VITE SPERICOLATE…

Scritto da:  Anna Nicoletti
Fonte:  La patatina fritta

F., cosi lo chiameremo, aveva telefonato ai suoi alle cinque di una domenica mattina di inizio primavera. Un paio di anni fa, mentre ritornava da una serata con gli amici, la sua macchina aveva cominciato a muoversi in maniera autonoma , non era possibile mantenerne il controllo, sembrava fosse dominata da un’entità astratta. La macchina aveva deciso di fermarsi dentro un fosso, di sfondare il proprio cofano facendolo rientrare quasi della metà, ma aveva voluto che ad F. non capitasse nulla : quella macchina era una macchina intelligente perché aveva sacrificato se stessa per salvare lui, un ragazzo di 26 anni che quella sera aveva altro per la testa e parecchi bicchieri di vino in corpo.

Per mesi il ricordo di quell’accaduto era stato vivo, tangibile, concreto, poiché la macchina intelligente era stata posta sotto sequestro e lasciata in un angolo del cortile della casa di F. per non dover pagare l’affitto dell’autorimessa della Polizia.

La gente del paese che passava nelle vicinanze la poteva osservare, tutta la famiglia la poteva vedere, anche F. poteva , se voleva, ritornare con la mente a quella sera in cui il destino aveva scelto per lui in maniera diversa.

Ma anche se le immagini passano sotto gli occhi, accade poi che non si fissino nella mente. Anche se le immagini ti vogliono mandare dei messaggi, accade poi  che questi messaggi non vengano colti.

Per un  anno intero  F. aveva dovuto chiedere a suo padre un passaggio per recarsi al lavoro ed agli amici la cortesia di venirlo a prendere per uscire alla sera. Ma F. non aveva smesso di fare la sua vita: non una volta che fosse rientrato a casa ad una ora decente, non una volta che avesse rinunciato all’ultimo bicchiere in più, nonostante la sua prima e fedele macchina intelligente glielo ricordasse essendo ancora parcheggiata nel cortile di casa.

Allo scadere dei dodici mesi F. aveva acquistato una macchina nuova. Nel cortile di casa le due macchine si guardavano in silenzio: quella scassata e piena di polvere era ancora là, perchè la lentezza della burocrazia italiana così aveva voluto.

F. continuava a fare la sua vita tra serate fuori con gli amici e rientri a casa ad orari da crepacuore, mettendoci in mezzo quel poco di energia residua per affrontare la giornata lavorativa. Fino alla sera in cui il destino aveva voluto di nuovo far incrociare il suo percorso con quello della vita di F.: l’ennesimo bicchiere in più, un altro colpo di sonno, un’altra volta dentro un fosso, un’altra macchina intelligente distrutta per la metà e non un graffio al ragazzo.

F. era uscito dall’abitacolo scappando come una lepre in mezzo ai campi, il più lontano possibile dalla scena dell’accaduto, perché la seconda macchina intelligente, che per la seconda volta gli aveva salvato la vita, aveva incorporato un sistema elettronico in grado di avvisare la Polizia . F. aveva chiamato un amico e si era fatto accompagnare a casa. Aveva buttato giù dal letto i suoi che stralunati gli avevano chiesto cosa fosse accaduto. Il padre in fretta e furia aveva svegliato la figlia il cui sonno profondo non le aveva permesso di capire che di li a poco avrebbe dovuto giocare un ruolo in tutta quella brutta faccenda. Il padre le aveva chiesto di recarsi sul luogo dell’incidente e di fingere di essere stata lei al volante di quella macchina intelligente che gli aveva protetto il figlio,come lui ora stava facendo.

E la vita di F. era ripresa con l’auto nuova in carrozzeria, quella vecchia in cortile, la sorella senza cinque punti sulla patente, la madre che stava per fare un infarto, il padre che non diceva nulla. Era ripresa con i ritmi di sempre, i ritmi suoi , quelli che non sono facilmente comprensibili e giustificabili. Perché se cosi fosse allora non ci sarebbe stato bisogno che la madre fosse andata dalla figlia a raccomandarle di stare attenta al fratello nella settimana in cui i genitori sarebbero stati in montagna e non ci sarebbe stato  bisogno che la sorella fosse andata ad intervalli regolari in camera da letto  per vedere se il fratello stesse dormendo ,perché anche la scorsa settimana F. era rincasato alle 6 del mattino.

Della storia vera di F. io che racconto al momento non ho altro da aggiungere. Lascio questa pagina aperta  ai vostri commenti nell’attesa di sapere se qualcosa è cambiato………

 

 

 

 

 

 

Scoperte alghe contro l’inquinamento marino

Scritto da: Isabella Berardi
Fonte: http://www.buonenotizie.it/

Si chiamano Botryococcus braunii e Scenedesmus obliquus:  nomi difficili che identificano le due micro-alghe testate con successo nel golfo di Napoli, nei giorni scorsi, per purificare le acque marine. E, dai risultati forniti dal Centro Interdipartimentale di Ricerche per la gestione delle risorse idrobiologiche e l’acquacoltura (CRIAcq) dell’Università Federico II, l’esperimento sembra essere riuscito.

Hanno dimensioni di pochi millimetri le alghe utilizzate dai ricercatori italiani nelle acque di Capri e Nerano, in costiera amalfitana, entrambe località balneari di grande bellezza. L’idea è stata quella di far sì che le alghe formassero un tappeto verde sulla superficie dell’acqua  in prossimità degli impianti di depurazione delle due zone campane. Ad essere interessate dall’azione delle alghe sono state le componenti di azoto e fosforo presenti nelle acque reflue – cioè le acque di scarico delle attività umane – spesso ricche di sostanze organiche ed inorganiche pericolose per l’ambiente circostante e per la salute di uomini e animali.

Il risultato, presentato dal responsabile del progetto del CRIAcq, Carmela Barone, evidenzia che, grazie alla presenza della coltura, i livelli di questi due elementi fortemente inquinanti sono stati pesantemente abbattuti, dato che le micro-alghe “mangiano” proprio queste sostanze: i dati raccolti ne mostrano circa il 90% in meno.

Ma oltre a questa importante funzione di depurazione, per gli esperti dell’Università napoletana sarebbe anche un’altra l’utilità delle due micro-alghe: potrebbero costituire un’importante fonte per la produzione di biodiesel, un combustibile ottenuto da fonti rinnovabili, come olii vegetali o grassi animali. Proprio la componente grassa delle due micro-alghe è l’ ingrediente ottimale per questo combustibile, che potrebbe essere utilizzato come sostituto del gasolio nei trasporti, o anche per il riscaldamento domestico, senza dovere, a detta degli esperti, modificare caldaie o altri impianti comunemente utilizzati.

Un percorso ancora lungo da percorrere ma che è sempre più al centro degli interessi di moltissimi studiosi in tutto il mondo per le sue caratteristiche, come la biodegradabilità, l’efficienza e la sicurezza. L’esperimento, che ha evidenziato ancora una volta di più l’importante contributo della ricerca italiana,  ha coinvolto anche scienziati dell’università di Cranfield, nel Regno Un

N.U.M.A.

Fonte: http://www.numa.net/about_numa.html       http://cussler.interfree.it/numa.htm

La National Underwater & Marine Agency (NUMA) è una fondazione 501C3 non-profit, costituita da volontari e dedita alla salvaguardia della nostra [leggi americana, N.d.T.] eredità marittima attraverso la scoperta, lo studio archeologico e la conservazione dei manufatti naufragati”.

Così recita il primo paragrafo della pagina web riguardante la Missione della NUMA, l’agenzia fondata da Clive Cussler più di trent’anni fa, nel 1979. Nonostante la sua connotazione tipicamente americana, sottolineata dall’aggettivo National, la NUMA si è “spinta” anche oltre i confini nazionali, eseguendo numerosi recuperi e approfondite ricerche anche al largo del Sudafrica, dello Jutland, ecc.


“Il nostro scopo è di rinsaldare il pubblico interesse verso il nostro passato, e pure verso il presente e il futuro marinaro, mediante la promozione e il patrocinio di progetti ideati al fine di scoprire ed esplorare relitti storicamente importanti, prima che essi siano perduti per sempre.” La NUMA si è infatti distinta anche per il valore culturale internazionale delle sue iniziative, sempre cariche di storia, che ci insegnano il rispetto verso il passato e ci invitano a fare tesoro dell’esperienza dei nostri avi. A nostro parere la NUMA, fortemente voluta e tuttora amministrata da Clive Cussler, ha svolto un ruolo encomiabile, facendosi portatrice di quei valori che dovrebbero appartenere a tutti noi: la consapevolezza della propria memoria storica, ma anche la tutela dell’ambiente e in particolare dell’ecosistema acquatico, fondamentale per l’equilibrio della Biosfera.Andando alla ricerca di navi scomparse, o magari attraversando a nuoto un relitto, non si può fare a meno di ammirare la bellezza mozzafiato del mondo sottomarino, che da sempre cattura la fantasia dell’uomo e che, oggi come non mai, può essere esplorato e capito.


Tra i principali obiettivi della NUMA sono inclusi:
– la protezione dei siti storici individuati, attraverso campagne d’informazione per il pubblico;
– la concessione e la disponibilità di resoconti e dati archeologici basati su perizie tecniche;
e, nello stesso tempo,
– perpetuare i nomi e le leggende degli amanti del mare, uomini e donne, che vennero prima di noi.

La NUMA non cerca attivamente finanziamenti privati. La maggior parte del sostegno economico per i progetti proviene dai diritti d’autore dei libri di Clive Cussler.
Citiamo dalla dedica presente in Cacciatori del Mare (pubblicato in Italia in edizione TEA su licenza della Longanesi & C.) poche righe, che ben sintetizzano il pensiero di Clive Cussler:


«Ora che la via è stata indicata, lasciamo alle generazioni future il compito di recuperare le conoscenze e i manufatti superstiti della nostra eredità marinara.»

Forze speciali USA in Europa pronte per Sigonella

Scritto da: Antonio Mazzeo
Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/

Il Pentagono chiede di trasferire nella base siciliana di Sigonella il Comando per le operazioni speciali USA in Europa (SOCEUR) e alcuni dei suoi reparti d’élite con più di 6.000 uomini ospitati sino ad oggi in Germania e Gran Bretagna.

I punti chiave del piano strategico finalizzato a ridisegnare gli assetti delle forze armate statunitensi nel vecchio continente in vista di una maggiore proiezione in Africa e Medio oriente sono contenuti in uno dei cablogrammi dell’ambasciata USA in Italia appena pubblicati da Wikileaks. Inviato a Washington il 5 gennaio 2005, il cablogramma “top secret” riferisce di un meeting del gruppo di lavoro italo-statunitense per la “revisione della postura globale in tema di difesa”, tenutosi a Roma il 7 dicembre 2004.

A comporre la delegazione USA, i direttori generali del dipartimento di Stato e della difesa, Kara Bue e Barry Pavel, il comandante di SOCEUR Alan Bridges, il rappresentante del Comando delle forze statunitensi in Europa (EUCOM), Brian Bruckbauer, il comandante della stazione aeronavale di Sigonella, Chris Kinsley, e alcuni funzionari dell’ambasciata USA a Roma. La parte italiana è rappresentata invece dall’ambasciatore Claudio Bisogniero, vicedirettore generale per gli Affari politici multilaterali del Ministero degli affari esteri (dal 2007 Segretario generale della Nato a Bruxelles), Giovanni Brauzzi (responsabile dell’ufficio Nato del Mae), Felice Soldano del CESIS e dall’ammiraglio Giovanni Gumiero, futuro comandante della forza marittima “Atalanta” dell’Unione Europea impegnata nelle operazioni anti-pirateria in Corno d’Africa.

“Nel corso dell’incontro si è discusso sui cambiamenti della visione strategica globale USA e più dettagliatamente sul lavoro per rivedere la nostra presenza militare in Italia”, scrive l’Ambasciata. “I direttori Bue e Pavel, in particolare, hanno fornito ulteriori elementi su quanto è proposto per Sigonella, inclusa l’estensione dei livelli delle forze, delle attività di addestramento e della tipologia delle missioni. Attualmente le unità che compongono le forze speciali USA in Europa (SOF) sono dislocate in sette basi: quelle aeree a Mildenhall (Gran Bretagna); le componenti terrestri a Stoccarda (Germania) e due unità SEAL della marina militare in Germania e a Rota (Spagna). Il consolidamento di queste forze in Italia consentirà migliori opportunità di addestramento (comune, bilaterale ed in ambito NATO) e significative riduzione dei costi”.
Centralizzando a Sigonella comandi, uomini e dispositivi d’arma delle forze speciali, il Pentagono punta però innanzitutto al potenziamento delle proprie capacità offensive “post guerra fredda”, per adattarle alle “sicure sfide future nel campo della sicurezza che il governo degli Stati Uniti d’America crede giungeranno dalle frontiere meridionali e del sud-est d’Europa”, come spiega il cablogramma.
“Ciò consentirà inoltre di supportare le attività d’addestramento in altre regioni vicine, particolarmente in Africa” e a sviluppare “una serie di punti d’accesso nelle regioni sub-sahariane per rispondere alle crisi umanitarie e ad altre contingenze”. Due le fasi proposte dai militari USA per la trasformazione e il potenziamento strategico della base di Sigonella. La prima (in un periodo compreso tra il 2008 e il 2011) per procedere al trasferimento in Sicilia del quartier generale di SOCEUR (il comando che pianifica e coordina le operazioni speciali interforze in Europa, principalmente nell’ambiguo e contraddittorio campo dell’“anti-terrorismo”) e dei reparti SOF di US Army ospitati in Germania; al “ridislocamento degli elicotteri dei reparti speciali, alternandoli possibilmente con i velivoli ad ala fissa Lockeed MC-130 e con i turboelica a cannoniera AC-130”; allo spostamento degli assetti marittimi “potenziando le infrastrutture navali ospitate nella baia di Augusta”.
Nella seconda fase (tra il 2012 e il 2015), è invece previsto il trasferimento a Sigonella del 352nd Special Operations Group dell’US Air Force, la componente aerea di SOCEUR composta da tre squadroni di volo, uno squadrone per la manutenzione dei velivoli e uno per le comunicazioni tattiche, oggi ospitata a Mildenhall; lo “stazionamento permanente degli aerei SOF ad ala fissa MC-130 e i multimissione CV-22 Osprey”; il “dislocamento delle unità navali ad alta velocità SOF che si stanno testando attualmente nel Pacifico”.
A conclusione del programma, le forze speciali USA disporrebbero di una facility per le operazioni marittime congiunte nella baia di Augusta Bay e di una infrastruttura a Sigonella con tanto di comando per le operazioni aeree, terrestri e navali delle unità SOF. In questo modo, secondo le stime del Pentagono, il personale militare USA in Sicilia aumenterebbe di 1.000-1.300 unità entro il 2011 (più 700-1.400 dipendenti civili), a cui si aggiungerebbero nel periodo compreso tra il 2012 e il 2015 i 1.100 militari e i 2.100 civili del 352° Gruppo di US Air Force provenienti dalla Gran Bretagna. Complessivamente il personale USA ospitato nell’isola raddoppierebbe in meno di quattro anni, passando da 5.500 a 11.500 unità.
Secondo i diplomatici USA, la “nuova visione strategica di Sigonella” sarebbe stata accolta con disponibilità dai componenti della delegazione italiana presenti al meeting del dicembre 2004, anche se “la lista dei desideri potrebbe non essere accolta interamente dal governo di Roma”. “L’ambasciatore Bisogniero – si legge nel cablogramma – si è detto interessato ai piani USA di riallineamento in Asia sud-occidentale che comporterebbero una crescità delle operazioni anti-terrorismo. Egli ha evidenziato che l’Italia e i suoi partner europei pongono sempre più attenzione alle minacce terroristiche derivanti dalla regione, particolarmente in Malesia ed Indonesia (…) Gli italiani hanno apprezzato i dettagli aggiuntivi relativi a Sigonella, sottolineando però che alcune delle proposte per l’addestramento delle forze speciali in Sicilia potrebbero non essere fattibili. Bisogniero ha enfatizzato la forte alleanza USA-Italia, ma ha ricordato che il collegamento alla NATO delle attività USA a Sigonella resta importante per rispettare la costituzione italiana…”.
Dubbi sarebbero pure stati espressi sui possibili impatti sul territorio e la popolazione da parte delle attività di addestramento delle forze speciali USA in Sicilia. “Il Dipartimento della difesa ha spiegato che i poligoni militari esistenti nell’isola non rispondono pienamente alle richieste SOF e che si dovrebbero modificare pertanto le attuali norme o creare nuove infrastrutture”, scrive l’Ambasciata USA a Roma.
“Brauzzi ha ricordato alla delegazione statunitense che i velivoli militari italiani sono costretti a volare in altitudine per scopi di addestramento e che pertanto sarebbe difficile approvare le nostre richieste per voli addestrativi a bassa quota (50-100 metri). Egli era particolarmente interessato alle nostre proposte di attività di addestramento con sbarchi sulla spiaggia ed esercitazioni a fuoco, e ha suggerito la Sardegna come luogo alternativo per alcune delle attività SOF proposte. Brauzzi ha chiesto se le aree attorno a Sigonella e alla baia di Augusta possono ospitare il personale USA in crescita e ha spiegato che i ministeri degli esteri e della difesa avrebbero la necessità di consultarsi con le autorità locali in merito ad un aumento della presenza USA”.
Ai partner, Giovanni Brauzzi avrebbe pure espresso l’allarme che i piani di potenziamento di Sigonella “potrebbero interferire con il progetto NATO di sviluppo delle piste aeree della base”. “Pavel e Bue si sono impegnati ad evitare ogni conflitto con i programmi della NATO, ma né l’Ambasciata di Roma né le autorità USA presso la NATO possono confermare l’esistenza di un progetto NATO di espansione delle piste a Sigonella”, il secco commento degli estensori del cablogramma.
Per rispondere ai quesiti e ai dubbi della controparte italiana e approfondire le questioni tecniche sul futuro assetto delle forze SOF in Sicilia, il gruppo di lavoro bilaterale decideva di fissare un nuovo meeting a Roma a fine gennaio – primi di febbraio 2005. “Brauzzi ha suggerito che per l’occasione le due delegazioni visitino Sigonella. Secondo il funzionario, il governo italiano ha bisogno che vengano prese in considerazione pienamente le importanti dimensioni locali e che le proposte USA ricevano il forte sostegno bipartisan in Italia, dato l’alto turnover che caratterizza i governi nazionali”.
Dell’esito di questo secondo appuntamento non c’è traccia nei cablogrammi inviati nel corso del 2005 dall’Ambasciata USA. Un riferimento al “consolidamento” in  Sicilia delle forze speciali USA in Europa compare però nella nota dell’11 maggio 2005, oggetto “Base italiana per i SOF nella stampa italiana”, in cui si riporta il disappunto del governo Berlusconi per le rivelazioni del quotidiano delle forze armate USA Stars and Stripes su un possibile utilizzo SOF di Sigonella o, in alternativa, della base navale di Rota.
“La questione è stata affrontata ufficialmente l’ultima volta a dicembre nel meeting di un gruppo di lavoro italo-statunitense e a gennaio quando un responsabile di SOCEUR ha consegnato allo staff del ministero della difesa italiano le richieste sull’addestramento SOF (lo staff disse che ci avrebbe risposto entro la fine di febbraio ma sino ad ora non lo ha fatto). Nell’ottobre 2004 il ministro della difesa Martino affermò che il consolidamento di SOF a Sigonella non era insolubile ma c’era la necessità che venisse affrontato con attenzione. Al tempo, Martino sottolineò che l’Italia non voleva che si desse molta visibilità alla questione. C’era la sensazione nel governo italiano che la discussione pubblica del trasferimento di SOF a Sigonella sarebbe stata sfruttata rapidamente dall’opposizione per fini elettorali (…) I nostri contatti italiani sono rimasti sfavorevolmente sorpresi del fatto che noi abbiamo reso pubblica la candidatura di Sigonella senza averli prima consultati. Fortunatamente la stampa italiana non ha raccolto la notizia pubblicata da Stars and Stripes sino alla prima settimana di maggio”. A turbare il governo, secondo i diplomatici USA, il fatto che le rivelazioni fossero giunte alla vigilia della campagna per il rinnovo delle Camere e dopo l’esito negativo per la coalizione di Berlusconi alle elezioni regionali dell’aprile 2005.
“L’opposizione tenterà di utilizzare ogni visibile nuova cooperazione con i militari USA come strumento elettorale per dimostrare che Berlusconi consente agli Stati Uniti di dare ordini all’Italia e fare ciò che vogliono qui e altrove”, conclude il cablogramma. Un’ingiusta accusa di “antiamericanismo” quella dell’Ambasciata USA per l’opposizione di centrosinistra che nella primavera del 2006 avrebbe conquistato la maggioranza alle Camere.
Prodi e compagni, infatti, non mancheranno di sottoscrivere con Washington gli accordi per raddoppiare la presenza militare USA a Vicenza, potenziare gli apparati e i dispositivi di guerra statunitensi e NATO a Sigonella, consentire la realizzazione nella base siciliana del centro operativo dei famigerati aerei senza pilota “Global Hawk”, insediare a Niscemi (Caltanissetta) la stazione terrestre del nuovo sistema di telecomunicazione militare-satellitare MUOS.
Il programma per raddoppiare il personale degli Stati Uniti in Sicilia verrà mantenuto top secret in Parlamento e nel paese. Solo il potente imprenditore-editore isolano, Mario Ciancio Sanfilippo, azionista dell’Agenzia Ansa, brucerà tutti sul tempo ottenendo l’approvazione di una provvidenziale variante del piano regolatore generale di Lentini (Siracusa) che consente l’insediamento di un mega-residence per i militari USA di 91 ettari d’estensione e 670.000 metri cubi di costruzioni. Un progetto rimasto nel cassetto ma che tornerà utile quando Washington rispolvererà il piano per dislocare in Sicilia le sue forze speciali di terra, del mare e dell’aria.

BAMBINI SCOMPARSI

Fonte: http://www.associazioneprometeo.org/
Intervista con Rita Pedditzi di “Massimiliano Frassi” per Associazione Prometeo – 2006 –

Forse è un dramma superiore addirittura al lutto.
Perché se nel caso della morte di un figlio in qualche modo si faranno, prima o poi, i conti con la dura realtà, quando capita ciò che sto per raccontare il rischio credo sia quello di impazzire. Dato che una risposta qui non c’è.
E’ il silenzio a dominare, a tessere le trame di una vita interrotta e mai più attivata.
Parlo del dramma dei bambini scomparsi. Figli divenuti tutto ad un tratto invisibili.
Solo nel nostro paese sono migliaia ogni anno, sottratti spesso con la forza, il 20% dei quali non verrà mai più ritrovato.
Dove finiscono? Perché non se ne parla?
Spunto del nostro reportage esclusivo è l’uscita di un libro, il primo del suo genere in Italia, intitolato appunto “Bambini Scomparsi” (edizioni Aliberti) e presentato in anteprima al convengo promosso dallaPrometeo., “Pedofilia, quando il dolore ha gli occhi di un bambino”.
L’autrice è una nota giornalista, Rita Pedditizi, già redattrice del programma Chi l’ha Visto.

“Il tuo libro si apre con dei dati. Shockanti. A fronte dei quali, però, a mio avviso non c’è ancora oggi una adeguata risposta da parte delle istituzioni. Tu stessa scrivi che se gli inquirenti avessero avuto più risorse forse molti casi si sarebbero potuti risolvere positivamente……”
“In questi anni ho avuto molti contatti con le forze dell’ordine e con i magistrati ed ho trovato tanta gente splendida che lavora per quattro soldi senza guardare all’orario, al giorno di festa e, tante volte, al proprio stato di salute. Sono entrata in uffici di Comandi Carabinieri od in Questure dove, su sedie sbilenche, sono stata accolta da marescialli, ispettori, ufficiali e funzionari che, con grande disponibilità, mi hanno dato una mano per capire retroscena di storie complicate. A fronte di un’etica che non permette loro di criticare l’istituzione di appartenenza o lo Stato in generale, ho capito la loro rabbia per non aver potuto dedicare più tempo ad un’indagine delicata ed appassionante per correre dietro all’evolversi di diverse situazioni magari meno poliziesche ma ugualmente doverose. Vedi, nei film americani noi vediamo l’investigatore che arriva in ufficio, appende la giacca, si aggiusta le bretelle e, dopo aver acceso un bel sigaro, alza il telefono e dispone. Da noi è il contrario: il nostro investigatore arriva in ufficio e non si è ancora tolto la giacca che suona il telefono e viene disposto di lui. In Italia abbiamo decine di migliaia di uomini impiegati nell’ordine pubblico, per evitare che quattro imbecilli si menino perchè  la loro squadra ha perso o ha vinto, abbiamo migliaia di uomini impegnati in scorte di sicurezza ad onorevoli e similari che non servono assolutamente a proteggere ma solo a dare un giusto rilievo alla personalità che esce dai palazzi del potere. Vieni a Roma e vedrai, all’ora di pranzo ed all’ora di cena quante sirene si sentono nell’aria, impegnate a scortare la solita macchina blu con i vetri oscurati dove siede il  “personaggio” Non è sterile critica alle Istituzioni ma al modo bizantino che alcuni appartenenti di esse hanno nell’esternare il potere. Lo stesso Presidente della Repubblica ha ammesso che avere quasi 300 (!) corazzieri alle proprie dipendenze è decisamente eccessivo, tenuto conto del fatto che, ogni volta che si sposta, la sua tutela viene fatta anche, e soprattutto, dalle forze di polizia del luogo ove si reca. T’immagini un pool di 300 persone organizzato nella repressione del fenomeno del rapimento di bambini? I risultati non potrebbero mancare. Sei mai entrato nell’ufficio di un magistrato? Vedi una scrivania enorme, carica di falconi contenenti centinaia di pratiche ed un computer acceso, il tutto contornato da codici penali, di procedura penale ed altri. Sul muro, molte volte vedi disegni di bambini che dedicano alla mamma, il feroce P.M. , i primi abbozzi di arte. Se vai oltre con lo sguardo vedrai un volto pallido, tirato, spesso dietro a quelle lenti che fanno gli occhi piccoli piccoli che ti abbozza un sorriso timoroso. Questo è il magistrato tipo, un grande studioso che lotta contro torme di avvocati sfruttando le 25 ore della sua giornata, e poco conta che siano 24, cercando di non perdere mai  l’amore per la Giustizia che lo anima. Parli con lui, o lei, ed il telefono squilla, perché il magistrato è di turno e deve risolvere, dal tavolino, quanto succede fuori, dando conforto ed aiuto a chi opera sulla strada “ Sì, maresciallo, lo arresti e mi mandi gli atti prima che può, perché tra due ore sono in udienza, oggi pomeriggio un interrogatorio in carcere e stasera un incidente probatorio . Anzi faccia una cosa, venga lei a portare gli atti qui che ho delegarle un’indagine urgente, sa, siamo quasi ai limiti. Va bene? La aspetto, stia bene!” Poi è evidente che ci sono, nel nostro paese, situazioni di prima linea, di seconda linea e le retrovie. E’chiaro che il commissariato di Palermo ha più da fare rispetto a quello di Trento, il che non è una valore di merito ma solo un dato statistico. Ed un omicidio a Palermo entra, velocemente nella statistica, mentre a Trento tiene la prima pagina dei quotidiani  locali per settimane. E chiaro che sono entrambi seri e preparati ma hanno tempi diversi e maggior possibilità di applicazione . “
E’ un fiume in piena Rita, travolgente e coinvolgente, come le storie che emergono dal suo libro E così sfilano davanti a noi nomi noti o dimenticati, bimbi la cui immagine riconosceremmo tra cent’anni ed altri la cui immagine, forse, non abbiamo mai visto. La domanda che le porgo è la più scontata, ma anche quella che ognuno di noi si fa:“come è possibile che un bimbo sparisca senza lasciare traccia?


Nelle storie che racconti la mancanza di prove, di indizi certi è un doloroso e costante leit-motiv”.
“Hai mai fatto un incidente con la macchina?” risponde pronta Rita, “sai benissimo che devi compilare due o tre moduli e scambiare i dati con l’altra parte ma in realtà scendi dal veicolo ed hai voglia di piangere, trovi il modulo ma non la penna o viceversa, poi si ferma qualcuno che ti vorrebbe aiutare e ti confonde ancora di più, tu sposti la macchina per non intralciare il traffico e, magari, passi dalla parte della ragione a quella del torto, poi arrivano i vigili e ti fanno domande mentre tu pensi “ Ma perchè proprio a me?” Quando succede un delitto, la scena criminis andrebbe , come dicono i tecnici, congelata, ma così non è, si toccano cose, le si spostano e poi si ha paura a dire quelli che sono i propri dubbi ed i propri sospetti perché una papà ed una mamma che hanno perso un figlio sanno solo accusarsi tra di loro. Tutto questo l’orco lo sa e guadagna vantaggio, tanto vantaggio…”.
Ho posto la stessa domanda a Ray Wyre, criminologo inglese tra i massimi esperti al mondo di serial-killer pedofili. Mi ricorda il caso di Robert Black, pedofilo reo di aver rapito ed ucciso circa 400 bambini. Da lui incontrato in carcere alla domanda “come facevi a sottrarre un bambino” Black rispose che “gli bastavano 30 secondi, solamente 30 secondi di disattenzione da parte degli adulti per rapire un piccolo”.

Torno all’inchiesta di Rita e le chiedo, soffermandomi sulla mancanza di indizi come mai, certi casi, e mi riferisco a quelli più “noti” di Denise Pipitone o della Celentano, lasciano aperti numerosi interrogativi.
“Innanzitutto va detto che  i tempi investigativi e processuali sono quelli che sono e poi, se vogliamo dirlo, esistono sequestri di serie A, di serie B e …fuori campionato. Mi ricollego alla domanda che mi hai fatto prima e ti dico che la colpa non è del capitano o dell’ispettore ma di tutto uno Stato che mette al primo piano le piume del pavone. Ti immagini se l’ipotetico pool di 300 uomini si fosse dedicato  Denise o ad altri piccolini? Credi che avremmo ancora tanti dubbi?”.

Un altro dramma che appare in quasi tutte le storie di bimbi scomparsi è la pedofilia. Che aggiunge orrore all’orrore.

Ed è incredibile leggere come, ogni qual volta un bimbo sparisca, le forze dell’ordine contattino in ogni realtà centinaia di pedofili accertati ed in libera uscita. Bombe innescate senza alcun controllo. Dal caso del piccolo Silvestro Delle Cave, abusato per mesi e poi ucciso brutalmente dai suoi carnefici, in poi la pedofilia appare come protagonista o come comparsa dietro ad ogni caso. Chiedo: “E’ plausibile pensare ad una rete di pedofili che anche nel nostro paese rapisce i bimbi per i propri turpi scopi?”.
“Ecco una domanda a cui non si può rispondere con un sì o con un no, anche se la pedopornografia dilagante ed i viaggi in Thailandia da parte di nostri connazionali sono testimoni di questa aberrazione nauseante. Ma non voglio eludere la risposta ed allora ti dico che secondo me esistono anche nel nostro paese organizzazioni che, magari sfruttando la povertà ed il riserbo dei genitori delle  piccole vittime, giocano con i corpicini di queste creature per appagare gli istinti più contro natura e poi gettare il giocattolo.”

A tutto lo scorso mese di dicembre 2006 erano ancora 1.687 i minori “ufficialmente scomparsi”. Purtroppo molti di questi probabilmente finiscono nelle reti di pedofili che li usano ed abusano per produrre materiale pedopornografico. Oggi in Italia un sito internet di “buona qualità” produce un introito giornaliero di almeno 90mila euro. Necessario quindi trovare ogni giorno “merce nuova” per assecondare le migliaia di richieste, da parte di un mercato che pare non avere un freno.

Spesso la pedofilia, insieme allo sfruttamento dei minori, viene associata ad un nuovo capitolo di questo viaggio nell’orrore dell’infanzia violata italiana, altra costante che ricorre peraltro in tantissime storie raccontate da Rita: gli zingari.

“E’ questo un ennesimo tasto dolente: senza cadere in pericolose generalizzazioni, ti chiedo quanto l’immagine classica del nomade ladro di bambini corrisponde oggi alla realtà, dato che in molte delle storie trattate appaiono come tragici sospettati.”. “Eccoci alla domanda che speravo non mi facessi, ma queste sono le regole del gioco ed io sto al gioco. Allora, in Sicilia c’è la Mafia, quindi tutti i siciliani sono mafiosi? In Campania c’è la Camorra, allora tutti campani sono camorristi? In Sardegna c’è l’anonima sequestri ed allora…io sono sarda figlia di sardi e so che non tutti i sardi sono sequestratori o padre padrone. E quindi cosa devo dire degli zingari? Prima di tutto che non so come facciano a sopravvivere perché non ho mai visto zingari in fabbrica o al mercato a vendere prodotti; so che quando in un paese arriva un accampamento di zingari molte case vengono ripulite; so che quei segni sui citofoni che indicano presenza di cane in casa, uomo armato, antifurto sonoro non li mette la fatina del dentino e so anche che se arrivando a casa vedo due zingarelli uscire dall’androne  forse il mio non sarà un piacevole rientro. So anche che questi ragazzini non finiranno mai in prigione perché sono privi di documenti e si dichiarano infraquattordicenni o, almeno minorenni e che, se saranno accompagnati in un centro di accoglienza fuggiranno dopo poche ore. Ogni zingaro ha decine di alias e infiniti domicili in quei campi nomadi stanziali dove li trovi solo quando non hanno commesso niente. Se no se vai a chiedere di uno che è sospettato o, addirittura ricercato, ti viene incontro il loro capo e ti dice, sorridendo, che stai perdendo tempo perché lì non troverai niente e nessuno di tuo interesse. E non lo dice solo a me o a te che non siamo titolati a sapere, ma lo dice anche a gente in divisa che butterebbe volentieri tutto all’aria. Ma ancora non ti ho risposto perché non voglio generare una caccia alle streghe in cui io per prima non crederei ma ti posso dire che dalla sparizione di Denise ad ora vi sono stati circa una decina di tentati rapimenti di bimbi da parte degli zingari.”

 

Il nostro incontro sta per terminare. E vorrei si chiudesse con la riflessione con cui ho aperto, ovvero l’immane dolore che si prova davanti alla scomparsa di un proprio figlio. Incontro Paola e Paolo Onofri, genitori del piccolo Tommaso rapito ed ucciso un anno fa alle porte di Parma. Davanti a noi il grande masso con la foto di Tommy e decine di peluche che colorano il posto dove il suo corpicino senza vita, fu lasciato, sotto una coltre di melma e foglie secche. “Nella disgrazia” mi dice Paola “siamo stati fortunati. Perché noi l’abbiamo trovato. Morto, ma l’abbiamo trovato”.

Riporto le stesse osservazioni a Rita, per la quale non è certo stato facile scrivere un libro così:

“in effetti è una sorta di sofferenza fisica, oltre che spirituale, parlare di bimbi scomparsi. Non c’è una scala di valori nel dolore, la tragedia è tale sia che si tratti di una persona anziana che di un ragazzino. Ma nel secondo caso c’è, credo in tutti noi, una sorta di non accettazione, di ribellione, di rabbia, viene voglia di urlare al cielo ed agli uomini che non è giusto e che non doveva succedere.  Forse è una sorta di immedesimazione, perché tutti siamo stati bambini e riviviamo le paure della nostra infanzia, quando percepivamo che intorno a noi c’era cattiveria, malvagità, che le parole belle che ci venivano insegnate a scuola, in famiglia, in chiesa, non corrispondevano alla società dove muovevamo i primi passi. Le stesse favole ci portavano angoscia, paura, sudori freddi ed a poco valeva che alla fine finissero bene, in noi rimaneva l’immagine dell’orco che poteva, all’improvviso manifestarsi davanti a te. Scoprire che tanti, troppi piccoli sono entrati e non sono mai usciti da queste favole è qualcosa che ti toglie quella sicurezza che hai cercato di raggiungere diventando adulto . Ed allora cerchi di aggirare la tua impotenza e scrivi quello che sai, cerchi di richiamare l’attenzione su chi è stato dimenticato, nella speranza, per quanto flebile, di ritrovare chi è sparito. Forse, per dirla tutta, è uno sfogo, una sorta di placebo per le ferite della propria anima per impedire che i volti di quei bimbi ti seguano nei sogni perché se una società sbaglia, la colpa è del disinteresse di tutti per ciò che accade fuori dalle mura della propria casa. “

Il libro si conclude con una lettera della mamma di Denise Pipitone a Beppe Grillo. Non entro in merito a questa storia, ancora da scrivere, dato che la lettura del capitolo apre più di un interrogativo. Mi fermo alla lettera ed alla proposta di legge che da lì scaturisce, dato che pare che nel nostro paese ci sia ancora un vuoto legislativo e che la sparizione di un minore sia equiparata ancora oggi, grazie ad una legge obsoleta, alle fuitine.

“Vedi il problema è precedente al momento del giudizio in tribunale, dove, bene o male, la storia si è conclusa. Il primo ostacolo lo incontri quando ti viene detto che devono passare, in mancanza di elementi probanti un sequestro, almeno un paio di giorni, che forse il bimbo è da amici o da parenti anche se il tuo cervello ed il tuo cuore ti dicono che se non viene cercato subito non lo vedrai mai più. Secondo me si dovrebbe attuare un protocollo investigativo che preveda una rapida serie di attività da parte delle forze di polizia, allo scopo di congelare l’ipotetica scena criminis, senza mezzi termini, il che vuol dire che se tu vai dai carabinieri a denunciare la scomparsa di tuo figlio devi immaginare che entro pochi minuti la tua casa verrà messa sotto sopra e che tu verrai interrogato senza tanta delicatezza perché anche tu sei un potenziale orco. Il che non vuol dire che ce l’hanno con te ma che i primi li devi sgombrare tu e la tua famiglia, senza remore o vergogne, ne va della salvezza del tuo caro.”
Pensi di continuare, chiedo in conclusione, ad occuparti di questo argomento:
“Questa volta la risposta è facile: sì, sto raccogliendo altro materiale e vorrei incapsulare questo mio approfondendo il problema a livello mondiale.
I primi dati che ho sono allucinanti e credo sia doveroso per me comunicarli a tutti, creare collegamenti, risvegliare interessi, se no l’Orco vincerà…”.

IL LIBRO NERO DELLA PEDOFILIA

Fonte: http://www.associazioneprometeo.org/

ed. La Zisa,  € 12,00

Trattasi di una nuova versione aggiornata di “I predatori di bambini” con capitoli inediti, nuovi dati e nuove testimonianze.

Forse il libro più duro ma anche più reale sul dramma della pedofilia nel nsotro paese.

“…ecco il libro che tutti dovrebbero leggere e che ha reso Frassi il Saviano della lotta alla pedofilia, prima ancora che l’Italia scorpisse chi è Saviano…”

La guerra segreta dell’Inghilterra all’Italia- Giovanni Fasanella

Fonte: http://www.beppegrillo.it/2011/09/golpe_inglese_1/index.html

 

 

Questo libro si basa quasi interamente su documenti consultati negli archivi di Stato britannici di Kew Gardens, nei pressi di Londra, nel corso di ricerche durate anni. Centinaia di lettere, cablogrammi, informative e analisi dell’intelligence, della diplomazia, dei ministeri e dell’ufficio del premier. Rapporti classificati confidential, secret, top secret. Sono lì, a disposizione degli studiosi. Ma nessuno si era mai preso la briga di cercarli e di esaminarli nella loro totalità, con metodo. Eppure, è un materiale enorme, ricchissimo. Per un ricercatore, è una vera e propria miniera d’oro che consente di ricostruire, per la prima volta in questo libro, quello che si potrebbe definire il colpo di stato più lungo della storia, perché durato oltre mezzo secolo.

Intervista a Giovanni Fasanella, giornalista e co-autore assieme a Mario J. Cereghino de “Il golpe inglese

150 anni di Unità condizionata (espandi | comprimi)
La Gran Bretagna ha avuto un’influenza enorme sulla storia italiana, sull’economia del nostro Paese e sulle vicende politiche interne, almeno a partire dal Risorgimento. Si può dire che il rapporto strettissimo e spesso di dipendenza dell’Italia dalla Gran Bretagna sia iniziato con la nascita dello Stato Unitario nel 1861, e con l’Impresa dei Mille naturalmente è iniziato un anno prima. L’idea di uno Stato Unitario aveva radici interne, ma il progetto subì un’accelerazione quando gli inglesi capirono che attraverso l’apertura del Canale di Suez, progettata dai francesi, l’Italia sarebbe diventata una postazione strategicamente importantissima e quindi mettere le mani sul nostro paese, controllarlo politicamente, e spesso anche militarmente, avrebbe garantito agli inglesi il controllo anche delle rotte commerciali dal Mediterraneo all’estremo Oriente. E quindi la Gran Bretagna diede un colpo di acceleratore al progetto di unità nazionale dell’Italia, finanziando e sostenendo in tutti i modi l’impresa Garibaldina. Dalla nascita dello Stato Unitario in poi l’Inghilterra ha sempre avuto un ruolo fondamentale nelle nostre vicende politiche interne e in tutti i passaggi cruciali della storia italiana. L’ha avuto quando Mussolini e il Fascismo presero il potere, grazie anche all’appoggio dei conservatori inglesi; lo ha avuto anche durante il ventennio fascista controllando e condizionando le scelte di una parte, quella più anglofila del regime; l’ha avuto nella caduta poi di Mussolini,organizzando il colpo di stato del 25 luglio; l’ha avuto durante la guerra, nella lotta contro i nazisti e la Repubblica sociale durante l’ intero arco della Guerra Fredda e lo ha avuto anche dopo, perché c’è lo zampino inglese anche in molte delle vicende che hanno segnato la storia italiana dell’ ultimo ventennio.
Gli inglesi hanno, nel corso dei 150 anni di storia unitaria, costruito delle loro quinte colonne interne attraverso le quali hanno condizionato il corso della politica italiana; avevano un’ influenza enorme nel mondo dell’informazione, nel mondo della cultura e dell’industria editoriale, della diplomazia, degli apparati, quindi dentro le nostre Forze Armate e gli stessi Servizi Segreti Italiani, nelle organizzazioni sindacali, nella politica italiana. In tutti questi ambienti gli inglesi avevano costruito una sorta di loro partito che in qualche modo ubbidiva agli ordini di Londra o comunque era particolarmente sensibile agli input che partivano dalla Gran Bretagna.
Ci sono state anche delle fasi caratterizzate da aspri conflitti tra Italia e Gran Bretagna. Questo è successo tutte le volte che l’Italia ha tentato di emanciparsi dai vincoli che derivavano dall’esito della Seconda Guerra Mondiale, perché per i britannici, a differenza degli americani, l’Italia non era un paese che si era liberato dal nazi-fascismo combattendo al fianco degli eserciti alleati, ma era un paese sconfitto in guerra e quindi soggetto alle leggi dei paesi vincitori.

Enrico Mattei e Aldo Moro (espandi | comprimi)
Secondo la dottrina britannica, elaborata da Churchill già nella fase finale della Seconda Guerra Mondiale e formalizzata subito dopo, c’erano tre cose che l’Italia non poteva assolutamente fare. La prima: avere, costruire un sistema politico compiutamente democratico, cioè con l’alternarsi al governo di maggioranza e opposizione, per la presenza di un partito comunista, che era il più forte del mondo occidentale; la seconda era pensare autonomamente a una politica della sicurezza; e la terza cosa, la più importante che l’Italia non poteva fare, secondo la dottrina di Churchill, era avere una politica estera autonoma basata su un proprio interesse nazionale. Ogni mossa di politica estera del nostro governo doveva essere concordata con gli inglesi e avere il visto britannico.
Quando l’Italia, nel tentativo di emanciparsi da questa condizione di dipendenza, ha tentato di bypassare quelle regole, sono nati i conflitti più duri con gli inglesi. Fra i tanti personaggi della politica italiana del Secondo Dopoguerra che hanno incarnato un’idea nazionale dell’Italia, cioè di un paese che pur appartenendo ad un sistema di alleanze politico-militare internazionale, qual era l’Alleanza Atlantica alla Nato, non rinunciava ad una propria linea di politica estera autonoma nell’ambito più naturale, che era quello del Mediterraneo.
Tra questi personaggi io vorrei ricordarne due, in particolare Enrico Mattei, che attraverso la sua politica energetica contribuì a fare dell’Italia una delle potenze economiche mondiali, e il suo successore Aldo Moro. Entrambi erano considerati dai britannici dei nemici mortali, dei nemici degli interessi inglesi da eliminare con ogni mezzo.
Enrico Mattei morì in un incidente aereo provocato da un sabotaggio e qualche decennio dopo Aldo Moro morì assassinato dalle Brigate Rosse.
America e Inghilterra non avevano la stessa visione del problema italiano, per gli americani eravamo il paese in cui sviluppare il sistema democratico, per gli inglesi invece il sistema democratico doveva rimanere un sistema sostanzialmente chiuso.
In passaggi delicati della nostra storia, in passaggi anche drammatici, come a cavallo tra il ’69 e il 1970, quando Junio Valerio Borghese progettava con l’aiuto inglese un colpo di stato in Italia, gli americani si opposero. E la stessa cosa gli americani fecero quando nella seconda metà degli anni 70, si pose il problema dell’ingresso del partito comunista nel governo italiano. Per gli americani il problema poteva essere superato limitando all’Italia la possibilità di accesso ai segreti Nato più sensibili, per l’Inghilterra invece il problema doveva essere risolto in modo più radicale, addirittura attraverso un golpe che avevano progettato e organizzato nei minimi particolari per un anno intero e che poi lasciarono cadere perché, come dicono gli stessi documenti desecretati della diplomazia britannica, il governo inglese optò per, parole testuali, l’appoggio a una diversa azione eversiva.

Tumori: un virus giustiziere potrà combatterli

Scritto da: Enrico Ferdinandi 
Fonte: http://2duerighe.com/attualita/1552-tumori-un-virus-giustiziere-potr%C3%A0-combatterli.html

Con l’evolversi delle scoperte mediche spesso ciò che era creduto come un dogma o una certezza incrollabile può facilmente esser sovvertita.  Ad esempio fino ad oggi abbiamo accostato alla parola virus, un qualcosa di negativo, così tanto da riprodurre il suo utilizzo anche in altri ambiti come quello tecnologico ad esempio, ma da una ricerca di un gruppo di ricercatori canadesi pubblicata su Nature emerge che in un futuro non troppo lontano i virus potranno esser usati per curare i tumori. Come?

 

La ricerca ha dimostrato che in alcuni virus vi sono delle proprietà in grado di uccidere i tumori, si tratta di virus “oncolitici” (varianti attenuate, modificate del virus di origine ma ancora capaci di moltiplicarsi ed attaccare le cellule) che in questo caso sarebbero in grado di attaccare solo le cellule malate lasciando intatte quelle sane.

I ricercatori dell’Università di Ottawa hanno scelto di praticare questa terapia per endovena così da poter raggiungere meglio i diversi organi che possono esser colpiti da un tumore. Inoltre i virus somministrati per endovena, si replicano in maniera migliore nei tessuti neoplastici. A contatto con il tumore il virus ha la naturale capacità di replicarsi e di creare anche geni estranei, utili per lo studio di nuove terapie. La ricerca guidata dal Dott. John Bell è naturalmente ancora in fase di studio ed il virus antitumorale creato dai ricercatori che prende il nome di JX-594 (un derivato del vaccino contro il vaiolo) dovrà ancora a lungo esser studiato per far si che il suo utilizzo sia accessibile e sicuro per tutti. Per il momento è stato condotto un test su 23 pazienti affetti da cancro in fase avanzato, che dopo aver provato già le tradizionali terapie hanno accettato di sottoporsi alla sperimentazione. Ogni paziente ha ricevuto 5 dosi diverse del virus JX-594 il risultato ha visto nell’87% dei pazienti che hanno ricevuto le dosi più alte la moltiplicazione del virus nel tumore, inoltre il 75% dei pazienti ha avuto una riduzione ed in alcuni casi stabilizzazione della crescita del tumore. Gli effetti collaterali sono stati di lieve entità, pari a quelli di una comune influenza stagionale.

 

Nuovo reagente rende trasparenti tessuti organici

Fonte: http://www.riken.jp/engn/r-world/info/release/press/2011/110830_3/index.html
Traduzione: http://www.ditadifulmine.com/

Con tutti gli sforzi che si stanno facendo per osservare l’infinitamente piccolo, c’è ancora un ostacolo da superare: come osservare, in tempo reale, il funzionamento di un organismo senza necessariamente dissezionarlo o inserire sonde nel suo corpo?

Un gruppo di scienziati giapponesi ha deciso di adottare un approccio del tutto nuovo alla questione sviluppando un reagente liquido in grado di rendere i tessuti organici trasparenti. Il reagente è economico da produrre, e potrà consentire di creare mappature tridimensionali del corpo di un essere vivente con livelli di dettaglio mai visti prima.

Oggi, per osservare il cervello di un ratto dobbiamo necessariamente sezionarlo, o per lo meno aprire la scatola cranica dell’animale per accedere al suo contenuto. Una volta fatto questo, se anche volessimo osservare con un microscopio ottico la struttura del cervello, dovremmo creare sezioni molto sottili che altro non sono che frammenti di un puzzle che meriterebbe di essere osservato per intero.

Il nuovo reagente, chiamato Scale e sviluppato da Atsushi Miyawaki del RIKEN Brain Science Institute giapponese, risolve questi problemi agendo sia sulla trasparenza dei tessuti (senza alterarne la forma o le proporzioni), sia sull’intensità dei segnali emessi da particolari proteine utilizzate per marcare specifici tipi di cellule.

Come è possibile vedere dalla foto sopra, l’embrione trattato con Scale (a destra) mostra una trasparenza che ha quasi del fantascientifico. Tramite un microscopio ottico o elettronico, i ricercatori sono stati in grado di penetrare all’interno del tessuto cerebrale di oltre 4 millimetri, creando immagini e modelli tridimensionali del tutto innovativi.

Questo reagente promette una vera e propria rivoluzione nell’osservazione ottica di tessuti viventi. Immaginate di poter inserire dei marcatori all’interno di un cervello di ratto, e di poter ricostruirne la struttura senza dover dissezionarlo; è proprio questo che Miyawaki ha fatto, dimostrando come sia possibile osservare la corteccia cerebrale, l’ippocampo e la fitta rete di vasi sanguigni che alimentano il cervello con un livello di dettaglio mai ottenuto in precedenza.

“I nostri esperimenti si concentrano sul cervello di ratto, ma le applicazioni non sono limitate ai topi, e nemmeno al cervello” spiega Miyawaki. “Crediamo sia possibile usare Scale su altri organi come cuore, muscoli e reni, e su tessuti provenienti da primati e biopsie umane”.

Attualmente Scale non funziona su tessuti viventi, ma Miyawaki sta lavorando su un altro reagente meno potente, ma che consentirebbe di osservare materia organica viva. “Stiamo attualmente investigando un altro candidato meno potente che potrebbe consentirci di studiare allo stesso modo anche tessuti viventi, a livelli più bassi di trasparenza. Questo aprirebbe il campo ad esperimenti che sono stati considerati fino ad ora impossibili”.

Giappone, Fukushima: in 6 comuni cesio superiore standard internazionali

Fonte: http://it.peacereporter.net/

Nuove rilevazioni dimostrano che a Fukushima i tassi di radioattività sono superiori a quelli che avevano portato all’evacuazione forzata di Chernobyl nel 1986.

Un rapporto presentato al ministero della Scienza giapponese riporta che il suolo, in 34 punti di sei comuni della prefettura di Fukushima, ha registrato radioattività da cesio 137 superiore agli standard internazionali. I livelli sarebbero superiori a quelli che avevano condotto all’evacuazione forzata dell’area attorno a Chernobyl, dopo l’incidente del 1986.

Il quotidiano Yomiuri Shimbun riferisce che nei sei centri (Okumamachi, Futabamachi, Namiemachi, Tomiokamachi, Iitatemura e Minami-Soma) sono stati rilevati più di 1,48 milioni becquerel per metro quadrato di cesio 137. Sommando il cesio 134 il totale dei due isotopi raggiunge circa 29,46 milioni di becquerel.

Questi dati rafforzano le dichiarazioni di sabato 27 agosto del premier uscente Naoto Kan che, in visita alla prefettura di Fukushima, aveva affermato che “c’è la possibilità che i residenti di alcune aree possano non tornare a casa per molto tempo“. Le rilevazioni hanno confermato la diffusione  verso nordovest delle radiazioni sprigionate dalla centrale di Fukushima, colpita dal sisma e il conseguente tsunami dell’11 marzo scorso.