La vera storia del cane a sei zampe

Fonte: http://www.eni.com/

A partire dai primi ritrovamenti di Caviaga nel 1946 e fino al 1952, Enrico Mattei punta dritto al petrolio, per scoprire molto presto che il tesoro più abbondante della “cassaforte a cielo aperto”, la pianura Padana, è in realtà quel gas metano che in pochissimi anni darà energia alla grande industria del nord Italia. Mattei ha però bisogno di far credere, all’opinione pubblica e alla classe politica, che il petrolio c’è e in abbondanza e che il paese può contare su una propria benzina, finalmente prodotta e raffinata “in casa”. Inizia allora a imprimere una forte accelerazione alla modernizzazione del ramo commerciale di Eni attraverso un’immagine pubblicitaria al passo dei tempi, in grado di coniugare ottimismo, velocità e progresso. La creazione del marchio del cane a sei zampe, legata alla promozione delle benzine prodotte nell’impianto di Cortemaggiore, doveva essere l’esempio di quella realtà italiana “che ce l’aveva fatta”.

L’idea dalla quale partiva Mattei era piuttosto semplice: utilizzare i successi in campo minerario per dare nuova luce all’attività commerciale, mostrando ai consumatori il legame virtuoso tra questi due aspetti. Da qui l’idea dello slogan “la potente benzina italiana” e del naming ad effetto “Supercortemaggiore”, che richiamava, con un efficace neologismo, il rapporto tra innovazione (Super) e affidabilità, impegno, esperienza consolidata (Cortemaggiore). Non sfugge a Mattei che la motorizzazione dell’Italia e’ appena agli inizi e che gli anni della ripresa economica sono un terreno ideale per seminare. Agli inizi del 1952 – quando ormai la nascita di Eni e’ certa – Mattei decide di fare un importante investimento economico per l’epoca: un concorso con un montepremi di dieci milioni di lire per i marchi dei due prodotti di punta (Supercortemaggiore e Agipgas), i relativi cartelloni pubblicitari e la colorazione della colonnina di distribuzione del carburante.
Mattei stabilisce in prima persona – come e’ solito fare – le modalità di svolgimento del concorso, i tempi, i premi, persino la giuria. Nel maggio 1952 il bando viene pubblicato sulla rivista Domus, allora diretta da Gio Ponti, considerata la rivista di architettura e arredamento più importante in Italia. La giuria vanta un parterre di grande qualità: oltre a Gio Ponti compaiono Mario Sironi, Mino Maccari, Antonio Baldini. Tra il maggio e il luglio del 1952 arrivano alla segreteria del concorso oltre 4.000 elaborati e l’8 settembre dello stesso anno, una votazione “a grande maggioranza” ne dichiara i vincitori. Per il cartellone Supercortemaggiore – che di lì a poco invaderà le strade italiane – viene prescelto il cane a sei zampe, realizzato dallo scultore Luigi Broggini ma presentato dal milanese Giuseppe Guzzi.

Molto si e’ detto sulla storia del cane a sei zampe. Nelle numerose biografie dedicate negli anni al presidente di Eni si e’ spesso creato un alone di leggenda attorno al marchio. In realtà i verbali del concorso e la ricostruzione della sua storia sfatano una volta per tutte il racconto che il “cane di Broggini” non avesse vinto alcun premio e che Enrico Mattei l’avesse personalmente ripescato tra gli esclusi. Sfatano anche, una volta per tutte, che il cane avesse originariamente 4 zampe e che Enrico Mattei ne avesse fatte aggiungere altre due, con un sorprendente tocco di fantasia e originalità. Non e’ neanche vero, tuttavia, che Enrico Mattei fosse completamente ignaro rispetto a quanto si andava decidendo sul marchio. Se e’ vero infatti  – e molte persone dell’entourage di allora lo confermano – che al presidente di Eni il cane, la sua forma strana e aggressiva, le sei zampe, la colorazione forte, la fiamma rossa piacevano eccome, è altrettanto vero che ebbe una parte per niente marginale nel decidere di utilizzare questa grafica non solo per i cartelloni pubblicitari ma anche per il marchio.

Già alla fine del 1952, il cane a sei zampe rappresenta “la potente benzina italiana” sulle pagine dei principali quotidiani e su molte riviste di vario contenuto, a tiratura nazionale. Ecco che il cane, per il quale a breve Ettore Scola (allora all’ufficio pubblicità dell’Agipgas) conierà il fortunato slogan “il cane a sei zampe fedele amico dell’uomo a quattro ruote”,  andrà rapidamente ad identificare non solo i prodotti ma, più in generale, il modo di essere di Eni. L’Italia ripartirà proprio da qui. Da questa fiamma in grado di riaccendere entusiasmo, ottimismo, voglia di fare.

 

Cina-Usa in guerra perchè…

Scritto da: Dott Fabio Troglia
Fonte: http://www.lamiaeconomia.com/2011/10/cina-usa-in-guerra-perche.html#more

La Cina ha avvertito Washington di essere “nettamente contraria” al progetto di legge Usa che punta a obbligare Pechino a rafforzare la sua moneta, dicendo che questa mossa porterebbe a una guerra commerciale tra le due maggiori economie del mondo.
In una risposta coordinata, la Banca centrale cinese e i ministri del commercio e degli affari esteri hanno accusato Washington di “politicizzare” le questioni monetarie.
La bozza di legge che deve essere discussa negli Usa questa settimana, ha detto il ministero degli Esteri, viola le regole del World Trade Organization e, forzando l’apprezzamento dello yuan, potrebbe indebolire gli sforzi comuni per rilanciare l’economia globale.
“Utilizzando la scusa del cosiddetto ‘squilibrio monetario’, porterà a una escalation del tema dei tassi di interesse utilizzando una misura protezionistica che viola gravemente le regole del Wto e danneggia seriamente le relazioni commerciali ed economiche tra Cina e Stati Uniti”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri Ma Zhaoxu in una nota pubblicata oggi sul sito ufficiale del governo (www.gov.cn). “La Cina esprime la sua più chiara opposizione”.
I senatori Usa hanno votato ieri l’avvio di una settimana di discussioni sull’Atto di riforma dei tassi di cambio del 2011, che potrebbe permettere al governo Usa di imporre imposte compensative sui prodotti provenienti da paesi che sostengono le proprie esportazioni svalutando le proprie valute.
I politici Usa, con gli occhi alle elezioni del 2012, dicono che la svalutazione della valuta cinese è costata posti di lavoro americani e che un tasso di cambio più equo potrebbe aiutare a ridurre un deficit commerciale annuo di 250 miliardi di dollari.
Ma Zhaoxu ha invitato i legislatori Usa a “partire da una più ampia visione della cooperazione commerciale e economica tra Cina e Stati Uniti” e a “rinunciare al protezionismo”.
Il portavoce ha ribadito la posizione di Pechino secondo cui la Cina continuerà a cambiare gradualmente la sua politica valutaria “rafforzando la flessibilità del tasso di cambio dello yuan”

 

Il Morbo di Alzheimer ha origine infettiva?

Fonte: http://www.giornalettismo.com/archives/154573/il-morbo-di-alzheimer-ha-origine-infettiva/

L’iniezione di tessuti malati ha riscontri su ratti sani.

 

 


El Pais riporta le scoperte effettuate da Claudio Soto dell’Università del Texas e di Joaquín Castilla del CIC bioGUNE riguardo al Morbo di Alzheimer, ovvero la forma più comune di demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile: si comporta come un’infezione.

SEMPRE PIU’ DETTAGLI – Secondo quanto rivela El Pais,

gli esperimenti condotti negli ultimi anni indicano un’origine infettiva di questa demenza senile dalla causa sconosciuta, e la più recente è un’ulteriore prova importante, anche se ancora da confermare.

Secondo gli scienziati, l’Alzheimer appare sempre più simile al morbo della mucca pazza, causato sempre da proteine impazzite che ne propagano gli effetti. I due studiosi hanno inoculato estratti di cervello di pazienti affetti dal morbo in topi, scoprendo che il risultato è la formazione di depositi di proteina beta-amiloide che caratterizzano l’infermità. L’accumulo di placche amiloidi nel cervello dei ratti aumenta progressivamente col tempo e si notano le lesioni caratteristiche anche nelle aree del cervello più lontane dal punto di iniezione. Secondo i ricercatori “i nostri risultati suggeriscono che alcune delle anomalie cerebrali associate con il Morbo di Alzheimer possono essere indotte da un meccanismo di trasmissione simile a quello che si verifica nelle malattie spongiformi trasmissibili chiamate anche malattie da prioni“.

MALATTIA INFETTIVA? – Questo tipo di esperimento viene normalmente condotto per malattie da prioni chiaramente trasmissibili, come appunto il morbo della mucca pazza. Ciò basta ad affermare che l’Alzheimer ha un’origine infettiva? Secondo Castilla, “la differenza principale tra le malattie da prioni, per la maggior parte infettive, e il morbo di Alzheimer è che nelle prime il processo di accumulo dei prioni nel cervello dell’individuo infettato causa irrimediabilmente la sua morte, mentre l’accumulo del peptide amiloidogenico non causa decesso“. Come spiega la fonte,

i prioni sono agenti infettivi molto specifici che non si trasmettono facilmente tra individui, per quanto ne sappiamo. Ciò comunque solleva il dubbio se altre malattie neurodegenerative, come l’Huntington, il Parkinson o la sclerosi laterale amiotrofica, abbiano la stessa origine. L’Alzheimer è un morbo complesso, di cui non si conoscono ancora molti aspetti. Non è ancora certo che le placche della proteina siano la causa della patologia, che si traduce in morte neuronale, o siano un sintomo dell’eccesso del peptide. I topi, infatti, hanno lesioni, ma non mostrano altri sintomi della patologia.

I soccorritori del 11/9 esclusi dalla cerimonia commemorativa

Fonte: http://www.huffingtonpost.com/2011/04/21/911-responders-screened-for-terror-ties_n_852198.html
Tradotto da: http://astronews.myblog.it/

A proposito di 11 settembre e di teorie della cospirazione, volevo segnalare questa sorprendente notizia:

i soccorritori, quelli accorsi per primi sul luogo del disastro, quelli che non sono fuggiti mentre tutti scappavano per salvare la pelle, quelli che hanno fatto il lavoro più sporco in mezzo alle rovine delle Torri Gemelle, I veri eroi di quei drammatici giorni, quelli che operavano in mezzo alla polvere di amianto delle macerie senza neanche una mascherina… proprio questi eroi sono stati esclusi dai “festeggiamenti”!

Nessuno dei soccorritori aveva adottato le adeguate misure di protezione contro le fibra di amianto, nessuna autorità aveva ritenuto necessario tutelare la salute dei soccorritori!
Naturalmente, negli anni successivi, si sono ammalati e molti di loro sono già morti, proprio per avere respirato le fibre di amianto durante i soccorsi.

“Stranamente”, proprio quest’anno, nella ricorrenza delle commemorazione del decimo anniversario dell’attentato al World Trade Center,  I SOCCORITORI NON SONO STATI INVITTATI “.

Il motivo: Priorità ai parenti delle vittime.. Mancanza di posti!!  Ma non è tutto!

Tutti questi eroici soccorritori sono ufficialmente sospettati di essere dei terroristi!

Una disposizione nel nuovo disegno di legge sulla salute aggiuge la beffa al danno subito per le persone che si ammalarono dopo il loro servizio a seguito degli attacchi del 11 settembre

Le decine di migliaia di poliziotti, vigili del fuoco, operai edili e gli altri sopravvissuti al peggior attacco terroristico della storia degli Stati Uniti e che hanno rischiato la vita nella sua scia saranno presto informati che i loro nomi devono figurare nella lista terrorismo dell’FBI…

Lucida Susanna

Fonte: http://byebyeunclesam.wordpress.com/    (ANSA)

L’impero economico e politico degli USA e’ ormai agli ultimi giorni, mentre le speranze nel futuro del Paese America potranno arrivare solo dal basso. La pensa cosi’ Susan Sarandon, star USA d’origini italiane (la madre si chiama Lenora Marie Criscione) che nel suo breve incontro con la stampa a Roma mostra la sua anima piu’ ribelle e anticonformista parlando di bond cinesi, di Thelma e Louise e anche, en passant, facendo una battuta su Berlusconi.
L’occasione e’ stata stamani la conferenza stampa delle XV edizione (1-5 ottobre) del Terra di Siena Film Festival. ”Per gli USA siamo agli ultimi giorni dell’impero. Lo leggeremo presto sui giornali. Non ci sono piu’ soldi per l’educazione e per le infrastrutture, il sistema economico sta collassando e gli Stati Uniti non possono continuare a vivere grazie al sostegno del debito da parte della Cina. Ci sono persone che stanno perdendo la casa. Io continuo a sperare che venga il meglio, ma ci credo poco. Stanno poi scomparendo anche i sindacati e la classe lavoratrice cosi’ sta perdendo sempre di piu’ la sua rappresentanza”, ha sottolineato l’attrice.
E ancora la Sarandon: ”Oggi c’e’ sempre piu’ una grossa differenza tra i ricchi e i poveri, mentre repubblicani e democratici tendono ad assomigliarsi troppo per essere davvero credibili. Credo insomma – ha aggiunto – che ci dovra’ essere prima o poi un cambiamento, ma non so se lo vedro’ nella mia vita. Non credo poi che tutto questo possa essere cambiato dal basso. Chi ha il potere non lo lascia volentieri, ma ci sono cose, come Internet, da cui ci possiamo aspettare di piu’ come e’ accaduto nel Midwest”.

Marsala in lotta contro il nuovo radar Finmeccanica

Scritto da: http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/

Il centro radar della 135^ Squadriglia dell’Aeronautica militare di contrada Perino a Marsala, è noto per uno dei depistaggi più gravi dell’infinita vicenda della strage di Ustica, quando in una vera e propria battaglia aerea sui cieli del Tirreno fu abbattuto un Dc-9 Itavia con i suoi 81 passeggeri. La notte tra il 27 e il 28 giugno 1980, la pagina del “registro operazioni” della stazione di telerilevamento con i dati di volo del Dc-9 e dei caccia militari killer, fu tagliata, distrutta e poi riscritta per far sparire ogni traccia che potesse ricostruire nei particolari l’inconfessabile scenario della strage. Oggi il centro radar di Marsala è al centro di una campagna di mobilitazione. Con cortei, incontri e petizioni popolari, centinaia di cittadini hanno denunciato l’alto indice di mortalità per tumori nella zona (nei pressi della base vivono oltre 10.000 abitanti); il Consiglio provinciale di Trapani, all’unanimità, ha invece chiesto alle autorità sanitarie di analizzare l’incidenza delle pericolosissime onde elettromagnetiche emesse dalla stazione militare.

A scatenare la protesta l’annuncio del ministero della Difesa che il vecchio radar a lunga portata AN/FPS-117, prodotto dalla Lockheed-Martin (il colosso del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari Usa con terminal terrestre a Niscemi, Caltanissetta) sarà presto sostituito da un radar ancora più potente dell’italiana Selex Sistemi Integrati (gruppo Finmeccanica).
“A Marsala è sorto un comitato spontaneo di cittadini per dire No al radar e sensibilizzare tutti al rischio cui si andrebbe incontro”, dichiara il consigliere provinciale di SEL, Ignazio Passalacqua. “Si tratta di un’iniziativa di grande senso civico. I militari ci hanno spiegato che il nuovo radar avrà un impatto meno invasivo dei precedenti grazie alle nuove tecnologie. Ci chiediamo allora a cosa sono stati esposti i civili abitanti in quelle contrade nei decenni scorsi. È l’ora pertanto che si predisponga un rilevamento dei valori di queste onde attraverso uno studio che non abbia natura militare ma civile per fare chiarezza una volta per tutte sui casi, molto frequenti e preoccupanti, di tumori e leucemie che da anni colpiscono le famiglie di quelle zone ”.
In previsione del nuovo sistema radar, il 21 dicembre 2010 il Comando della 3^ Regione Aerea di Bari ha rinnovato per altri cinque anni le servitù militari in un’ampia fascia di territorio prossima al Centro dell’AMI, onde “evitare che la realizzazione di talune opere possa compromettere la funzionalità e la sicurezza dell’installazione militare ubicata in località Timpone Guddino”. Il decreto del Comando di Bari prevede una spesa annua di 65.153 euro per il pagamento degli indennizzi ai proprietari e di 32.576,5 euro al Comune di Marsala. Pochi spiccioli per monetizzare l’alto rischio elettromagnetico sulla salute della popolazione ma che pesa sul bilancio statale complessivamente per 488.647,5 euro. E in tempi di tagli draconiani al welfare non è poco.
La mappa catastale allegata al decreto di proroga evidenzia l’enorme estensione della servitù. Una zona rossa, della larghezza di 600 metri di raggio dal centro della base, impone il divieto alla realizzazione di “ostacoli d’alcun genere, compresi manufatti, vegetazione arbustiva, antenne e strutture metalliche, condotte sopraelevate elettriche e telegrafoniche, depositi di carburante, esplosivo o altre materie infiammabili e strade ferrate…”. Inoltre non sono ammessi “macchinari o impianti che possano irradiare nello spazio disturbi elettromagnetici, né trasmettitori radio di qualsiasi tipo o potenza”. Ancora più vasta la cosiddetta zona verde, all’esterno del perimetro “rosso”, distante in alcuni punti sino a 1.800-2.000 dal Centro radar, dove è proibita la localizzazione di “ostacoli di qualsiasi genere con altezza superiore ai 153 metri s.l.m., condotte elettriche sopraelevate o trasmettitori con potenza superiore ai 200 watt”.
Il sistema che verrà installato a Marsala è il Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL, acquistato dalla Difesa per potenziare la rete operativa dell’Aeronautica militare italiana ed integrarla ancora di più nella catena di comando, controllo, comunicazione ed intelligence della Nato. Il contratto sottoscritto con Selex Sistemi Integrati prevede la fornitura entro il 2014 di dodici impianti radar per altrettanti siti AMI, pèiù due sistemi configurati nella versione mobile (DADR – Deployable Air Defence Radar). Importo del contratto 260 milioni di euro. Una manna per l’azienda elettronica di Finmeccanica che ha già venduto i FADR a nove paesi nel mondo, sette dei quali sono membri Nato (Austria, Danimarca, Germania, Grecia, Malesia, Repubblica ceca, Turchia e Ungheria).
“Il RAT31-DL è stato sviluppato per rispondere ai futuri bisogni della difesa, dove la superiorità delle informazioni e dei comandi giocherà un ruolo sempre maggiore”, affermano i manager di Selex-Finmeccanica. “Il sistema ha eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa frequenza di aerei e missili, può supportare diverse funzioni come la difesa da missili anti-radiazione e da contromisure elettroniche. In Italia, il FADR consentirà di controllare anche la presenza di missili balistici, comunicherà con gli altri punti di controllo nazionali e della Nato, riducendo la necessità di personale e quindi dei costi di gestione”.
Secondo il generale Mario Renzo Ottone, a capo del Comando Operazioni Aeree nazionali e Nato di Poggio Renatico (Ferrara), il nuovo sistema radar costituisce la “struttura portante del programma con cui l’Aeronautica ha avviato la sostituzione dei propri sistemi di sorveglianza aerea per rendere disponibili le frequenze necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-Max (Worldwide Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità in modalità wireless”.
Produttori e militari sono invece particolarmente restii a fornire informazioni sulle caratteristiche tecniche e di funzionamento del radar, rendendo difficilissima una valutazione oggettiva dell’impatto ambientale delle future emissioni. La brochure dell’azienda produttrice rivela solo che il Fixed Air Defence Radar opererà in banda D e avrà una portata sino a 470 km di distanza e 30 km in altezza, una potenza media irradiante di 2,5 kW  e una potenza dell’impulso irradiato di 84 kW. L’antenna opererà in una frequenza compresa tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band), all’interno dello spettro delle cosiddette “microonde”. Qualche altro dato è fornito per l’antenna da un sito web specializzato della Repubblica ceca: 77 metri quadri d’area, 11×7 metri di dimensione e una velocità di 6-10 rpm. Quando ci sono in  mezzo gli affari e tanti soldi, la salute vale zero e la trasparenza è un inutile optional.
Il centro radar della 135^ Squadriglia dell’Aeronautica militare di contrada Perino a Marsala, è noto per uno dei depistaggi più gravi dell’infinita vicenda della strage di Ustica, quando in una vera e propria battaglia aerea sui cieli del Tirreno fu abbattuto un Dc-9 Itavia con i suoi 81 passeggeri. La notte tra il 27 e il 28 giugno 1980, la pagina del “registro operazioni” della stazione di telerilevamento con i dati di volo del Dc-9 e dei caccia militari killer, fu tagliata, distrutta e poi riscritta per far sparire ogni traccia che potesse ricostruire nei particolari l’inconfessabile scenario della strage. Oggi il centro radar di Marsala è al centro di una campagna di mobilitazione. Con cortei, incontri e petizioni popolari, centinaia di cittadini hanno denunciato l’alto indice di mortalità per tumori nella zona (nei pressi della base vivono oltre 10.000 abitanti); il Consiglio provinciale di Trapani, all’unanimità, ha invece chiesto alle autorità sanitarie di analizzare l’incidenza delle pericolosissime onde elettromagnetiche emesse dalla stazione militare.
A scatenare la protesta l’annuncio del ministero della Difesa che il vecchio radar a lunga portata AN/FPS-117, prodotto dalla Lockheed-Martin (il colosso del MUOS, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari Usa con terminal terrestre a Niscemi, Caltanissetta) sarà presto sostituito da un radar ancora più potente dell’italiana Selex Sistemi Integrati (gruppo Finmeccanica).
“A Marsala è sorto un comitato spontaneo di cittadini per dire No al radar e sensibilizzare tutti al rischio cui si andrebbe incontro”, dichiara il consigliere provinciale di SEL, Ignazio Passalacqua. “Si tratta di un’iniziativa di grande senso civico. I militari ci hanno spiegato che il nuovo radar avrà un impatto meno invasivo dei precedenti grazie alle nuove tecnologie. Ci chiediamo allora a cosa sono stati esposti i civili abitanti in quelle contrade nei decenni scorsi. È l’ora pertanto che si predisponga un rilevamento dei valori di queste onde attraverso uno studio che non abbia natura militare ma civile per fare chiarezza una volta per tutte sui casi, molto frequenti e preoccupanti, di tumori e leucemie che da anni colpiscono le famiglie di quelle zone ”.
In previsione del nuovo sistema radar, il 21 dicembre 2010 il Comando della 3^ Regione Aerea di Bari ha rinnovato per altri cinque anni le servitù militari in un’ampia fascia di territorio prossima al Centro dell’AMI, onde “evitare che la realizzazione di talune opere possa compromettere la funzionalità e la sicurezza dell’installazione militare ubicata in località Timpone Guddino”. Il decreto del Comando di Bari prevede una spesa annua di 65.153 euro per il pagamento degli indennizzi ai proprietari e di 32.576,5 euro al Comune di Marsala. Pochi spiccioli per monetizzare l’alto rischio elettromagnetico sulla salute della popolazione ma che pesa sul bilancio statale complessivamente per 488.647,5 euro. E in tempi di tagli draconiani al welfare non è poco.
La mappa catastale allegata al decreto di proroga evidenzia l’enorme estensione della servitù. Una zona rossa, della larghezza di 600 metri di raggio dal centro della base, impone il divieto alla realizzazione di “ostacoli d’alcun genere, compresi manufatti, vegetazione arbustiva, antenne e strutture metalliche, condotte sopraelevate elettriche e telegrafoniche, depositi di carburante, esplosivo o altre materie infiammabili e strade ferrate…”. Inoltre non sono ammessi “macchinari o impianti che possano irradiare nello spazio disturbi elettromagnetici, né trasmettitori radio di qualsiasi tipo o potenza”. Ancora più vasta la cosiddetta zona verde, all’esterno del perimetro “rosso”, distante in alcuni punti sino a 1.800-2.000 dal Centro radar, dove è proibita la localizzazione di “ostacoli di qualsiasi genere con altezza superiore ai 153 metri s.l.m., condotte elettriche sopraelevate o trasmettitori con potenza superiore ai 200 watt”.
Il sistema che verrà installato a Marsala è il Fixed Air Defence Radar (FADR) RAT31-DL, acquistato dalla Difesa per potenziare la rete operativa dell’Aeronautica militare italiana ed integrarla ancora di più nella catena di comando, controllo, comunicazione ed intelligence della Nato. Il contratto sottoscritto con Selex Sistemi Integrati prevede la fornitura entro il 2014 di dodici impianti radar per altrettanti siti AMI, pèiù due sistemi configurati nella versione mobile (DADR – Deployable Air Defence Radar). Importo del contratto 260 milioni di euro. Una manna per l’azienda elettronica di Finmeccanica che ha già venduto i FADR a nove paesi nel mondo, sette dei quali sono membri Nato (Austria, Danimarca, Germania, Grecia, Malesia, Repubblica ceca, Turchia e Ungheria).
“Il RAT31-DL è stato sviluppato per rispondere ai futuri bisogni della difesa, dove la superiorità delle informazioni e dei comandi giocherà un ruolo sempre maggiore”, affermano i manager di Selex-Finmeccanica. “Il sistema ha eccellenti capacità di scoprire e tracciare i segnali radio a bassa frequenza di aerei e missili, può supportare diverse funzioni come la difesa da missili anti-radiazione e da contromisure elettroniche. In Italia, il FADR consentirà di controllare anche la presenza di missili balistici, comunicherà con gli altri punti di controllo nazionali e della Nato, riducendo la necessità di personale e quindi dei costi di gestione”.
Secondo il generale Mario Renzo Ottone, a capo del Comando Operazioni Aeree nazionali e Nato di Poggio Renatico (Ferrara), il nuovo sistema radar costituisce la “struttura portante del programma con cui l’Aeronautica ha avviato la sostituzione dei propri sistemi di sorveglianza aerea per rendere disponibili le frequenze necessarie all’introduzione della nuova tecnologia Wi-Max (Worldwide Interoperability for Microwave Access) di accesso internet ad alta velocità in modalità wireless”.
Produttori e militari sono invece particolarmente restii a fornire informazioni sulle caratteristiche tecniche e di funzionamento del radar, rendendo difficilissima una valutazione oggettiva dell’impatto ambientale delle future emissioni. La brochure dell’azienda produttrice rivela solo che il Fixed Air Defence Radar opererà in banda D e avrà una portata sino a 470 km di distanza e 30 km in altezza, una potenza media irradiante di 2,5 kW  e una potenza dell’impulso irradiato di 84 kW. L’antenna opererà in una frequenza compresa tra 1,2 e 1,4 GHz (L-band), all’interno dello spettro delle cosiddette “microonde”. Qualche altro dato è fornito per l’antenna da un sito web specializzato della Repubblica ceca: 77 metri quadri d’area, 11×7 metri di dimensione e una velocità di 6-10 rpm. Quando ci sono in  mezzo gli affari e tanti soldi, la salute vale zero e la trasparenza è un inutile optional.

Piranha attaccano oltre 100 persone in Brasile

Fonte: http://news.discovery.com/animals/piranhas-brazil-beaches-110927.html
Tradotto da: http://www.ditadifulmine.com/2011/09/piranha-attaccano-oltre-100-persone-in.html

Almeno 100 brasiliani sembrano essere stati attaccati da piranha durante lo scorso weekend. Le autorità stanno cercando una soluzione per risolvere il problema della sovrappopolazione di piranha nello stato di Piaui, Brasile, località in cui si sono verificati gli attacchi.

Durante il fine settimana appena passato, l’ospedale di Jose de Freitas vicino a Terezina, la capitale di Piaui, è stato invaso da vittime di attacchi di piranha che riportavano ferite alle caviglie o alle dita dei piedi.
Secondo l’ufficiale locale Ramildo Mafra, “dato che i piranha non hanno predatori, hanno iniziato ad attaccare la gente nei pressi della spiaggia”. Secondo Mafra, quindi, il problema risiede nel fatto che i piranha sarebbero cresciuti fino a raggiungere numeri imponenti, e visto il loro atteggiamento naturalmente aggressivo avrebbero attaccato l’essere umano.
Come dovrebbe essere già ben noto, in realtà il piranha non è il mostro che viene spesso dipinto nei film e nei documentari. E’ certamente un pesce con cui non si scherza: la sua fila di denti affilati come rasoi può recidere di netto ogni tessuto molle e provocare ferite che, con piccole prede e con la forza del branco, possono portare alla morte del loro obiettivo.
C’è tuttavia molta confusione sui piranha. Quello che spesso viene utilizzato come cattivo dei film è il piranha dal ventre rosso (Pygocentrus nattereri), e viene mostrato mentre in branco divora animali da compagnia o d’allevamento, o addirittura esseri umani. Ma il piranha dal ventre rosso è anche un pesce da acquario relativamente comune, e non così pericoloso a meno che non si senta minacciato: la sua dieta, in natura, è principalmente costituita da carcasse di animali, pesci, crostacei, e solo di rado da animali di taglia più grossa.
Ci sono stati, però, casi di attacchi di piranha nei confronti di esseri umani. Uno studio condotto in Suriname ha dimostrato come alcuni piranha potessero attaccare occasionalmente l’uomo, specialmente in corrispondenza dei porti nelle cui acque venivano gettate interiora di pesci, pratica comune tra i pescatori locali.
I piranha sono inoltre una fonte di disturbo per l’attività locale di pesca, perchè tendono a rompere le reti con i loro denti, a ferire i pescatori, e a rubare esche e pescato.
I piranha che hanno attaccato i bagnanti brasiliani potrebbero essere dei Pygocentrus nattereri, diffusi lungo il corso del Rio delle Amazzoni e dei suoi principali affluenti. Raggiungono i 33 centimetri di lunghezza per oltre 3 kg di peso, ed attaccano generalmente durante l’alba o il tramonto, localizzando la preda attraverso l’olfatto o il movimento dell’acqua.
Potrebbe però trattarsi anche di un’altra specie, che non vive molto lontano dal luogo degli attacchi: il Pygocentrus piraya è un piranha molto più grande del precedente, potendo raggiungere i 50 centimetri di lunghezza, ed è noto per la sua aggressività se sottoposto a stress o affamato.
Quale può essere il motivo che ha spinto i piranha ad attaccare 100 persone a Piaui? Secondo Jeremy Wade, presentatore del programma “River Monsters”, il problema non sarebbe legato al cibo o alla sovrappopolazione di piranha, ma al fatto che questi pesci stanno ora attraversando la fase di schiusa delle uova.
Durante la deposizione delle uova, che generalmente si verifica nella stagione delle piogge, i maschi diventano particolarmente aggressivi per evitare che i predatori possano nutrirsi dei futuri figli. Una volta che le uova si saranno schiuse, i piccoli vengono sorvegliati a vista dai genitori fino a quando non raggiungeranno la lunghezza di 5 centimetri, momento in cui saranno parte attiva nei gruppi di caccia.
I piranha difenderebbero quindi il loro covo dalla potenziale aggressione di un predatore, come è stato filmato in un episodio di River Monsters. “L’unico modo per evitare gli attacchi è rimanere fuori dall’acqua durante questi periodi” spiega Wade, “ma sfortunatamente durante questi mesi sia esseri umani che piranha si trovano nelle stesse acque: quello che è un buon posto per i piranha per riprodursi è anche l’acqua in cui la gente fa il bagno”.