I benefici dell’Aloe: 10 motivi per utilizzarla

Fonte: https://www.macrolibrarsi.it/speciali/i-benefici-dell-aloe-10-motivi-per-utilizzarla.php


I benefici dell'Aloe: 10 motivi per utilizzarla


copri questa pianta medicinale: l’aloe è antitumorale, cicatrizzante, disintossicante. I molteplici usi dell’aloe su pelle e capelli ti sorprenderanno. E non perdere l’aloe da bere…

L’aloe è una pianta africana perenne.

I fiori sono di un rosso vivace, mentre le foglie assomigliano a “foderi di coltelli” secondo una tavoletta rinvenuta in Mesopotamia e datata intorno al 2.000 a.C.

La caratteristica principale di questa pianta è di avere le foglie carnose, ossia racchiudono al loro interno un gel dalle straordinarie proprietà.

Infatti tale succo contiene 200 composti attivi e oltre 75 nutrienti tra cui:

  • 20 minerali, inclusi calcio, cromo, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio, sodio, zinco.
  • 18 amminoacidi sui 20 necessari all’uomo
  • 12 vitamine, incluse A, C, D, E e il gruppo B
  • enzimi, necessari a tutti i processi vitali
  • saccaridi , saponine e steroli vegetali

Tutti questi elementi rendono l’Aloe una sorta di “guaritore naturale” utilizzato già dai popoli dell’antichità tra cui Egiziani, Assiri, Indiani, ecc.

Le proprietà dell’Aloe

  • Integratore alimentare. Come abbiamo visto, l’aloe contiene moltissime delle sostanze nutritive essenziali per un corretto mantenimento del corpo. Per questo Matt Traverso non esita a definirla un Superfood.
  • Depurante. L’aloe è in grado di disintossicare l’organismo dalle tossine. Non solo, i suoi saccaridi aderiscono alle pareti dell’intestino formando una barriera protettiva che impedisce l’assorbimento di sostanze dannose.
  • Lassative. L’aloe è un’alleata del sistema digestivo: stimola la flora batterica e l’eliminazione dei rifiuti, migliorando al contempol’assorbimento delle sostanze nutritive (ma non degli elementi dannosi). Per questo motivo riduce gli effetti collaterali dei farmaci sull’apparato digerente come acidità di stomaco, crampi e stitichezza.
  • Stimola il sistema immunitario. L’aloe contiene acemannano, uno zucchero dalle proprietà antivirali, antinfiammatorie e soprattutto antitumorali: infatti stimola la produzione di macrofagi, globuli bianchi che distruggono le cellule tumorali.
  • Antitumorale. Come abbiamo appena visto l’Aloe è particolarmente efficace nel prevenire differenti tipi di cancro (colon, prostata, seno, polmonni, ovaie e cervello). Non solo, questa pianta è un valido supporto a radioterapia e chemioterapia, in quanto ne limita gli effetti negativi come perdita di capelli, nausea, bruciature.
  • Lenitivo. L’aloe offre un sollievo immediato alle punture di zanzare ed altri insetti, di meduse e perfino di ortica. Il suo potere lenitivo si estende anche alle scottature (sia quelle in cucina sia quelle dovute al troppo sole)
  • Coagulante. L’aloe è in grado di riparare rapidamente tessuti e membrane, perciò viene utilizzata non solo sulle ustioni ma anche su ferite, eczemi e vesciche, per accelerare la guarigione.
  • Cura della pelle. L’aloe ha un ‘azione dermoprotettiva, idratante ed emolliente. Per questo motivo tale pianta viene abbondantemente utilizzata dall’industria della bellezza in saponi, creme e bagnoschiuma.
  • Cura dei capelli. L’aloe è un eccezionale balsamo in quanto rende i capelli lucidi, e protegge il cuoio capelluto. Inoltre può essere usata contro la forfora e la calvizie.
  • Cura dei Denti. L’aloe è un efficace battericida. Per questo può essere utilizzata all’interno di una corretta igiene dentale: pulisce i canali e contrasta la placca. Inoltre la sua azione coagulante è efficace anche sull’afte, e sulle ferite interne al cavo orale.

Antrachinoni, questi sconosciuti

L’aloe contiene Antrachinoni : fitonutrienti con proprietà antimicrobiotiche e antidolorifiche. Inoltre gli antrachinoni favoriscono l’assimilazione a livello intestinale, e fungono da lassativi. Proprio per il timore che possano indurre diarrea e dolori addominali, il limite degli Antrachinoni è fissato per legge a 50 ppm (ppm = parti per milione)

Aloe vera o Aloe arborescens?

L’aloe vera (Aloe barbadensis) e l’Aloe arborescens sono due diversi tipi di Aloe, dagli effetti benefici molto simili.

La differenza consiste nelle dimensioni nella foglia (e quindi nel risultato della lavorazione)

Aloe arborescens ha la foglia più piccola
Aloe vera ha la foglia più grande

Cosa significa?

Significa che per ottenere la stessa quantità di gel d’aloe occorre aprire più foglie di Aloe arborescens, piuttosto che di Aloe vera. Questo favorisce la possibile presenza accidentale di Antrachinoni nel gel.
D’altro canto l’Aloe arborescens è molto più povera d’acqua rispetto all’Aloe vera, pertanto ha una maggior concentrazione di principi attivi, e quindi il suo succo è di qualità superiore.

Controindicazioni

Oltre ai numerosi effetti benefici, l’Aloe, in caso di uso interno, può presentare effetti collaterali insoliti, che non vanno ignorati.

Per godere appieno delle proprietà di questa pianta occorre moderazione : un sovradosaggio di aloe può portare a disidratazione, spasmi allo stomaco e crampi intestinali. Pertanto è sconsigliato un utilizzo a lungo termine, è preferibile fare dei cicli di trattamento.

L’aloe non deve essere utilizzata da bambini al di sotto dei 12 anni e da donne in gravidanza e allattamento, ma anche durante il ciclo mestruale. Inoltre l’aloe può interagire con farmaci diuretici, digitalici, antiaritmici e cortisonici.

In calo le emissioni italiane di CO2 legate all’energia, in Germania sono oltre il doppio

Fonte: http://www.greenreport.it/news/clima/calo-le-emissioni-italiane-co2-legate-allenergia-germania-oltre-doppio/

Eurostat: quelle nazionali rappresentano il 10,1% delle emissioni Ue, le tedesche arrivano al 22,9%. 

Le emissioni di CO2 legate al consumo e alla produzione di energia sono calate in Italia del 2,9% nel 2016 rispetto al 2015, una performance migliore rispetto a quella dell’Unione europea dove lo scarto è a livello di decimali: -0,4%. I dati forniti oggi da Eurostat rappresentano le stime ufficiali più recenti riguardo al quadro emissivo nazionale, anche se offrono un quadro parziale del contesto: anziché l’intero spettro dei gas serra si osserva la sola (benché rilevantissima) CO2, e soltanto nel caso in cui le emissioni siano legate agli usi energetici (escludendo ad esempio i processi industriali come gli impatti dell’agricoltura, la gestione del territorio o quella dei rifiuti).

In attesa che anche l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) torni ad aggiornare l’Inventario nazionale delle emissioni in atmosfera dei gas serra, dall’osservazione dei dati Eurostat traspare un’Italia altalenante: nel 2015 le emissioni totali di gas serra del nostro Paese – che dal 1990 al 2014 sono passate da 522 a 419 milioni di tonnellate di CO2eq – risultavano in crescita del 2% rispetto all’anno precedente (e in particolare quelle del settore energetico, +3%), e tutt’altro che rosee continuano ad essere le prospettive per le energie rinnovabili dopo alcuni anni di splendore. «L’Italia – osservava proprio l’Ispra poche settimane fa – ha mostrato negli ultimi anni uno sviluppo notevole delle fonti rinnovabili nel settore elettrico. Secondo i dati Terna le fonti rinnovabili hanno coperto il 43,1% della produzione lorda nazionale del 2014, mentre nel 2015 si è avuta una sensibile riduzione della quota rinnovabile scesa al 38,5% con un andamento negativo che si annuncia confermato anche per il 2016».

Nell’attesa di ulteriori chiarimenti da parte dell’Ispra non è possibile esaminare più a fondo i dati odierni, su cui influiscono una molteplicità di fattori: non solo l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili o gli incrementi nell’efficienza energetica, ma elementi che spaziano dalla crescita economica del Paese alla struttura demografica, all’import/export dei prodotti energetici. Come aggiunge Eurostat infatti, è necessario notare che «le importazioni e le esportazioni dei prodotti energetici hanno un impatto sulle emissioni di CO2 solo nel paese in cui vengono bruciati i combustibili fossili: per esempio, se il carbone è importato questo porta ad un aumento delle emissioni nel paese finale, mentre se è l’elettricità ad essere importata, non ha effetto diretto sulle emissioni del Paese».

Quel che è certo ad oggi è che il parco energetico italiano rappresenta la terza fonte di CO2 nel settore in Europa, con il 10,1% delle emissioni totali. Insieme a noi sul ben poco glorioso podio si aggiungono la Gran Bretagna – formalmente ancora presente all’interno dell’Ue – con l’11,7% delle emissioni, e a grande distanza la Germania: da sola, rappresenta il 22,9% delle emissioni Ue, oltre il doppio del peso italiano.

HOUSING BUBBLE: BRUCIA LA CASETTA IN CANADA!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2017/05/03/housing-bubble-brucia-la-casetta-in-canada/

Il Canada non è l’America, l’Australian non è il Canada e via dicendo! Come ben sapete noi non abbiamo mai fretta, quello che leggete su Icebergfinanza, prima o poi diventa realtà.

Sale il rischio della bolla immobiliare in Canada. Lo riferisce Business Insider citando, tra gli altri, i dati sulle nuove costruzioni salite a marzo a quota 253.70 unità abitative, il livello più alto, nota la Canada Mortgage & Housing Corp., dal settembre 2007. “L’attività di costruzione è alimentata dall’aspettativa di una crescita continua dei prezzi delle case con annessi grandi guadagni per costruttori, agenzie di credito, agenti immobiliari e il settore nel suo insieme” scrive Business Insider. Ma i dubbi ovviamente restano.Secondo Stéfane Marion, Chief Economist della divisione Economics and Strategy presso National Bank of Canada, quello dei prezzi inflazionati sarebbe diventato ormai l’argomento caldo per antonomasia nel Paese. Originariamente confinati alle realtà metropolitane di Toronto e Vancouver, i prezzi gonfiati sono ormai realtà in molte aree del Paese. Ad oggi, nota ancora Marion, il 55% dei mercati regionali canadesi evidenzia prezzi gonfiati per lo meno del 10%. Si tratta, nota di Business Insider, di cifre molto simili a quelle osservate negli Usa nel 2005, l’anno del picco di mercato. A preoccupare non sono solo i sintomi classici della bolla in sé quanto le previsioni sui rischi connessi al suo eventuale scoppio in termini di effetti diretti per l’economia reale. Attualmente, secondo i dati di Statistics Canada, il settore immobiliare nel suo complesso (costruzioni comprese) contribuisce da solo al 15,5% del Pil nazionale, contro il 14,7% del 2011.Canada: si gonfia la bolla immobiliare

Non bisogna mai avere fretta, le dinamiche del mercato immobiliare sono ben descritte nella sequenza della deflazione da debiti, ogni cosa a suo tempo sotto il cielo dell’immobiliare, nel frattempo un assaggio…

HCG’s crisis may puncture Canada’s housing bubble …

Lo scorso anno in alcuni manoscritti vi abbiamo raccontato quello che sta accadendo nel mercato immobiliare australiano ma soprattutto quello che ancora oggi accade nel mercato immobiliare americano.

Ve le ricordate le “jusen” giapponesi, prestatori mutuatari che operavano al di fuori del perimetro di controllo delle banche centrali, istituzioni ombra pompate dalle principali banche commerciali che favorirono l’esplosione della più colossale bolla immobiliare della storia?

Quasi sicuramente vi siete dimenticati di quello che vi avevamo raccontato il ottobre, uno dei sintomi di tutte le più grandi crisi immobiliari della storia, uno dei segni premonitori infallibili che hanno caratterizzato la Grande Depressione del ’29, la crisi giapponese ( Jusen ) e l’ultima americana ( Subprime )

Visto la regolamentazione stringente con la quale si è messo il bavaglio alle grandi banche in fatto di concessione mutui, si è pensato bene di ricorrere al solito trucco, ovvero girare i capitali necessari a istituzioni non bancarie in maniera da elargire allegramente mutui a gogo.

Lady & Gentleman ho l’onore di presentarvi i nipotini di nonna Countrywide una delle principali responsabili dell’ultima grande crisi subprime, dove i mutui venivano venduti porta porta da pronto pizza assoldati all’ultimo minuto.

I loro nomi? Teneteveli bene a mente perchè al momento opportuno diventeranno loro i protagonisti della prossima grande crisi finanziaria…

QUICHEN LOANS

CALIBER HOME LOANS

FAIRWAY INDEPENDENT MORTGAGE

MOVEMENT MORTGAGE

PRIME LENDING

GUARANTEED RATE

GUILD MORTGAGE

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Alcuni degli stessi personaggi che hanno giocato ruoli di primo piano nel corso dell’ultimo boom del mercato immobiliare e il successivo crollo sono riapparsi. Ricordate la leggenda  Countrywide?

In California, alcuni dei più grandi istituti di credito non bancari  includono PennyMac, AmeriHome Loans, e Stearns. Tutti e tre hanno sede nel sud della California, l’epicentro del boom nel settore prestiti ipotecari subprime dello scorso decennio. E tutte e tre le società sono gestite da dirigenti che in precedenza lavoravano a  Countrywide Financial, l’ormai defunta prestatrice subprime fondata da Angelo Mozilo (Bank of America ha acquistato Countrywide a 4 miliardi nel luglio 2008).

PennyMac, rapida crescita per un prestatore non bancario, è gestito da Stanford Kurland, un ex dirigente di Countrywide Home Loans e direttore IndyMac. Stearns, un prestatore non bancario basato a Santa Ana, California, è gestito da Brian Hale, ex presidente della divisione Countrywide. E Joshua Adler, che è amministratore delegato di AmeriHome ha ricoperto ruoli simili in Countrywide e Bank of America.

La maggior parte delle erogazioni di mutui provengono ancora dalle banche a malapena! La loro quota è scesa dal 91% nel 2009  dopo che molte delle banche ombra erano crollate nell’ultima crisi al 51,7%  nel 2016. La quota di banche ombra (linea blu) è salito al 48,3% (grafico da ATTOM):

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E infine …

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Ora torniamo in Canada e vediamo che è successo nelle ultime settimane ad uno di questi prestatori fantasma, o meglio al più grande.

Il modello di business della Home Capital Group è sempre il solito, prestiti prime regalati a mutuatari suprime, manipolazione dei redditi, mutui poi confezionati ed imballati, in qualche prodotto strutturato.  in maniera da permettere il finanziamento sino al 90/100 % del capitale.

Ora la HCG è stata costretta a prendere in prestito 2 miliardi di dollari da un creditore misterioso a un tasso di interesse implicito del 22,5 per cento per il primo miliardo e un tasso del 15 per cento. HCG ha perso circa il 25% della sua liquidità in poco più di un mese.

Il fallimento di HCG non è altro che il “Minsky Moment” del mercato immobiliare canadese, una valanga che non potrà che aumentare il livello dei tassi ipotecari  per i mutuatari meno credibili se le preoccupazioni sul settore aumenteranno i costi di finanziamento per altri finanziatori subprime.

La solita storiella di truffa e manipolazione, non resta che attendere l’effetto domin, il  principale concorrente è Equitable Group Inc. di Toronto.

“Quello che è accaduto con Home Capital Group ha sicuramente ridotto l’entusiasmo degli investitori per il sostegno ai titoli non garantiti da mutui ipotecari. Ma una volta tutto si placa, credo che vedremo una ripresa della liquidità Nel mercato non-prime, le persone hanno la memoria corta ”

Per dovere di cronaca, le banche principali del Canada, che sono sfuggite in parte alla grande crisi finanziaria, sono generalmente ritenute ben gestite e capitalizzate, ma è molto difficile pensare che prima o poi verranno contagiate dalle implicazioni di quello che sta accadendo, lo suggerisce la storia.

Contagion Fears Rise In Aftermath Of Home Capital …

Ovviamente stanno tutti cercando di rassicurare, dalla Banca centrale canadese agli esperti di mercato, eppure in molti hanno la memoria corta, ma non la storia,

Forbes – Caro Macron, l’Euro è già fallito. L’unica domanda è: cosa vogliamo fare

Scritto da: Henry Tougha
Fonte: http://vocidallestero.it/2017/04/30/forbes-caro-macron-leuro-e-gia-fallito-lunica-domanda-e-cosa-vogliamo-fare/

Un articolo di Tim Worstall su Forbes, pubblicato a gennaio di quest’anno, spiega la vacuità di Macron, probabile prossimo Presidente della Repubblica francese, e di tutto il mainstream sul tema euro. Fingere di riconoscere l’insostenibilità dell’ “attuale” sistema della moneta unica invocando dei generici cambiamenti è un inganno. Discutere perché realmente la moneta unica è insostenibile significa dover ammettere che non c’è alcuno spazio per migliorarla.

di Tim Worstall, 12 gennaio 2017

Emmanuel Macron è candidato alla carica di prossimo Presidente francese. E in questo suo ruolo ha la necessità di definire rapidamente i principi della sua politica economica. Lui afferma che l’euro potrebbe fallire nel corso dei prossimi 10 anni se non verrà fatto qualcosa per evitarlo. Questo è un errore, un errore grave, perché l’euro è già fallito. L’unica questione utile o interessante che resta da porsi è: cosa vogliamo farci?

L’euro potrebbe non esistere più da qui a 10 anni se Parigi e Berlino non si affrettano a rafforzare l’unione monetaria, ha detto Emmanuel Macron, candidato alla presidenza francese, questo martedì.  Macron afferma di ritenere che l’attuale sistema porti beneficio alla Germania a spese degli stati membri più deboli. Macron è stato Ministro dell’economia sotto il Presidente socialista Francois Hollande fino alle dimissioni presentate lo scorso anno per creare un proprio movimento politico e concorrere come candidato indipendente alle elezioni presidenziali di quest’anno.

 

In realtà, l’euro non avvantaggia la Germania. Una valuta tedesca indipendente avrebbe un valore molto più alto dell’euro attuale—perciò l’euro sta rendendo i cittadini tedeschi più poveri in termini di potere di acquisto verso l’estero della propria valuta.

“La verità è che dobbiamo tutti quanti riconoscere che l’euro è incompleto e non potrà durare se non si faranno delle grosse riforme”, ha detto Macron in un discorso alla Humboldt University di Berlino.

Nel suo discorso in inglese ha aggiunto: “[L’euro] non ha fornito all’Europa una piena sovranità internazionale rispetto al dollaro e alle sue regole. Non ha dato all’Europa una naturale convergenza tra i diversi paesi membri”.

Non potete e non riuscirete a promuovere la convergenza se costringete tutti a stare in un un’unica valuta e dunque in un unico regime monetario. Non è così che funziona—potete avere una moneta unica che funziona solo dopo che le economie che ne fanno parte hanno raggiunto una convergenza. Cosa più importante, dato che una moneta unica significa una politica monetaria unica, è necessario che tutti i paesi membri abbiano delle economie correlate, che attraversino le fasi del ciclo economico nello stesso momento e con la stessa velocità. Questo semplicemente non è il caso dell’economia dell’eurozona, e molto probabilmente non lo sarà mai. Pertanto è stata tutta una pessima idea introdurla [la moneta unica].

Come notava Milton Friedman diverso tempo fa, prima che tutto avesse inizio:

Se un paese viene colpito da uno shock negativo che richiede, per esempio, un abbassamento dei salari relativi rispetto ad altri paesi, questo si può ottenere cambiando un unico prezzo, cioè il tasso di cambio, anziché pretendere di cambiare contemporaneamente migliaia e migliaia di salari, o costringendo all’emigrazione dei lavoratori. Le sofferenze imposte alla Francia dalla sua politica del “franco forte” dimostrano il costo della decisione ispirata da motivi politici di non usare il tasso di cambio per correggere l’impatto della riunificazione tedesca. La crescita dell’economia britannica dopo l’uscita dal sistema monetario europeo qualche anno fa e il ritorno ad una sterlina fluttuante, dimostra l’efficacia del tasso di cambio come meccanismo di aggiustamento.

Da allora abbiamo avuto grosse bolle immobiliari (con i conseguenti inevitabili crash) in Irlanda e in Spagna. A causa dell’euro i tassi di interesse erano troppo bassi per le loro economie, a vantaggio esclusivo dell’economia tedescoa, allora in difficoltà. Dopo il crash la BCE ha mantenuto tassi di interesse troppo elevati e troppo a lungo. L’Italia non ha avuto praticamente alcuna crescita economica per due decenni, la disoccupazione giovanile in Spagna è ancora vicina al 50%. La Grecia è ovviamente un disastro e perfino la Finlandia si trova stritolata nel mezzo di una svalutazione interna.

Ciò che è peggio è che nessuno dei presunti benefici economici che erano stati prospettati è mai arrivato. Si diceva che ci sarebbe stato molto più commercio tra i paesi—e questo non si è visto affatto. Ciò che è successo è che le stime erano basate su combinazioni di precedenti unioni monetarie, unioni monetarie che coincidevano anche con unioni doganali. E ciò che abbiamo scoperto è che l’importante erano le unioni doganali (sarebbe a dire, nel nostro caso, il mercato comune), non le unioni monetarie.

Ci sono in definitiva solo due processi politici percorribili dopo aver preso atto che l’euro è un fallimento. Potremmo cercare di introdurre l’unione fiscale. Sarebbe a dire fare una cosa tipo il sistema degli Stati Uniti d’America—il denaro affluisce a Washington DC e da lì viene redistribuito. Questa redistribuzione mitigherebbe gli effetti della politica della moneta unica. Ma questo richiederebbe che i paesi europei facciano affluire il 20% del loro PIL a Bruxelles lasciando che siano i burocrati a spenderlo. In altre parole, vorrebbe dire che i tedeschi dovranno pagare per davvero le pensioni ai greci.

Ecco. Questo – Non – Succederà.

L’altra strada è quella di ammettere il fallimento, smantellare il tutto e dichiarare vittoria. Questo è ciò che dovremmo fare. L’euro è fallito. L’unica strada per migliorarlo non è politicamente percorribile. Dunque è meglio che lo smantelliamo prima che siano gli eventi a farlo per noi, in mezzo al caos che si produrrebbe forzando la situazione.