Oceani di plastica: quando i nostri rifiuti uccidono i capodogli. Ecco cosa fare

Scrotto da: Roberta Ragni
Fonte: http://www.greenme.it/informarsi/ambiente/6901-oceani-di-plastica-capodogli

Il menù tipico degli stupendi cetacei che popolano i nostri oceani si è arricchito di un nuovo componente che, al contrario di piccoli pesci, calamari e plancton, mette gravemente a rischio la loro salute: la plastica, una minaccia sempre più grave per gli ecosistemi marini, che spesso ingeriscono mentre mangiano aspirando l’acqua. Come è successo ai due capodogli trovati sulle spiagge della California nel 2008, uno dei quali aveva 250 chili di plastica nello stomaco. Perché la plastica, che si degrada con estrema lentezza, oltre a intrappolare alcuni animali, i più piccoli, immette agenti inquinanti nella catena alimentare, rilasciando tossine e assorbendo altri agenti chimici che sono presenti nell’oceano. Così uccide anche queste balene: nemmeno loro sono stati in grado di sfuggire al flagello dell’inquinamento della  plastica, che nel Pacifico è diventato un vero flagello che sta avendo forti ripercussioni anche per pesci, tartarughe e uccelli.

Eppure, questi cetacei, identificati come una delle specie più intelligenti del mare, se non del pianeta, possiedono il cervello più grande e più pesante di qualunque animale noto vivente o estinto, con i suoi 7 kg in media nei  maschi adulti. Organizzati in gruppi sociali, comunicano con il sonar e sono in grado persino di identificare gli altri esemplari “per nome”. Sono capaci di immergersi fino a 3 km di profondità e di restare sul fondo dell’oceano fino a 90 minuti, anche se di solito le immersioni si aggirano tipicamente intorno ai 400 m di profondità per  30-45 minuti. Ma il loro problema principale è attualmente la plastica, che li colpisce in due modi: in primo luogo, quando la massa di rifiuti prende spazio nello stomaco dell’animale, ne riduce la capacità di consumare abbastanza nutrienti. Inoltre, le emissioni dei metalli pesanti e altre tossine contenute nel materiale ingerito creano una concentrazione di “veleni” potenzialmente mortali.

Anche per questo, per difendere i capodogli, Rachael Miller, stanca di vedere sempre pieno di rifiuti il mare di Newport, ha pensato bene di inventarsi qualcosa per ripulire l’oceano e ha così dato vita al progetto Rozalia. Obiettivo? Rimuovere ogni singolo rifiuto possibile dal mare attraverso la propria azione diretta e mostrare alla gente l’impatto dei rifiuti marini attraverso un’educazione più consapevole. Per farlo, si avvale dei ROV (Remotely Operated Vehicle), dei piccoli veicoli subacquei teleguidati che riprendono i fondali disseminati di rifiuti per mostrarli poi alle comunità locali e, soprattutto,  ai bambini, sperando che la realtà delle immagini che vedono possa cambiare i comportamenti sbagliati che inquinano mari, fiumi e laghi in tutto il mondo. Ma che raccolgono anche  sacchetti di plastica, bottiglie e lattine, filtri per sigarette, tappi di bottiglia in tutti gli Stati Uniti.

E noi come possiamo contribuire? Cosa possiamo realmente fare?

Eseguire un corretto smaltimento dei rifiuti prodotti, sempre e in ogni situazione, anche in strada, al mare o in vacanza. Molti dei rifiuti presenti in mare vengono proprio dai tombini e dalle fognature delle città.

Limitare il consumo di plastica, prediligendo l’utilizzo di materiali biodegradabili, borse riutilizzabili di stoffa o di carta

Utilizzare sempre gli oggetti riutilizzabili e riciclati, mai gli articoli usa e getta

Se si possiede una barca, scegliere di sostenere porti rispettosi dell’ambiente e segnalare eventuali discariche abusive alle autorità competenti.

Donare parte del proprio tempo alla pulizia di mari e delle spiagge

Sensibilizzare chi ci sta intorno, dagli amici ai parenti ai concittadini, proprio come sta cercando di fare Rachael, condividendo queste informazioni e creando consapevolezza del problema

Ricordare sempre che in gioco c’è la salvaguardia di tutti i mari e degli esseri che li popolano.

Da Ustica a Ramstein: la verità è sempre possibile

Scritto da: G. Sinatti
Fonte: http://www.clarissa.it/ultimora_nuovo_int.php?id=154

Esiste una concreta possibilità di arrivare a stabilire con precisione cosa è avvenuto e perché la sera del 27 giugno 1980 nel cielo di Ustica, quando venne abbattuto il DC-9 Itavia, sigla I-TIGI, causando la morte dei quattro membri dell’equipaggio e dei settantasette passeggeri, fra cui tredici bambini.
Si tratta di un’opportunità da non perdere, fondamentale per comprendere la nostra storia recente.
L’ultima fase di un lunghissimo percorso giudiziario ha visto lo scorso 10 settembre 2011 il Tribunale di Palermo presieduto dal giudice Paola Proto Pisani, condannare, dopo tre anni di dibattimento, i ministeri della Difesa e dei Trasporti al pagamento di oltre 100 milioni di euro in favore di ottanta familiari delle vittime: una sentenza nelle cui motivazioni viene quanto meno messa in rilievo con dovizia di riferimenti documentali l’evidenza dei depistaggi, delle omissioni e delle coperture messi in atto lungo un trentennio di storia italiana da altissime cariche militari e civili, per impedire che venisse alla luce una verità che la ragion di Stato non può evidentemente rendere di pubblico dominio. Contro questa sentenza, infatti, si sono ancora appellati i ministeri condannati e proprio in questi giorni si sta celebrando a Palermo il processo di Appello.
È merito degli avvocati Osnato e Galassi, che tutelano alcuni dei parenti delle vittime, avere portato alla luce nuovi elementi che confermerebbero in particolare lo stretto legame fra l’abbattimento dell’aereo di linea italiano e lo spaventoso incidente verificatosi a Ramstein il 28 agosto del 1988, quando, durante una sua esibizione aerea, alcuni velivoli della PAN (Pattuglia Acrobatica Nazionale) si scontrarono in volo, causando la morte di 3 piloti e di 67 spettatori: due di quei piloti, i tenenti colonnelli Ivo Nutarelli e Mario Naldini, avrebbero dovuto testimoniare pochi giorni dopo sulla ragione per la quale, trovandosi in addestramento sul loro TF-104G la sera dell’abbattimento del DC 9, non lontani dalla rotta percorsa da quel velivolo, avevano lanciato via radio un messaggio di allarme aereo generale.
La rivista Il Sud, nel suo numero appena uscito, pubblica un ampio servizio sulle novità che sarebbero emerse grazie alle investigazioni della difesa:
“Un’inedita fotografia, fornita a Il Sud dall’avvocato Osnato, rivela come l’aereo di Nutarelli abbia il carrello aperto così come il freno aerodinamico anteriore. Possibile che il “solista” abbia capito, a vista, di essere troppo veloce e troppo basso e abbia usato il freno? Ma il carrello aperto pare sia tecnicamente inspiegabile, soprattutto a quella velocità. E poi ci sono alcune testimonianze di un paio di “capivelivolo” che hanno riferito, anni dopo, dell’anomala mancanza nel parcheggio dell’aereo di Nutarelli, riscontrata subito dopo l’incidente, dei voluminosi e pesanti quattro attrezzi d’acciaio che servono a bloccare le taniche di carburante sulle ali, denominati in gergo “riscontri”; il resto del corredo del velivolo era presente”.
Ma non basta. La drammatica caduta del regime libico, avrebbe portato l’estate scorsa alla scoperta di una nutrita serie di documenti dei servizi di sicurezza libici che confermerebbero lo scenario di vera e propria guerra aerea in corso nei nostri cieli il 27 giugno 1980, proprio lo scenario che i vertici della nostra Aeronautica militare, conformandosi ad un indirizzo politico rimasto costante in oltre trent’anni, hanno sempre negato, nonostante la massa di evidenze fattuali emerse nel corso del tempo. Il giornalista Peter Bouckaert, che per conto della Ong Human Rights Watch ha raccolto un’ingente documentazione in Libia, ha infatti dichiarato a settembre all’agenzia Reuters che fra questi documenti sarebbero presenti informazioni importanti per la ricostruzione di quanto avvenuto nella notte dell’abbattimento dell’aereo civile italiano nei cieli di Ustica.
Altre notizie, del resto, nel corso degli ultimi anni, hanno confermato quello scenario bellico, collegato in particolar modo alle aggressive misure adottate dal governo francese nel tentativo di indebolire il regime di Gheddafi, le cui truppe si scontravano con quelle francesi nel Ciad, sul quale la Francia ha sempre esercitato una sorta di protettorato, per l’interesse strategico dipendenti dagli importanti giacimenti di uranio in particolare presenti nella cosiddetta striscia di Aozou. Tensioni gravissime nelle quali è realistico ritenere che gli stessi Stati Uniti ed Israele avessero diretto interesse ad inserirsi, in vista del rovesciamento del regime libico, contro il quale gli Usa sarebbero poi direttamente intervenuti nel 1981 e ancora nel 1986, con intensi bombardamenti aerei su Tripoli e Bengasi.
È evidente che questi conflitti hanno coinvolto l’Italia, condizionandone profondamente non solo la politica estera ma anche quella interna: non c’è più dubbio sul fatto, ad esempio, che nel 1980 l’Italia abbia fornito un supporto informativo al dittatore libico, consentendogli di salvarsi la vita, giacché pare che la notte dell’abbattimento del DC-9, proprio un velivolo con il presidente libico a bordo costituisse l’obiettivo dell’azione militare diretta di velivoli occidentali, con molte probabilità di nazionalità francese. Un attacco che avrebbe forse causato anche l’abbattimento di un Mig-23 libico ritrovato, in circostanze quanto meno misteriose, sulla Sila il 18 luglio successivo. La sentenza dello scorso settembre, a pag. 52, non lascia adito a dubbi:
“Tutti gli elementi considerati consentono di ritenere provato – secondo gli standards di certezza propri del giudizio civile – che l’incidente occorso al DC-9 si sia verificato a causa dell’operazione di intercettamento realizzato da parte di due caccia, che nella parte finale della rotta del DC-9 viaggiano parallelamente ad esso, di un velivolo militare precedentemente nascostosi nella scia del DC-9 al fine di non essere rilevato dai radar, quale diretta conseguenza dell’esplosione di un missile lanciato dagli aerei inseguitori contro l’aereo nascosto oppure di una quasi collisione verificatasi tra l’aereo nascosto ed il DC-9”.
Nel corso di quell’anno, si registrano altre azioni che, secondo il giornalista francese Henri Weill, lo SDECE francese avrebbe organizzato come ritorsione contro i libici: pochi giorni dopo, infatti, il 7 luglio 1980, una bomba distrusse gli uffici della Libyan Arab Airlines, a Freedom Square, a La Valletta, e ci fu anche un tentativo di incendio doloso dell’Istituto libico di Cultura, a Palace Square, in quel periodo. Secondo Weill anche il tentato colpo di stato del 6 agosto a Tobruk, in Libia, guidato dal generale Idris Shaibi, comandante della XI brigata e capo operativo dei servizi di sicurezza, duramente stroncato da Gheddafi, sarebbe stato ispirato dai servizi francesi, anche se il governo libico, l’11 agosto, arresterà gli italiani Orlando Peruzzo, Edoardo Sellicciato, Enzo Castelli, mentre risulterà ricercato Aldo Del Re.
Nella notte fra il 28 ed il 29 ottobre, poi, l’ammiraglia della flotta libica, la fregata Dat Assawari, alla fonda nel porto di Genova per lavori di manutenzione, viene attaccata da un commando di specialisti francesi che con 30 chili di esplosivo ad alto potenziale ne danneggiano gravemente la chiglia: una telefonata all’ufficio di un’agenzia di stampa francese rivendicherà poi il 31 ottobre l’attentato, attribuendolo ad un fantomatico “fronte maltese di liberazione”; un altro comunicato in italiano rivendica poi anche gli attentati a Malta del luglio precedente, presentandoli come una risposta ad un precedente attentato verificatosi contro una piattaforma petrolifera italiana, affittata alla Texaco.
Come si vede, un intreccio di azioni armate ostili che coinvolgono pesantemente anche il nostro Paese che, proprio in questo contesto, subisce la più grave strage della sua storia, quella alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980: una vicenda che ha visto il coinvolgimento di alti esponenti di servizi segreti italiani ed esteri e del mondo neo-fascista – senza che se ne sia mai spiegata con sufficiente chiarezza la finalità, anche se, dalla lettura delle carte processuali, risulta evidente il collegamento fra contesto internazionale e interno, come già verificatosi in altri episodi della strategia della tensione italiana.
Il 1980 è infatti un anno fondamentale nel secondo dopoguerra e l’Italia si è trovata sicuramente al centro di avvenimenti che sembrano scuotere il consolidato assetto della Guerra Fredda. L’invasione sovietica dell’Afghanistan, la questione degli euromissili che gli Usa intendono installare in Europa, l’agitazione di Solidarnosc in Polonia, la morte di Tito in Jugoslavia, minano alle fondamenta la stabilità dell’Urss e del Patto di Varsavia e sembrano preannunciare un mutamento che si produrrà puntualmente nell’arco di nemmeno dieci anni. La presa di potere di Khomeini in Iran, l’allontanamento dello Scià e la sua morte in esilio, il sequestro dell’ambasciata Usa a Teheran, lo scoppio del conflitto fra Iran e Iraq – sono solo i primi avvenimenti di una catena di eventi bellici in Medio Oriente che si spingeranno, in un drammatico crescendo, fino ai nostri giorni. In questo contesto, l’Italia, a due anni dal sequestro Moro, è sanguinosamente attraversata da strategie terroristiche che, sfruttando tipi diversi di manovalanze, mirano, ormai senza ombra di dubbio, a condizionarne gli equilibri interni in relazione alla crescente importanza del Mediterraneo nei rapporti est-ovest e nord-sud. A svilupparle, sono all’opera, da molti anni, anche apparati dello Stato che non obbediscono certo a scelte di sovranità popolare e tanto meno di amor patrio, ma dipendono direttamente, fin dalla fine della guerra, dai Paesi egemoni, Usa e Gran Bretagna, con un crescente inserimento anche dello Stato di Israele – come molte indagini hanno evidenziato.
Comprendere cosa è avvenuto veramente il 27 giugno del 1980 non è quindi solo doveroso verso le vittime innocenti della ragion di stato, non è solo necessario per comprendere chi ha commesso e perché quello che un tempo si chiamava “altro tradimento” verso il nostro popolo, è indispensabile per costruire il nostro futuro.

Il freddo in Italia rischia di provocare un’emergenza nell’ approvvigionamento di gas

Fonte: http://www.italiah24.it/

La perturbazione che sta assediando l’Italia non accenna a diminuire e dalla Russia e dalla Francia sono diminuiti i flussi di gas.

Per i prossimi giorni sono previste ulteriori abbondanti nevicate su molte regioni del centro – nord, le temperature nella maggior parte della penisola rimarranno inferiori allo zero mentre già si procede alla conta dei danni e del numero, purtroppo, delle vittime.

Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera rassicura: “La situazione è sotto controllo”. Previsto, infatti, un l’aumento delle importazioni di gas dal nord Europa attraverso la Svizzera e dall’ Algeria.

Intanto a Rovigo, al largo delle coste venete, è fuori uso il Rigassificatore a causa del mare amareggiato. L’interruzione aggrava la situazione già critica delle forniture di gas, perché fino a quando non miglioreranno le condizioni meteo nessuna nave potrà ormeggiare.

L’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni a radio24 ha fatto sapere che a causa di una seconda ondata di freddo proveniente dalla Russia, giovedì, potrebbero verificarsi distacchi di gas per alcune aziende: “attendiamo un’altra ondata di freddo in Russia e non sappiamo che comportamento avrà Gazprom giovedì e venerdì”.

“Ci stiamo preparando a momenti ancora difficili. Per questa ragione c’é la riunione domani al ministero dello Sviluppo, per prepararci a un’ulteriore emergenza. Nella peggiore delle ipotesi dovremo intervenire sugli interrompibili”.

Anche la Commissione europea, secondo quanto dichiarato da un portavoce di Bruxelles,  sarebbe in contatto con le autorità italiane per tenere sotto monitoraggio la situazione rifornimenti pronta ad intervenire, dato che Italia, Romania e Germania hanno flussi diminuiti dalla Russia.

La presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si è detta preoccupata per la situazione di forniture di gas all’Italia affermando, in una conferenza, che si dovrebbe mettere mano alle riserve e non agire solamente sulle imprese. “Quello che è certo – ha dichiarato – è che ci aspettano ancora dei giorni difficili”.

Ministero dell’Informazione Siriano: aggiornamenti al 6 febbraio

Fonte: http://terrasantalibera.wordpress.com/

Una banda di terroristi armati ha sabotato la notte scorsa un gasdotto in provincia di Homs, facendolo esplodere con un ordigno e causando la fuoriuscita di grandi quantità di gas nel punto dell’esplosione. La stessa linea era già stata oggetto in passato di altre azioni di sabotaggio di gruppi armati, che avevano causato il blocco del pompaggio verso alcune centrali elettriche.

  • Due bambini, Sabbar e Khaled al-Sabbar, sono morti nello scoppio di una bomba piazzata dai terroristi  dietro la scuola superiore al-Ma’arri ad Al Bukamal. Nell’esplosione sono rimasti feriti anche il padre dei ragazzi e un terzo fratello.
  • A Daraa sono stati invece uccisi il maresciallo Malek al-Halabi e il militare di leva Omar Kerbaj, delle forze dell’ordine, in seguito ai colpi di arma da fuoco sparati contro di loro dai terroristi ad un incrocio sulla strada fra Daraa e Bosra, mentre andavano al lavoro.
  • Un altro membro delle forze dell’ordine è stato ucciso e altri cinque sono rimasti feriti nell’esplosione di un’autobomba lanciata contro un checkpoint delle forze dell’ordine a Idleb nella giornata di ieri.
  • Un gruppo terroristico armato ha massacrato la famiglia al-Hilal, di Jboren, un villaggio a ovest di Homs, uccidendo otto persone con armi da fuoco e da taglio. Le forze dell’esercito sono intervenute scontrandosi con la banda, capeggiata dal terrorista Asem Sweis,  e uccidendone tutti i componenti.
  • Ad al-Rastan, durate uno scontro con un altro gruppo di terroristi, sono stati uccisi il colonello Samir Yousef Ahmad e due militari, mentre altri quattro sono rimasti feriti.

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La Relatività ai Tempi dello Spread

Scritto da: Viator
Fonte: http://www.oltrelacoltre.com/

Chi avrebbe detto che da una situazione così difficile per il nostro Paese sarebbe stato possibile distillare alcuni utili insegnamenti esistenziali? Invece l’opera del Presidente della Repubblica e degli illustrissimi personaggi installatisi a Palazzo Chigi ha consentito ai cittadini di buona volontà di osservare, ascoltare, apprendere, e regolarsi di conseguenza.

Devo confessarlo: fino alla illuminazione ricevuta seguendo le imprese dei ‘Salvatori della Patria’, ero del tutto convinto che le regole fossero regole a prescindere dalle contingenze. Che la democrazia fosse democrazia a prescindere dalle contingenze. Che la giurisprudenza – ed in particolar modo la cosiddetta ‘certezza del diritto’ – si ponesse al di sopra delle parti e non fosse plasmabile sulla base delle contingenze, per quanto gravi e impellenti esse fossero. Che le regole del gioco non potessero essere modificate a partita in corso.

La Legge della Relatività (anzi, la relatività della legge).
E invece no. L’intera vicenda della crisi, dello spread, degli speculatori, succeduta dalle drastiche misure assunte dai ‘Salvatori della Patria’ ha impartito al popolo una lezione di vita il cui valore è direttamente proporzionale alla autorevolezza e saggezza dei personaggi che l’hanno ispirata.

Cosa ne consegue?

Misteriose sfere blu scoperte in giardino britannico

Fonte: http://www.ditadifulmine.com/2012/01/misteriore-sfere-blu-scoperte-in.html

Il pomeriggio del 26 gennaio 2012, Steve Hornsby, ex ingegnere aeronautico di Bournemouth, Regno Unito, ha assistito ad uno strano fenomeno: la caduta dal cielo di piccole sfere blu del diametro di circa 3 centimetri, a prima vista non riconducibili a qualunque fenomeno meteorologico noto.

Le sfere sono cadute durante un temporale-lampo della durata di qualche secondo. “Il cielo è diventato di un colore giallo scuro. Come sono uscito da casa per andare in garage c’è stata una grandinata istantanea per pochi secondi, e ho pensato: ‘cosa c’è nell’erba?'”.
Le sfere sono gelatinose, con un nucleo più tenero e un guscio esterno semirigido. Non hanno odore, non si dissolvono in acqua, e non sono per nulla appiccicose, nonostante sembrino composte per la maggior parte da una sostanza simile a idrogel.
Hornsby ha conservato in frigorifero fino ad oggi la decina di sfere che ha recuperato nel suo cortile, e ha formulato la sua personale teoria su cosa possano essere. Secondo Hornsby, le sfere sarebbero il frutto della coagulazione di particelle di sostanze inquinanti in sospensione nell’atmosfera.
Viene difficile immaginare come delle particelle di sostanze nocive possano coagularsi in modo così regolare, ma senza analisi chimiche non è possibile dire con certezza quale sia la verità.

Le soluzioni proposte spaziano dall’origine biologica fino al prodotto chimico realizzato dall’uomo. Nella prima ipotesi, sostenuta da Josie Pegg, ricercatrice della Bournemouth University intervistata dalla BBC, le sfere sarebbero uova di invertebrati marini trascinate da una tempesta sulla terraferma.
“Queste uova sono già state implicate in precedenti incidenti di ‘sostanze misteriose'” spiega Pegg. “Sarei portata a pensare che sia un po’ troppo presto per la schiusa delle uova, ma abbiamo passato un inverno molto mite. Il trasporto di uova a bordo delle zampe degli uccelli è un fatto ben documentato, e credo che se un uccello fosse stato catturato da una tempesta potrebbe essere il responsabile del fenomeno”.
Sebbene l’ipotesi possa sembrare plausibile, da alcuni non è considerata la più probabile per spiegare il caso specifico. Le sfere non presentano alcuna caratteristica immediatamente riconducibile alle uova, a parte la forma sferica, ma hanno diversi punti in comune con ciò che viene definito “Crystal Soil”.
Il Crystal Soil è un nuovo tipo di materiale fertilizzante a basso impatto ambientale che viene venduto sotto forma di sfere incredibilmente simili a quelle rinvenute nel giardino di Hornsby. Si tratta di palle di idrogel che contengono azoto, fosforo, potassio e altri nutrienti del terreno, e possono assorbire fino a 100 volte il loro peso originale in acqua. “Dopo l’espansione, hanno colori brillanti” spiega un post su Doubtful News, il primo blog a proporre il Crystal Soil come possibile spiegazione.
Doubtful News, pur in assenza di prove a supporto della spiegazione proposta (se non un’immagine delle sfere di Crystal Soil), sostiene anche che le piccole palle blu potrebbero non essere affatto cadute dal cielo durante la grandinata.
Le sfere di Crystal Soil sono inizialmente molto piccole, e Hornsby potrebbe non aver notato quelle minuscole palle azzurre nel suo giardino fino al momento della grandinata di giovedì. Nel frattempo, le sfere sarebbero cresciute di dimensioni assorbendo l’umidità del terreno, fino a diventare quello che possiamo osservare oggi nelle fotografie di Hornsby.
Per ora, ogni ipotesi è del tutto speculativa, e senza un’analisi chimica delle sfere non sarà possibile definire con chiarezza la loro origine. In attesa di una spiegazione logica e supportata da prove, è già partita la gara a chi formula la teoria più bislacca per spiegare la (temporaneamente) misteriosa origine delle sfere.

Un purificatore d’aria per la casa che funziona grazie alle piante

Fonte: http://www.improntaecologica.it/index.asp

Andrea Air Purifier è il frutto del lavoro del designer francese Mathieu Lehanneur e del professore di Harvard David Edwards ed è nato nel 2007 come puro esercizio di stile e ricerca di un modo naturale per purificare l’aria all’interno delle abitazioni.
Poi, tre anni dopo, nel 2010, Andrea è entrato in produzione e sono iniziate le vendite ed è stato subito un successo.
Come mai, vi starete chiedendo? Perché Andrea è un purificatore d’aria che utilizza una comune pianta d’appartamento, un ventilatore che aspira l’aria e la fa passare forzatamente tra le foglie e un vassoio in cui finiscono tutte le impurità.
In buona sostanza, senza bisogno di alcun prodotto chimico o chissà quale straordinario processo, Andrea utilizza la pianta come filtro naturale poiché è in grado di amplificare la capacità di depurazione dell’aria dei vegetali.
Non solo: questo purificatore funziona con molte specie di piante da appartamento e, grazie al suo design elegante, ben si integra in qualsiasi abitazione dando anche un tocco di utile stile tecnologico.
Andrea Air Purifier è in vendita solo online al prezzo indicativo di 149 euro e lo si può ordinare su diversi siti di e-commerce.
Semplice, ma geniale…

Simo Häyhä, cecchino leggendario

Fonte: http://www.ditadifulmine.com/2010/01/simo-hayha-cecchino-leggendario.html

Le storie sui cecchini a volte abbondano di fantasia: tiri da chilometri di distanza, colpi da posizioni impossibili, azioni ai limiti delle possibilità umane e della fisica.

Ma l’abilità di un tiratore scelto non è solamente quella di colpire a grandi distanze, il bagaglio di abilità che un cecchino deve possedere spazia dal mimetismo al sangue freddo, dalla capacità di adattamento all’ambiente al saper prendere decisioni estreme.

I cecchini possono tenere in scacco un’intero battaglione. Se vi è capitato di vedere film come Il Nemico alle Porte, vorrei rassicurarvi sul fatto che di cecchini (romanzati) di quella portata non ne nascono tutti i giorni, ma un tiratore scelto che sa fare il suo mestiere è comunque una spina nel fianco anche per i soldati meglio addestrati.

Il cecchino di cui voglio parlarvi è “insolito”. Insolito perchè non ha ricevuto la notorietà che gli spetta come è avvenuto invece per altri, vedi Hathcock “White Feather” o Vasily Zaytsev. Insolito perchè il suo mestiere inizialmente non era quello di soldato di professione, ma agricoltore ed allevatore. Insolito, infine, per il numero di vittime che ha mietuto nell’esercito sovietico, 705 confermate (se contiamo anche i non confermati, il numero sicuramente supererebbe le 800 unità).
Se già il numero 705 è altissimo, rappresenta il record assoluto nella storia dei tiratori scelti di qualunque guerra in cui siano state utilizzate armi da fuoco.

Il nome di questo cecchino è Simo Häyhä, nato nel 1905 morto nel 2002 alla veneranda età di 97 anni. Fu un contadino di Rautjärvi che, al momento dell’ inizio della “Guerra d’Inverno” tra Finlandia e Unione Sovietica decise di compiere il suo dovere sul campo di battaglia.
Dopo essersi arruolato nel 1925 nella Guardia Civile, iniziò nel Novembre del 1939 una sua personale battaglia contro l’esercito sovietico, tanto da meritarsi nel giro di poco tempo l’appellativo “La Morte Bianca” (“Belaya Smert”).

Arruolato nel reggimento Jaeger 34, Häyhä viaggiava da solo, standosene appollaiato nella neve e sopportando per ore ed ore temperature che andavano dai -20 ai -40°C.
Come ogni cecchino che si rispetti, aveva un bagaglio di “trucchi” che utilizzava per mantenersi in vita. Questa serie di accorgimenti tuttavia sono insoliti anche per molti cecchini, e non fanno altro che accrescerne la fama:

  • Simo Häyhä non ha mai utilizzato un mirino telescopico. Per prendere la mira, utilizzava la semplice tacca di mira del suo fucile. Aveva il timore che il riflesso provocato da un mirino telescopico avrebbe contribuito a svelare la sua posizione; oltre al fatto che un mirino telescopico forza il tiratore a sollevare la testa per poter avere un quadro d’insieme della situazione, rendendolo un bersaglio più facile. Questo rende la sua impresa ancora più notevole, considerando soprattutto che la maggior parte dei suoi tiri avveniva da una distanza pari o superiore ai 400 metri.
  • Utilizzava un fucile Mosin-Nagant, un fucile “duro” di produzione russa in uso fin dalla prima guerra mondiale, e che rese celebri cecchini come Vasily Zaytsev.
  • Häyhä vestiva sempre di bianco, per nascondere la sua presenza nella neve
  • Contrariamente a molti cecchini finlandesi, Simo Häyhä se ne stava nascosto nella neve gelata invece di rimanere appollaiato sugli alberi (per questo motivo i cecchini finlandesi venivano chiamati “cucù” dai russi).
  • Usava mettere in bocca della neve per poter nascondere la condensa generata dal suo respiro a temperature così rigide.
  • Compattava la neve di fronte a lui, soprattutto quella che utilizzava come punto d’appoggio per il suo fucile. Al momento dello sparo, nessuno sbuffo di neve si sarebbe sollevato, mantenendolo al coperto ed impossibile da individuare.
  • Non portava quasi nulla nelle sue missioni giornaliere: proiettili, razione di cibo per un solo giorno ed il suo fucile, niente di più. In questo modo poteva muoversi velocemente e non aveva carichi inutili che avrebbero potuto rendere più individuabile la sua posizione.

Se inizialmente i Russi sottovalutarono le morti provocate da Simo, considerandole come normali visto che ci si trovava nel bel mezzo di un conflitto, dopo che giunsero rapporti di dozzine di uomini dispersi o uccisi si iniziò a creare la leggenda de “La Morte Bianca”.

Inizialmente l’ Unione Sovietica inviò uno contro-sniper per stanare Simo:i contro-cecchini sono addestrati allo scopo di stanare ed individuare altri cecchini. Nulla di fatto, lo sniper venne ritrovato morto.
Decisero allora di inviare un’intera squadra di cecchini, che avrebbero di certo scovato ed ucciso “La Morte Bianca”. La sorte di questi cecchini a tutt’oggi non è del tutto certa, si sa solo che vennero dati per dispersi quando non fecero più ritorno.

A quel punto venne mandato un intero battaglione, che avrebbe sicuramente fatto a pezzi Simo. Risultato? Indovinate…il battaglione non riuscì a scovarlo, e subì numerose perdite.
Disperati, i russi decisero allora di passare alle maniere forti, e di tempestare la zona con l’artiglieria. Se non potevano capire da dove sparasse, avrebbero raso al suolo l’intera area.
L’artiglieria azzeccò la sua posizione, e Simo venne tempestato da frammenti di metallo che rischiarono di ucciderlo. Ma quest’uomo era peggio di Chuck Norris, e rimase in vita senza subire alcun danno.

Fu solo il 6 Marzo 1940, circa 100 giorni dopo linizio della sua personale guerra contro l’ Unione Sovietica che Simo Häyhä venne colpito alla mascella da un prioiettile esplosivo sparato dalla fanteria russa, che (per fortuna o per bravura non è dato sapere) riuscì a scovarlo ed a centrarlo da distanza ravvicinata.

Dato quasi per morto visto il coma in cui piombò subito dopo il colpo, Simo riemerse dall’abisso 11 giorni dopo, il giorno in cui venne stabilita la fine della guerra tra Finlandia e Russia.

Bilancio delle attività sovietiche in Finlandia? Grazie a persone come Simo Häyhä, l’esercito sovietico perse circa metà dei suoi uomini, 40 volte più delle perdite findlandesi.
Ad Häyhä vennero consegnate 5 medaglie al valore, ed il suo numero di uccisioni rappresenta il record assoluto per qualunque cecchino sia mai esistito nel corso della storia.
E questo dovrebbe ricordarci che forse, da qualche parte nel mondo, esistono tiratori scelti che non balzeranno mai agli onori della cronaca, non verranno mai celebrati per le loro imprese, ma che come Simo Häyhä hanno contribuito a ribaltare le sorti di diversi conflitti, armati di un fucile e di sangue freddo.

Philadelphia Experiment…

Fonte: http://www.roswell.it/2006/12/12/philadelphia-experiment.html

Nel 1943 la marina statunitense decise di tentare un esperimento (conosciuto come “Philadelphia Experiment” o “Project Rainbow”) sulla base della teoria del “Campo Unificato” di Albert Einstein, che metteva in relazione i campi magnetici e gravitazionali con altri fenomeni subatomici. Secondo un’interpretazione di questa teoria, applicando un violentissimo campo magnetico ad un corpo, se ne provocherebbe la sparizione. L’esperimento fu effettuato sulla nave USS Eldridge.
A bordo vennero montati dei generatori di magnetismo di tipo de-gausser; la nave divenne evanescente fino a scomparire in una luminosità verdastra. Ma il campo magnetico aveva alterato anche fisiologia ed equilibri psichici dell’equipaggio. Si racconta addirittura che la nave riappari’ in un altro porto per poi tornare dov’era. Inoltre meta’ dell’equipaggio impazzì ed alcuni presero fuoco, mentre altri divennero invisibili. Questo e’, per sommi capi, ciò che sostengono coloro i quali ritengono che questo esperimento abbia davvero avuto luogo. Ciò che segue e’ un rapporto maggiormente dettagliato su come avvenne (o non avvenne), quando e chi vi fu coinvolto.
Nei primi anni ’30, l’Università di Chicago investigo’ la possibilità di raggiungere l’invisibilità tramite, appunto, l’uso dei campi magnetici. Questo progetto fu poi trasferito al Princeton’s Institute of Advanced Studies. La ricerca era segreta e continuo’ fino agli anni ’40.
Il test conclusivo fu fatto il 28 ottobre 1943. La “Navy”, cioè la marina militare americana ha fornito il diario di bordo della Eldridge ed il suo diario di guerra e non risulta che la Eldridge sia mai stata a Philadelphia (anche se ciò, ovviamente, non costituisce una prova, data la facile falsificabilità del documento in questione). La Eldridge, secondo il diario di guerra, rimase a New York fino al 16 di settembre, quando parti’ per le Bermuda. Dal 18 di settembre al 15 di ottobre partecipo’ ad operazioni di addestramento e prove in mare. Il 18 ottobre partì in un convoglio navale per New York e vi rimase fino al primo novembre. L’uno ed il due novembre venne fatta navigare, sempre in un convoglio, in Norfolk e il tre parti’ per Casablanca, dove arrivo’ il ventidue novembre e rimase fino al ventinove e da dove riparti’ per New York. Arrivo’ a New York il diciassette dicembre. Dal diciassette al trentuno dicembre viaggiò verso il Norfolk con altre quattro navi. Anche se questa cronologia non é completa (nel senso che il diario di guerra copre un periodo più ampio), copre l’arco di tempo “sospetto”. Sembrerebbe quindi che la marina non fece mai esperimenti sulla Eldridge, ma il governo ha già effettuato in passato operazioni dette di “cover-up” (copertura) per ragioni di “sicurezza nazionale”; un esempio e’ il “Manhattan Project”. Questa progetto segreto riguardava la costruzione della bomba atomica e rimase top secret fino a che la bomba fu effettivamente utilizzata.
La marina, alla ricerca di una risposta plausibile, suggeri’ che forse il Philadelphia Experiment era stato confuso con gli esperimenti di invisibilità alle mine magnetiche. Questo procedimento e’ appunto noto come degaussing. La marina definì il degaussing come:
“…un processo mediante il quale un sistema di cavi elettrici viene installato lungo la chiglia della nave, da poppa a prua su entrambi i lati. Una corrente elettrica misurata e’ passata attraverso questi cavi per cancellare il campo magnetico della nave. L’equipaggiamento per il degaussing era installato nella chiglia e poteva essere reso operativo ogni volta che la nave era in acque che potevano contenere mine magnetiche…”
La marina fece un altro esperimento sulla USS Timmerman nel 1950. L’esperimento mirava ad ottenere 1,000 Hz al posto dei 400 Hz che erano lo standard per il generatore. Ne risultarono scariche di luce. Forse testimone di queste scariche fu Carlos Miguel Allende e cio’ lo porto’ a scrivere lettere ad eminenti esponenti della comunità scientifica. La marina ritiene che Allende abbia mal interpretato l’esperimento sulla USS Timmerman.
Carlos Miguel Allende, alias Carl Allen, era un uomo abbastanza strano. Nato il 31 maggio 1925 in una piccola citta’ fuori dalla Pennsylvania, il 14 luglio 1942 Allende entro’ nel corpo dei marines dal quale fu congedato il 21 maggio 1943. In seguito entro’ nella marina mercantile e fu assegnato alla SS Andrew Furuseth. E’ proprio mentre era a bordo di questa nave che egli afferma di aver visto la Eldridge in azione. La storia di Allende e’ bizzarra. Egli affermo’ di avere visto la Eldridge sparire e riapparire (in seguito egli venne a sapere che era riapparsa a Norfolk durante il tempo mancante) in pochi minuti. Svolgendo delle ricerche per proprio conto venne a conoscenza di particolari molto strani che raccolse e scrisse per lettera al Dr. Morris K. Jessup che Allende aveva ascoltato in una conferenza (Jessup era un astronomo). La lettera era scritta in modo strano, con maiuscole, punteggiatura e sottolineature poste in modo astruso. Inoltre Allende aveva utilizzato vari colori. Nelle sue lettere al Dr. Jessup, egli rivela agghiaccianti particolari sull’esperimento. L’indirizzo del mittente posto sulla lettera si rivelo’ inesistente secondo il servizio postale, ma Allende riusci’ a ricevere lo stesso la risposta del Dr. Jessup. In seguito, a causa del comportamento di Allende, il Dr. Jessup smise di credere all’avvenimento e penso’ che si trattasse di una burla.
Durante il periodo di tempo durante il quale il Dr. Jessup e Allende tennero una corrispondenza, il Dr. Jessup aveva pubblicato un libro intitolato “The Case for UFOs”. Dopo che Allende scrisse al Dr. Jessup, questo libro fu spedito alla marina con note scritte a mano al suo interno. Le note erano nella stessa grafia delle lettere mandate al Dr. Jessup, quindi questo fu chiamato a vedere le note. Egli riconobbe la scrittura immediatamente, con sua grande sorpresa, perché aveva pensato che si trattasse di uno scherzo. Le note nel libro erano molto più dettagliate che nelle lettere. Allora il Dr. Jessup provo’ a svolgere ulteriori ricerche, ma senza successo. Solo un particolare lo tormentava: due marinai stavano camminando nel parco quando un uomo molto dimesso li avvicino’, raccontando loro una storia che pareva fantastica. L’uomo gli parlo’ di un esperimento svolto dalla marina nel quale la maggior parte dell’equipaggio mori’ o soffri’ di terribili effetti collaterali. Disse che il governo dichiaro’ che l’intero equipaggio era malato di mente e quindi fu congedato come un gruppo di persone con problemi mentali che avevano semplicemente inventato una storia fantasiosa. Alla fine della conversazione, uno dei marinai era convinto e l’altro no. Il primo contattò il Dr. Jessup e gli raccontò la storia. Questo, comunque, non era un grande passo in avanti per Jessup; tra l’altro il suo credito all’interno della comunità scientifica stava rapidamente peggiorando. Posto di fronte a svariati problemi, personali e non, il Dr. Jessup si suicidò il 20 aprile 1959.
Qualcuno crede che egli sia stato ucciso dal governo per impedire che l’esperimento venisse a conoscenza di tutti.
Purtroppo per il Dr. Jessup, una svolta si ebbe poco dopo la sua morte. Questa svolta fu causata da un uomo di nome Alfred Bielek. La storia di Bielek e’ ancora piu’ bizzarra di quella di Allende.
Egli afferma di essere stato trasportato nel futuro e che proprio nel futuro sia’ stato sottoposto a lavaggio del cervello da parte della marina militare. Ciò lo avrebbe portato a credere che il suo nome fosse Alfred Bielek, mentre il suo nome vero era Edward Cameron. Dopo aver scoperto la sua vera identità, egli coinvolse suo fratello nella testimonianza sull’esperimento. Bielek affermava che suo fratello era stato trasportato nel 1983 e che aveva perso il suo “time-lock”, invecchiando di un anno ogni ora e giungendo così rapidamente alla morte. Bielek afferma poi che suo fratello era rinato. Ovviamente, solo un piccolo gruppo di persone credette a Bielek. Anche se alcune persone credono che un fondo di verità ci sia, la maggior parte di esse ritiene che Bielek abbia esagerato la storia per qualche ragione personale. Questa opinione si rafforzo’ quando Bielek comincio’ a ricordarsi gli avvenimenti solo dopo aver visto il film “Philadelphia Experiment”. Bielek e’ laureato in fisica, quindi ha qualche esperienza tecnica. E’ anche un ingegnere elettrico in pensione con trent’anni di esperienza. Proprio per questo, e per la sua intelligenza, egli non può essere screditato in toto. Egli affermò che la tecnologia usata nell’esperimento era stata fornita dagli alieni. In realtà il transistor che Bielek aveva detto essere stato usato nell’esperimento era stato inventato da Thomas Henry Moray.
Bielek affermo’ anche che il Dr. Albert Einstein, il Dr. John Von Neumann e il Dr. Nikola Tesla erano coinvolti nell’esperimento. Qualche controversia insorse riguardo alla partecipazione di Tesla perche’ egli mori’ a New York il 7 gennaio 1943. Einstein, invece suggerì alla marina svariate volte un tale esperimento. Per questo, egli era probabilmente coinvolto nel progetto. Per quanto riguarda Von Neumann non ci sono prove ne’ a favore ne’ contro la sua partecipazione all’esperimento.
La teoria del campo unificato, che starebbe alla base dell’esperimento asserisce che gravita’ e magnetismo sono collegati, proprio come lo sono massa ed energia mediante la formula E=mc^2. Ufficialmente Einstein non venne mai a capo del problema, ma la soluzione potrebbe essere stata resa top secret dal governo per le sue enormi implicazioni (tra l’altro permetterebbe di viaggiare nello spazio senza bisogno di potenti razzi).
Riguardo agli effetti che si ebbero sull’equipaggio Allende e Bielek affermarono che molti bruciarono vivi, altri impazzirono, e che durante l’esperimento si era modificata “la struttura stessa delle cose” ed era diventato possibile camminare attraverso oggetti solidi in modo tale che quando l’effetto passo’ alcuni marinai si ritrovarono incastrati chi nel pavimento, chi nei muri, ecc. Gli effetti continuarono anche dopo l’esperimento. Chi si sollevo’ in aria, chi semplicemente spari’ mentre era a tavola con la famiglia, un altro mentre stava battendosi con un altro marinaio. Ogniuno di questi avvenimenti ebbe numerosi testimoni. Ma ilpeggior effetto collaterale, scrive Allende al Dr. Jessup era quando si diventava invisibili, perdendo altresi’ la possibilita’ di comunicare con le altre persone per un periodo piu’ o meno lungo di tempo (da qualche minuto a qualche ora). Tra gli uomini dell’equipaggio quest’effetto era noto con il nome di “Hell Incorporated” o “the Freeze”. Un uomo riusciva ad uscire dal Freeze solo se lo si toccava. Sfortunatamente, in una occasione i due che avevano toccato il compagno presero fuoco e bruciarono per diciotto giorni senza che si riuscisse a spegnere le fiamme. Da allora nessuno si azzardo’ piu’ a continuare l’unica pratica che potesse salvare i compagni. In conseguenza di cio’, gli uomini cominciarono ad andare in “Deep Freeze”, periodo durante il quale l’effetto durava giorni o addirittura mesi. Durante questo periodo il soggetto era in grado di vedere gli altri ma non poteva essere visto o comunicare. Un soggetto in Deep Freeze poteva essere visto solo dagli altri membri dell’equipaggio. Nello stato di Deep Freeze, ci volevano solo due giorni per diventare completamente pazzi. Pochi furono i marinai che si salvarono e furono tutti congedati per problemi di salute mentale.
Allende riteneva che la marina era completamente inconsapevole degli effetti collaterali che l’esperimento avrebbe creato sui membri dell’equipaggio. Una relazione completa fu fatta ai membri del Congresso e questi, inorriditi, diedero l’ordine di smantellare immediatamente il progetto. Secondo Allende la ricerca prosegui’ comunque come “Montauk Project” (conosciuto anche come “Phoenix Project”), diretto dal Dr. Von Neumann. Questi esperimenti erano diretti essenzialmente a capire le reazione del cervello a viaggi interdimensionali e si svolsero ai Brookhaven National Laboratories. Egli sarebbe in seguito riuscito a creare un vortice intertemporale che portava indietro alla data dell’esperimento di Philadelphia. Egli (Von Neumann) affermo’ anche di essere in grado di influenzare le menti altrui e che la mente poteva creare materia in qualsiasi punto temporale. Egli affermo’ anche di aver inviato un uomo, Preston B. Nichols attraverso due linee temporali, fatto che fu confermato da Duncan Cameron nel 1985. Cameron era stato addestrato dalla National Security Agency, quindi la sua testimonianza e’ abbastanza attendibile. Sono in molti a ritenere che il progetto Montauk continui anche ai giorni nostri.
… e bruciarono per 18 giorni-
Era l’ottobre 1955, quando Morris K. Jessup, residente a Coral Gables, Florida, ricevette un pacco di lettere girategli dall’editore del suo libro The Case for the UFO. Si trattava della prima opera che scriveva sull’argomento (altre tre ne seguiranno) in cui metteva a confronto enigmi del passato con i più recenti avvistamenti di dischi volanti, coniugando i suoi studi in astronomia e la passione per le civiltà scomparse. Tra le lettere ce n’era una alquanto stravagante proveniente dalla Pennsylvania. Scritta a mano con differenti colori, e un irregolare uso delle lettere maiuscole e della punteggiatura, prendeva spunto da alcune speculazioni di Jessup per sostenere che la levitazione era un “procedimento noto” e ben sviluppato dalla tecnologia umana. L’autore si firmava col nome di “Carlos Miguel Allende”. Jessup non diede molto peso alla cosa, ma il 13 gennaio 1956 ricevette una seconda lettera da Allende, che dall’indirizzo pareva risiedere alla periferia di New Kensington, nello stato della Pennsylvania.
Era evidente che Allende conosceva bene gli interessi di Jessup per la teoria dei campi unificati di Einstein, che avrebbe potuto rivelare il segreto dell’antigravità rendendo possibili i viaggi spaziali a costi ridotti. Allende giudicava terribile questa possibilità, sostenendo che già una ricerca simile aveva condotto ad un esperimento il cui risultato fu “la completa invisibilità di una nave, del genere Cacciatorpediniere, e di tutto il suo equipaggio, Mentre era in Mare. (Ottobre 1943)… Metà degli ufficiali e l’equipaggio di questa Nave sono Attualmente, Matti come Pazzi da legare.” E proseguiva, “La Nave Sperimentale Scomparve dal Molo di Philadelphia e solo pochi Minuti Dopo ricomparve all’altro suo Molo dell’area di Portsmouth, Newport News, Norfolk. Fu distintamente E chiaramente Identificata in quel posto MA la nave, di nuovo, Scomparve e Tornò Indietro al suo Molo di Philadelphia in pochissimi Minuti o ancor Meno.”
In una successiva lettera, datata 25 maggio, il corrispondente – che questa volta si identificava in testa alla lettera come Carlos M. Allende e come Carl Allen al fondo – si dichiarava disponibile ad essere sottoposto a ipnosi o al siero della verità onde ricordare ulteriori dettagli dell’intera vicenda e dimostrare la sua attendibilità. Di fatto, l’unica argomentazione fornita da Allende a sostegno delle proprie asserzioni erano alcuni nomi di persone che sarebbero state con lui a bordo dell’imbarcazione delle Matson Lines Liberty, la S.S. Andrew Furuseth, da cui poterono osservare tutta la scena della nave scomparsa. Tuttavia non si ricordava il periodo preciso degli avvenimenti. Solo in un secondo tempo il cacciatorpediniere “invisibile” venne identificato nell’USS Eldridge, codice DE 173.
Malgrado fosse rimasto incuriosito, Jessup continuò a non prendere molto sul serio la questione. Finché un anno più tardi ricevette un invito a recarsi presso l’Ufficio delle Ricerche Navali (ONR) di Washington, dove si sentì raccontare una strana storia. Alla fine di luglio o i primi di agosto dell’anno prima, qualcuno spedì, in un pacco proveniente da Seminole, Texas, una copia annotata dell’edizione tascabile del suo Case for the UFO all’ammiraglio N. Furth, Capo dell’Office of Naval Research. Le annotazioni, scribacchiate con tre differenti colori di inchiostro, parevano essere state scritte da altrettante diverse persone, A, B e Jemi, che, in base ad alcuni riferimenti, si poteva supporre appartenessero a qualche tribù zingara. A, B e Jemi asserivano di sapere parecchie cose sulle intelligenze che stavano dietro gli UFO (chiamate “S-M” e “L-M”, i primi nemici della razza umana). L’ammiraglio accantonò il materiale, ma qualche giovane ufficiale restò tanto incuriosito da proseguire le ricerche per suo conto.
Jessup fu disorientato dall’interesse mostrato dagli ufficiali presenti, e rispettosamente sottopose a lettura il tutto. Lo stile, il tono, e la natura dei commenti, oltre i riferimenti a un esperimento segreto della Marina il cui risultato aveva reso invisibile una nave, convinsero Jessup che l’autore era lo stesso Allende/Allen che a lui si era rivolto, e così accennò agli ufficiali delle lettere che aveva ricevuto. Questi ne richiesero copie, le quali furono successivamente pubblicate come appendice di una tiratura limitata della versione annotata del Case for the UFO, a cura della Varo Manufacturing Company di Garland, Texas, una società che lavorava per la Marina. Una introduzione anonima – scritta in realtà dal comandante George W. Hoover, ufficiale dei Progetti Speciali dell’ONR, e il sottoposto capitano Sidney Sherby – spiegava: “Data l’importanza che attribuiamo alla possibilità di scoprire utili indizi circa la natura della gravità, nessuna voce, per quanto possa essere screditata dal punto di vista della scienza ufficiale, deve essere trascurata.”
A Jessup venne fornita una copia dell’edizione Varo, delle 127 stampate, sulla quale appose a sua volta alcune contro-annotazioni. In considerazione dei molteplici problemi sollevati e delle spese sostenute (le annotazioni sono state ristampate nei loro colori originali) furono in molti a sorprendersi che l’argomento fosse stato ritenuto di tale interesse dagli scienziati della Marina.Una morte annunciata
Nell’ottobre 1958, approfittando di un viaggio d’affari a New York, Jessup si recò a far visita allo scrittore Ivan T. Sanderson, un zoologo interessato al fenomeno UFO e alle anomalie in generale. Sanderson ricorda così quell’incontro: “C’era circa una dozzina di persone presenti. Ad un certo momento Morris chiese a tre di noi se poteva parlarci in separata sede. Appartatici, ci consegnò la copia originale riannotata e ci chiese di leggerla con attenzione, quindi di metterla al sicuro ‘in caso mi fosse accaduto qualcosa’. Tutto ciò all’epoca ci sembrò molto teatrale ma, dopo che aver letto il libro, abbiamo dovuto ammettere che siamo stati invasi da un sentimento collettivo di natura decisamente sgradevole. E questo venne orribilmente confermato il giorno in cui Jessup fu trovato morto nella sua auto, in Florida.”
Era il tardo pomeriggio del 20 aprile 1959 quando Jessup, dopo aver parcheggiato la sua station wagon nei pressi di casa, con tutta calma infilò un tubo di gomma nel condotto di scarico e l’altra estremità all’interno dell’abitacolo attraverso lo spiraglio di un finestrino. Morì di avvelenamento da monossido di carbonio. Il suicidio contribuì a enfatizzare il significato delle lettere di Allende, tant’è che qualcuno ritenne addirittura che Jessup fosse stato ucciso perché sapeva troppo. Di questa opinione un gruppo di occultisti californiani che nel 1962 pubblicò una monografia dedicata al controverso episodio e Gray Barker che raccolse i primi scritti di Jessup e le voci recenti a lui riferite nel volume The Strange Case of Dr. M. K. Jessup, edito l’anno seguente. Barker, tra l’altro, cita l’appassionato di UFO Richard Ogden, il quale sosteneva apertamente che il “suicidio di Jessup era stato architettato facendogli recapitare un nastro registrato che conteneva messaggi di auto-distruzione. Il nastro utilizzava suggestioni ipnotiche sovrimpresse a musica e mescolate con rumore bianco.” E concludeva, “Nessuno può resistere all’essere ipnotizzato da onde sonore.” Ma alcuna prova venne offerta da Ogden a supporto delle sue straordinarie asserzioni.
Dobbiamo tuttavia aspettare il 1965 perché il caso Allende faccia la sua apparizione in un libro a grande tiratura, ovvero Invisible Horizons scritto da Vincent Gaddis (edito in Italia da Armenia dieci anni dopo col titolo Il triangolo maledetto e altri misteri del mare), che è stato anche il primo a parlare del Triangolo delle Bermuda quale luogo di frequenti e misteriose sparizioni di navi e aerei. Due anni dopo, in un’appendice a Uninvited Visitors di Ivan T. Sanderson (tradotto nel 1974 dalle Edizioni Mediterranee col titolo UFO, visitatori dal cosmo) venivano ristampate le lettere di Allende a Jessup e l’introduzione all’edizione Varo. A commento Sanderson rimarcava: “Se il sig. A, il sig. B e/o ‘Jemi’ non sono altro che eccentrici, dove hanno scovato tutti questi fatti e tutte queste asserzioni che, sebbene singolarmente sono stati discussi per anni, richiederebbero molti anni di ricerca per essere rintracciati?” L’anno successivo, sempre negli Stati Uniti, sull’argomento vennero pubblicati altri due volumi a cura di Brad Steiger e Joan Whritenour, i quali ne enfatizzavano i contenuti riferendosi a una “nuova e provocatoria teoria” sulla natura e origine degli UFO. Secondo gli autori, Allende avrebbe potuto addirittura rappresentare un potere extraterrestre giunto sulla Terra molti secoli orsono. Altri avanzarono l’ipotesi che durante il periodo in cui la nave restò invisibile, la Marina Militare degli Stati Uniti sarebbe stata in grado di contattare entità aliene con le quali si accordò per una proficua forma di collaborazione.
Nel 1974, del “mistero” fece menzione il best-seller di Charles Berlitz The Bermuda Triangle, e lo stesso divenne nel 1979 il soggetto del libro di William L. Moore The Philadelphia Experiment (pubblicato in Italia lo stesso anno per i tipi della Sonzogno). Finché nel 1984 la New World Pictures produsse il thriller fantascientifico diretto da Stewart Raffill, The Philadelphia Experiment, con protagonista Michael Pare (nel ruolo del marinaio evanescente) e Nancy Allen.

L’uomo del mistero
Morto Jessup, Carlos Allende prese a scrivere lettere ad altri ricercatori del settore. Le località da cui erano spedite variavano da una volta all’altra. Nell’estate del 1967, dopo aver letto uno dei suoi primi libri sugli UFO, Allende scrisse anche a Jacques Vallée. Con la sua prima missiva, una cartolina illustrata – “vista notturna dei grandi magazzini Sanger Harris di Dallas” – Allende informava Vallée che per poco più di un milione di lire poteva ricevere le istruzioni su “come costruire il proprio disco volante”. In una successiva lettera di quindici pagine imbucata sempre a Dallas, Texas, ma con un indirizzo di Minneapolis, Allende congetturava che l’universo un bel giorno si sarebbe contratto per ritornare al suo punto di origine, proprio come era accaduto alla DE 173 di fronte ai suoi occhi. Inoltre sosteneva che anche Einstein aveva letto l’edizione Varo del libro di Jessup e le rivelazioni contenute nelle famose “lettere” avevano influenzato a tal punto la sua salute da portarlo di lì a poco alla morte.
Secondo Allende, a causa della eccessiva esposizione al campo magnetico, molti membri dell’equipaggio impazzirono, mentre altri svilupparono malattie misteriose. Due marinai sarebbero addirittura scomparsi da una taverna del posto lasciando le cameriere terrificate e confuse. La fotocopia di un ritaglio di giornale, senza testata né data, che descrive l’episodio sarebbe stata fatta recapitare anonimamente all’indirizzo dello scrittore William Moore.
Allende restò un personaggio estremamente elusivo, finché nell’estate 1969 si presentò presso gli uffici di Tucson, Arizona, dell’Aerial Phenomena Research Organization (APRO), dove confessò che l’intera vicenda era una burla da lui architettata, salvo poi ritrattare la sua confessione poco tempo dopo.
Nel 1978 Allende prese casa a Benson, Minnesota, e l’anno successivo si spostò alla vicina Montevideo, non molto lontano da Morris, dove William Moore viveva. Il 28 giugno il Montevideo American-News riferì che Allen, ovvero Allende, si recava sovente agli uffici del quotidiano “da quattro a cinque volte al giorno”. Nell’articolo veniva così descritto: “E’ alto, magro, veste in stile occidentale e di solito indossa un cappotto di lana. I suoi argomenti preferiti sono il comunismo e la condizione delle ferrovie del Milwaukee. Afferma di essere l’autore di svariati testi su argomenti scientifici e asserisce che il suo nome è menzionato in numerosi altri libri. Dice di essere una ‘persona controversa nei circoli scientifici e pseudoscientifici, un famoso linguista internazionale e scrittore’. In Montevideo, come a Benson, chiese aiuti finanziari alla comunità religiosa e all’Esercito della Salvezza.”
Nel 1983, Carlos Allende, apparve a Boulder, Colorado, dove Linda Strand, una giornalista scientifica, ebbe modo di intervistarlo brevemente e scattargli una foto, l’unica esistente di questo singolare personaggio. La Strand lo descrisse come un tipo strampalato che scribacchiò alcune note a margine della sua copia del libro di Berlitz e Moore prima di scomparire di nuovo, senza fornire ulteriori particolari su ciò che asseriva di aver visto.
Forse per emulare le gesta di Allende, più di recente, nel settembre 1989 è venuto alla ribalta un certo Al Bielek che ha asserito di essere stato uno dei marinai coinvolti nel tanto discusso esperimento di Filadelfia. Bielek nel corso di alcune conferenze e interviste, raccontò che per anni non aveva avuto alcun ricordo dei fatti, perché era stato sottoposto al lavaggio del cervello. Ma la memoria gli era tornata gradualmente dopo aver visto il film nel 1988. I suoi “ricordi” sono contenuti in un libro scritto assieme a Steiger nel 1990.

La verita’ viene a galla ?
Ma chi è veramente Carlos Allende, alias Carl Allen? Nel luglio 1979, Robert A. Goerman, un appassionato di UFO residente a New Kensington, Pennsylvania, si accorse di aver conosciuto i genitori di Allen da sempre: Harold Allen (70 anni) e signora erano i suoi vicini di casa. Gli Allen mostrarono a lui il materiale che il figlio aveva spedito loro negli anni vantandosi dell’agitazione che i suoi scritti avevano causato e il suo certificato di nascita: Carl Meredith Allen era nato il 31 maggio 1925 a Springdale, Pennsylvania. Era il maggiore di cinque figli, quattro maschi e una femmina. I genitori lo descrissero come un “maestro della presa in giro”. Suo fratello Randolph aggiunse: “Ha una mente fantastica. Ma per quanto ne so’, non l’ha mai veramente utilizzata, e non ha mai lavorato in un posto tanto a lungo per guadagnare abbastanza. E’ una vergogna.”

E se qualcuno avesse veramente verificato al RD n.1, Box 223 di New Kensington, l’indirizzo fornito da Allende nelle sue prime lettere, vi avrebbe trovato la casa colonica di proprietà della famiglia Allen.

A questo punto, anche William Moore, convinto assertore della credibilità di Carl Allen, cercò di fare marcia indietro, arguendo che Allen aveva semplicemente diffuso una storia che altri avevano raccontato. Moore ipotizzò che la realtà poteva essere “un poco più terrestre”. “Lo scopo dell’esperimento” scrive in un libro pubblicato privatamente nel 1984, “poteva essere l’invisibilità radarica, non ottica, e i bizzarri effetti riportati in connessione con esso – uomini che attraversavano muri, altri uomini che scoppiavano tra le fiamme – sembrano essere il risultato di allucinazioni causate a questi testimoni dalla troppa vicinanza al campo di forze a bassa frequenza e di grande potenza utilizzato.” Ma l’evidenza anche per questa interpretazione è scarsa e aneddotica.

Di fatto, secondo alcune versioni, la Eldridge non solo divenne invisibile, ma si ritrovò smaterializzata e teletrasportata a Norfolk, per poi ritornare a Filadelfia in un tempo così breve che in condizioni normali sarebbe stato impossibile. Ma un tale evento avrebbe dovuto produrre il movimento di qualcosa come 1900 tonnellate di acqua per colmare il vuoto creatosi, col risultato che una gigantesca ondata si sarebbe dovuta abbattere sull’intera baia. Eppure questa eccezionale conseguenza dell’”esperimento” non è menzionata da alcuna parte.

E il suicidio di Jessup? Sarebbe stato indotto dalla profonda depressione causatagli dalla separazione con la moglie complicata da un grave incidente automobilistico di cui era stato vittima alcuni mesi prima.

Anche l’interesse della Marina per l’intera vicenda si dimostrò più un’azione personale di Hoover e Sherby, che hanno agito per proprio conto spendendo di tasca propria. Il fatto che erano ufficiali della Marina, non significava nulla, come Shelby (ora impiegato alla Varo) affermò nel 1970 in una intervista rilasciata all’ufologo Kevin D. Randle.

Tuttavia qualcosa di veramente segreto accadde a Filadelfia nel ’43. L’interesse che Jacques Vallée espresse per il caso in uno dei suoi libri lo fece imbattere in un certo Edward Dudgeon. “Sono un pensionato di sessantasette anni, arruolato in Marina dal 1942 al 1945″, così iniziava la lettera di Dudgeon indirizzata a Vallée il 28 novembre 1992. “Ero imbarcato su un cacciatorpediniere che era lì allo stesso tempo dell’Eldridge DE 173. Posso spiegare tutto degli strani accadimenti poiché eravamo dotati dell’identico equipaggiamento, allora segreto. Altre due imbarcazioni hanno salpato assieme a noi per le Bermuda per poi rientrare a Filadelfia.”

Un paio di settimane dopo Vallée incontra Dudgeon che, avendolo convinto delle sue generalità e mostrato il foglio di congedo dalla Marina, racconta la sua versione dei fatti. La missione, che coinvolse la Eldridge e la Engstrom, la nave su cui era imbarcato Dudgeon, durò dalla prima settimana di luglio alla prima settimana di agosto del 1943, ed era considerata top-secret in quanto veniva per la prima volta sperimentato un insieme di contromisure che dovevano rendere le navi invisibili alle torpedini magnetiche lanciate dai sommergibili tedeschi. Nulla di “poco terrestre” ma all’equipaggio fu vietato di parlare della missione. L’utilizzo dell’attrezzatura speciale, consistente in un radar di bassa frequenza, un sonar, un dispositivo per il rilascio di cariche di profondità e delle eliche particolari, è stato confermato, alle richieste di Vallée, anche dal vice-ammiraglio William D. Houser.

In conclusione, l’intera vicenda non sarebbe altro che una burla organizzata dal misterioso Carl Allen? Secondo molti sì, ma altri ritengono che ci troviamo di fronte ad una operazione di disinformazione creata volutamente da non meglio identificati servizi segreti per distogliere l’attenzione da altri eventi ben più significativi. Lo stesso vale anche per il famoso caso Roswell e il discusso documento MJ12? E’ forse un caso che il divulgatore di tutti questi segreti sia sempre l’americano William Moore?

Intanto di Carl Allen si sono perse le tracce. Un rapporto non confermato dice che vive in Colorado.

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(Estratto dalla prima lettera ricevuta da M. K. Jessup da parte di Carl M. Allen)

Il Campo fu efficace in una forma sferoidale oblunga, e si estendeva per Cento metri (Più o Meno, dovuto alla posizione & Latitudine Lunare) fuori da ogni estremità della nave. Ogni Persona Dentro la Sfera diventò vaga nella forma MA osservava quelle Persone a bordo di quella nave come se anch’esse fossero nello stesso stato, eppure camminavano sul nulla. Ogni persona fuori da quella sfera non poteva vedere Niente salvo la forma chiaramente definita della Chiglia della Nave nell’Acqua, PURCHE’, naturalmente, quella persona fosse abbastanza vicina da vedere ancora, appena fuori da quel campo. (…) Ormai, Signore, Restano ben Pochi dell’equipaggio del cacciatorpediniere Espierimentale. Molti diventarono matti, uno semplicemente passò “traverso” il Muro di Casa sua sotto gli occhi di Sua Moglie & Figlio & altri 2 Membri dell’equipaggio (NON FU MAI RIVISTO), due “Andarono nella ‘fiamma’”, cioè “Gelarono” & presero fuoco mentre portavano comuni Bussole, un Uomo portò la bussola & Prese fuoco, l’altro venne per “Imporre le Mani” perché era il più vicino a lui ma prese fuoco anche Lui. BRUCIARONO PER 18 GIORNI. La fede nell’”Imposizione delle Mani” Morì Quando questo Avvenne & le Menti degli Uomini saltarono a dozzine. L’esperimento Fu un Completo Successo. Gli Uomini Furono Fallimenti Completi.

Poco Rispettosamente Suo CARL M. ALLEN

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(Estratto dalla seconda lettera ricevuta da M. K. Jessup da parte di Carl M. Allen)

Io guardo alle stelle Sig. Jessup, non mi faccio scrupolo di questo e il fatto che penso che SE MANEGGIATO ADEGUATAMENTE, CIOE’ PRESENTATO ALLA GENTE & ALLA SCIENZA IN MODO PSICOLOGICAMENTE EFFICACE, io sono SICURO che l’UOMO andrà dove ora sogna di andare… alle stelle, per mezzo della forma di trasporto che la Marina trovò accidentalmente (con suo imbarazzo) usando la NAVE SPERIMENTALE partì & comparve un minuto o giù di lì più tardi a distanza di parecchie Centinaia di miglia a un altro dei suoi Attracchi nell’area della Baia di Chesapeake. Io ho letto di questo in un altro giornale & solo per Ipnosi qualunque Uomo potrebbe ricordare tutti i particolari del giornale, data & ecc., capisce? Eh. Forse la Marina si è già servita di questo incidente per costruire i vostri UFO. E’ un progresso logico da ogni punto di vista. Che cosa le pare?

MOLTO RISPETTOSAMENTE CARL ALLEN

Il progetto Montauk
L’alone di mistero che ha circondato l’esperimento di Filadelfia è stato recentemente riproposto attraverso quello che è stato denominato il progetto Montauk, un presunto esperimento di viaggio nel tempo attuato in tutto segreto dal governo americano. I temi si ripropongono: una installazione militare (una base dell’Aeronautica nello stato di New York anziché una base della Marina nella Pennsylvania), un libro, i sedicenti testimoni.
Il tutto avrebbe avuto inizio con il lavoro pionieristico di Wilheim Reich e Nikola Tesla, prendendo forma negli anni ’40 con alcuni presunti esperimenti governativi sul controllo delle condizioni meteorologiche, consolidandosi con l’esperimento di Filadelfia e giungendo tra gli anni ’70 e gli anni ’80 a una definitiva manipolazione dello spazio-tempo.
Il testimone chiave di queste nuove rivelazioni è Preston Nichols, che avrebbe “recuperato i ricordi repressi del suo ruolo di capo tecnico del progetto solo dopo anni di sforzi”. Alfred Bielek, co-autore nel 1990 con Brad Steiger di un libro sull’esperimento di Filadelfia e uno dei due marinai sopravvissuti a tale prima avventura, avrebbe in seguito lavorato come consulente a Montauk. Costui asserisce che attraverso l’uso di tecnologia aliena, da parte di non meglio precisate agenzie segrete governative, il suo corso temporale sarebbe stato cancellato per fornirgli il corpo e la storia di Alfred Bielek, nato nel 1927, che a lui non appartiene.
Tutta la storia poteva essere appresa partecipando a un seminario organizzato da un non meglio identificato Istituto Rim di Phoenix, California, previo versamento della modica cifra di 250mila lire, più 150mila per vitto e alloggio. Attenzione però all’avviso degli organizzatori: “La storia di questi signori, sia che la accettiate o meno, è garantita estendere i limiti della vostra realtà”.

Scarti di caffe’ per produrre energia elettrica

Fonte: http://www.improntaecologica.it/

Il Centro di Ricerca per l’Energia e l’Ambiente dell’Università del North Dakota (USA) ha annunciato che è stato avviato un progetto per sviluppare una tecnologia di produzione di energia elettrica utilizzando gli scarti della lavorazione della pianta del caffè.
In particolare, i ricercatori insieme ai tecnici della Wynntyst, un’azienda del comparto energetico con sede in Vermont, stanno sviluppando un particolare impianto di gassificazione e per questo possono contare sulla collaborazione di un’importante azienda americana di caffè, la Green Mountain Coffee Roasters, la quale rifornisce tra l’altro Starbucks e McDonald e quindi dispone di una quantità davvero enorme di rifiuti da smaltire.
Con questo progetto i ricercatori vogliono dimostrare che i rifiuti organici possono essere trasformati in un gas sintetico pulito (il così detto Syngas) che, per le sue caratteristiche del tutto simile alla comune benzina, può tranquillamente essere utilizzato in qualsiasi motore a combustione interna per produrre energia elettrica rinnovabile, ma anche per generare il calore necessario per la produzione di altri biocarburanti ad alto valore.
Non solo: i risultati di questo primo progetto pilota permetteranno ai ricercatori di realizzare un vero e proprio sistema su scala molto più ampia che verrà installato anche in tutti gli altri impianti di produzione della Green Mountain Coffee Roasters.