma-lo-stato-quanto-ci-guadagna&Itemid=134#sthash.sa4oxQV1.dpuf

A Far Better Thing I Do by Andrea Berrini

reviewed by Angelo Paratico

9789971695743 4 February 2014 — Andrea Berrini is an Italian writer, entrepreneur and founder of a microcredit bank. He has been visiting Asia for decades, and now spends most of his time in China and Singapore. In 2009, he founded Metropoli d’Asia, a publishing company dedicated to the laudable task of making Asian writers better known in Italy.

Berrini’s latest book—in English—is A Far Better Thing I Do, published by Singapore’s Ethos books; it is a translation of Noi Siamo La Classe Operaia, first issued in Italy by Baldini Castoldi Dalai in 2004. In the introduction, Berrini writes:

In the early months of 1947, 2000 workers from the Monfalcone shipyard and aircraft factory set off for Fiume. They are going to look for jobs in Tito’s new Socialist Yugoslavia. The shipyards are idle in Monfalcone; they have been semi-destroyed by the bombings and with no contracts, the management is implementing a plan to lay off the workers. In this post-war period, being unemployed means going hungry. Those who leave their homes for a destination that is physically close but at the same time very far away include many who are leaving safe jobs, with positions of responsibility and good wages. They are not emigrating out of necessity but out of choice.

 Before reading this book my mind went to The Forsaken: an American Tragedy in Stalin’s Russia by Tim Tzouliadis, published by Little, Brown in 2008. A wonderful but terrible book where the history is told of thousands of American communists who, in the post depression years, emigrated in Stalin’s Russia. Mistaken as American spies, they had to pass thru the “flesh-grinder” as Solzhenitsyn defined the Soviet terror system. Few of them returned to tell the tale.

The 2000 Italian communist workers who moved into Tito’s Yugoslavia from Monfalcone to build a better socialist society, in spite of their sufferings and troubles, fared much better than their American counterparts. By 1948, they were mostly back in Italy.

A Far Better Thing I Do is based on first hand interviews and letters given to Berrini by the protagonists of the story. They all consist of sad stories of racial slurs, exploitation, senseless violence suffered at the hands of Yugoslav fellow-workers and communist cadres. Perhaps this is still a story worth telling even if it is just a footnote of a footnote in history. Those who find this a harsh assessment must be unfamiliar with all the sufferings of post war Europe, the “savage continent” as it was rightly
called.

To put this in perspective, let me mention another tragedy that occurred at of the same place and the same time, without have been being noticed by the Monfalcone 2000: the ethnic cleansing which in known by collective name of Foibe Killings. After the fall of Fascism in Italy in July 1943, several thousand Italians were massacred in what is today known as Slovenia, including women and children, during a period stretching well into 1948 and prompting a mass exodus westward of ten of thousands of frightened Italians. Not all of them were ex-Fascists; their only fault was that of being Italian. Forced to leave everything behind, they were welcomed in Rome and Milan by being insulted and spat upon by the Italian Communists, the fellow party members of those 2000 who were moving eastward.

Those 2000 came back disillusioned, weary and even treated with contempt by fellow Italian Communists who had not got closer, as they did, to the hard facts of practical socialism; they were thus were labeled traitors. For those who had not yet read the writing on the wall, things got even worse when Tito was excommunicated by Stalin.

Luciano Giuricin, who had been there, has this to say about his youthful infatuation for Communism: “It was a dogma. You could almost say it was a disease.”

Angelo Paratico is an Italian journalist living in Hong Kong. He is author of several books in Italian and English, the most recent of which Nero: An Exemplary Life; his website is angeloparatico.com.


A Far Better Thing I Do, Andrea Berrini, John Rundo (trans.) (Ethos Books, November 2013)

© 2014 The Asian Review of Books.

 

Il buon profumo di brioche

Scritto da: Luciano Gianazza
Fonte: http://www.medicinenon.it/il-buon-profumo-di-brioche

caffe-e-briocheQuando si passa vicino alla caffetteria, c’è quel “buon profumo di brioches” che ci avvolge come una nuvola e penetra nelle narici facendoci desiderare di mangiarne subito una, anzi due!

Molti avranno sperimentato questo, non sono l’unico vero? Magari passando vicino a un bar con amici lo avrai anche detto sospirando! Anni fa Io dicevo esclamando quando ero in giro con poca voglia di lavorare in compagnia di un collega per invogliarlo a fare una pausa extra.

Qualcuno penserà: “Sono assuefatto/a ai dolci, non riesco a farne a meno, se non a fatica”.

Una mattina ho deciso di farmi un giro in un bar che fa un sacco di cappuccini e brioche a detta di tutti buonissime e di percepire la ragione di tale richiamo.

Fra l’altro spesso tali brioche, a un palato disintossicato, lasciano un retrogusto di strutto rancido, se non proprio marcato e vomitevole.

Ho lasciato che il profumo penetrasse nelle mie narici assaporandolo con assoluto distacco e a un certo punto le percezioni sono arrivate e le risposte alle mie domande si sono ricomposte da quello che era un puzzle indistinto.

Ci stanno fregando! Come sempre dietro alle quinte ci sono studi per trovare il modo di farti acquistare e soprattutto consumare cibi che un aborigeno non oserebbe nemmeno mettere in bocca.

Lo zucchero a velo, la crema pasticcera, la cioccolata, la pasta delle brioche, ecc. ecc. contengono un additivo assuefacente!

Si chiama etilvanillina sostanza chimica dal forte odore di vaniglia, circa quattro volte più intenso di quello della vanillina non sintetica, che ha la composizione simile a quella dell’etanolo.

Esistono industrie che producono solo aromi.
Gli arrosti precotti hanno l’aroma di arrosto aggiunto.
Lo speck, il salmone, il prosciutto di Praga hanno l’aroma di affumicato aggiunto. Perché? Perché non sono affumicati a lungo abbastanza da dare quel particolare aroma che viene dato quando l’affumicatura viene fatta come faceva il contadino. Lo scopo di affumicare è la conservazione. Nella produzione industriale non c’è tutto quel tempo, quindi si rimedia allo scarso odore di affumicato con gli aromi artificiali, e alla conservazione con i conservanti. Facile no?
Quasi tutte le cose lavorate industrialmente, hanno il loro aroma artificiale aggiunto.
Le torte al limone hanno il loro aroma al limone.
Il lievito che viene usato appunto per pani e dolci è aromatizzato con l’etilvanillina.
Anche le sigarette, caramelle, chewingum, ecc contengono aromi sintetici.

“Di derivazione naturale” non significa nulla, anche il petrolio è naturale, e la benzina quindi potrebbe essere considerato un prodotto di derivazione naturale. Ma poco commestibile.

Per legge al cioccolato, al cacao in massa e ai vari tipi di cacao in polvere, di cioccolato, e di cioccolato al latte, al cioccolato bianco, alle praline o ai cioccolatini, possono essere aggiunti aromi, sostanze aromatiche naturali, sostanze aromatiche sintetiche o artificiali di composizione chimica identica a quella dei principali componenti delle composizioni aromatiche naturali, nonché etilvanillina, ad esclusione delle sostanze aromatiche che ricordano il sapore del cioccolato naturale o della materia grassa del latte.
In questo caso la denominazione del prodotto dev’essere accompagnata dall’indicazione dell’aggiunta, allorché il sapore dell’aroma utilizzato è predominante. Se s’impiega un aroma, se ne indicherà il nome; se si impiegano sostanze diverse dall’etilvanillina, si userà la menzione “al gusto di … ” o “all’aroma di … ” seguita dall’indicazione che precisi la natura del gusto o dell’aroma in caratteri delle medesime dimensioni (qualsiasi riferimento ad un’origine naturale è riservato alle sostanze aromatiche naturali); se invece s’impiega etilvanillina, si userà l’indicazione “all’etilvanillina” o “aromatizzato all’etilvanillina” (Legge 30.4.1976, art. 12).

Una fonte industriale economica di vanillina sono gli scarti solforici dell’industria della carta. Questi contengono acido ligninsolfonico che, trattato ad alta temperatura e ad alta pressione con agenti ossidanti e alcalini, si decompone in svariati prodotti, tra cui la vanillina che viene successivamente estratta dalla miscela e purificata per distillazione e cristallizzazione. Ci sono fonti di vanillina più “nobili”, ma di costo nettamente superiore, e visto che i prezzi concorrenziali sono un’ottima ragione per chi vede solo il profitto indiscriminato (quasi il 90% delle aziende) puoi immaginare da dove proviene l’etilvanillina di un dolce da un euro, se ne contiene. Senza contare che è un ottimo metodo per eliminare rifiuti delle cartiere.

Quando le brioches surgelate vengono cotte nei fornetti appositi spargono a ampio raggio l’etilvanillina che entrando nelle tue narici crea “l’effetto brioche”. Tutti i dolci, anche quelli da pasticceria la contengono, nella pasta come nello zucchero. Anche la cioccolata.

Anziché alcolizzati, ci fanno diventare alcoli-vanilli-zzati! Con dolcezza…

Se ancora hai sensi di colpa perché non riesci a evitare di mangiare dolci, sappi che è perché ti hanno drogato a tua insaputa. Da anni.

Conoscendo la vera causa della tua dipendenza da dolci, sarà più facile liberartene.

Difficile liberarsi di cose di cui non si conosce la causa.

Il profumo inebriante non è inebriante casualmente.

Secondo il rapporto “Humanity Divided: Confronting Inequality in Developing Countries”, presentato a New York dall’amministratrice dell’United Nations Development Programme (Undp) Helen Clark (nella foto), «per ridurre in maniera sostenibile le ineguaglianze, occorre adottare dei modi di crescita più inclusivi, basati su politiche di redistribuzione e di norme sociali rinnovate».

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Il rapporto dell’organizzazione Onu analizza i trend dell’ineguaglianza definendone allo stesso tempo l’estensione, l’impatto, e suggerendo politiche per ridurla. Dopo aver presentato i risultati di un’inchiesta sui punti di vista dei decisori politici in materia di ineguaglianza, il rapporto presenta un quadro dettagliato su come lottare contro le ineguaglianze nei Paesi in via di sviluppo.

Il rapporto, redatto da Poverty Practice in the Bureau for Development Policy dell’Undp, conferma l’allarme appena lanciato a Davos dal World economic forum: «l’1% dei più ricchi della popolazione mondiale controllano circa il 40% delle ricchezze mondiali, mentre il 50% dei meno ricchi detiene solo l’1% delle ricchezze mondiali». Secondo l’Undp, «se non sarà fatto niente, le ineguaglianze potrebbero far crollare le fondamenta stesse dello sviluppo e della pace sociale e nazionale».

La Clarck ha sottolineato che «le attuali forti ineguaglianze sono ingiuste, come testimonia questo rapporto “Humanity Divided”, inoltre ostacolano il progresso umano. Il rapporto ricerca le cause e le conseguenze delle ineguaglianze che ci dividono, all’interno e tra i Paesi, ed afferma che le crescenti ineguaglianze non sono una fatalità».

Proporzionalmente alla dimensione della popolazione, tra il 1990 e il 2010 le disparità di reddito sono aumentate dell’11% nei Paesi in via di sviluppo e una grande maggioranza delle famiglie, più del 75% della popolazione, vive in società dove i redditi sono ripartito meno equamente che negli anni ‘90. Basterebbero queste cifre per sancire il fallimento sociale ed etico dell’ideologia neo-liberista che si è fatta pensiero unico e inganno mondiale, ma l’Undp sottolinea che «le ineguaglianze elevate e persistenti vanno al di là dei redditi». Infatti, malgrado il calo globale della mortalità materna nella maggioranza dei Paesi in via di sviluppo, le donne che vivono nelle zone rurali corrono tre volte di più il rischio di morire  durante il parto delle donne che vivono nei centri urbani. Le donne rappresentano una quota crescente della forza lavoro, ma sono sovra-rappresentate nei lavori precari e sotto-rappresentate nella politica e continuano a guadagnare considerevolmente meno degli uomini.

I dati sul  quinto dei bambini più poveri che vivono nei Paesi in via di sviluppo dimostrano che questi corrono tre volte di più il rischio di morire entro i 5 anni di età del quinto dei bambini più “ricchi”. La protezione sociale è stata ampliata, però e persone con handicap in media devono affrontare spese sanitaria astronomiche 5 volte più della media.

L’Undp evidenzia che «le forte ineguaglianze non permettono lo sviluppo ed ostacolano i progressi economici, indebolendo la strada per la democrazia  la vita democratica e minacciando la coesione sociale. Anche se la redistribuzione resta indispensabile per la riduzione delle ineguaglianze, si impone un cambiamento in favore di un modello di crescita più inclusivo, che rialzi i redditi delle famiglie povere ed a basso reddito  più rapidamente della media al fine di ridurre durevolmente le ineguaglianze. Questo cambiamento è indispensabile al programma di sviluppo per il post 2015»,

Ma è anche essenziale, secondo l’Onu, che i Paesi in via di sviluppo ed emergenti realizzino la crescita economica necessaria per raggiungere il primo obiettivo del millennio per lo sviluppo che prevedeva una forte riduzione della povertà entro il 2015.

“Humanity Divided” fa rilevare qualcosa che ormai è diventata patrimonio comune delle organizzazioni internazionali che si occupano di economia: «Redditi nazionali più elevati ed una crescita economica più rapida non si traducono sempre in un abbassamento delle ineguaglianze nei settori dell’educazione, della salute e di altri campi del benessere umano». Insomma, l’altra promessa del neoliberismo, cioè che l’arricchimento di pochi avrebbe migliorato la qualità della vita di molti, si è rivelato una clamorosa quanto prevedibile bugia, e la classe media si ritrova a vivere in una società sempre più classista.

L’Onu sta facilitando un dibattito mondiale inedito, al quale hanno partecipato circa 2 milioni di persone che esigono di avere diritto di parola sulle decisioni che hanno un impatto sulla loro vita e che si indignano per l’ingiustizia costituita dall’ ineguaglianza che cresce insieme all’insicurezza e della quale sono vittime soprattutto le comunità più povere e marginalizzate. I seguiti potrebbero essere oltremodo interessanti.

– See more at: http://www.greenreport.it/news/comunicazione/allarme-onu-troppe-ineguaglianze-a-rischio-crollo-le-fondamenta-di-pace-e-sviluppo/#sthash.3v1r9ebO.dpuf

 

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Il rapporto dell’organizzazione Onu analizza i trend dell’ineguaglianza definendone allo stesso tempo l’estensione, l’impatto, e suggerendo politiche per ridurla. Dopo aver presentato i risultati di un’inchiesta sui punti di vista dei decisori politici in materia di ineguaglianza, il rapporto presenta un quadro dettagliato su come lottare contro le ineguaglianze nei Paesi in via di sviluppo.

Il rapporto, redatto da Poverty Practice in the Bureau for Development Policy dell’Undp, conferma l’allarme appena lanciato a Davos dal World economic forum: «l’1% dei più ricchi della popolazione mondiale controllano circa il 40% delle ricchezze mondiali, mentre il 50% dei meno ricchi detiene solo l’1% delle ricchezze mondiali». Secondo l’Undp, «se non sarà fatto niente, le ineguaglianze potrebbero far crollare le fondamenta stesse dello sviluppo e della pace sociale e nazionale».

La Clarck ha sottolineato che «le attuali forti ineguaglianze sono ingiuste, come testimonia questo rapporto “Humanity Divided”, inoltre ostacolano il progresso umano. Il rapporto ricerca le cause e le conseguenze delle ineguaglianze che ci dividono, all’interno e tra i Paesi, ed afferma che le crescenti ineguaglianze non sono una fatalità».

Proporzionalmente alla dimensione della popolazione, tra il 1990 e il 2010 le disparità di reddito sono aumentate dell’11% nei Paesi in via di sviluppo e una grande maggioranza delle famiglie, più del 75% della popolazione, vive in società dove i redditi sono ripartito meno equamente che negli anni ‘90. Basterebbero queste cifre per sancire il fallimento sociale ed etico dell’ideologia neo-liberista che si è fatta pensiero unico e inganno mondiale, ma l’Undp sottolinea che «le ineguaglianze elevate e persistenti vanno al di là dei redditi». Infatti, malgrado il calo globale della mortalità materna nella maggioranza dei Paesi in via di sviluppo, le donne che vivono nelle zone rurali corrono tre volte di più il rischio di morire  durante il parto delle donne che vivono nei centri urbani. Le donne rappresentano una quota crescente della forza lavoro, ma sono sovra-rappresentate nei lavori precari e sotto-rappresentate nella politica e continuano a guadagnare considerevolmente meno degli uomini.

I dati sul  quinto dei bambini più poveri che vivono nei Paesi in via di sviluppo dimostrano che questi corrono tre volte di più il rischio di morire entro i 5 anni di età del quinto dei bambini più “ricchi”. La protezione sociale è stata ampliata, però e persone con handicap in media devono affrontare spese sanitaria astronomiche 5 volte più della media.

L’Undp evidenzia che «le forte ineguaglianze non permettono lo sviluppo ed ostacolano i progressi economici, indebolendo la strada per la democrazia  la vita democratica e minacciando la coesione sociale. Anche se la redistribuzione resta indispensabile per la riduzione delle ineguaglianze, si impone un cambiamento in favore di un modello di crescita più inclusivo, che rialzi i redditi delle famiglie povere ed a basso reddito  più rapidamente della media al fine di ridurre durevolmente le ineguaglianze. Questo cambiamento è indispensabile al programma di sviluppo per il post 2015»,

Ma è anche essenziale, secondo l’Onu, che i Paesi in via di sviluppo ed emergenti realizzino la crescita economica necessaria per raggiungere il primo obiettivo del millennio per lo sviluppo che prevedeva una forte riduzione della povertà entro il 2015.

“Humanity Divided” fa rilevare qualcosa che ormai è diventata patrimonio comune delle organizzazioni internazionali che si occupano di economia: «Redditi nazionali più elevati ed una crescita economica più rapida non si traducono sempre in un abbassamento delle ineguaglianze nei settori dell’educazione, della salute e di altri campi del benessere umano». Insomma, l’altra promessa del neoliberismo, cioè che l’arricchimento di pochi avrebbe migliorato la qualità della vita di molti, si è rivelato una clamorosa quanto prevedibile bugia, e la classe media si ritrova a vivere in una società sempre più classista.

L’Onu sta facilitando un dibattito mondiale inedito, al quale hanno partecipato circa 2 milioni di persone che esigono di avere diritto di parola sulle decisioni che hanno un impatto sulla loro vita e che si indignano per l’ingiustizia costituita dall’ ineguaglianza che cresce insieme all’insicurezza e della quale sono vittime soprattutto le comunità più povere e marginalizzate. I seguiti potrebbero essere oltremodo interessanti.

– See more at: http://www.greenreport.it/news/comunicazione/allarme-onu-troppe-ineguaglianze-a-rischio-crollo-le-fondamenta-di-pace-e-sviluppo/#sthash.3v1r9ebO.dpuf

COME SONNAMBULI VERSO UNA SOCIETÀ SENZA CONTANTI

Fonte: http://scienzamarcia.blogspot.it/2014/02/come-sonnambuli-verso-una-societa-senza.html

addio500euroNuove tecnologie minacciano di concentrare un potere assoluto nelle mani di pochi privilegiati – gli stessi individui e le stesse organizzazioni che hanno già ripetutamente tradito la fiducia di chiunque abbia voluto credere  in loro.

La HSBC, la terza banca per importanza nel mondo, è stata scelta dai trafficanti di droga e di armi e dai gruppi terroristici di tutto il mondo per riciclare denaro. Recentemente la HSBC è andata sui giornali per aver limitato gli importi che i clienti possono prelevare dai loro conti correnti (anche se, dopo il clamore sollevato da questa notizia, ha dovuto fare retromarcia).
Notizia data dalla BBC
“Ad alcuni clienti della HSBC è stato impedito di ritirare grosse somme di denaro perché non potevano fornire la prova di come dovevano spenderlo …”  è quello che hanno raccontato a Radio 4′s Money BOX alcuni ascoltatori dopo essersi visti respingere la richiesta di ritirare somme in contanti che vanno da 5.000 a 10.000 sterline.
Sembra però che, contemporaneamente, la banca non avesse creato gli stessi problemi nell’onorare trasferimenti elettronici : da questo si può ragionevolmente supporre che il problema è il denaro-contante-in-mano-al-cliente, non la disponibilità di denaro-in senso lato- che è messa in discussione.
Questa non è solo una nuova prodezza di questa banca, con sede in Gran Bretagna, già sommersa fino al collo in quasi ogni scandalo finanziario immaginabile, ma è l’ultimo episodio di quel grande assalto che, la grande finanza ed i governi dei paesi più potenti, stanno portando contro tutte le transazioni in contanti. 

Arricciano il naso se paghi in contanti 
Per anni i governi nazionali hanno cercato di ridurre la quantità e gli importi delle operazioni in contanti all’interno dei paesi e negli scambi tra le rispettive economie. Negli Stati Uniti, qualsiasi azienda o persona che incassi US$ 10.000 o più in “contanti” per una vendita, deve presentare un Form 8300. Le banche inoltre devono segnalare tutte le operazioni di cassa che superino questo limite.

Anche il colesterolo buono è cattivo

Scritto da: Andrea Sperelli
Fonte: http://www.italiasalute.it/copertina.asp?Articolo_ID=12043

Varie_12300CNon c’è da fidarsi neanche degli amici. È la morale che scaturisce da uno studio della Cleveland Clinic pubblicato su Nature Medicine. Secondo lo studio, anche il cosiddetto colesterolo “buono” avrebbe dei lati oscuri.
Se i suoi livelli non sono nella norma può insorgere un blocco dei vasi sanguigni, con conseguente aumento dei rischi per il cuore. Le lipoproteine ad alta intensità sono da sempre considerate alla stregua di uno scudo per le patologie del cuore perché agiscono raccogliendo il colesterolo in eccesso e lo veicolano nel fegato.
Tuttavia, come spiegano i ricercatori, “il ruolo del colesterolo buono è chiaramente più complicato rispetto alle conoscenze attuali e quando questo subisce delle modificazioni può contribuire allo sviluppo delle malattie cardiache”.
Anche un altro studio dell’Università della California con sede a Los Angeles ha analizzato il ruolo del colesterolo Hdl nel nostro organismo.
La caratteristica “purificatrice” dell’Hdl è messa in discussione dal nostro stile di vita sedentario. I ricercatori americani coordinati da Christian K. Roberts hanno analizzato il comportamento del colesterolo Hdl in due categorie di persone, i pigri affezionati al divano e quelli che fanno attività fisica.
È emerso che nelle persone che non praticano sport l’Hdl funziona in maniera anomala, favorendo la comparsa dei classici fattori di rischio cardiovascolari, come un alto livello di trigliceridi e un’eccessiva massa grassa nella parte superiore del tronco.
L’aspetto interessante della ricerca è che il peso non rappresenta un discrimine per la funzionalità del colesterolo Hdl, vale a dire che è più importante fare movimento qualunque peso si abbia che mantenersi in linea senza praticare attività sportiva.
http://www.italiasalute.it/Centro_Malattie.asp?Sezione=Arteriosclerosi