Intelligence Usa: “Acqua causa di instabilità geopolitica”

Fonte: http://www.formiche.net/dettaglio.asp?id=28424&id_sezione=94

Poca disponibilità, sorgenti inquinate ed alluvioni saranno le cause di tensioni geopolitiche nei prossimi anni. A rivelarlo è l´intelligence americana, che non ha specificato i Paesi… perché forse tutti sono coinvolti.

La limitata disponibilità di acqua sarà nei prossimi anni un elemento di forte instabilità in molti Paesi chiave per gli Stati Uniti. L’allarme è stato lanciato oggi – giornata mondiale dell’acqua – dall’intelligence americana, secondo quanto riportato dalla Cnn.
“Nei prossimi dieci anni, molti Paesi importanti per gli Stati Uniti dovranno quasi sicuramente affrontare problemi riguardanti l’acqua (poca disponibilità, sorgenti inquinate, alluvioni) che contribuiranno ad aumentare le tensioni e l’instabilità in alcune regioni”, secondo il rapporto dell’intelligence nazionale. Il rapporto non specifica i Paesi più a rischio, perché basato su informazioni “classificate”, ovvero protette dalla divulgazione non autorizzata per motivi di sicurezza.
Il rapporto si basa su sette bacini idrici che si trovano in Medio Oriente, Asia e Africa, considerati strategicamente importanti per gli Stati Uniti: quelli dei fiumi Indo, Giordano, Mekong, Nilo, Tigri-Eufrate, Amu Darya e Brahmaputra.
Secondo l’intelligence americana, difficilmente la disponibilità di risorse idriche sarà alla base di conflitti tra Stati nei prossimi dieci anni, ma l’acqua dei bacini condivisi potrebbe diventare una leva per fare pressione sui Paesi vicini. Oltre a trasformarsi in un’arma per i terroristi, “in cerca di maggiore visibilità. In alcuni casi abbiamo notato la presenza di infrastrutture molto deboli, che potrebbero diventare un facile bersaglio”, indica il rapporto.
La crescita della popolazione, lo sviluppo economico dei Paesi arretrati e il cambiamento climatico non faranno altro che peggiorare la situazione. “La mancanza di acqua sarà un fattore destabilizzante in quei Paesi che non hanno le risorse finanziarie o tecniche” per farvi fronte, secondo l’intelligence americana. Per rispondere alla crescente domanda nei prossimi 30 anni, servono investimenti nei settori agricolo e idroelettrico, e nel trattamento dell’acqua.

Il rapporto è stato stilato su richiesta del segretario di Stato, Hillary Clinton, preoccupato per l’influenza che la limitata disponibilità di acqua potrebbe avere sulla sicurezza degli Stati Uniti. Il National Intelligence Council si è avvalso del contributo di 10 agenzie di intelligence.

Una nuova struttura 3D permette ai pannelli solari di migliorare la loro efficienza fino a venti volte

Fonte : http://www.improntaecologica.it/

In attesa che vengano inventati nuovi materiali per migliorare l’efficienza energetica dei pannelli solari, i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT) hanno sperimentato con successo una nuova struttura tridimensionale su cui sono stati posti comuni pannelli fotovoltaici che, grazie proprio a questo tipo di design, riescono a migliorare le prestazioni in termini di energia prodotta da un minimo del doppio fino a venti volte quella dei normali pannelli montati su una superficie piana.
Per calcolare tutte le configurazioni possibili il team di ricercatori ha originariamente un complesso algoritmo e ha creato un software analitico in grado di testare la praticità delle configurazioni per scoprire quale di essa funzionava meglio, in quale intervallo di latitudini, di stagione e di tempo.
Il risultato è una sorte di torre fotovoltaica in grado di catturare la luce del sole da diverse angolazioni e che, proprio per la particolare forma, potrebbe trovare una buona applicazione in luoghi dove lo spazio è limitato, come gli ambienti cittadini e i tetti piani.
Unico neo, almeno per il momento, il costo che i ricercatori hanno stimato più alto dei comuni pannelli solari sebbene l’efficienza sia decisamente migliore.
In ogni caso stanno già lavorando per rendere più vantaggioso economicamente parlando questo innovativo sistema.

L’immensa balla del fabbisogno di calcio

Scritto da: Lorenzo Acerra
Fonte: http://www.disinformazione.it/balla_del_calcio.htm

Il fabbisogno di calcio per l’essere umano… provate ad indovinare!? È stato inventato dall’industria casearia (che nel 1994 lo portò a 1000 milligrammi al giorno, nel 1997 a 1200, nel 2001 a 1500!).

Il fabbisogno reale è molto più basso di quanto si dicesse. Già nel 2007 in tutta Europa è stato riportato a 700 milligrammi al giorno per gli adulti e 400 per gli adolescenti. Ma già nel 1962 le raccomandazioni per il calcio del FAO/WHO Expert Group erano per gli adolescenti di 350 milligrammi e le donne in gravidanza di 500 milligrammi al giorno. In Cina o in Zambia e in altri paesi in cui la incidenza di fratture ossee era nulla o quasi, le persone avevano un introito di calcio che andava da 250 fino a 400 milligrammi al giorno (Hunt 2007). Le ossa contengono calcio. Che cosa dobbiamo fare per curare le ossa fragili e malate? Ingerire più calcio? Ma il calcio contenuto nel latte di vacca precipita sulle ossa in modo tale da renderne la struttura rigida e particolarmente fragile.

Studi lo confermano: è proprio la presenza di calcio depositatosi male sulle ossa a dare loro la caratteristica di suscettibilità alle fratture. Inoltre il calcio del latte, poiché è relativamente inassorbibile ed in eccesso, va a creare il problema delle calcificazioni inappropriate sui tessuti molli, legamenti, cuore, etc., perché è lì che quel calcio sedimenta, precipita.

Ed è proprio la presenza di calcio depositatosi male sulle ossa a dare loro la caratteristica di suscettibilità alle fratture. Inoltre il calcio del latte, poiché è relativamente inassorbibile ed in eccesso, va a creare un problema sui tessuti molli, cuore, legamenti e così via, perché è lì che quel calcio precipita causando calcificazioni inappropriate. Sono proprio le nazioni che consumano le maggiori quantità di prodotti caseari, gli Stati Uniti, Israele, l’Olanda, la Finlandia, che hanno le incidenze maggiori di fratture ossee. Se il consumo di prodotti caseari veramente aiutava le nostre ossa, ce ne saremmo accorti, almeno noi negli Stati Uniti, dove il consumo pro-capite di formaggi è passato da cinque chili nel 1970 a undici nel 1990, sedici nel 2006 e oltre diciannove chili nel 2010. E invece l’incidenza di fratture ossee è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi quarant’anni.

Considerate questo: 100 grammi di latte materno, destinati alla rapida mineralizzazione dei tessuti del neonato, contengono 33 milligrammi di calcio, mentre la stessa quantità di latte vaccino ne contiene 118 milligrammi, quindi quasi quattro volte tanto. Se accettiamo l’idea che la natura fa tutto per dei buoni motivi, dobbiamo pensare che il latte di mucca dispone di troppo calcio per gli esseri umani.

Quali sono gli effetti negativi di un eccesso di calcio? Ebbene sappiamo che le difficoltà causate dall’uso di carbonato di calcio (usato per svariati anni come antiacido) consistevano in affaticamento, cefalea, nausea senza vomito, scintigrafie ossee anormali, anormali livelli di ormone paratiroideo e insufficienza renale.

L’integrazione di calcio oltre i 2.500 milligrammi al giorno ha importanti effetti negativi sull’equilibrio dei minerali nel corpo (Kato 2004). Uno studio pubblicato sull’American Journal of Medicine descriveva un uomo che aveva accettato di prendere come trattamento per i dolori allo stomaco un antiacido a base di carbonato di calcio. Nonostante lo avesse preso tutti i giorni per oltre quattro anni, sul paziente furono riscontrati successivamente numerosi episodi di fratture. La cosa strana era che il grado di mineralizzazione ossea era davvero soddisfacente. Una Tac però aveva rivelato calcificazioni ai reni (Carmichael 1984).

Aumentando negli anni l’utilizzo di carbonato di calcio contro l’acidità di stomaco, i ricoveri ospedalieri per l’ipercalcemia sono passati da un tasso inferiore al 2% nel 1990 a quello del 1993 che era del 12%. Secondo Beall e Scoheld (1995), la condizione di ipercalcemia è reversibile se diagnosticata precocemente. Ma le persone spesso prendono gli antiacidi a base di carbonato di calcio regolarmente per anni, senza considerare i possibili effetti collaterali, come per esempio artriti o danni renali permanenti. Dopo aver riportato tutti questi dati scientifici di cui ci si dimentica spesso, non mi rimane che ribadire che il modello di guarigione più accurato e che ottiene risultati migliori è quello naturale, che si basa sulla fiducia nella natura e che s’interroga sui possibili problemi metabolici o sui sovraccarichi tossici.

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– FAO/WHO Expert Group. 1962. Calcium Requirements. Rome, FAO.
– FAO. 1974. Handbook on Human Nutritional Requirements. Rome, FAO.
– Truswell, S. 1983. Recommended dietary intakes around the world. Report by Committee 1/5 of the International Union of Nutritional Sciences. Nutr. Abstracts Revs., 53: 939-1119.

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Arrestate oltre 2mila persone nella festa di Qingming

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Arrestate-oltre-2mila-persone-nella-festa-di-Qingming-24442.html

Andavano a rendere omaggio alle tombe di personalità cinesi e volevano sostare in piazza Tiananamen a deporre dei fiori. Sono tutti segregati nella prigione nera di Jiujingzhuang. “Un’illusione” le proposte di Wen Jiabao a cambiare il giudizio sui fatti di Tiananmen. Arrestata anche l’attivista Mao Hengfeng.

Pechino (AsiaNews/Chrd) – La polizia cinese ha arrestato più di 2mila persone mentre uscivano dal Cimitero rivoluzionario di Babaoshan e si recavano in piazza Tiananmen per onorare gli “eroi” della nazione. Il fatto è avvenuto due giorni fa, il 4 aprile, giorno della festa di Qingming, in cui la tradizione cinese celebra “la pulizia delle tombe”, un’espressione di devozione e cura verso i propri antenati. Il cimitero di Babaoshan raccoglie le spoglie di molte personalità cinesi che si sono distinti nella storia, fra cui anche la tomba di Zhao Ziyang, segretario del Partito comunista negli anni ’80, silurato per essersi opposto al massacro di Tiananmen.

Nel folto gruppo di arrestati vi erano almeno 500 persone da Shanghai, giunti a Pechino per presentare delle petizioni. I poliziotti li hanno bloccati all’uscita del cimitero e condotti a forza nella “prigione nera” di Jiujingzhuang. Il gruppo era intenzionato di andare anche in piazza Tiananmen a deporre dei fiori al monumento degli Eroi, dove è avvenuto il massacro. Secondo testimonianze, la prigione è così affollata che centinaia di arrestati sono tenuti nel cortile dell’edificio.

Nei giorni scorsi aveva fatto scalpore la notizia che il premier Wen Jiabao avrebbe chiesto al Partito di cambiare il giudizio sul movimento di Tiananmen (accusato di essere “controrivoluzionario”), facendo pressione per maggiori riforme politiche. Wen avrebbe anche dato indicazione di allentare la morsa della censura su temi legati a Tiananmen, di solito oscurati sul web cinese. Secondo alcuni analisti, le idee di Wen Jiabao – grande fautore di riforme politiche mai avveratesi – sono “un’illusione”.

Il giorno di Qingming, la polizia di Pechino ha pure arrestato l’attivista Mao Hengfeng (v.29/07/2011 Rilasciata dal carcere Mao Hengfeng, ridotta in sedia a rotelle)   e 10 suoi compagni, recatisi alla tomba di Yang Jia, condannato a morte nel 2008 per aver ucciso sei poliziotti a Shanghai. Per molti Yang Jia è un eroe, simbolo della resistenza contro il governo dittatoriale.

Chi consegnò all’agente G.71, alcuni giorni prima del sequestro di Moro, il plico diretto ai servizi segreti israeliani con la richiesta di aiuto per salvare lo statista democristiano?

Scritto da: Valerio Lucarelli
Fonte: http://www.valeriolucarelli.it/arconte.htm

Antonino Arconte, nome in codice G.71 VO 155 M, faceva parte di una struttura militare riservatissima: la “Gladio delle centurie”. Gladio fu istituito negli anni ’50 con lo scopo di neutralizzare un eventuale offensiva dei comunisti in caso di guerra civile.

Il Comunicato N° 3 del sequestro Moro recita: “L’interrogatorio prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee ccntrorivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attuando.”

“Il gran segreto” intorno al quale ruotavano gli interrogatori delle BR a Moro era proprio Gladio. Così l’agente G71 racconta a Stefano Vaccara, giornalista di America Oggi, la sua missione in Medio Oriente:

“Partii dal porto della Spezia il 6 marzo 1978, a bordo del mercantile Jumbo Emme. Sulla carta era una missione molto semplice: avrei dovuto ricevere da un nostro uomo a Beirut dei passaporti che avrei poi dovuto consegnare ad Alessandria d’Egitto. Dovevo poi aiutare alcune persone a fuggire dal Libano in fiamme, nascondendole a bordo della nave. Ma c’era un livello più delicato e più segreto in quella missione. Dovevo infatti consegnare un plico a un nostro uomo a Beirut. In quella busta c’era l’ordine di contattare i terroristi islamici per aprire un canale con le BR, con l’obiettivo di favorire la liberazione di Aldo Moro.”

Fin qui nulla di strano. È prassi consolidata chiedere aiuto ad un’altra agenzia e il Mossad era forse più potente fra i servizi.

Il plico che contiene l’ordine di aprire un canale per la liberazione di Moro è autenticato dal notaio Pietro Ingozzi d’Oristano ed è firmato del Capitano di Vascello della Marina della X Divisione “Stay Behind”. Il documento è datato 2 marzo 1978 e fu consegnato a Beirut il 13 marzo dello stesso anno. Moro sarà rapito il 16 di marzo, due settimane dopo la data d’emissione e ben diciotto giorni prima della “cartolina di mobilitazione” che giunse ad Arconte il 26 febbraio 1978.

G71 doveva consegnare il documento a Beirut all’agente G-219, identificabile nel colonnello Ferraro, suicidatosi in circostanze dubbie nel 1995, dipendente dal capocentro G-216, il colonnello Stefano Giovannone, indicato dallo stesso Moro in una delle sue lettere come tramite con i movimenti di liberazione del Medio Oriente, affinché questi intervenissero sulle BR ai fini della sua liberazione.

Una perizia scientifica effettuata sul documento ha affermato che carta, inchiostri e caratteri di stampa, erano quelli normalmente in uso al Ministero della Difesa, Marina Militare, Ufficio X°, negli anni ’70. Cioè che il campione è compatibile con l’epoca dei documenti di raffronto.

Giova ricordare che cinque anni fa, all’uscita del documento, ci furono delle interrogazioni parlamentari. Lo stesso Giulio Andreotti chiese espressamente al governo Berlusconi, allora in carica, di far subito luce sulla vicenda, perché se quel documento fosse risultato un falso chi lo spacciava per vero avrebbe dovuto essere perseguito. Cosa che non è mai accaduta.

Arconte dice: “Ho deciso di parlare, di raccontare chi sono veramente e cosa ho fatto per il mio Paese e per la democrazia, perché mi sento in pericolo. Molti, troppi, di noi sono morti. Chi in missione, chi in strani incidenti e chi è stato perfino “suicidato”. La verità è che ci vogliono cancellare, vogliono cancellare la nostra storia e fare in modo che di noi non resti più la memoria”.

Come racconta nel sito www.shar-net.com, Arconte sta cercando una produzione europea per finanziare un’opera cinematografica tratta dal libro “L’Ultima Missione!”.

Tra i suoi quadri mi ha particolarmente colpito questo dipinto olio su tela tratto dal sito www.geocities.com/Pentagon/4031. Ho chiesto ad Arconte il titolo dell’opera. Ecco la sua risposta:

“Semplicemente FIRMATO ed esprime l’amarezza di chi è stato costretto a uscire allo scoperto, lasciare l’anonimato per difendere la sua vita, il suo onore e la sua famiglia.”

I Servizi Segreti sapevano con largo anticipo che Moro sarebbe stato sequestrato dalle Brigate Rosse. Forse la sua morte e quella dei suoi cinque uomini di scorta poteva essere evitata.

L’Aquila dopo tre anni dal terremoto è ancora tra le macerie

Scritto da: Caterina Pometti
Fonte: http://www.italiah24.it

L’Aquila dopo tre anni dal terremoto è ancora tra le macerie.Sono passati 3 anni dal terremoto che il 6 aprile devastò L’Aquila e il circondario, e causò la morte di 309 persone, eppure resta ancora da rimuovere il 95% delle macerie, secondo il report ‘I numeri della ricostruzione’ della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (Sge).

Impossibile dimenticare quel 6 aprile quando un terribile terremoto spezzò la vita dell’Abruzzo intero, dove studenti con tanti desideri in cuore, famiglie e piccoli bambini, furono cancellati dalla terra stessa che li coprì tra un cumulo di macerie, che ancora dopo 3 anni, sono lì, sono circa quattro milioni di tonnellate. Ad oggi ne sono state rimosse 211mila.

I mezzi ci sono ma non si vedono. Eccoci tornati alla realtà. Nessun sogno di rinascita almeno per il momento per gli abruzzesi nonostante all’indomani del sisma la Fiat abbia donato alla Protezione Civile 6 mezzi per rimuovere le macerie, circa tre milioni e 800mila tonnellate di detriti. Il tutto suggellato da comunicato stampa del maggio 2009 e dalla cerimonia di firma dell’atto ufficiale nella Caserma della guardia di Finanza di Coppito. Ma i detriti restano ancora là: i mezzi, del  valore di 860 mila euro,  secondo la sezione locale del Co.na.po, il sindacato autonomo dei Vigili del fuoco, non sono mai arrivati nella città fantasma.

Ad oggi, su una popolazione residente di oltre 70 mila abitanti, sono ancora 21.791 i cittadini che vivono in alloggi a carico dello Stato. Oltre 12 mila di loro vivono negli appartamenti del “progetto C.A.S.E.” (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili) ossia le 19 new town, costate 2.700 euro al mq, fatte costruire da Berlusconi in tempi record ma che oggi mostrano alcuni problemi di costi e di manutenzione. Sono infatti lontane dall’Aquila e mancano del tutto i servizi.

Oltre 7 mila persone vivono invece nei MAP (Moduli Abitativi Provvisori), nelle case prese in affitto concordato con la Protezione Civile o attraverso il fondo immobiliare. E sono ancora 339 le persone alloggiate in alberghi e nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito. Di fronte ad una aspettativa di 15 anni e più per rientrare nelle case in centro, molti proprietari “esasperati” cominciano a vendere al Comune. La qualità della vita insomma è peggiorata e a risentirne di più sono i giovani e gli anziani.

PRODI E KISSINGER A PROPOSITO DELLA “PRIMAVERA ARABA” E DEL MEDIO ORIENTE

Scritto da : Mauro Tozzato
Fonte: http://www.conflittiestrategie.it

 

Su Il Gazzettino di oggi (01.04.2012) Romano Prodi espone alcune considerazioni sulla situazione politico-militare in Medio Oriente. Un sondaggio del New York Times riporta la notizia che il 60% degli americani è favorevole al ritiro dei soldati Usa dall’Afghanistan, mentre solo il 23% pensa sia opportuno insistere  nella continuazione della guerra. I recenti episodi e in particolare l’uccisione di 17 civili da parte del sergente Robert Bales hanno particolarmente influenzato l’opinione pubblica al punto che si parla di un possibile ritiro anticipato del contingente statunitense rispetto alla scadenza già programmata per la fine del 2014. Si capisce ormai che nessuno degli obiettivi che l’amministrazione Usa si era prefissa sarà raggiunto, visto che l’uccisione di un Bin Laden ormai in disarmo e praticamente in “pensione” non è risultata altro che una squallida commedia noir . E lo stesso Prodi si esprime in maniera netta al riguardo:

<<La sicurezza della popolazione civile è infatti peggiorata, contro tutte le aspettative, anche dopo che le forze americane sul campo sono state aumentate da 90 a 130.000 uomini. Ora che le truppe straniere stanno diminuendo, le milizie afghane non sembrano assolutamente in grado di prendersi carico della sicurezza del proprio Paese. Le speranze che , a conflitto finito, la democrazia possa regolare la vita dell’ Afghanistan sono sempre più tenui, per cui il paese sarà ancora una volta devastato dal terrorismo e dai conflitti interni, mentre l’economia ritornerà saldamente nelle mani dei trafficanti di stupefacenti.>>

Una descrizione così catastrofica fa pensare – sulla linea delle osservazioni di La Grassa riguardo le prese di posizione delle principali forze politiche negli Stati Uniti – che l’ex lider maximo del centro-sinistra in Italia sia decisamente schierato, adesso, con il “partito” anti-obamiano. L’ex presidente dell’IRI continua in maniera altrettanto dura anche riguardo all’Iraq ricordando i 10.000 morti tra i soldati della coalizione e gli oltre 100.000 irakeni uccisi ed enfatizzando gli scontri religiosi che ancora insanguinano il paese: tra sunniti e sciti ma anche tra musulmani e cristiani. Anche riguardo alla strategia “vincente” in nord-africa  l’ambiguo professore continua con pesanti critiche, in Libia continuerebbero le

<<tipiche vendette legate alla guerra civile e si ha notizia di una lunga serie di torture e omicidi in un paese che appare sempre più diviso. Le milizie delle varie tribù, invece di deporre le armi, stanno rafforzando i propri  arsenali, anche perché tutto quanto è avvenuto in Libia si è svolto sopra la loro testa, senza tenere conto del ruolo da loro giocato nella vita reale del paese>>.

Fino a prova contraria queste ultime affermazioni possono significare soltanto che l’ex- presidente della Commissione Ue vuole rimarcare il fatto che la fine della Grande Jamāhīriyya Araba Libica Popolare Socialista e di Gheddafi è stata voluta dagli Usa e dai suoi accoliti (tra cui l’Italia del “rinnegato” Berlusconi) e non si è trattato in nessun modo di una autentica ribellione popolare. A questo punto, però,  Prodi modera un pochino i toni riconoscendo che anche se la “democrazia” non può essere esportata con i carri armati, le bombe e i missili, in alcuni casi – come, per esempio, in Tunisia ed Egitto dove avrebbe agito un autentico “movimento popolare” – risulterebbe possibile coadiuvare dall’esterno il passaggio da un regime autoritario ad uno liberale. L’ex premier fa capire che il suo disaccordo riguarda principalmente la guerra in Libia e il motivo, non confessato, riguarda sicuramente il ruolo strategico fondamentale – nella politica estera del Mediterraneo che guarda a Est – che Gheddafi svolgeva negli accordi per rafforzare un polo energetico “indipendente”  Russia-Libia-Italia. Meno condivisibile appare l’affermazione prodiana che si starebbe assistendo ad una

<< “erosione”del potere militare nella realtà politica contemporanea. Questo termine “erosione” era stato elaborato 25 anni fa da uno studioso britannico (Evan Luard) che aveva definito “un’arma spuntata” l’azione degli eserciti nelle guerre che si pongono un obiettivo politico>>.

Come al solito le vaghe generalizzazioni non valgono un fico secco; la forza militare è sempre solo uno strumento, anche se in ultima istanza decisivo, di precise e contingenti strategie politiche internazionali. Vi sono situazioni in cui la potenza egemone deve rischiare un estremo atto di forza “diretto” mentre in altre circostanze, come quella attuale – in condizione di relativa difficoltà della medesima superpotenza ma anche degli altri principali “poli” concorrenti – una diversa strategia – che La Grassa ha definito del “caos” e delle infiltrazioni di liquido intesa come metafora per spiegare un uso della forza coercitiva attraverso l’intelligence e strumenti a questa attinenti – può risultare maggiormente efficace. L’articolo di Prodi, infine, si chiude con una frase “sibillina” (ma neanche tanto):

<<Naturalmente, se l’obiettivo non è il raggiungimento della democrazia, non bisogna tenere conto di quanto ho scritto>>.

Per concludere mi pare utile riportare alcune interessanti considerazioni tratte da un articolo di Henry Kissinger apparso sul Sole 24 ore del 01.04.2012:

<<Per oltre mezzo secolo, la politica americana in Medio Oriente è stata guidata da obiettivi di sicurezza: impedire che emergesse una potenza egemone, garantire il libero flusso delle risorse energetiche e negoziare una pace duratura fra Israele e i vicini, palestinesi inclusi. Nell’ultimo decennio l’Iran è emerso come l’ostacolo a tutti e tre questi obbiettivi. La primavera araba non ha cancellato questi interessi, anzi ha reso più urgente tradurli in pratica. Un processo che dovesse concludersi con Governi troppo deboli o di orientamento troppo antioccidentale per dare il loro sostegno a esiti di questo genere, e dove la collaborazione americana non sarebbe più accolta con favore, deve suscitare timori a Washington, indipendentemente dai meccanismi elettorali con cui questi Governi sono arrivati al potere. In questi limiti generali, la politica americana ha margini di creatività per promuovere i valori umanitari e democratici.
Gli Stati Uniti devono essere preparati a trattare con Governi islamisti democraticamente eletti, ma devono essere anche liberi di perseguire un principio standard della politica estera tradizionale, condizionando il loro atteggiamento alla compatibilità delle azioni del Governo in questione con i propri interessi>>.

Come si può notare anche il grande studioso e uomo politico statunitense si mostra dubbioso riguardo ai risultati di quella che è stata definita la “primavera araba” soprattutto in relazione agli obbiettivi nazionali Usa per la propria sicurezza (e supremazia). Vista la necessità di un ritiro delle proprie Forze Armate da buona parte del Medio Oriente, pur continuando a tenere sotto controllo l’Iran, diventa decisivo, secondo Kissinger, impedire che nei paesi nord africani si assista a  una deriva politica incontrollabile e una “islamizzazione” dei regimi, considerando che anche la situazione siriana mostra, nella sua criticità, una recrudescenza nel conflitto tra sciiti e sunniti – con il tentativo da parte sunnita di ristabilire il proprio predominio ai danni della minoranza sciita che oggi ha il potere a Damasco –  con il risultato che molti gruppi minoritari (drusi, curdi e cristiani)
continuano a essere fortemente contrari ad un cambio di regime.

Imu, salve le banche Chi sta all’ospizio no

Scritto da: Domenico Ferrara
Fonte: http://www.ilgiornale.it/

Fondazioni bancarie graziate, anziani che vivono nelle case di riposo tassati. Alla faccia dell’equità. La spada di Damocle dell’Imu pende sulla testa degli italiani. Non tutti però.

Infatti, l’esecutivo di Monti sembra risparmiare le fondazioni bancarie (e i suoi azionisti), in quanto ritenute associazioni no profit.

Le Commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno infatti cassato un emendamento al dl fiscale, presentato dall’Idv, che contemplava il pagamento dell’Imu per le fondazioni bancarie.

A presentare la proposta di modifica è stato Elio Lannutti (Idv), il quale ha sottolineato che “il governo aveva dato parere contrario sostenendo che le banche e le loro fondazioni sono associazioni benefiche. È una vergogna perché si fa pagare l’Imu sulle macerie, ovvero sulle case inagibili, sui pagliai, e allo stesso tempo il governo dei banchieri dimostra di essere prono agli interessi degli stessi banchieri”.

A rincarare la dose ci ha pensato il presidente dei senatori dell’Idv, Felice Belisario, che accusa il governo di garantire “l’esenzione fiscale per i poveri banchieri“.

In Italia le fondazioni bancarie sono quasi 90 e dispongono di un patrimonio superiore ai 50 miliardi. Si professano no profit, ma, secondo quanto ha dichiarato il senatore Lannutti in un’interrogazione parlamentare, “la quota impegnata nelle partecipazioni bancarie si attesa intorno al 40 per cento, mentre il resto è investito in titoli di Stato ed in società private scelte esclusivamente secondo il criterio della redditività e da questo capitale le fondazioni ricavano ogni anno lauti guadagni, devoluti ad attività di utilità sociale: il settore maggiormente finanziato è quello artistico e culturale”.

Tuttavia, le fondazioni bancarie continuano a non pagare le tasse, nonostante (come ha precisato a linkiesta.it il leader dei Verdi Angelo Bonelli ), “le Sezioni unite della Cassazione nel 2009 abbiano stabilito che non possono godere di sconti fiscali, in quanto non sono equiparabili agli enti del mondo no profit“.

Al contrario invece nessuna esenzione per gli anziani che vivono nelle case di riposo, per i quali, secondo il senatore della Lega Nord, capogruppo in commissione Bilancio, Gianvittore Vaccari “l’Imu diventerà un salasso senza precedenti, poiché agli immobili di loro proprietà verrà applicata l’aliquota prevista per le seconde case”.

Via libera invece per quanto riguarda gli “sconti” sull’Imu per gli immobili dei comuni, agricoli, montani e storici. La norma stabilisce, inoltre, che per il 2012 il versamento dell’Imu dovuto per i fabbricati rurali sarà effettuato in un’unica soluzione entro il 16 dicembre. Via libera anche all’esenzione per i fabbricati rurali strumenti situati nei comuni di montagna con altitudine superiore a 1.000 metri.

Si ripristina, poi, l’abbattimento della base imponibile a favore degli imprenditori agricoli professionali. Per i fabbricati rurali strumentali, per i quali è prevista un’aliquota Imu del 2 per mille, viene fissato il versamento dell’imposta in due rate pari al 30% in acconto e al 70% a saldo, rispettivamente entro il mese di giugno e di dicembre.

Sulle unità immobiliari che in parte o in toto sono inabitabili (parzialmente demolite, dirute, o che, in ogni caso, non producono reddito), quelle accatastate F2, non si pagherà l’Imu.

ALTRA DIMENSIONE…

Scritto da: Francesco Amendola
Fonte: http://www.edicolaweb.net/dime125a.htm

Il 17 dicembre 1967 un uomo di cinquantanove anni, ma ancora prestante e giovanile, si tuffa nelle acque dell’Oceano Indiano meridionale, davanti agli amici, da Point Nepean, davanti all’Albergo Portsea, in località Cheviot Beach, a sud di Melbourne, la metropoli capitale dello Stato australiano del Victoria, che oggi conta ben quattro milioni di abitanti.

Benché il mese di dicembre nell’emisfero australe corrisponda al mese di giugno nel nostro emisfero, e dunque alla stagione balneare australiana, si tratta pur sempre di un mare fra i più insidiosi del mondo, a quasi quaranta gradi di latitudine Sud (i celeberrimi “Quaranta Ruggenti” dei navigatori in solitario): gelido, ventoso, con delle onde gigantesche e, come se tutto ciò non bastasse, infestato in ogni stagione dell’anno dagli squali, cui si devono, ogni anno, alcuni casi di attacchi, talvolta letali, ai bagnanti.
Se poi si aggiunge che quel non più giovanissimo signore era reduce da una recente ferita che, evidentemente, ne menomava le pur notevoli doti di nuotatore; e, soprattutto, se si precisa che non era una persona qualsiasi, ma il Primo Ministro in carica del Governo australiano, Harold Holt, leader del Partito Liberale, il quadro dell’intera vicenda si fa ancora più strano, per non dire inquietante.
Sta di fatto che, quella, fu l’ultima volta che Harold Holt venne visto da qualcuno: sparì fra le onde e non se ne seppe più nulla, nonostante le affannose ricerche subito avviate dalla Guardia costiera e sollecitate dall’opinione pubblica.
A differenza di quello che succede di solito in simili casi, il corpo non venne mai ritrovato: il mare non lo restituì alla spiaggia e quando, il 19 dicembre, dopo quarantotto ore di frenetiche ricerche, le autorità dichiararono la sua morte presunta, un profondo sconcerto si impadronì di tutti, tanto più che si trattava di un personaggio assai popolare e stimato non solo tra le forze di maggioranza, ma in tutto il Paese e anche all’estero.
Il presidente degli Stati Uniti, Lyndon B. Johnson, che già l’anno prima aveva condotto un giro di propaganda in Australia a sostegno del governo liberale e per spiegare le ragioni della guerra in Vietnam, in cui l’Australia medesima era fortemente impegnata (nonostante la decisa opposizione dei laburisti), ritornò appositamente per partecipare al funerale: uno strano funerale, senza feretro né sepoltura; più che altro, una cerimonia commemorativa.
Sua moglie, l’ex stilista Zara Fell, sposata nel 1947, aveva già un matrimonio alle spalle e si accingeva a celebrarne un terzo, poco dopo la scomparsa di Holt, con un collega di partito di quest’ultimo; nel frattempo, però, aveva fatto in tempo a ricevere la prestigiosa onorificenza DBE, ossia Dama Commendatrice dell’Impero Britannico.
Ma chi era, nella vita privata, David Holt, che, nato nel 1908 e divenuto ministro già nel 1939, a soli trentun anni, era riuscito a salire sul seggio politico più alto nel 1966, divenendo Primo Ministro dopo il liberale Robert Menzies?

Di lui si era sempre detto che fosse un playboy del jet-set e che amasse le belle donne e il bel mondo della moda e dello spettacolo (era egli stesso figlio di un noto regista teatrale); e bellissime erano anche le tre giovani figlie che sua moglie Zara si portava dal precedente matrimonio, raffigurate insieme a lui in una fotografia, scattata proprio davanti all’albergo in cui sarebbe avvenuta, di lì a poco, la tragedia.
Pare che avesse un’amante, dal momento che, dopo la sua scomparsa, alcuni ipotizzarono, niente meno, una fuga romantica con lei, senza dover dare spiegazioni né alla moglie, né ai colleghi di partito e agli elettori, che certo non avrebbero capito; ma questa è soltanto uno dei numerosi tentativi di trovare una risposta all’enigma di quel 17 dicembre 1967. Altri si sono spinti ad ipotizzare che il fiero sostenitore del conservatorismo australiano, irriducibile sostenitore dell’impegno militare in Indocina al fianco degli Stati Uniti, fosse, in realtà, una spia al servizio del nemico, ossia della Repubblica Popolare Cinese; e che un sottomarino cinese, appunto, lo avesse prelevato quel giorno, al largo di Melbourne, per trasportarlo a Pechino, verso una nuova vita in strettissimo incognito. È questa la tesi sostenuta dal giornalista britannico Anthony Grey nel suo libro-shock “Il Primo Ministro era una spia”, apparso nel 1983, che suscitò, come è ben facile immaginare, un autentico vespaio di discussioni e di polemiche.
Un’altra spiegazione chiama in causa addirittura gli alieni: Harold Holt sarebbe stato rapito da creature extraterrestri, così come, del resto, sarebbe capitato a parecchi altri rappresentati della razza umana, rapiti a bordo di astronavi (o, magari, di sottomarini alieni) per fungere da cavie in chissà quali programmi di ricerca finalizzati ad acquisire una migliore conoscenza della forma di vita dominante sul pianeta Terra.
Infine c’è un’ipotesi assai più prosaica, secondo la quale il Primo Ministro si sarebbe, semplicemente, suicidato: avrebbe cercato la morte, cioè, vuoi per le preoccupazioni politiche (fra l’altro, una fronda interna stava crescendo all’interno del suo stesso partito, per non parlare dell’intransigente opposizione dei laburisti), vuoi per possibili intrighi sentimentali ai quali non vedeva ragionevoli vie d’uscita o, forse, segreti inconfessabili che, se venuti alla luce, avrebbero potuto non solo travolgerlo, ma anche disonorarlo.
Quello che è certo è che la morte di Holt, al quale è stato dedicato un complesso di piscine nel Centro Olimpico di Melbourne, sul momento venne giudicata strana ma non sospetta, tanto è vero che nessuna inchiesta venne aperta al riguardo; solo nel 2003, dopo che le leggi dello Stato di Victoria sono cambiate, la sezione scomparsi della polizia ha deciso di riaprire il caso, a ben trentacinque anni di distanza dai fatti.
L’inchiesta è durata due anni e alla fine, nel 2005, il coroner di Victoria (ossia l’ufficiale giudiziario incaricato di chiarire le circostanze della morte di un individuo), ha dichiarato chiuso il caso, affermando che Harold Holt doveva essere deceduto per annegamento, anche se il cadavere non è mai stato ritrovato, ciò che rende la conclusione meramente ipotetica.

Che dire di questo ennesimo mistero del mare?
Ogni anno, nel mondo, scompaiono molte migliaia di persone, sulla terra, in mare o nel cielo; e di queste una parte sembra sparita nel nulla, poiché non viene ritrovato alcun indizio che permetta di avanzare delle ipotesi: né frammenti di abiti, né chiazze d’olio o relitti (nel caso di imbarcazioni a motore o di aerei), insomma niente di niente.
In alcuni casi si tratta di sparizioni volontarie, da parte di persone che vogliono far perdere ogni traccia di sé, vuoi per suicidarsi, vuoi per rifarsi una vita in luoghi e circostanze totalmente diversi da quelli precedenti; in altri casi, di eventi accidentali, quali cadute in montagna o, appunto, annegamenti in mare, nei laghi o nei fiumi; in altri ancora, di rapimento a scopo di lucro o di vendetta, eventualmente seguito da omicidio; in alcuni, infine, manca qualunque traccia che consenta di formulare la benché minima ipotesi, beninteso ragionevole.
Harold Holt era un forte nuotatore e una persona molto sicura di sé; baciato in fronte dalla fortuna sin da giovane (a ventisette anni era già membro della Camera), ammirato e amato dalle donne, ammirato e forse invidiato dagli uomini: nella sua vita aveva conosciuto sempre il successo e assaporato notevoli soddisfazioni personali, mentre la sua carriera era stata una metodica, inarrestabile scalata verso le vette del potere.
Ciò nondimeno, egli aveva ormai raggiunto la fatidica soglia dei sessant’anni; il suo orizzonte politico non era privo di ombre e, forse, lo stesso poteva dirsi per la sua vita privata: grinta e ambizione non garantiscono l’infallibilità né, tanto meno, l’invulnerabilità.
Forse, in quel giorno di dicembre di oltre quarant’anni fa, Harold Holt, semplicemente, peccò di leggerezza e di vanità, sopravvalutò le proprie forze e andò incontro, quasi banalmente, a un crampo alle gambe o a una congestione intestinale, che vanificarono la sua perizia di nuotatore e lo condussero a una inattesa morte per annegamento.
L’ipotesi spionistica è suggestiva, ma un po’ troppo macchinosa, un po’ troppo alla 007; quella dell’intrigo sentimentale è avvincente, ma priva di riscontri oggettivi, così come quella del suicidio; restano le ipotesi degli extraterrestri o, magari, del “buco” spazio-temporale, che potrebbe avere inghiottito il premier australiano; ipotesi che, se appaiono alquanto spettacolari, non possono però invocare alcun elemento di sostegno, né alcun indizio a favore.
Le persone possono scomparire nel nulla?

Sempre restando in ambito australiano, molti forse ricorderanno il bel film di Peter Weir “Picnic a Hanging Rock”, del 1975, direttamente ispirato a un romanzo di Joan Lindsay, in cui si narra della inesplicabile sparizione di alcune ragazze frequentanti un collegio privato, nel corso della gita di fine d’anno scolastico presso una roccia sacra agli aborigeni, che sarebbe avvenuta nei primi anni del XX secolo.
Anche lo scrittore americano Ambrose Bierce trattò, in un suo racconto, il tema delle scomparse misteriose di esseri umani: in quel caso, un agricoltore che sparì, letteralmente, sotto gli occhi della moglie e dei figli, mentre si dirigeva dai campi verso casa e che non venne mai più ritrovato, quantunque, alcuni giorni dopo, una delle sue figlie ne udisse la debole voce, quasi proveniente da una dimensione parallela alla nostra. Ironia del destino, lo stesso Bierce doveva scomparire nel nulla, in Messico, durante la rivoluzione, tanto che l’anno stesso della sua morte rimane incerto: il 1913 o il 1914?
E che dire della intrepida aviatrice americana Amelia Earhart, scomparsa col suo aereo nell’Oceano Pacifico occidentale e mai più ritrovata? Era il 1937 e vi fu chi la disse catturata e fucilata come spia dai Giapponesi, che, a quell’epoca, avevano già iniziato la loro guerra del Pacifico (anche se gli Stati Uniti non vi erano ancora coinvolti); altri ancora ipotizzarono che avesse esaurito il carburante e che fosse precipitata in volo.
In Cina, nelle Montagne Qinling, nel corso di una sola notte, il 10 ottobre del 2010, sarebbe scomparso un intero villaggio, e ciò in corrispondenza con una serie di avvistamenti anomali, forse di astronavi aliene; si dice che l’intera zona sia stata isolata dall’esercito, che avrebbe impedito l’accesso a chiunque e soffocato, così, il diffondersi della notizia.
Anche la colonia inglese di Roanoke, in Virginia, fondata nel 1587, scomparve senza lasciare traccia di sé; nessuno dei suoi membri venne mai ritrovato – eppure si trattava di un centinaio di persone – né venne mai trovato il più piccolo oggetto o il più labile indizio della loro fine.
Dunque, non si può escludere che anche la scomparsa di Harold Holt abbia a che fare con la dimensione del mistero e che possa rimandare a un ordine di fenomeni che non sono quelli conosciuti dalle normali leggi della fisica.
È impossibile dirlo: una cosa ci sentiamo di dire, e cioè che la pretesa degli scettici che l’onere della prova spetti a chi fa una affermazione o a chi avanza una teoria anticonformista per spiegare un determinato fenomeno, crea un circolo chiuso, in cui, dietro le apparenze del rispetto per il rigore logico dell’indagine sui fenomeni naturali, si cela un evidente sofisma: perché mai si riuscirà a spiegare i fatti che non trovano collocazione nel vigente paradigma scientifico, se non si ammette, almeno come ipotesi di lavoro, che sia necessario modificare il paradigma stesso e riconoscere che siano possibili fenomeni che oggi la scienza dichiara impossibili.
Ci rendiamo conto che questa è una strada densa di pericoli, perché, percorsa in maniera sconsiderata, potrebbe avvalorare qualunque ipotesi peregrina e qualsiasi stramba elucubrazione; e tuttavia ci sembra chiaro che da essa soltanto possono scaturire nuove interpretazioni di fatti inspiegabili e nuove prospettive sul reale: su quel reale che noi crediamo di conoscere così bene, solo perché giriamo elegantemente la testa dall’altra parte, ogni qualvolta ci imbattiamo in fatti che la scienza non sa spiegare.
Così, per non mettere in crisi le nostre fragili certezze, tanto spesso preferiamo ignorare i fatti: e questo è un gravissimo errore concettuale, perché i fatti hanno sempre ragione; sono le teorie che possono avere torto…