Fonte: http://qui.uniud.it/notizieEventi/cultura/dalle-acque-del-fiume-stella-700-reperto-pregiati-di-epoca-romana-e-una-nave-medievale-unica-al-mondo
Fonte: http://qui.uniud.it/notizieEventi/cultura/dalle-acque-del-fiume-stella-700-reperto-pregiati-di-epoca-romana-e-una-nave-medievale-unica-al-mondo
Fonte: http://www.salvaleforeste.it/biodiversity/3993-sante-felci-d-appartamento.html
Gli scienziati della University of West of England (UWE Bristol) ritengono che l’Asplenium nidus (nota anche come lingua di cervo), una pianta d’appartamento assai comune nelle nostre case, giochi un ruolo fondamentale nella vita della biodiversità e degli ecosistemi delle foreste pluviali del pianeta. Il team di scienziati divide il proprio tempo tra le foreste pluviali del Borneo e il ‘laboratorio naturale’ del bioma forestale pluviale messo in piedi dall’Eden Project in Cornovaglia, e ci spiega come questa piccola felce può salvare le foreste pluviali da una minaccia incombente.
“Nel suo habitat naturale, l’Asplenium cresce in cima agli alberi della foresta pluviale, dove può raggiungere dimensioni enormi, fino a un peso di 180 chili, con chiome large fino a due metri. – spiega il dottor Farnon Ellwood – “Queste felci sono ‘epifite’, che significa che le piante usano gli alberi puramente di sostegno, ma non succhiano alcun nutriente dal loro ospite (come fanno invece le piante parassite). Le felci formano una rosetta di foglie, catturare pioggia, foglie cadute e altri detriti che forniscono il loro nutrimento. Queste compostiere pensili sono un habitat di microrganismi, lombrichi e insetti”.
Gli scienziati di Bristol ritengono che queste felci epifite siano fondamentali per il mantenimento della foresta pluviale, contribuendo non solo a creare nutrienti ma producendo un habitat unico, senza il quale le foreste pluviali del pianeta sarebbero molto diverse.
Nell’ambiente controllato di bioma tropicale dell’Eden Project, il dottor Farnon Ellwood e il ricercatore Julian Donald stanno progettando una serie di esperimenti che poi ripeteranno in campo aperti, nelle foreste pluviali del Borneo.
“La foresta pluviale del Borneo è il nostro laboratorio all’aperto, ma l’Eden Project è il nostro laboratorio interno- spiega Ellwood – Conosciamo con esattezza i componenti del suolo;. Se vogliamo che inizi a piovere accendiamo l’irrigazione, se vogliamo che smetta piovere noi spegniamo l’irrigazione. Se abbiamo bisogno di incrementare la biodiversità aggiungiamo animali, se vogliamo simulare gli effetti di estinzioni locali possiamo escludere alcuni animali dai nostri esperimenti. Lavorando in un modello di foresta pluviale siamo in grado di concentrarci sullo sviluppo le nostre idee, delle tecniche e della metodologia in modo più preciso e molto controllato prima di eseguire degli esperimenti nel profondo della foresta del Borneo.
“L’Asplenium crea delle isole nel mare della canopea: producono compost e riciclano nutrienti importanti, creano habitat per milioni di insetti e innumerevoli microrganismi. Molti di questi insetti, non sono mai stati visti, e possono rappresentare una novità per la scienza.
Il cambiamento climatico e la distruzione delle foreste stanno cambiando il volto del pianeta , e le ricerche degli scienziati di Bristol tentano di capire come cambierà la natura delle foreste pluviali.
“La biodiversità del pianeta è impegnata in un gioco fatale, una specie di Jenga: si tolgono mattoncini della torre senza sapere quando questa crollerà. Proprio come nel gioco, non abbiamo idea di come la biodiversità del pianeta e gli ecosistemi reagiranno alla continua rimozione delle specie, avviene oramai ogni giorno.
“Se gli habitat epifiti come l’Asplenium saranno eliminati dalla foresta pluviale, o se gli ecosistemi che le ospitano dovessero collassare, c’è possibilità concreta che l’intero ecosistema della foresta pluviale possa crollare, o almeno cambiare radicalmente. Siamo in una corsa contro il tempo per capire e prevenire le conseguenze peggiori. ”
Scritto da : Angela Ballarati
Fonte: http://www.naturopataonline.org/alimentazione/cosa-mangiamo/9774-pepe-proprieta-terapeutiche-e-benefici.html
IL pepe nella medicina orientale, in omeopatia e gli usi in cucina.
Il pepe è una fra le spezie più utilizzate nella cucina di tutto il mondo, ma quali proprietà possiede e quali sono le controindicazioni? Per cosa viene utilizzato nella medicina Ayurvedica e Cinese? Quali sono i tipi di pepe più conosciuti?
Il pepe contiene un alcaloide, la piperina, oltre a oleoresine, oli essenziali , glicosidi e polisaccaridi, che stimola la formazione della saliva e la secrezione dei succhi gastrici. Per questo motivo stimola la digestione, oltre ad avere proprietà diuretiche. Ricco di potassio, calcio e fosforo, sembra possedere anche proprietà antisettiche e afrodisiache. E’ considerato uno stimolante metabolico, utile nel controllo del peso, e determina un grado maggiore di assorbimento dei nutrienti dei cibi; ad esempio, i nutrienti della curcuma, che determinano alcune delle sue proprietà, vengono assimilate in misura maggiore se aggiungiamo un pizzico di pepe. Nelle erboristerie è disponibile in estratto secco e in pomate per uso topico, per lenire dolori articolari cronici.
Il genere Piper comprende 700 specie, quelle più importanti economicamente, sono il Piper Nigrum, il pepe vero e proprio, Piper Longum (pepe del Bengala), Piper officinarum (pepe lungo) e Piper cubeba, cioè il pepe cubebe.
In commercio, più facilmente, si trovano, il pepe bianco, che è il frutto maturo a cui viene poi tolta la buccia, il pepe nero, frutto verde che viene lasciato essiccare al sole, e il pepe verde che è raccolto non ancora maturo, insomma la pianta è la stessa della famiglia delle Piperaceae; il pepe rosa invece, non appartiene alla stessa famiglia botanica e il pepe grigio indica una miscela (pepe bianco e nero macinati) e il cubebe, bacche della pianta Piper Cubeba di cui esiste anche il rimedio omeopatico. Le diverse qualità di pepe si distinguono per aroma, colore e piccantezza conferita, quest’ultima, dalla piperina. L’acquisto migliore è in grani perché, macinato al momento dell’utilizzo, mantiene inalterate le sue proprietà e l’aroma, infatti il pepe perde sapore e aroma per evaporazione e se esposto alla luce, quindi conservatelo in barattoli a chiusura ermetica, in luogo fresco e asciutto. I grani si devono presentare integri, con colore e dimensioni uniformi, se li schiacciate fra le dita non si devono rompere. E’ chiaro che in polvere queste caratteristiche sono difficili da verificare.
L’albero del pepe è originario dell’Asia e viene oggi coltivato in tutti i paesi tropicali. E’ una pianta rampicante, può raggiungere i 6 metri, che produce dei fili pendenti coperti di frutti, bacche che acerbe sono verdi, e mature assumono una colorazione bruno-nerastra.
Il suo uso si perde nella notte dei tempi, probabilmente le prime coltivazioni sono indiane, mentre Alessandro Magno contribuì a far conoscere il pepe in Occidente. Era considerato “oro nero” e come tale utilizzato come moneta, come condimento ma anche come medicina.
Nella Medicina Ayurvedica il pepe, lo zenzero e la mirica (spezia locale) rappresentano la triade delle spezie di maggior pregio. Viene consigliato per i raffreddori cronici, come espettorante, per la digestione difficile, la stitichezza causata da succhi gastrici insufficienti e in caso di obesità.
Per la Medicina Cinese è indicato in caso di intossicazione alimentare, mal di pancia da infreddatura, diarrea (insieme allo zenzero) e stomaco in disordine.
Il pepe è una delle spezie più utilizzate in cucina, in tutto il mondo si usa per aromatizzare numerose preparazioni culinarie: spaghetti cacio e pepe e, in generale, si sposa con le carni, il pesce e anche le verdure . Nei salumi viene impiegato per insaporirli ma anche per conservarli. Anche alcuni dolci sono conditi con un pizzico di pepe, come il panpepato, dolce tradizionale che si prepara con mandorle, uvetta, noci, pinoli, miele, zucchero, qualche cucchiaio di farina e una miscela di spezie che comprende il coriandolo, la cannella, la noce moscata, i chiodi di garofano, etc. Si tratta di un dolce ricco di proteine vegetali e di sali minerali che lo rendono un alimento energetico e remineralizzante.
Cubeba è un rimedio omeopatico indicato per i soggetti agitati (tutto pepe!), ansiosi, che trasaliscono facilmente; hanno una libido importante e sono spesso assetati. In genere il rimedio viene somministrato per le infiammazioni con bruciore delle mucose, soprattutto dell’apparato urinario (minzione frequente e abbondante) come le cistiti, ma anche le prostatiti. I sintomi migliorano alzandosi e camminando. Ripeto spesso che il rimedio omeopatico viene prescritto dal medico omeopata in seguito ad una attenta valutazione di tutti i sintomi, quelli fisici e quelli mentali.
Il pepe è sconsigliato in caso di patologie dello stomaco e dell’intestino, perché i minuscoli granelli del pepe macinato, non solubili (diversamente dal peperoncino), non sono assimilati, e attraversando l’apparato digerente possono produrre irritazione. Sconsigliato anche ai bambini e agli anziani. In generale è meglio non esagerare nelle dosi e nell’uso continuativo, come terapia occorre consultare il medico anche per le eventuali interazioni farmacologiche.
Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/05032015/bollette-scendono-di-2-miliardi-grazie-allenergia-eolica/7780
Il costo dell’energia eolica in Italia raggiungerà il picco massimo quest’anno por poi arrestare la sua crescita. In questa maniera, secondo l’ANEV, nei prossimi 6 anni la componente A3 della bolletta elettrica potrebbe scendere di 2 miliardi di euro, con benefici evidenti per famiglie e imprese.
Le informazioni arrivano dallo studio “Costi e benefici” dell’energia eolica elaborato da eLeMeNS e pubblicato recentemente dall’ANEV.
L’indagine prende in considerazione gli effetti economici dell’incentivazione della generazione di energia elettrica (qui le tariffe) a partire dall’eolico nel nostro Paese, analizzandoli dal punto di vista storico (2002-2013) e prospettivo (2014-2035). Riguardo quest’ultimo gli specialisti prevedono un beneficio netto tra 3,16 e 4,28 miliardi di euro, assicurati dal maggior gettito fiscale, dalle misure compensative e dalla riduzione del PUN (il Prezzo unico nazionale dell’elettricità che deriva dalla Borsa elettrica), a fronte di un costo di incentivazione più basso.
Attualmente il settore dell’eolico è in attesa di una nuova normativa del MISE, che regolerebbe i meccanismi di incentivazione dell’energia eolica nel periodo 2016-2020 e definirebbe i contingenti annuali e le relative procedure di selezione dei progetti.
“L’adozione dei nuovi contingenti per l’eolico – spiega l’ANEV in un comunicato stampa – risulta oltremodo opportuna in quanto i benefici connessi alla realizzazione dei nuovi impianti (riduzione del prezzo elettrico, gettito fiscale, benefici territoriali) risultano significativamente superiori rispetto ai costi di incentivazione previsti”.
“Le nuove aste, a partire proprio dall’anno 2015, – afferma l’associazione che ricorda che quest’anno verrà raggiunto il picco degli incentivi – costerebbero al sistema solo una percentuale degli incentivi che vanno a terminare per fine vita incentivata e pertanto si avrebbe contemporaneamente una crescita del settore e una riduzione dei costi in bolletta”.
Fonte:http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=3554&biografia=Giorgio+Ambrosoli
Giorgio Ambrosoli nasce il 17 ottobre del 1933 a Milano da una famiglia borghese conservatrice e dalla evidente matrice cattolica: la madre è Piera Agostoni, mentre il padre è Riccardo Ambrosoli, avvocato impiegato presso la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde nell’ufficio legale.
Cresciuto ricevendo un’educazione fortemente cattolica, Giorgio frequenta il liceo classico “Manzoni” della sua città; poco dopo, si avvicina a un gruppo di studenti monarchici, che lo inducono a militare nell’Unione monarchica italiana.
Nel 1952, concluso il liceo, decide di seguire le orme del padre e di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza; laureatosi nel 1958 alla Statale con una tesi sul Consiglio Superiore della Magistratura e l’esame da procuratore (in diritto costituzionale), comincia a fare pratica nello studio legale Cetti Serbelloni.
All’inizio degli anni Sessanta si sposa con Anna Lori, nella chiesa di San Babila. A partire dal 1964, si specializza in ambito fallimentare, e in particolare nelle liquidazioni coatte amministrative; per questo viene scelto per cooperare con i commissari liquidatori che si occupano della Società Finanziaria Italiana.
Nel 1968 diventa padre di Francesca, mentre l’anno successivo nasce Filippo; nel 1971, arriva anche il terzo figlio, Umberto. Nel settembre del 1974 Giorgio Ambrosoli viene nominato da Guido Carli – governatore della Banca d’Italia – commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, che il banchiere siciliano Michele Sindona aveva portato a rischiare il crack finanziario: compito dell’avvocato milanese è quello di analizzare la situazione economica derivante dagli intrecci tra finanza, politica, criminalità organizzata siciliana e massoneria.
Giorgio Ambrosoli riceve una relazione sulle condizioni della banca da Giovanbattista Fignon, direttore centrale del Banco di Roma a cui era stato assegnato il compito di garantire un prestito a Sindona e che era diventato amministratore delegato e vicepresidente della Banca Privata Italiana, che riuniva gli istituti di credito del banchiere siciliano.
La relazione di Fignon è tutt’altro che rassicurante, vista la gravità della situazione, e ricostruisce le numerose operazioni che avevano contribuito alla nascita e all’espansione del sistema societario di Sindona. Nominato quindi commissario liquidatore, Ambrosoli riceve l’incarico di dirigere la banca, e ha l’opportunità di scoprire e analizzare da vicino le intricate operazioni intessute dal finanziare di Patti, a partire dalla Fasco, la società controllante che rappresenta l’interfaccia tra le attività nascoste e quelle conosciute del gruppo.
L’avvocato lombardo si accorge delle numerose e gravi irregolarità commesse da Sindona, e soprattutto delle molte falsità che compaiono nelle scritturazioni contabili; si rende conto, inoltre, delle connivenze e dei tradimenti compiuti da vari pubblici ufficiali.
Nel frattempo, Ambrosoli inizia a subire tentativi di corruzione e pressioni che mirano a indurlo ad avallare documenti che testimonino la buona fede di Sindona, in modo da evitargli qualsiasi coinvolgimento sia civile che penale. Ambrosoli, pur essendo conscio dei rischi a cui sta andando incontro, non cede: nel febbraio del 1975, in una lettera indirizzata alla moglie Anna, le comunica di essere in procinto di effettuare il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana, spiegandole di non avere timori nonostante i problemi che tale atto causerà a molte persone.
Nella missiva, l’avvocato Giorgio Ambrosoli dimostra di essere consapevole che tale incarico sarà pagato “a molto caro prezzo: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese“. Quindi, Ambrosoli sottolinea come questo compito gli abbia creato solo dei nemici, che “cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria“.
Durante le sue indagini, l’avvocato scopre anche le responsabilità di Michele Sindona verso la Franklin National Bank, un istituto statunitense che versa in pessime condizioni economiche: per questo motivo le indagini non coinvolgono unicamente la magistratura italiana, ma addirittura l’Fbi.
Nei mesi successivi Ambrosoli, oltre ai consueti tentativi di corruzione, deve fare i conti con vere e proprie minacce esplicite: ciò non lo distoglie, in ogni caso, dall’intenzione di riconoscere la responsabilità penale di Sindona e di liquidare la banca. Avvalendosi del supporto politico di Ugo La Malfa e di Silvio Novembre (un maresciallo della Guardia di Finanza) come guardia del corpo, però non ottiene alcuna protezione dallo Stato, a dispetto delle minacce di morte ricevute.
Ambrosoli ha anche il sostegno del governatore di Bankitalia Paolo Baffi e del capo dell’Ufficio Vigilanza Mario Sarcinelli, ma entrambi nella primavera del 1979 vengono incriminati per interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento personale nell’ambito della vicenda Banco Ambrosiano – Roberto Calvi.
In questo stesso periodo Giorgio Ambrosoli riceve numerose telefonate anonime di carattere intimidatorio da parte di un interlocutore dal forte accento siciliano, che gli ordina, in maniera sempre più esplicita, di ritrattare la testimonianza che aveva fornito ai giudici statunitensi che stavano indagando sul fallimento del Banco Ambrosiano (nel 1997, in occasione del processo a Giulio Andreotti, sarà rivelato che l’autore di quelle telefonate, che includevano anche minacce di morte, era il massone Giacomo Vitale, cognato del boss di mafia Stefano Bontate).
Nonostante il clima di tensione sempre più rischioso, Giorgio Ambrosoli continua a condurre la propria inchiesta, pur osteggiato da pressioni politiche evidenti. Tale ostinazione, però, gli costa cara.
La sera dell’11 luglio del 1979, mentre sta tornando a casa dopo avere passato qualche ora in compagnia degli amici, l’avvocato milanese viene avvicinato da uno sconosciuto davanti al portone di casa: l’uomo (William Joseph Aricò, un malavitoso americano pagato 115mila dollari da Sindona), dopo essersi scusato, gli spara quattro colpi 357 Magnum, che lo uccidono.
Ai funerali di Giorgio Ambrosoli non parteciperà nessuna autorità pubblica, a parte alcuni esponenti di secondo piano della Banca d’Italia. Venti anni più tardi, nel luglio del 1999 lo Stato si rifarà assegnandogli la Medaglia d’oro al valor civile in quanto “splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all’estremo sacrificio“.
Negli anni sono stati numerosi i luoghi pubblici a lui intitolati, tra cui biblioteche e scuole. Nel 2014 Rai Uno trasmette una mini-serie tv in due puntate dal titolo “Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera” (regia di Alberto Negrin), con Pierfrancesco Favino nel ruolo del protagonista.
Scritto da: Marco Cedolin
Fonte: http://ilcorrosivo.blogspot.it/2015/02/le-case-farmaceutiche-richiamano-litalia.html
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/guerre/cina_ammonisce_occidente.html
L’ambasciatore cinese in Belgio ha dichiarato che «la natura e le cause profonde» del conflitto ucraino sono rappresentate «dall’Occidente» e che «l’Occidente dovrebbe abbandonare la sua mentalità del gioco a somma zero e prendere realmente in considerazione le preoccupazioni della Russia riguardo la sicurezza».
Parlando di «reali preoccupazioni sulla sicurezza», si stava chiaramente riferendo all’espansione della Nato sempre più vicino al confine russo e alle basi militari americane piazzate nelle vicinanze (inclusa l’Ucraina), spiega appunto Eric Zuesse per Global Research.
«In altre parole, questo diplomatico ha detto: “L’Occidente ha un’attitudine cosiddetta a somma zero verso la Russia, anziché cercare di muoversi con un approccio grazie al quale nessuna superpotenza nucleare possa trarre benefici a spese di un’altra”. Questa è una critica diretta a Barack Obama e a tutti i leader pro-Obama, anti-Putin ed europei». Obama, prosegue Zuesse, continua a ripetere che di tutte le nazioni si può fare a meno, ad eccezione degli Usa, «quindi chiaramente pensa che anche della Russia si possa fare a meno».
«Non si tratta solo di un insulto, ma di un atto provocatorio – aggiunge Zuesse – è come se si stesse cercando la lotta. E per cosa?». «La Cina sta dicendo a Obama: fermati. E implicitamente gli sta anche dicendo che la Cina non è superflua».
Poco prima del colpo di stato in Ucraina, la società di ricerche e indagini sociali Gallup International nel dicembre 2013 ha diffuso i risultati di un sondaggio in 65 nazioni secondo cui: «Gli Stati Uniti sono il paese maggiormente scelto (24%) tra le nazioni indicate a rappresentare il pericolo più grande per la pace nel mondo. Seguono il Pakistan (8%), la Cina (6%), la Corea del Nord, Israele e Iran (5%). Tra chi ha risposto, ad avere maggiore paura degli Usa si sono rivelati i russi (54%), i cinesi (49%) e i bosniaci (49%)».
Questi dati ci fanno intendere come possano essere visti l’Occidente e le azioni da esso compiute guardando da un’altra prospettiva, cioè quella del resto del mondo.
«Eppure Obama continua a dichiarare che gli Stati Uniti sono l’unica nazione indispensabile al mondo» prosegue Zuesse, che evoca poi gli spettri di passati nazionalismi e ricorda, con parole amare, come nel 2009 proprio Obama abbia vinto il premio Nobel per la pace.
1) Eric Zuesse è autore del recente They’re Not Even Close: The Democratic vs. Republican Economic Records, 1910-2010 e di Christ’s ventriloquists: The Event that Created Christianity
Scritto da: Beatrice Salvemini
Fonte: http://www.aamterranuova.it/Ambiente/Salviamo-la-foresta-Marganai
E’ partita la raccolta di firme per salvare la foresta Marganai dalla furia distruttrice dell’Ente Foreste che vuole tagliare 540 ettari di bosco. E lo sapete perché? Per ricavare legna per gli impianti a biomassa!
La foresta di Marganai in Sardegna si trovatra Domusnovas, Iglesiase Fluminimaggiore e l’Ente Foreste ha deciso di tagliare oltre 540 ettari di bosco, quasi il 25%della foresta millenaria che si estende per circa 2.300 ettari. La scelta è paradossale, perchè lo scopo di questa devastazione è quello di ricavare legna per gli impianti a biomassa. Partner dell’iniziativa è il comune di Domusnovas, guidato da Angelo Deidda,che di ettari ne ha già fatti disboscare 35 negli ultimi tre anni. Già nel 2010 Comune e Ente foreste avevano lanciato un progetto per il “ripristino del governo a ceduo e la pianificazione dei futuri tagli”, con tagli di alberi su oltre 300 ettari. La Provincia di Carbonia-Iglesias e la Regione avevano dato il via libera senza neanche una valutazione di impatto ambientale malgrado parte dell’area interessata dai tagli ricada in ambito Sic, i siti di interesse comunitario. I primi tagli sono avvenuti al livello del suolo per 35 ettari. Nel luglio dell’anno scorso Comune ed Ente foreste firmano un apposito protocollo d’intesa: si va avanti, ma prima bisogna inserire il progetto nel Piano forestale particolareggiato (Pfp). Così gli ettari da disboscare passano da 305 a oltre 540. In aprile gli ambientalisti del Gruppo di intervento giuridico si oppongono, poi la Regione specifica che va fatta l’incidenza di impatto. Gli ambientalisti hanno chiesto alla Regione, all’Ente foreste e al Corpo forestale la revoca delle autorizzazioni ai tagli boschivi. Sono stati informati anche la Commissione europea e il ministero dell’Ambiente.
Ora è partita anche la raccolta di firme: chi vuole firmare può farlo cliccando qui
Scritto da:Piero Cammerinesi
Fonte: http://www.liberopensare.com/articoli/865-l-inarrestabile-declino-di-una-democrazia
La storia è nota ed è stata ripresa anche dalla stampa italiana per la sua assoluta atrocità.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine, Altrogiornale e Altrainformazione)
Houston, 3 Marzo 2015 – Il 22 Novembre scorso a Cleveland qualcuno chiama il 911 (il telefono della polizia) dicendo che c’è un ragazzino che, in un parco cittadino, punta una pistola “probabilmente finta” contro i passanti.
Arriva subito una macchina della polizia e il ragazzino, Tamir Rice, viene ‘giustiziato’ entro – dicono i testimoni – entro uno o due minuti massimo dall’arrivo dei poliziotti.
Tamir, che aveva in mano una pistola a piombini e solo 12 anni, muore il giorno dopo in ospedale.
Ci sono due agenti nella macchina, Franck Garmack di 46 anni e colui che spara – praticamente appena aperta la portiera – Timothy Loehmann di 26.
Nella registrazione di una telecamera di sicurezza che inquadra la scena si vede Tamir che cammina sul marciapiede, giocherellando con una pistola – che risulterà essere una pistola giocattolo – che sporge dai suoi pantaloni.
La sua figura entra ed esce dall’inquadratura della telecamera e ad un certo punto si vede che fa una chiamata con il cellulare, raccoglie della neve e tira delle palle di neve.
Poi, mentre si trova vicino ad un gazebo, arriva improvvisamente l’auto della polizia, che attraversa il parco sulla neve.
L’auto gli piomba praticamente addosso, fermandosi a pochi centimetri da lui. Dalle riprese si può vedere il ragazzino che allunga la mano alla cintura dove c’è la pistola giocattolo, mentre i due poliziotti balzano dall’auto armi puntate.
Immediatamente dopo si vede Tamir a terra, colpito.
“Shots fired, male down, black male, maybe 20,” Abbiamo sparato, un maschio di colore a terra, probabilmente di 20 anni – dice alla radio il poliziotto che chiama la centrale.
No, Tamir aveva solo 12 anni e stava giocando – anche se stupidamente come buona parte dei suoi coetanei – nel Cudell Commons Park.
Ma non c’è solo questo.
Non viene chiamata una ambulanza per diversi minuti. Solo dopo l’arrivo di un’altra pattuglia viene prestata assistenza al ragazzino ormai dissanguato.
Pochi istanti dopo arriva la sorella di Tamir – che ha assisitito all’assassinio a freddo del fratello – urlando “my baby brother, they killed my baby brother” – il mio fratellino, hanno ammazzato il mio fratellino.’
Uno dei due poliziotti le è subito addosso, la getta a terra e la ammanetta.
Questa la storia.
Una storia dell’”altro mondo”, del mondo da questa parte dell’Atlantico.
Una storia come tante. Come quella di un homeless, di un senzatetto, giustiziato oggi a Los Angeles con 5 colpi di pistola solo perché non si faceva arrestare dalla polizia.
Poi ci sono state le proteste, le interrogazioni e le indagini.
E ieri sono arrivate le conclusioni della commissione.
Ci credereste? La città di Cleveland ha concluso il caso con queste parole: “The death of Tamir Rice was ‘directly and proximately’ caused by the 12-year-old’s own actions” – La morte di Tamir Rice è stata causata ‘direttamente e immediatamente – dal comportamento del dodicenne.
Non solo, sia Tamir – ormai defunto – che la famiglia sono stati dichiarati responsabili di “qualsiasi danno, ferite e perdite derivanti dall’incidente”.
Le 20 righe della sentenza stabiliscono che Tamir non esercitò la “necessaria attenzione onde evitare di farsi male” e che i membri della sua famiglia – incluse la madre e la sorellina di 14 anni che avevano sporto denuncia per l’operato della polizia – devono rispondere dei danni “causati dal loro comportamento”.
Sono state totalmente ignorate le testimonianze – persino dei colleghi di lavoro dell’agente che ha sparato – che indicavano che Timothy Loehmann era assolutamente inadatto al lavoro che faceva.
Già nel 2012 aveva avuto seri problemi con il suo modo di maneggiare le armi. In un file dell’Independence Police Department a firma del vicecapo Jim Polak, si attesta che egli, durante l’addestramento all’uso delle armi “non è in grado di eseguire ordini anche semplici, non è capace di comunicare con chiarezza o di ricordare e che la sua performance con la pistola è decisamente scadente”.
E Polak rincara la dose affermando che, data l’instabilità emotiva del soggetto, non ritiene che “né con il tempo né con l’addestramento Loehmann sarà in grado mai di correggere i suoi difetti”.
Oggi pomeriggio sono arrivate le scuse del sindaco di Cleveland, Frank G. Jackson, per “l’uso inappropriato del linguaggio e per l’insensibilità dimostrata nel giudizio su quanto è accaduto”.
Scuse un po’ tardive per chi piange ogni giorno persone innocenti assassinate a freddo dalla polizia in questo Paese.
Tardive per chi si chiede se mai si metterà fine all’impunità praticamente assoluta delle forze dell’ordine, ormai armate ed addestrate militarmente a combattere contro il proprio popolo.
Tardive per chi vede ormai affondare la democrazia americana – ogni giorno di più – in un baratro senza apparente via d’uscita.
Scritto da: A:Terenzi
Fonte: http://www.clarissa.it/editoriale_n1937/Questione-palestinese-unItalia-bifronte
10 commenti:
Alba Kan ha detto…
In fondo è una grande esperta in materia, chi può capirne meglio di salute e sanità se non una che ha la maturità classica?
Jerry Blunt ha detto…
marco cedolin ha detto…
marco cedolin ha detto…
Federico Luongo ha detto…
Gli effetti collaterali dei vaccini sono ben noti e riportati in letteratura e su ogni testo di medicina:dalle potenziali reazioni d’ipersensibilità all’encefalomielite acuta necrotizzante emorragica. Il punto, che voi adepti di patetiche teorie complottiste non riuscite proprio a cogliere né ad assimilare, è il senso del rapporto tra costi e benefici che ogni intervento medico, farmacologico o chirurgico determina sulla salute dell’individuo, e sulla base del quale si decide se e come intervenire. Qui in Italia per fortuna la legge limita i danni, perché vaccinazioni protettive nei confronti di malattie infettive potenzialmente mortali o gravemente invalidanti (come la poliomielite, che ha costretto milioni di persone alla disabilità, o l’epatite B, che, seppur in un numero circoscritto di casi, è in grado di cronicizzare conducendo a gravi alterazioni della funzionalità epatica fino alla cirrosi ed al carcinoma epatocellulare) sono obbligatorie; all’estero spesso non è così. Il morbillo che in un immunocompetente causa generalmente rush esantematici e febbre (ma anche, in un numero non poco significativo di casi, lesioni encefaliche gravi), in un’eventuale epidemia favorita da cali drastici delle vaccinazioni, espone bambini più piccoli e soggetti immunodepressi a rischi significativi che potrebbero essere evitati senza grosse difficoltà.