Il vuoto strategico americano

Scritto da:Aldo Giannuli
Fonte: http://www.aldogiannuli.it/2014/07/vuoto-strategico-americano/

presidenti-stati-unitiQuando crollò l’Urss, e con essa l’ordine mondiale bipolare, le valutazioni furono in generale assai ottimistiche e molti si spinsero a prevedere che tutto ciò avrebbe portato ad un crollo nelle spese militari, non essendoci più alcuna gara negli armamenti, dirottando ingentissime cifre verso investimenti sociali. Si parlò addirittura di un incombente “Nuovo Rinascimento”. Non pare che le cose siano andate in questo modo: dopo un relativo calo nei primi anni novanta, la spesa militare è invece sensibilmente aumentata, a danno di quella sociale e, quanto al “nuovo Rinascimento”, chi lo ha visto?

Quelle rosee previsioni si basavano sulla certezza di un nuovo ordine mondiale monopolare, nel quale gli Usa, senza neppure dover spendere le cifre del passato, avrebbero assicurato una stabile governance mondiale. Si calcolava che, almeno sino al 2060 non avrebbe potuto esserci alcuna potenza in grado di sfidare l’egemonia americana e sempre che la nuova potenza trovasse le risorse necessarie, mentre gli Usa segnassero il passo. Le cose sono andate, poi, molto diversamente: la Russia si riprese abbastanza presto dal ciclo negativo 1991-1998, la Cina crebbe a ritmi molto maggiori del previsto e così l’India, gli Usa dovettero misurarsi con le turbolenze mediorientali che ingoiarono montagne di dollari e ad esse si sommò la lunga serie di interventi minori in Africa (Sudan, Somalia, ecc.).

I nuovi venuti, grazie ai sostenuti tassi di crescita, iniziarono ad armarsi (o riarmarsi) e la gara riprese: già nei primi anni 2000 le spese militari mondiali avevano superato di slancio quelle del periodo bipolare.

Poi venne la crisi del 2008 e, pur se con molte incertezze e ritardi, è diventato chiaro a tutti che, come scrive Alessandro Colombo: “l’unipolarismo a guida americana è diplomaticamente, economicamente e persino militarmente insostenibile” (COLOMBO “Tempi decisivi” Feltrinelli 2014. A proposito: ve ne consiglio caldamente la lettura, ma ci torneremo).

La crisi ha dimostrato che gli Usa non hanno il fiato economico per reggere l’Impero, che ha costi proibitivi e non solo per il sopraggiungere della crisi finanziaria, ma anche per le diseconomie della sua macchina militare. Il ritiro americano da Iraq ed Afghanistan, prima ancora che i “regimi amici” vi si fossero consolidati, non meno che i mancati interventi in Siria ed Iran, sempre annunciati e mai realizzati, hanno tolto credibilità alle minacce americane. Non che gli americani abbiano rinunciato alle pretese di essere l’Impero mondiale, da cui discendono moneta, lingua, diritto e legittimazione politica, ma, non sanno più come fare. Dal 2011 hanno provato a consociare gli alleati europei negli interventi militari, ma l’esperimento libico è restato un caso isolato e di ben scarso successo; per il resto, c’è molto poco da aspettarsi dal vecchio continente. Stanno cercando di creare una cintura di alleato per contenere la Cina, ma anche qui le cose sono molto al di sotto delle aspettative.

Nel frattempo i conflitti locali iniziano a sommarsi, descrivendo archi di crisi lunghissimi. Accanto ai conflitti non risolti che ci portiamo dietro da anni (dalle Farc Colombiane, alla Somalia, dal Sudan a Cipro, Timor ecc.) si sono aggiunti altri punti di guerra o intervento straniero (Mali, Costa d’Avorio ecc.) mentre altre linee di confine si surriscaldano (Cina-Vietnam, India-Pakistan). Ma soprattutto si sono profilate due linee di frattura particolarmente lunghe e pericolose, come quella russo-ucraina e la sommatoria di conflitti e crisi mediorientali (Libia, Gaza, Irak, Siria, Afghanistan, Turchia, Barhein, Yemen ecc.) mentre l’Iran è pronto ad intervenire.

L’elenco è incompleto, anzi appena accennato, ma basta a dire che, dal 1945 in poi,  non c’è mai stata una situazione altrettanto conflittuale. Anche la crisi indocinese o quella arabo-israeliana erano ben più circoscritte e controllate come pure le guerriglie africane e latino americane. Nel complesso, il “bipolarismo imperfetto” (c’erano anche i “non allineati”) aveva trovato un suo modo di funzionare ed una lingua comune ai contendenti. Non dico che si debba rimpiangere quell’equilibrio che aveva molti aspetti di assoluta negatività, ma, insomma, era un equilibrio che assicurava un certo ordine mondiale, mentre oggi non ce ne è alcuno.

Le ragioni di questo nuovo “disordine mondiale” sono molto complesse e richiederebbero molto più di un semplice articolo, per cui ci limitiamo solo ad abbozzare alcune possibili linee di approfondimento.

La spiegazione più immediata e semplice (fatta propria da Prodi nella sua intervista all’Espresso ora in edicola) è quella del “ritiro” americano e dell’indisponibilità delle altri grandi potenze ad assicurare una efficace governance mondiale assumendosi la responsabilità di intervenire quando questo sia necessario. C’è del vero in questo (ammesso che l’intervento esterno sia la soluzione cui ricorrere, cosa di cui, in linea di massima, non saremmo poi così convinti), ma, per certi versi, questo è più il sintomo che la malattia, perché occorrerebbe spiegare perché una stagione ventennale di interventi esteri ha fatto registrare una lunga serie di fallimenti.

Riprenderemo il discorso nei primissimi giorni e settimane, perché ci sono molti aspetti che vanno indagati. Qui ci limitiamo a segnalarne uno di particolare rilevanza: lo schema concettuale con il quale gli americani sono entrati nella globalizzazione pretendendo di guidarla. Sia lo schema di Fukuyama dell’ “esportazione della democrazia” quanto quello di Huntington del “conflitto di civiltà”, si sono rivelati completamente fallimentari (ed il primo molto più del secondo) nella loro incapacità di capire il mondo ed assumere le ragioni degli altri come qualcosa con cui confrontarsi. Bruciati dai fatti questi due schemi di azione, gli Usa sono rimasti senza strategia alcuna. Mirano a mantenere la loro posizione egemonica ma non hanno più un disegno credibile di ordine mondiale. Le esitazioni sui casi di Siria ed Iran stanno lì a dimostrarlo. Certo l’idea di impantanarsi in un nuovo conflitto di lunga durata e di altissimo costo resta la ragione che (per fortuna!) scongiura l’ennesimo intervento a stelle e strisce, ma non si tratta solo di questo. Il problema principale, per gli americani, è che non sanno bene cosa verrà fuori una volta ingaggiato il conflitto.

Prendiamo il caso siriano: forse non sarebbe neppure una guerra lunga e dispendiosa e con un urto concentrato si potrebbe ottenere la caduta del regime di Assad in un paio di settimane, ma dopo? A beneficio di chi andrebbe questa spallata? I contendenti non sono esattamente quanto di più rassicurante dal punto di vista occidentale, persino le fazioni sostenute da turchi e sauditi danno ben poche assicurazioni in questo senso. Anzi, ad essere chiari, in Siria gli alleati storici degli occidentali (a cominciare dai francesi nel 1919) sono proprio gli alauiti (gruppo etnico di Assad)  che, infatti, vengono visti dagli altri islamici come sorta di traditori alleati agli “infedeli”. Ce la hanno un’alternativa ad Assad gli americani? Nel caso iraniano le cose potrebbero stare differentemente, perché c’è una opposizione “liberal” più solida e consapevole, però la maggioranza della popolazione sta dall’altra parte ed anche gli alleati storici di Washington, come i sauditi, pur odiando furibondamente gli sciiti, non gradirebbero affatto un Iran “liberal” che potrebbe rappresentare una fonte di contagio di altre rivolte. Ed allora, come gestire la situazione? Anche nei confronti del “Califfato” non pare che gli Usa abbiano le idee chiare su cosa fare, fra una convergenza con gli iraniani o uno sforzo unilaterale americano. Di fatto la situazione si trascina con il risultato moltiplicando il rischio che questa buffonata di Califfato, che mette insieme fanatici religiosi, tagliagole, briganti ed avventurieri di ogni risma, possa diventare un problema molto serio, qualora riuscisse a diventare un simbolo intorno al quale si riuniscano le masse islamiche.

Questo vuoto di strategia degli americani diventa anche paralisi tattica con conseguenze tutt’altro che trascurabili.

11 settembre: 2500 malati di cancro per la nube tossica del World Trade Center

Scritto da: Emanuele Midone
Fonte:http://www.agoravox.it/11-settembre-2500-malati-di-cancro.html

Cristo santo“, dice Jacob (Philip Seymour Hoffman) davanti alle vetrate dell’appartamento dell’amico. Sotto di lui, un cantiere gigantesco, illuminato perennemente dalle luci spettrali e bluastre dei riflettori.
Già“, risponde Barry (Frank Slaughtery), sedendosi sul davanzale e guardando sconsolato verso il cratere dove, fino a qualche mese prima, svettavano le Torri Gemelle.
Il New York Times dice che qui l’aria è malsana
Ah, sì? Beh, vaffanculo il Times, io leggo il Post. La sanità dice che è buona
Qualcuno racconta balle
Risate sommesse.
La scena è tratta da La 25ª ora, un film di Spike Lee del 2002 considerato (a ragione) tra le sue opere migliori. È la prima volta che le cineprese di Hollywood filmano il vuoto di Ground Zero. Il critico cinematografico Mick LaSalle ha scritto, a tal proposito, che “La 25ª ora è l’unico, grande film a fare i conti con la tragedia dell’11 settembre. È un documento storico urbano, proprio come Roma Città Aperta di Rossellini, filmato subito dopo l’occupazione nazista di Roma”.
Sono passati quasi tredici anni, ma quel dialogo è tornato improvvisamente d’attualità. Aveva ragione Jacob, qualcuno raccontava balle. A dare la notizia (più di 2500 persone che hanno lavorato nella zona del World Trade Center hanno il cancro) stavolta non è il New York Times, ma il New York Post, il giornale letto dallo strafottente Barry.
Il World Trade Center Health Program è un centro di assistenza sanitaria, voluto dalla presidenza Obama, che fornisce prestazioni mediche a tutte le persone coinvolte negli attentati terroristici dell’11 settembre (incluso quello al Pentagono e l’aereo schiantatosi a Shanksville, in Pennsylvania).
L’ultimo rapporto stilato dalla filiale di New York dell’WTCHP, che ha sede nel celebre Mount Sinai Hospital di Manhattan, enumera 1655 persone affette da cancro. La cifra supera i duemilacinquento invidui (2518), se si considerano anche pompieri e paramedici impegnati nei soccorsi dopo il crollo delle torri e degli altri edifici circostanti.
Gli epidemiologi del WTCHP affermano che i lavoratori “9/11” hanno contratto certi tipi di cancro – in particolare alla prostata, alla tiroide, insieme a leucemie e diversi tipi di mielomi – in cifre “significativamente maggiori” rispetto al resto della popolazione. Una correlazione nota da tempo (ne ha parlato anche Michael Moore in Sicko, un documentario del 2006), ma di cui non era stata compresa la portata.
Il crollo del World Trade Center, l’11 settembre 2001, provocò una montagna di fumo che coprì l’isola di Manhattan per giorni, estendendosi in altre parti di New York – soprattutto a nord, verso il Bronx, a est nel Queen’s, e a sud nel New Jersey. La nube tossica, contenente tonnellate di polveri sottili sprigionatesi dai detriti, investì più di 20mila persone (i ricoveri per problemi respiratori furono 18mila).
Il dipartimento della sanità dello stato di New York ha documentato con certezza 204 morti tra i lavoratori impegnati nelle operazioni di soccorso. Ma, come dichiara il Victim Compensation Fund dell’11 settembre, “è impossibile calcolare il numero esatto di persone morte a causa della nube”.
Foto logo: Wikimedia

Il microprocessore? E’ opera di un italiano: Federico Faggin

Scritto da: Vittorio Pallottino
Fonte: http://www.roma1.infn.it/rog/pallottino/articoli%20divulgativi/Faggin.htm

Faggin1Il microprocessore? Tutti sanno cos’è questo oggetto veramente straordinario, ma soltanto pochi sanno che a costruire il primo microprocessore della storia è stato un italiano, il vicentino Federico Faggin, classe 1941: un elettronico di altissimo livello, laureato in Fisica a Padova. Che ha costruito il mitico 4004 Intel e lo ha pure firmato: sul chip figurano infatti le sue iniziali: F.F. Sicchè la targa d’onore che il 14 febbraio scorso il ministro Gasparri ha consegnato a Faggin in una cerimonia svoltasi a Roma è stata più che meritata.

Stabilire gli autori delle invenzioni, in effetti, è tutt’altro che facile e a volte richiede anche che passi del tempo. Le diatribe sull’invenzione della radio o del telefono, per esempio, sono durate decenni. E del resto ancora oggi molti credono che la bussola sia stata inventata dall’amalfitano Flavio Gioia, che invece non è mai esistito (e lasciamo pure ai navigatori di Amalfi il merito di aver diffuso in Europa l’impiego della bussola, probabilmente un’invenzione cinese arrivata a noi attraverso i contatti con il mondo islamico). Ricordiamo anche che l’invenzione del circuito integrato, avvenuta nel 1958, è stata attribuita definitivamente a Jack St.Clair Kilby solo nel 2000 con il conferimento del premio Nobel per la Fisica.

A complicare queste vicende giocano infatti vari fattori. Come le questioni di orgoglio nazionale: ricordiamo il caso Popov a proposito dell’invenzione della radio; oppure gli interessi industriali: Kilby costruì il primo circuito integrato nei laboratori della Texas Instruments, ma altri contributi essenziali vennero poi dai laboratori della Fairchild, all’epoca uno dei maggiori produttori di semiconduttori in diretta competizione commerciale con la Texas, sicché l’attribuzione dell’invenzione fu alquanto combattuta.

Ma torniamo a Faggin. Per ricordare innanzitutto che il nostro, dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Industriale di Vicenza, cominciò subito a occuparsi di calcolatori presso la Olivetti di Borgolombardo, che all’epoca era all’avanguardia nel settore. Ma il desiderio di approfondire le sue conoscenze portò poi Faggin all’università di Padova, dove conseguì la laurea in Fisica nel 1965. Subito dopo egli entrò a far parte della SGS: una società produttrice di semiconduttori (che oggi si chiama ST, dopo la fusione con una società francese). A quel tempo la SGS era collegata con la californiana Fairchild sicché avvenne che Faggin fu inviato per un periodo di aggiornamento negli Stati Uniti, dove poi scelse di rimanere.

Qui Faggin si dedicò alla tecnologia MOS (metallo-ossido-semiconduttore) che allora, siamo alla fine degli anni ’60, era appena agli inizi. A quel tempo, a differenza di oggi, la tecnologia dominante per realizzare i circuiti integrati era infatti quella bipolare: la tecnologia MOS, introdotta solo da pochi anni, offriva certamente grandi vantaggi dal punto di vista della semplicità di realizzazione, ma presentava anche vari problemi irrisolti, in particolare richiedeva tensioni di lavoro relativamente elevate (non garantendo così la compatibilità con i circuiti in logica TTL). E proprio Faggin fu l’autore di innovazioni essenziali per l’affermazione della tecnologia MOS. Fra queste, lo sviluppo della tecnica della porta al silicio (silicon gate) usando come conduttore silicio policristallino drogato anziché alluminio.

Ma la vicenda che qui ci interessa ha inizio quando Faggin lascia la Fairchild per entrare a far parte di un’altra società operante nella Silicon Valley, la piccola Intel, fondata da poco ma destinata a fare parecchia strada, certamente anche per merito del nostro, fino a diventare quel colosso mondiale dell’elettronica che è oggi. All’epoca, il prodotto che garantiva il fatturato di Intel erano le memorie a semiconduttore, su cui si puntava per sostituire i tradizionali anellini di ferrite (per chi non lo sapesse, a ogni bit di memoria corrispondeva un minuscolo anellino di materiale ferromagnetico, che veniva magnetizzato in un verso o in quello opposto, e quindi costruire memorie di grande capacità con questa tecnica era semplicemente impensabile). Sicché quando la società giapponese Busicom nel 1969 propose a Intel di realizzare i chip necessari a costruire una macchina calcolatrice programmabile, il progetto fu accettato e affidato all’ingegnere Ted Hoff e al programmatore Stanley Mazor, ma poi rimase a languire a lungo senza sviluppi. Tanto che la Busicom, a un certo punto, fu a un passo dal rescindere il contratto.

Qui entra in gioco il neoassunto Faggin, a cui viene affidato il compito di portare avanti il progetto Busicom, considerato dai manager dell’azienda del tutto secondario rispetto al settore di punta delle memorie. Allora il giovane fisico vicentino avvia subito la progettazione del chip set, grazie al know how specifico di cui dispone a riguardo della tecnologia MOS. Si trattava di quattro moduli, che poi saranno denominati con le sigle da 4001 a 4004: i primi tre erano dispositivi di memoria (ROM, RAM e registri) relativamente standard; il quarto, denominato 4004, costituiva una unità centrale di elaborazione (CPU) completa di tutte le sue parti, per la prima volta realizzata nella forma di un unico integrato

Qui bisogna dire che l’idea del “computer on a chip”, cioè realizzare tutte le parti essenziali di un calcolatore in una lastrina di silicio, era già nell’aria da qualche tempo. Ma l’idea andava concretizzata, cosa per nulla facile tenendo conto del livello della tecnologia che era disponibile all’epoca. E in questo sta appunto l’opera di Faggin, che riesce a centrare l’obiettivo apportando contributi fortemente innovativi sia a livello circuitale sia riguardanti la tecnologia degli integrati: egli progetta sia la logica del sistema che i circuiti, disegna i quattro integrati che li realizzano, costruisce anche gli apparati di prova necessari per i test. Lavorando, come egli racconterà poi in una intervista, fra 12 e 14 ore al giorno per vari mesi consecutivi. La consegna del prodotto al committente avviene nel febbraio 1971. Si noti che il modulo 4004, che sarà poi battezzato come microprocessore, impiega appena 2300 transistori MOS, contro le decine di milioni usati nei microprocessori di oggi, e occupa un’area di 3×4 millimetri quadrati, ma offre una potenza di calcolo comparabile a quella del famoso calcolatore ENIAC costruito nel 1946, che impiegava 18 mila tubi elettronici e occupava lo spazio di un vasto appartamento (una curiosità che vale la pena di menzionare è che il 4004, montato negli apparati di bordo della sonda spaziale Pioneer 10, lanciata nel febbraio 1972, fu il primo microprocessore ad allontanarsi dalla Terra fino a raggiungere, oltre Marte, la fascia degli asteroidi).

Ma non basta: negli anni successivi Faggin segue come supervisore lo sviluppo di altri due microprocessori, costruiti utilizzando le tecnologie messe a punto per realizzare il 4004: questi dispositivi, denominati 8008 e 8080, sono i progenitori della famiglia dei microprocessori più usati oggi, cioè quella che ha condotto Intel al successo. E non basta ancora, perché a Faggin si deve anche, sin dall’inizio, una chiara visione delle prospettive del microprocessore al di là del suo impiego nelle macchine da calcolo, intendendolo cioè come dispositivo programmabile d’impiego generale in apparati di controllo, e quindi con potenzialità d’impiego assai più vaste. Questa visione, inizialmente non condivisa dai manager di Intel, lo condusse infatti a trasformare i quattro chip sviluppati per la società Busicom in un chip set di impiego generale (MCS-4), il cui successo commerciale, come pure quello di dispositivi simili realizzati poi da altri costruttori, verificò in seguito più che pienamente l’ipotesi di Faggin. Infatti i microprocessori non li troviamo soltanto nei calcolatori, ma anche in una miriade di altri apparecchi, dalle macchine fotografiche alle lavatrici.

Quanto alla paternità del microprocessore, sebbene il brevetto Usa 3,821,715 porti i nomi di Faggin, Hoff e Mazor,Intel preferì attribuirla ufficialmente a Ted Hoff, che aveva affrontato inizialmente il progetto, e solo dopo parecchi anni riconobbe il contributo di Faggin, che lo aveva effettivamente svolto e portato a termine. E del resto il nostro lasciò presto Intel per intraprendere una fortunata carriera industriale come scienziato-imprenditore, come non di rado avviene negli Stati Uniti: nel 1974 fonda la Zilog, dove sviluppa lo Z80 (che ebbe larghissima diffusione ed è utilizzato ancora oggi), nel 1982 la Cygnet Technologies e nel 1986 la Synaptics, di cui è attualmente presidente.

Bisogna dire, per concludere che il microprocessore costituisce una innovazione la cui diffusione ha veramente cambiato il volto della nostra società, non soltanto per ciò che ha rappresentato in termini puramente tecnici, ma sopratutto per l’influenza che ha avuto sul modo di lavorare e anche di trascorrere il tempo libero. Sicché Federico Faggin ha fatto veramente onore all’Italia, più che meritando i riconoscimenti che ha avuto, anche se così tanti anni dopo la sua impresa. E ci aspettiamo che ne riceva altri ancora. Ma intanto voglio preannunciare la prossima uscita di un libro sulla vita di Faggin, scritto da Angelo Gallippi, nel quale la vicenda della nascita del microprocessore è narrata con tutti i dettagli, anche tecnici, dando ampio spazio anche alle più recenti imprese industriali del nostro personaggio.

Immagini sui siti

http://micro.magnet.fsu.edu/creatures/pages/faggin.html   (da qui proviene la figura nel testo)

www.intel4004.com

http://www.invent.org/hall_of_fame/1_1_6_detail.asp?vInventorID=55

Canneto Di Caronia: uno scenario militare.

Fonte: http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1382873428
Immaginiamo che i fenomeni di Canneto Di Caronia siano dovuti all’azione di una delle grandi potenze estere, e non ad attivita’ aliene. Questo articolo illustra un possibile scenario, prendendo come spunto le leggende che girano sul web, i dati ufficiali, le informazioni ufficiose e considerazioni strategiche per immaginare una storia internazionale e geopolitica.

Nella nostra ipotesi uno stato ostile, molto avanzato, decide di spaventare la Nato sperimentando contro un paesino siciliano delle armi a microonde, per far capire all’Italia, ai paesi Nato e soprattutto agli Usa che e’ possibile trasformare metropoli e cittadine in centri abitati medioevali, bisognosi di tutto, pieni di affamati in rivolta. Viene scelta una localita’ nei pressi del mare, perche’ i test verranno effettuati da un sottomarino che dovra’ sottrarsi all’individuazione mediante giochi con i fondali, e perfino nascondersi sotto naviglio commerciale in transito. La chiave della strategia e’ proprio una sorta di “guerriglia sottomarina”, con un natante che resta perennemente abbastanza in immersione tra il fango dei fondali da non essere individuato dai satelliti. Viene scelta Caronia in Sicilia perche’ nei secoli precedenti c’erano stati fenomeni di fiamme spontanee, cosa scoperta grazie ad agenti segreti disseminati in giro per il territorio a fingersi studiosi di storia. Gli incendi verranno cosi’ disinterpretati da alcuni per la ripresa di eventi naturali, facilitando le prove minacciose.

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Il sottomarino lancera’ dei robot volanti per la ricognizione, queste tecnologie esistono da tempo in molte nazioni e questi droni teleguidati sono talvolta illuminati per farli confondere con delle sfere volanti, un piccolo cammuffarsi da ufo per aggiungere confusione e panico. Per la produzione di fasci di microonde si utilizza un reattore nucleare nella schiena del sommergibile, che vengono poi irradiate sul paesino bersaglio grazie ad un’antenna direzionale periscopica che si innalza molti metri al di sopra del livello del mare con ampie capacita’ di mimetizzazione. Quando i satelliti dello stato-mandante ed i voli dei droni spia confermano che non c’e’ pericolo Caronia viene raggiunta da un fascio energetico mirato per sperimentare un tipo di danno invece di un altro. Possono anche essere staccati dallo scafo dei robot subacquei “a perdere” che fanno da esche ai sonar, e poi si cammuffano sotto il fango oppure si ricongiungono al battello-madre. Sottomarini guidati dal computer possono anche portare rifornimenti automaticamente al sommergibile che perseguita Canneto Di Caronia, luogo dove ormai l’elettronica e l’elettricita’ diventano un pericolo. Tutto lascia capire che e’ possibile riportare una comunita’ moderna al medioevo. Perfino un elicottero della Protezione Civile viene messo in tilt da un drone ostile lanciato dal fondale marino:
http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1327567206

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La Marina Militare Italiana lancia bombe di profondita’ dove si sono registrati strani echi sonar, e missili contro i droni spia che escono dall’acqua:
http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1326630267
Lo stato installa sensori perche’ ha capito benissimo cosa sta’ accadendo, e si cerca di distruggere oppure recuperare il battello subacqueo nemico mediante satelliti, incroci di dati, voli aerei, boe spia. I droni sono quasi invisibili all’occhio umano grazie alla tecnologia dei “polimeri elettrocromatici”, praticamente dei piccoli monitor che presentano sulla superficie di un velivolo la luce che una telecamera prende sullo sfondo dall’altra parte:
http://www.zeusnews.it/index.php3?ar=stampa&cod=1640
metodo in parte ormai nelle mani anche dei civili, come nell’immagine qui sotto derivata dalle ricerche del cinese Lu Lan:
http://www.linkiesta.it/mantello-invisibile
Ecco perche’ le istituzioni italiane usano cineprese all’infrarosso per individuare “sfere invisibili” puntate verso il mare:
http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1381916615

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Spesso la Nato lascia volare i droni “invisibili” avversari, anche se forniscono informazioni utili a lanciare poi in sicurezza le microonde contro il paesino di Canneto, nella speranza di ricavare dalle traettorie dei velivoli teleguidati dei dati utili a colpire il sottomarino nemico. Un colpo di fortuna nel 2007 consente alla Nato di colpire il natante subacqueo, e cosi’ cessano gli eventi a Canneto Di Caronia per un po’ di anni. L’Italia ha vinto, ma non puo’ farlo sapere alla popolazione ed al mondo, altrimenti potrebbero incrinarsi rapporti o scatenarsi pericolose tensioni. I test nemici hanno pero’ permesso di calcolare al meglio il modo di mettere in ginocchio le citta’ della Nato mediante microonde dal mare. La Protezione Civile, secondo il giornale “L’Espresso”, avrebbe segnalato il pericolo con un comunicato che affermerebbe:
http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1266399960
“tecnologie militari evolute anche di origine non terrestre potrebbero esporre in futuro intere popolazioni a conseguenze indesiderate. Gli incidenti di Canneto di Caronia potrebbero essere stati tentativi di ingaggio militare tra forze non convenzionali oppure un test non aggressivo mirato allo studio dei comportamenti e delle azioni in un indeterminato campione territoriale scarsamente antropizzato.”

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Dopo questa cronologia inventata ecco invece dei ragionamenti strategici. Cosa succederebbe ad una nazione Nato se venisse attaccata con questo tipo di armamento a microonde su vasta scala? Le grandi citta’ andrebbero in tilt totale, tra incendi e paralisi della corrente elettrica. Per massimizzare gli effetti l’attaccante potrebbe scegliere di colpire a giugno, luglio o agosto, cosi’ che il cibo marcisca nelle celle frigorifere e la mancanza d’acqua dai rubinetti generi una sete insopportabile.

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I tanti tossicodipendenti diventano furiosi perche’ la droga e’ introvabile in seguito al collasso dei trasporti, generando enormi problemi di ordine pubblico. Masse di disperati bisognosi di viveri ed acqua si metterebbero in marcia ogni giorno, abbandonando i centri abitati moderni e compiendo razzie nelle campagne.

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In questa rovina solo i paesini di montagna che possono isolarsi o non essere facilmente raggiunti dalle orde di profughi saccheggiatori sarebbero zone tranquille, a patto che possano auto-produrre cibo ed acqua sufficienti anche senza elettricita’. La diffusione di armi a microonde di alta potenza sparate dal mare potrebbero costringere gli stati a cambiare i loro assetti fin dal tempo di pace, trovando scuse per indurre tanta gente a trovarsi lavori nelle campagne e ripopolando zone di montagna. Svuotare milioni di abitanti dalle citta’, se fatto con intelligenza, puo’ perfino migliorare l’economia generale nell’attuale crisi.

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In caso di emergenza sarebbe necessario convertire FORZATAMENTE milioni di persone delle nazioni della Nato a lavori agricoli manuali per garantire la sopravvivenza. Per preparare tutte le strutture sul territorio a subire un vasto attacco da microonde come a Caronia, ed anche le linee elettriche, gli acquedotti o le celle frigorifere, si puo’ inventarsi o esagerare il rischio di una vampa energetica solare per avere una scusa davanti all’opinione pubblica, cosi’ si fanno scorte di trasformatori di ricambio ed altre parti elettriche per le riparazioni. I continui allarmi Nasa sul rischio del “picco solare” potrebbero essere trucchi per far fare delle scorte di ricambi elettrici ai civili in caso di attacco nemico con microonde dal mare, o da satelliti orbitanti?

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Per alcuni stati un simile scenario non e’ semplice. Per esempio l’Egitto ha circa 70 milioni di abitanti, ma 15 milioni vivono nella sola metropoli de Il Cairo, altre citta’ o aree lungo il Nilo sono incredibilmente affollate “invitando” potenziali nemici a paralizzare l’elettricita’. Solo bonificando con serieta’ vaste parti del territorio egiziano si possono spostare enormi quantita’ di persone per vivere di agricoltura a bassa tecnologia. Durante la presidenza di Sadat si e’ fatto molto per poter coltivare e vivere in zone prima deserte, nel lungo regno di Mubarack le cose sono state portate avanti con pochi successi e tanti progetti mal realizzati. Fino a che l’Egitto non spostera’ milioni di abitanti in aree oggi vuote bastera’ interrompere la corrente elettrica nella zona della capitale per trasformare cittadini normali in gigantesche orde di predoni affamati.

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Eventuali armi in stile “Canneto Di Caronia” trasformano i cittadini delle nazioni avanzate in orde di saccheggiatori impazziti che si combattono sul territorio, lasciando indenne lo stato attaccante se non viene identificato per una rappresaglia grazie al mimetismo. Siamo scelleratamente dipendenti dalla corrente elettrica, e la maggior parte di noi ha dimenticato come ottenere cibo dalle campagne. Aver lasciato che i cittadini potessero ammassarsi in metropoli affollate ha solo aumentato la vulnerabilita’ delle strutture statali Nato, ieri creando bersagli allettanti per gli attacchi nucleari, domani rendendo facile ed invitante paralizzare le grandi citta’ dal mare o dallo spazio.

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L’Italia ha una situazione piu’ felice, puo’ resistere meglio a questo tipo di assalto. Le sue citta’ piu’ grandi hanno pochi milioni di abitanti, agevolandone l’evacuazione. Il clima favorisce molto l’agricoltura, anche improvvisata ed a bassa tecnologia grazie al lavoro forzato di milioni di sfollati. Il paese ha estese catene di montagne con tantissimi paesini mezzi vuoti abbastanza autosufficenti nelle emergenze, che possono ospitare moltissime persone. Niente di strano che gli “esperimenti” si facciano proprio contro un paesino sul mare come Canneto Di Caronia, appartenente ad uno degli stati europei che ha piu’ probabilita’ di resistere ad un attacco elettromagnetico di questo tipo. L’Italia ha un piu’ alto coefficiente di resistenza a quel tipo di aggressione che si potrebbe temere studiando il caso di Canneto Di Caronia. Alla fine gli “sperimentatori” finiranno con il temere i troppi paesini di montagna che possono essere isolati ed autosufficienti, dove si possono concentrare lontano dal mare ricerche e risorse utili alla difesa, e dovranno attuare test su come neutralizzare queste scomode realta’ autosufficienti in caso di necessita’, altrimenti alcuni paesi Nato non verranno messi completamente in ginocchio. La Basilicata e’ di fatto praticamente svuotata da decenni di emigrazione, ma puo’ ospitare tantissimi profughi che vivano di agricoltura improvvisata, l’Italia ha diverse carte da giocare per tentare una ricostruzione post-attacco.

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Ma siamo poi sicuri che questi test minacciosi a Canneto Di Caronia, che avrebbero scatenato la reazione armata delle forze armate italiane, siano di un paese esterno alla Nato? Potrebbe anche essere un modo di far capire agli alleati che non ci sono solo le armi nucleari come deterrente, in caso le alleanze cambino oppure che qualcuno esca dalla Nato, o che l’Unione Europea muoia assieme all’Euro…

D.D. , Ansu.

Le foreste del Mozambico se ne vanno in Cina

Fonte:http://www.salvaleforeste.it/taglio-illgale/3872-le-foreste-del-mozambico-se-ne-vanno-in-cina.html

100_1017La domanda cinese di legname è il fattore trainante della deforestazione illegale in Mozambico. Secondo il rapporto “First Class Crisis”, pubblicato dall’Environmental Investigation Agency (EIA) dopo lunge investigazioni sul campo, il 93 per cento del legname prelevato nel paese nel 2013 era di origine illegale.

Le indagini sotto copertura, assemblate all’analisi dei dati hanno portato a dimostrare che il fattore chiave della criminalità forestale nel Mozambico è la domanda cinese di legname.

Circa il 76 per cento di tutte le esportazioni di legname provenienti dal Mozambico nel 2013 proveniva da operazioni illegali, con un prelievo assai maggiore alle quote autorizzate. Il 93 per cento di questo legname è stato esportato in Cina.

“Il tasso impressionante di deforestazione illegale e il contrabbando di legname per il mercato cinese ha portato a volumi di prelievo ben oltre i livelli sostenibili, nonostante le rassicurazioni dei funzionari del governo”, sostiene Jago Wadley, dall’Environmental Investigation Agency.

“Se l’eccessiva prelievo di una manciata di specie legnose di valore commerciali commerciali continua, le scorte saranno esaurite nel giro di 15 anni.

“E’ vera e propria epidemia del crimine associato a una pessima gestione ambientale, che dal 2007 ad oggi ha privato uno dei paesi più poveri al mondi di 146 milioni di dollari di entrate fiscali perdute.”

L’EIA richiede una sospensione immediata di tutte le esportazioni del legname fino a quando il Mozambico non sarà in grado di assicurare un prelievo e un commercio di legname sostenibili, per proteggere le residue risorse forestali.

Il Mozambico è diventato il più grande fornitore della Cina di tronchi africani. Circa il 46 per cento della Cina dei 516.296 metri cubi di legname mozambicano importato dalla Cina è di origine illegale: 235.500 metri cubi di legno di contrabbando, quanto basta a riempire una fila di container lunga 72 chilometri.

Wadley ha aggiunto: “Le comunità rurali impoverite stanno sostenendo tutto il peso della spoliazione delle foreste mozambicane, una devastazione destinata a continuare indisturbata, senza un’azione immediata e decisa di tutte le parti interessate”.

 

Magnesio: i sintomi piu’ comuni di una carenza

Scritto da: Francesca Biagioli
Fonte: http://www.greenme.it/vivere/salute-e-benessere/13907-magnesio-sintomi-carenza

magnesio_carenza

Il magnesio è uno dei minerali essenziali per la nostra salute. Aiuta infatti numerose funzioni del nostro organismo essendo coinvolto in oltre 300 processi metabolici: in particolare è utile per i muscoli e il sistema nervoso, contribuisce a regolare i livelli di calcio nel sangue, aiuta la produzione di energia e tanto altro. Spesso però ne siamo carenti e possiamo avvertire dei sintomi caratteristici.

Quando siamo in carenza di vitamine o sali minerali, il nostro corpo vive una situazione di squilibrio che sarebbe meglio risolvere il prima possibile. Ma come accorgersi di un’eventuale carenza? Spesso c’è bisogno del parere di uno specialista che può riconoscere alcune avvisaglie ma nel caso del magnesio ci sono alcuni sintomi tipici, che possono essere riconosciuti con facilità.

SPASMI MUSCOLARI

Un sintomo molto caratteristico della carenza di magnesio sono gli spasmi o crampi muscolari che possono colpire in particolare le gambe sia sotto sforzo, che semplicemente stando in piedi oppure addirittura a riposo e anche la notte mentre si è completamente rilassati.

 GAMBE SENZA RIPOSO

La sindrome delle gambe senza riposo è stata solo recentemente riconosciuta dalla comunità medica. Questa condizione provoca una sensazione di tensione muscolare nelle gambe, il più delle volte costante, che comporta la necessità di muovere spesso l’arto o gli arti interessati. Di solito peggiora la notte e spesso rende molto difficile dormire.

 EMICRANIA

Alcuni studi hanno dimostrato un legame tra una carenza di magnesio e un aumentato rischio di emicrania, soprattutto nelle donne che soffrono di questo disturbo in concomitanza con il ciclo mestruale. Il magnesio è noto anche per rilassare i vasi sanguigni, non a caso molti mal di testa, secondo gli esperti, sono causati proprio dalle contrazioni muscolari dei vasi.

 DEPRESSIONE O ANSIA

Diversi studi, tra cui quello del George Eby Research Institute, hanno visto come una carenza di magnesio possa causare dei disequilibri nel cervello, che come conseguenza in alcuni casi scatenerebbe una depressione curabile appunto con un’assunzione costante di questo minerale. Dato che il magnesio agisce come un calmante sul sistema nervoso, una sua marcata carenza può provocare anche ansia e attacchi di panico

ARITMIE DEL RITMO CARDIACO

Uno scarso apporto di magnesio al nostro organismo può portare anche a sviluppare quella sensazione che ci fa percepire la perdita di un battito cardiaco o al contrario un eccessivo movimento e che può durare per pochi secondi ma anche per un minuto o più.

 Non sempre questi sintomi sono necessariamente da imputare ad una carenza di questo minerale ma sicuramente provare ad aumentarne l’assunzione attraverso gli alimenti che lo contengono di più o utilizzando un integratore è un tentativo da fare.

Tra i cibi che lo contengono maggiormente ci sono fonti vegetali come noci, cereali integrali e verdure a foglia verde. Nella maggior parte dei casi però, dato che purtroppo l’utilizzo dei fertilizzanti chimici ha impoverito di minerali i nostri suoli, potrebbe essere necessario ricorrere ad un integratore.

Come sarà riciclato l’acciaio derivante dalle demolizione della Costa Concordia

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/

Costa-Concordia-demolizioneUna volta giunta nel porto di Genova, inizieranno i lavori per lo smantellamento del relitto. Una vera e propria miniera di materie prime: ferro, acciaio soprattutto, ma anche rame (dei cavi elettrici), motori forse ancora recuperabili, mobili in legno e formica, cucine, banchi frigo, paratie, vetrate, arredi, sanitari e molto altro.

Per una nave da crociera come questa la quantità di metallo che si potrebbe ricavare è enorme, si stima tra le 40 e le 50 mila tonnellate, che sarà pagato intorno ai 260 euro la tonnellata, per un totale di 10-13,5 milioni di euro. Si tratta di acciaio di ottima qualità perché pulito, ovvero privo di plastica. I pezzi saranno caricati su camion e vagoni ferroviari e trasportati nelle acciaierie Duferco e Pasini, importanti aziende del bresciano. Qui il materiale sarà rifuso nei forni elettrici e se ne ricaveranno travi e tondini per l’edilizia, rotaie ferroviarie, piastre per navi, lamiere per la costruzione di veicoli, elettrodomestici, container e torri eoliche. E anche nuove navi!

E’ la prima volta che l’Italia si impegna in una operazione di demolizione di questo tipo: di solito questo tipo di lavoro è commissionato a paesi dove la manodopera costa pochissimo, come Bangladesh, Pakistan, Cina, Turchia. Ma potrebbe essere un buon inizio per iniziare a ritagliarsi una fetta di questo mercato anche da noi – soprattutto se l’Unione Europea attuerà qualche tipo di protezione dal punto di vista dei costi.

Il lato francese di Leonardo da Vinci nella biografia di Serge Bramly

Scritto da: Dino Messina
Fonte: http://lanostrastoria.corriere.it

Leonardo_da_Vinci_1Quali sono i libri di storia che hanno contribuito alla nostra formazione? Continuiamo la nostra serie con il contributo di Angelo Paratico dedicato alla biografia di Leonardo scritta da Serge Bramly.

di Angelo Paratico

Volendo suggerire una biografia dedicata a Leonardo Da Vinci, che sia allo stesso tempo di piacevole lettura, ben documentata e possa resistere al corrosivo scorrere degli anni, la mia scelta cade senz’altro sull’opera del francese Serge Bramly. Pubblicata in Francia nel 1981 – epoca remotissima per lo studio di Leonardo – è intitolata “Leonardo Da Vinci, Artista, scienziato, filosofo” e in Italia figura fra gli Oscar Mondatori.
La bibliografia riguardante Leonardo Da Vinci è imponente e in crescita esponenziale. Questo è vero anche senza prendere in considerazione tutta la letteratura fantastica che si va accumulando su di lui, che va dal libro d’un visionario come Dmitry S. Merezhkovsky con il suo “Il romanzo di Leonardo Da Vinci” del 1900 sino all’opera d’un analfabeta di confine com’è stato definito l’autore del “Da Vinci Code” che pure ha venduto duecento milioni di copie. Paul Valery, scrivendo di Leonardo nel 1894, disse che ciò che resta di un uomo sono i sogni che leghiamo al suo nome, questo è verissimo nel caso del grande ingegnere e artista fiorentino.
La ricerca storica riguardante colui che fu l’uomo più geniale e misterioso che sia mai esistito è ancora in corso e, per quanto possa sembrare strano ai non addetti ai lavori, siamo solo agli inizi della ricerca. Infatti, a differenza di altri personaggi storici per i quali prove e documenti sono noti e abbastanza conclusivi, nel caso di Leonardo è vero il contrario. Poco è definitivo e quasi nulla è certo; infatti nuovi documenti d’archivio creduti perduti affiorano in continuazione. Basti qui citare come esempio le ricerche condotte da Elisabetta Ulivi, una brillante docente di Storia della Matematiche presso l’università di Firenze, che ha pubblicato nel 2008 un rigoroso libretto intitolato “Per la Genealogia di Leonardo” con il frutto delle sue ricerche archivistiche. Le sue scoperte sono straordinarie, a iniziare dalle tracce di due fratellastri di Leonardo, come lui nati illegittimi da Ser Piero Da Vinci. Un altro esempio potrebbe essere la scoperta dei codici Madrid I e Madrid II avvenuta nel 1966: stavano da secoli al loro posto nella libreria di Stato spagnola ma erano stati inventariati in maniera errata. Se pensiamo che una metà, o addirittura due terzi, dei taccuini di Leonardo sono andati perduti capiamo allora che ci potrebbero essere nuove sorprese in futuro. Nuovi documenti potrebbero affiorare e cambiare, anche radicalmente, il suo quadro biografico.
Anche per quanto riguarda i dipinti di Leonardo Da Vinci, tutto sommato, si brancola nel buio. Gli unici a lui interamente attribuibili sono soltanto L’Ultima Cena di Milano – un’opera che ormai poco assomiglia all’originale – e la Gioconda, conservata al Louvre, forse il quadro più celebre al mondo ma sul quale le interpretazioni si sprecano.
Perché dunque prediligo l’opera biografica di un francese, quando in Italia abbiamo grandi studiosi di Leonardo, esperti del calibro di Carlo Pedretti, Alessandro Vezzosi, Carlo Vecce, Edoardo Villata, Agnese Sabato e tanti altri? Lo faccio perché Bramly è un grande scrittore e forse anche perché anche i francesi sentono Leonardo come uno di loro. Come è noto Leonardo morì in Francia il 2 maggio 1519 mentre stava al servizio del re di Francesco I di Valois, e Bramly accetta come plausibile la narrazione di Giorgio Vasari che vorrebbe Leonardo spirare fra le braccia di quel monarca. Francesco I era figlio di Luisa di Savoia, la quale era a sua volta sorella di Filiberta di Savoia, moglie di Giuliano de’ Medici, che era stato il mecenate di Leonardo sino alla sua prematura morte avvenuta a Firenze nel 1516.
Napoleone, da par suo, nel trafugare nel 1795 i codici leonardeschi conservati a Milano avrebbe affermato che tutti gli uomini di genio sono francesi, quasi a giustificarne la sottrazione e pare che prima di spedirli a Parigi li volle studiare di persona. Il pezzo forte, il Codice Atlantico, ritornò alla Ambrosiana dopo la sua caduta ma molti altri taccuini – deliziosi e importantissimi – sfuggirono agli emissari di Metternich e restarono a Parigi. Grazie a quella storica rapina è sorta una scuola di grandi leonardisti a Parigi e per questo motivo, da milanese quale sono, perdono Serge Bramly e apprezzo la sua bella biografia.

Ötzi: la Mummia del Similaun

Fonte: http://cultura.biografieonline.it/otzi-mummia-similaun/

La Mummia del Similaun, conosciuta anche come Ötzi, rappresenta un ritrovamento di straordinaria importanza in ambito antropologico. Si tratta del corpo di un uomo vissuto in epoca preistorica perfettamente conservato, con indosso abbigliamento ed equipaggiamento.

La Mummia del Similaun, conosciuta anche come Ötzi, rappresenta un ritrovamento di straordinaria importanza in ambito antropologico. Si tratta del corpo di un uomo vissuto in epoca preistorica perfettamente conservato, con indosso abbigliamento ed equipaggiamento.

La mummia del Similaun

Il ritrovamento

Il luogo del ritrovamento dell’Uomo venuto dal ghiaccio si colloca sulle Alpi Venoste, facenti parte delle Alpi Retiche orientali, a cavallo del confine tra l’Italia e l’Austria.

I coniugi Erika ed Helmut Simon di Norimberga, in vacanza in Alto Adige, dopo una escursione sul monte Similaun e dopo aver pernottato nell’omonimo rifugio, decidono di scalare la Punta di Finale. Durante il tragitto di ritorno verso il rifugio, nei pressi del ghiacciaio Hauslabjoch, a quota 3.210 metri, i coniugi si imbattono nel cadavere di un essere umano riverso nella neve, in una stretta conca rocciosa di 2-3 metri di profondità. E’ il 19 settembre 1991. Dopo la comunicazione del ritrovamento al Rifugio Similaun, viene attivata la gendarmeria ed il soccorso alpino austriaci per il recupero del corpo, avvenuto Il 23 settembre 1991. La salma è portata quindi ad Innsbruck, in Austria, per essere esaminata, ma senza la consultazione di alcun archeologo, poiché pensiero comune è quello che possa trattarsi di un alpinista, vittima di un incidente.

I rilievi topografici effettuati in seguito per determinare l’esatta linea di confine italo-austriaco, determinano che il ritrovamento dell’Uomo del Similaun è avvenuto in territorio italiano, seppure di pochi metri. La mummia rimane comunque ad Innsbruck per il tempo necessario ai primi esami. Viene convocato un archeologo, il Prof. Konrad Spindler di Innsbruck, il quale attesta che la salma ha almeno 4.000 anni. La notizia di questo ritrovamento di eccezionale importanza, viene riportata sui giornali di tutto il mondo; si diffonde così la consapevolezza che la scoperta è una delle più straordinarie degli ultimi secoli. La mummia viene ribattezzata Ötzi dal giornalista viennese Karl Wendl, termine che deriva dal nome tedesco delle Alpi Venoste (Ötztaler Alpen).

Una foto del luogo del ritrovamento di Ötzi

Il corpo intatto e la sua datazione

Grazie ad una serie di fattori, la mummia del Similaun è rimasta intatta: al momento della morte il corpo rimase alle basse temperature raggiunte nel ghiacciaio e la conca rocciosa dove si trovava le diede protezione. Dopo che il processo di mummificazione ebbe inizio, il corpo fu ricoperto di neve, che permise la sua conservazione. Durante il trascorrere dei secoli, il ghiacciaio scivolò sul corpo, ma senza arrecargli alcun danno, grazie alla posizione della conca nella quale si trovava, ovvero posta di traverso rispetto alla direzione di scivolamento del ghiaccio.

Incredibile la sua datazione a seguito dell´analisi al carbonio 14: l’Uomo venuto dal ghiaccio visse tra il 3350 e il 3100 a.C., quando in Europa stava iniziando l’Età del Rame, il territorio era scarsamente popolato e gli uomini vivevano in villaggi praticando agricoltura e pastorizia.

L’aspetto di Ötzi ed il suo equipaggiamento

Gli studi sulla mummia hanno permesso di scoprire le sue caratteristiche. Il corpo rinvenuto è di un essere umano di sesso maschile, la sua altezza al momento del decesso è di circa 1,60 metri e pesa circa 50 Kg. I suoi capelli sono bruni e lunghi portati sciolti sulle spalle. Intorno al corpo di Ötzi, il terreno è stato accuratamente setacciato e sono stati rinvenuti anche i resti degli indumenti e degli utensili, risultati di grande interesse archeologico: un coltello di selce con l’impugnatura di legno, un arco in legno di tasso non finito, un’ascia in rame, composta da un lungo manico di tasso e da una piccola lama di rame, una faretra con due frecce complete ed alcune in fase di costruzione, una perla in pietra, i resti di due recipienti realizzati con corteccia di betulla, un piccolo pugnale, composto da un manico di frassino e da una lama di selce con il relativo fodero, accuratamente lavorato, un’esca da fuoco e gli utensili per lavorare i suoi attrezzi.

 

Anche l’abbigliamento ritrovato rappresenta una preziosa testimonianza che ci racconta del modo di vivere degli uomini appartenenti alle prime civiltà alpine: un copricapo di pelliccia d’orso, i resti di una mantellina di pelo di capra e di due gambali di pelle di capra, un vestito costituito da strisce di pelliccia cucita, scarpe realizzate, all’interno, con corda intrecciata ed imbottita di fieno, all’esterno con pelle di cervo, con stringhe di cuoio che fungevano da battistrada.

Ricostruzione di Ötzi

Le indagini e lo studio della mummia permisero di scoprire che Ötzi, poche ora prima di morire, aveva mangiato carne e diversi vegetali, principalmente cereali. Su tutto il suo corpo vi erano più di 50 tatuaggi, che consistono in punti, linee e crocette. Essendo posti in corrispondenza di punti affetti da artrite (scoperto grazie ad esami radiologici), si presume avessero una funzione terapeutica e non ornamentale: erano posti in corrispondenza delle articolazioni più consumate, cosicché la recisione di piccoli fasci di fibre nervose produceva la diminuzione del dolore. La dentatura, priva di carie, presenta una forte usura causata probabilmente dai residui della macinazione a pietra dei cereali e dal fatto che era solito utilizzare i suoi denti come utensili.

L’età di Ötzi e la causa della sua morte

Le analisi condotte su un campione del femore dell’Uomo del Similaun rivelano che la sua età indicativa è di 46 anni, nettamente superiore all’aspettativa di vita media degli uomini vissuti all’inizio dell’Età del Rame.

Ötzi morì a causa di una emorragia dovuta ad una ferita procurata da una freccia, giunta alle sue spalle, che gli trapassò la scapola sinistra, senza però ledere alcun organo vitale. Dal tipo di vegetali trovati nei recipienti di Ötzi, gli esperti concordano nel pensare che la morte per lui giunse all’inizio dell’estate.

Mummia del Similaun

Dove è conservata la mummia

La mummia del Similaun è attualmente conservata al Museo Archeologico dell’Alto Adige a Bolzano, esposta ai visitatori provenienti da tutto il mondo, attraverso un percorso espositivo composto da reperti, testi didattici, postazioni video e multimediali, che illustrano tutti gli aspetti dell’Uomo venuto dal ghiaccio. Per poter conservare la mummia si è reso necessario ricreare le particolari condizioni di freddo ed elevata umidità dell’aria presenti nel ghiacciaio; questo è reso possibile attraverso un sistema di refrigerazione ad alta tecnologia che consente sia la conservazione che l’esposizione al pubblico dell’Uomo venuto dal ghiaccio vissuto di più di 5.000 anni fa.

CHE SUCCEDE NEL MONDO?

Scritto da: Flora Rocha
Fonte: http://www.sabiduriadelcorazon.org/


Il panorama che abbiamo davanti agli occhi è davvero triste e scoraggiante, siamo giunti a questo punto perchè abbiamo dimenticato che in noi risiedono gli elementi in grado di fornirci il controllo: la saggezza e l’amore

Nel corso di questi primi mesi dell’anno abbiamo assistito ad un gran numero di sfortunati avvenimenti che hanno avuto ripercussioni su tutto il pianeta ed altri che invece che si sono fatti sentire solo nei paesi o città in cui si sono verificati. Non c’è dubbio, che ogni abitante del pianeta abbia percepito qualcosa differente che l’abbia fatto rabbrividire un poco rispetto al momento in cui ci troviamo…Realmente, le tristi immagini dell’intenso dolore, sofferenza e paura ad Haiti e – sfortunatamente –  adesso anche in Cile, sono state il più chiaro esempio della instabilità in cui vivono tutti gli abitanti della Terra …

Certamente esistono molte domande che potranno incontrare risposte. La più frequente è: Perché sta succedendo tutto questo? Le risposte sono molte. Alcune fanno riferimento a teorie cospiratorie che coinvolgono l’utilizzo della tecnologia HAARP creata, presuntamente, per lo studio della ionosfera, ma che in realtà per altri rappresenta una tecnologia in grado di alterare il clima e manipolare vari elementi, fattori che la convertirebbe in una potente arma di distruzione di massa. Queste accuse coinvolgono varie potenti nazioni che avrebbero la volontà di destabilizzare altri paesi, con al fine di esercitare un pieno controllo sugli stessi per rafforzare il loro potere sulla Terra…

Tra le molte teorie proposte c’è chi parla del compimento delle profezie maya della “fine del mondo nel 2012”, l’aumento della temperatura globale ed il ciclo naturale della Terra,

Non c’è dubbio che non sapremo mai la verità di quello che sta avvenendo o, magari, non adesso, sicuramente, è fondamentale fermarci per riflettere e porci demande a proposito di quello che veramente stiamo vivendo tutti noi i figli di questa Terra.

L’importanza del rispetto

La violenza, l’odio, la paura, le catastrofi, la depressione, gli squilibri economici, le malattie si stanno verificando a livello mondiale, e non solo a livello regionale. Lo squilibrio si è sparso in tutti i paesi ed in tutte le città, ricche o povere. L’insicurezza affligge in generale ogni giorno costringendoci ad imparare a rinchiuderci ancora di più nel nostro mondo per il timore di un attacco, estorsione, sequestro ed, adesso, cercando di adattarci a vivere con la paura delle catastrofi “naturali”…

Il panorama che abbiamo davanti agli occhi è davvero triste e scoraggiante, non c’è dubbio che siamo arrivati fino a questo punto perchè abbiamo dimenticato che in noi esiste la capacità di controllare molte di quelle cose che adesso ci torturano. Poco a poco abbiamo ceduto questo controllo in mani sconosciute, cosa che ci fa sentire progressivamente sempre più deboli ed impotenti di fronte a questo tipo di situazioni.

È vero che molte cose vanno al di la del controllo di qualsiasi essere umano, però è anche certo che molte delle sofferenze che adesso ci affliggono si devono principalmente all’abbandono e lontananza da quello che realmente esiste al nostro interno, ossia la forza della saggezza e dell’amore. Entrambi questi elementi ci guideranno nuovamente in luce ed armonia sul cammino del rispetto per tutto quello che ci circonda.

Peró nel frattempo, senza alimentarsi dell’amore e della saggezza, il rispetto continuerà a scomparire proprio come è avvenuto all’interno dell’attuale umanità, che quotidianamente dimostra di aver convertito quella parola ed azione in un’allegoria di qualcosa che abbiamo perso tristemente di generazione in generazione.

Non ci rendiamo conto che la maggior parte dei nostri problema risiede nella mancanza di rispetto che è sempre più evidente nei confronti degli elementi della natura e tra gli stessi esseri umani. Questo ci ha condotti a vivere in un mondo parallelo rispetto a quello reale, quel mondo che come figli di questa Terra meritiamo e che abbiamo permesso che si convertisse quasi in un mito.

Possiamo ancora ascoltare le voci di coloro a cui toccò vivere in un momento migliore rispetto a quello presente. Quelle voci ci parlano di un mondo dove potevi godere di un giorno in campagna con la tua famiglia senza avere paura di incontrare un cadavere o di gioire per un giro in barca senza la paura di essere assaltato in mare aperto dai pirati che esistevano solo nei racconti; un mondo in cui potevi ancora avere fiducia del tuo vicino o di uno sconosciuto.

Un mondo come questo oggi ci può sembrare quasi da favola se lo paragoniamo con quello in cui viviamo adesso, dove non siamo capaci nemmeno di sfruttare dei piaceri più semplici della vita senza avere cautela, sempre più simile alla paura.

So che questo può sembrare ancora più triste e deprimente però, credetemi, non è questa la mia intenzione. Al contrario, sto solo cercando di farci capire che TUTTI dobbiamo renderci conto in maniera chiara della realtà in cui stiamo vivendo, infatti nello stesso tempo in cui viviamo stiamo morendo smettendo poco a poco di sfruttare le cose essenziali della vita.

La cosa peggiore è aspettare senza fare niente

Sperare che le cose si aggiustino da sole è la cosa peggiore che possiamo fare, tutti infatti abbiamo l’obbligo di risvegliarci di fronte alla realtà, di liberarci da quel torpore che ci siamo imposti per poter sopportare la realtà.

Peró, se tutti desideriamo veramente VIVERE per la nostra famiglia, per il nostro futuro, dobbiamo obbligatoriamente iniziare ad assumere il controllo di quello che abbiamo nelle nostre mani, iniziando col risvegliarci e questo risveglio sarà avverrà nel momento in cui apriremo le porte del nostro potente essere interiore, che non è altro che il nostro cuore e saggezza.

Come primo passo, questa parte di noi ci guiderà verso la manifestazione più semplice dell’amore attraverso azioni che offriremo all’ambiente in cui viviamo. In quel momento vedremo che il rispetto è un elemento necessario della vita per raggiungere un’esistenza piena.

So che questo può apparire irrilevante o poco efficace per risolvere tanti problema come quelli che abbiamo oggi, tuttavia, è molto meglio che vivere nell’oscurità di una vita afflitta dalle paure e dall’incertezzaSé que esto puede sonar intrascendente o poco efectivo para resolver tantos problemas como los que tenemos hoy, sin embargo, es mucho mejor que vivir en la oscuridad de una vida plagada de miedos y de incertidumbre.

L’amore (e le sue manifestazioni) è la forza e l’arma più potente che possiede l’essere umano ed è quello che dobbiamo iniziare ad utilizzare controllo chi crede ancora che il contrario dell’amore è la chiave per la vita futura sul pianeta.

Apprezzando quello che abbiamo attorno

Siano o no vere le teorie cospiratorie, la forza per combattere tutto questo sarà la manifestazione dell’amore e l’opposizione dell’umanità, o almeno la maggior parte di questa, ad ogni manifestazione che vada contro il rispetto e l’armonia.

Peró per questo, dobbiamo essere noi stessi a dare l’esempio. Che le nostre azioni pubbliche o private siano sempre dettate dal cuore e la sensibilità dell’Amore per poter perdere poco a poco liberarsi dalle vecchie abitudini egoiste che tanto ci avevano allontanato dalla compassione e dalla tolleranza. Perchè non esiste miglior insegnamento di quello che si riceve attraverso l’esempio e noi siamo in debito con la natura.

Una delle migliori maniere di sviluppare la connessione interna di saggezza ed amore è  attraverso la conoscenza esteriore. Questa conoscenza consiste nell’indagare ed analizzare quello che ci circonda e che sentiamo come estraneo, facendolo infatti otterremo la coscienza del vero valore del tutto, di ognuna delle cose che ci circonda. È molto più facile difendere, amare e proteggere quello che conosci, che ciò che ignori completamente.

Questa coscienza ci condurrà a sviluppare ancora di più il nostro amore verso quello che esiste intorno a noi, così come per ogni luogo del nostro pianeta per lontano che stia. E se ogni persona avvertirà un amore di questa grandezza, che sia autentico e vero, avremo la forza più potente che si unirà a quella di milioni di persone che proprio come noi saranno state capaci di provocare questo cambio così necessario.

Questa unione di energie creerà una differenza così potente e magnifica che dissolverà l’oscurità di coloro che attraverso l’oscurità delle loro azioni di odio si sono sommersi nella negatività che essi stessi hanno generato, inoltre indebolirà ogni azione estranea a quella luce che l’amore è capace di generare.

La peste del secolo XXI

L’aumento della violenza, dell’odio, dei crimini e di tutto quello che è relazionato con la mancanza di amore, è capace di moltiplicarsi nutrendosi della stessa energia oscura, come un virus che non si combatte con nessuna medicina. Questo aumento contagerà tutta l’umanità, come avvenne con le antiche pesti.

Però, al contrario se si scopre l’antidoto giusto per combattere quel “virus” e lo si applica poco a poco, le manifestazioni della malattia si ridurranno fino che la stessa diventerà controllabile, non pericolosa per l’umanità e magari arriverà il momento in cui il pianeta sarà completamente immune a minacce di questo tipo.

Allo stesso modo in cui abbiamo appreso a combattere tante e tante malattie, adesso dobbiamo, ed abbiamo l’obbligo, di contenere e fermare il nuovo “virus” delle società attuali che ci ha causato tanto male e dolore sotto varie forme come odio, dolore, malattie, crimini, disastri, distruzione della natura, ecc…prima che sia troppo tardi.

Si tratta di “contaminanti” creati partendo dalla mancanza di Amore e di Rispetto e che si sono scatenati grazie alle attitudini che hanno danneggiato il nostro ambiente ed il nostro comportamento fino ad arrivare al punto in cui lo vediamo oggi. Per questo non possiamo più continuare ad ignorare di avere questo “virus”, dato che questa incoscienza è quella che ci impedisce di cercare l’antidoto prima che tutti quanti saremo vittime di questo “male”.

Pretendere di ignorare non è la soluzione perché le cose giungeranno a un punto limite in cui niente potrà essere ignorato e dove prima o poi tutti avremo la stessa malattia  che oggi, e già lo stiamo vedendo, invade tutti senza distinzione.

Non ci sarà nazione, né ricca né povera, che possa liberarsi dalle conseguenze che potranno arrivare. Per questo è di fondamentale importanza che TUTTI, assolutamente TUTTI, saremo capaci di agire nelle nostre vite da ora in poi, di imparare a conoscerci e di conoscere il grande Amore che risiede dentro di noi e che sarà la chiave e la medicina per curare ogni male.

Possiamo condividere questa nuova sensazione con gli altri come se iniziassimo una campagna di vaccinazione e cura in cui, attraverso le nostre azioni, cominceremo una nuova vita dove saremo capaci di assumerci le nostre responsabilità e di riniziare una tappa di rispetto che si tradurrà in armonia e pace per tutti noi che abitiamo su questo pianeta …

Il requisito è deciderci ad essere più è deciderci ad essere più consapevoli di quanto siamo meravigliosi ed accettare l’Amore che abbiamo dentro. Sembra facile, é facile ed é necessario…La vita è la creazione più meravigliosa e noi siamo parte di questa meraviglia, non dobbiamo mai dimenticarlo …

Con l’aiuto infinito

Vi chiedo con tutto il cuore di ricordarvi che tutto l’infinito Universo è legato e depositato nel cuore di ogni essere e che questa luce costante del Cosmo chima tenacemente la nostra attenzione attraverso il brillare delle stelle, che ci appoggiano con la loro presenza e linguaggio, che non è sconosciuto per il nostro spirito.

Con amore, dedicato a tutti quelli che desiderano sentire la luce dell’amore e che auspicano che sparisca dalla loro vita l’oscurità della distruzione come se si trattasse solo di brutto sogno …

“Dare Amore è una necessità che è stata dimenticata, che si è persa tra la miseria dell’indifferenza…”, Flora Rocha

“Il rispetto dato è un tributo a te stesso che ti dona in cambio chi è stato rispettato”,   Maestro Nintancito

“L’oscurità non esiste nella Luce e la Luce più grande è quella che genera l’Amore…”, Flora Rocha