JOHN McCAINE, IL GRANDE REGISTA DEL NUOVO TERRORISMO ISIS

Scritto da: Andrea Cinquegrani
Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/?p=3792

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La regia di John McCain, l’ex candidato alla Casa Bianca, il “duro” ed ex militare super stellato Usa, oggi eminenza “grigia” al Dipartimento di Stato a stelle e strisce, dietro alle strategie del terrore – e di sangue – targate Isis. Un sospetto che, man mano, si fa sempre più concreto.

Da diversi giorni 20 pagine quotidiane dedicate da Repubblica, Corsera & media al massacro di Parigi. No stop televisive intervallate da fiction & consigli per gli acquisti. Ma la ventunesima pagina, almeno per un sol giorno, non sarebbe il caso di dedicarla al “dietro le quinte”? Cinque minuti via tivvù non varrebbe la pena di pensarli per un approfondimento sulle reali responsabilità e la effettiva regia di questo “Islam” impazzito, come lo definisce il ministro degli esteri Usa John Kerry? Perché dietro quella follia sanguinaria esiste una scientifica strategia (e regia) politica, militare e, soprattutto, economica.

Vediamo alcune tappe salienti in questa escalation del terrore. E partiamo da una data relativamente fresca, due anni e mezzo fa, per ricostruire alcuni tasselli del puzzle. Idleb, nord della Siria, 27 maggio 2013. Mister McCain è in missione segreta, niente trapela infatti dal suo staff, né dal suo portavoce a Washington, Brian Rogers. L’ex senatore dell’Arizona è lì per incontrare alcuni capi dell’opposizione armata al governo di Bashar al Assad: ad organizzare il summit una sigla, al solito, dal nome evocativo, “Syrian Emergency Task Force”, ufficialmente “palestinese”, in realtà gemmazione di Aipac, una potente lobby sionista yankee. E’ l’occasione – quell’incontro di Idleb – per tenere a battesimo l’operazione “Nido dei calabroni”: ossia l’arruolamento organico di nuove leve pro Isis, un esercito di circa 12 mila unità, preaddestrate in Turchia e in Libia. Una foto “storica” ritrae quattro quattro amici al bar in compagnia del plenipotenizario Usa, e non si tratta di reclute di West Point: Mohammad Nour e Abu Mosa, rispettivamente il portavoce del fronte terrorista Al-Nosra (la ramificazione siriana di Al Queida) e il portavoce della stessa Isis; Salem Idriss, a capo dell’esercito per la Siria libera (sic) e Ibrahim Al-Badri, detto anche Abu Du’a, ma soprattutto noto agli 007 che gli danno la caccia come Abu Bakr Al-Baghdadi (il suo nome è in cima alla short list dei terroristi più ricercati al mondo e sulla testa una taglia da 10 milioni di dollari).

Prigionieri a Guantanamo

Così descrive quel meeting il Wall Street Italia del 14 settembre 2014: “Un mese prima di ricevere il senatore McCain, Al-Baghdadi aveva creato lo Stato islamico in Irak e nel Levante, sempre facendo parte dell’esercito siriano libero. Aveva rivendicato l’attacco alle prigioni di Taj e Abou Graib in Irak, da cui aveva fatto evadere centinaia di jihadisti che avevano integrato le fila della sua organizzazione. L’attacco era coordinato con altre operazioni quasi simili in diversi paesi. I fuggiti andavano a raggiungere organizzazioni combattenti in Siria”. E viene aggiunto: “Lo scopo perseguito da McCain (senza alcun mandato peraltro della Casa Bianca di Barack Obama, che subiì l’iniziativa senza saperne nulla) era quello di dividere l’Irak in diverse parti per meglio sfruttare le risorse energetiche. In passato gli americani non ci sono riusciti, malgrado avessero tolto di mezzo Saddam Hussein. Oggi ci riprovano con l’aiuto dello Stato islamico”. Proseguiva ancora l’analisi di Wall Street Italia di settembre 2014. “L’operazione è preparata da tempo, prima ancora dell’incontro di McCain e Al-Baghdadi. Migliaia di jiadisti sono stati formati in Qatar e in Libia dopo la caduta di Gheddafi e lo Stato islamico ha ricevuto finanziamenti per quasi 3 milioni di dollari. Violando l’accordo di difesa con l’Irak, gli Stati Uniti non sono intervenuti e hanno lasciato che lo Stato islamico proseguisse la sua conquista territoriale e il massacro di oppositori interni e minoranze religiose. I bombardamenti americani non puntano a distruggere le postazioni militari dei jiadisti ma servono a fare in modo che ogni gruppo si mantenga nel territorio che gli compete. Si è trattato di bombardamenti simbolici”.

E sempre a settembre 2014, quindi oltre un anno fa, l’analista Thierry Meyssan, sulle colonne di Boulevard Voltaire, ricostruiva altre tappe precedenti, sempre targate McCain. “Il 4 febbraio 2011 – scrive – McCain presiedeva al Cairo una riunione Nato per lanciare la primavera araba. Poi il 22 febbraio era in Libano per organizzare il trasferimento di armi in Siria. Dopo aver lasciato il Libano, aveva ispezionato la frontiera siriana e individuato i villaggi che sarebbero serviti come base ai mercenari per la guerra che si stava preparando”. Alla riunione del Cairo, fra gli altri, partecipò anche Mahmoud Jibril, l’amico e poi nemico di Gheddafi (l’uomo che lo ha “venduto” ai servizi francesi, secondo alcune fonti), l’ex numero due del governo libico.

Da vent’anni “l’ambasciatore” McCain è in sella all’International Republican Institute, Iri per gli aficionados, l’agenzia intergovernativa che “elabora” strategie da mettere in campo negli scenari internazionali, da rendere possibilmente sempre più “bellicosi”. E’ l’uomo del Dipartimento che, proprio con la sua Iri, ha ideato, progettato e messo in campo le rivoluzioni arancioni in Ucraina e le primavere (sic) arabe dall’Egitto alla Tunisia, dalla Libia alla Siria: fini strategie per ribaltare governi, mettere su esecutivi fantoccio, controllare le risorse energetiche e non solo, far girare montagne di soldi con le ricostruzioni di quanto è stato (proprio dagli Usa) massacrato e distrutto, trovando il tempo di sventolare la bandiera della democrazia e il vessillo dell’export di libertà. Un fantastico mix! Il McDonald’s Cain di tutte le libertà frullate e servite alle mandrie di cittadini e al popolo bue…

E nel pedigree del compagno di merende siriane, Al-Baghdadi, figura anche una “istruttiva” detenzione, quella di Guantanamo, dove è stato prigioniero dal 2004 al 2009. Un periodo sufficiente per farlo riflettere, e per convertirlo, un po’ alla volta, al credo di un Islam targato Mossad: perchè – “geneticamente” modificato al punto giusto – una volta tornato in campo potesse diventare una pedina strategica per dar vita ad un gruppo capace di convogliare forze “lontano dai confini di Israele” e mettere sotto pressione il governo Assad. Del resto, sarà la stessa Hillary Clinton ad ammettere – nel corso di un’intervista – che “abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Il fallimento dei nostri progetti ha portato allo scenario che stiamo vivendo in Iraq”.

DAGLI STATES AL BELGIO E A GLADIO

Arriviamo agli attentati di Parigi di oggi. E alla pista belga. Non pochi, nei servizi di intelligence, si chiedono: “Perchè la connection terroristica ora porta in Belgio? Per via del quartier generale della Nato a Bruxelles? Per quei vecchi trascorsi della base terroristica che tra gli anni ’70 e gli ’80 portavano all’Hyperion?”. Cerchiamo di decodificare, partendo da un fresco saggio – 14 settembre 2015 – firmato da Wayne Madsen dal significativo titolo: “Gladio è tornata in Europa?”. Eccone alcuni passaggi “caldi”.

“La recente sparatoria al Consolato americano di Istanbul da parte di due donne, secondo il governo turco membri di un gruppo terroristico di estrema sinistra, così come l’incidente sospetto sul treno ad alta velocità Thalys diretto a Parigi da Amsterdam, indicano come le operazioni false flag condotte dalla rete stay-behind della CIA dell’epoca della guerra fredda, conosciuta come Gladio, siano di nuovo pienamente operative”.

L'attentato a Parigi

Analizza, più in dettaglio, Madsen. “Il marocchino Ayoub El Khazzani è accusato di essere salito a Bruxelles sul treno diretto a Parigi con l’intenzione di sterminare i passeggeri. Si ritiene che El Khazzani, al pari degli altri numerosi presunti terroristi in Francia, abbia molto viaggiato all’estero prima di compiere l’atto terroristico. (…) Durante il mese di giugno di quest’anno, si ritiene che El Khazzani stesse combattendo al fianco dei guerriglieri dello Stato islamico in Siria, per poi spostarsi ad Antiochia, in Turchia, e a Tirana, in Albania. La sua storia è quasi uguale a quella di Nahidi Nemmouche, il franco-algerino ritenuto responsabile per l’attacco al Museo ebraico di Bruxelles. Precedentemente all’attacco di Bruxelles, Nemmouche avrebbe combattuto con le forze dello Stato islamico in Siria ed avrebbe trascorso del tempo in Inghilterra. (…) Dopo essere stato arrestato dalla polizia francese, ha dichiarato di aver trovato le armi in una macchina parcheggiata a Bruxelles e di averle rubate per poi venderle sul mercato nero a Marsiglia. (…) Anche Mohamed Merah, il franco-algerino che nel 2012 ha ucciso 7 persone nella regione di Tolosa, e Said e Cherif Kouachi, i fratelli franco algerini che hanno attaccato gli uffici di ‘Charlie Hebdo’ a gennaio, erano l’oggetto di ‘Fiches S’ e altri dossier delle forze dell’ordine raccolti dalle autorità francesi. Anche il franco-maliano-senegalese Amedy Coulibaly, che ha attaccato il supermarket ebraico Hyper-Cacher a Parigi, era persona nota alla polizia e all’intelligence francesi”. Così come Mohammed Atta – il super attentatore delle Torri Gemelle quell’11 settembre – era ben noto a Cia, Fbi e dintorni.

Ma venendo a Gladio, ecco cosa scrive Wayne Madsen due mesi fa: “La ricomparsa di Gladio sulla scena politica europea è la risposta alla crescente ostilità all’Unione Europea e all’austerità dettata dai banchieri centrali. Dopo l’incidente del treno Thalys a Bruxelles, il ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve e il primo ministro, il socialista di destra Manuel Valls, stanno richiedendo controlli di tipo aeroportuale alle stazioni ferroviarie europee. Il fine è dare all’Unione Europea un maggior controllo politico e sociale sulle popolazioni del continente”. E dopo la tragedia di Parigi, Hollande vuol chiudere la Francia dentro i suoi confini.

Commenta ancora Madsen: “E’ da notare che l’avanzata di gruppi ‘anarchici’, precedentemente sconosciuti, stia avvenendo negli stessi Paesi in cui le operazioni di Gladio erano più ampie: Italia, Turchia e Grecia. L’Italia era il centro focale per l’organizzazione Gladio, la filiale italiana delle operazioni terroristiche paneuropee gestite dalla Cia. In Turchia Gladio era conosciuta come ‘Ergenekon’ e in Grecia come ‘Operazione Sheepskin’. Finchè Gladio sarà di nuovo attiva in Europa, i popoli del continente dovranno avere paura. Molta paura”.

E con Gladio tornano i fantasmi di “Hyperion” e del “Superclan”. Sigle italo francesi (quartier generale a Parigi, anni ’70) che hanno segnato la nostra epoca del terrorismo e delle stragi di Stato. Prima fucina che ha “costruito” in modo scientifico i rapporti tra certe Bierre pseudo rosse e le “istituzioni” già allora in fase di deviazione. Tra l’estremismo guerrigliero e i Servizi.

E in tanta bagarre terroristica, chissà perchè, proprio in queste settimane, dalle nostre parti tornano alla ribalta il caso Moro e il caso Cirillo (in attesa delle mirabolanti rivelazioni di don Raffaele Cutolo dal supercarcere di Parma, dopo trent’anni e passa di silenzio tombale). Si fa finalmente luce sugli anni bui? Sulle stragi di Stato anche a casa nostra? Dopo il ciclone di Mani Pulite, altri sipari che si alzano ad orologeria? Altri burattini, altri pupari per inaugurare nuove stagioni? Staremo a vedere.

Nel fotomontaggio di apertura, John McCain 

 

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