Che succede a Mea Shearim, quartiere di Gerusalemme?

Scritto da : Eduardo Lubrano
Fonte: http://www.iljournal.it/2011/che-succede-a-mea-shearim-quartiere-di-gerusalemme/272979

A Gerusalemme c’è un quartiere dove sembrano non essere mai morte parole e concetti come segregazione ed apartheid. Dove l’essere umano è discriminato solo perché è diverso biologicamente l’uno dall’altro. Si tratta in questo caso di uomini e donne. Il quartiere si chiama Mea Shearim, è a nord est della città e qui uomini e donne camminano su marciapiedi diversi. Il quartiere è stato fondato nel 1874 ed è abitato in gran parte dagli haredim, i “timorati” “,coloro che tremano davanti alla parola di Dio”, gli ebrei ultra-ortodossi, quasi fossimo nella Polonia askhenazita del XVIII secolo dove queste persone avevano impianto una loro fortissima comunità. Ma Mea Shearim è anche il quartier generale deòl movimento anti sionista “Neturei Karta” (Jews united against Zionism) che lotta contro lo stato attuale di Israele.

Questa dei marciapiedi è solo una delle regole che viggono in questo quartiere fuori dal tempo, perché quando si cerca di entrare, ci sono grandi cartelli che sconsigliano l’ingresso ai turisti. E questo nonostante moltissime sentenze della Corte Suprema di Israele che ha vietato questi comportamenti, come quello dello scorso 16 ottobre che ha ricordato che le strade di Mea Shearim appartengono in egual misura a uomini e donne, e ha vietato discriminazioni. In Israele sono molti a non credere che queste sentenze non avranno effetto perché negli ultimi anni la separazione tra i sessi nelle aree pubbliche è andata aumentando costantemente, con il crescere del numero e dell’influenza nel paese di timorati e zeloti di estrazione varia.

«La segregazione di genere è un fenomeno relativamente nuovo nella vita ebraica», ha detto Yossi Gurvitz del sito di analisi politica “+972”. «C’è da una decina di anni, frutto avvelenato di quelle correnti di ultraortodossi, in particolare ebrei hassidici, che sostengono che la presenza delle donne (o anche solo ragazzine) li importuni, suscitando pensieri impuri». Un altro esempio di questa discriminazione contro le donne è stato poco tempo fa, con gli autobus in cui le donne sono confinate nei posti in fondo. Si tratta di linee che servono i quartieri haredim.

Una legge non scritta impone alle passeggere, in una sorta di galateo al contrario, di cedere il passo agli uomini e ritirarsi nelle ultime file. Anche questa pratica sarebbe stata vietata, nel gennaio di quest’anno, da una sentenza della Corte Suprema: «Gli operatori di trasporti pubblici non dovrebbero ordinare alle donne di sedersi in certi posti solo perché‚ sono donne, non dovrebbero dire loro come vestirsi».

Per cercare di far rispettare l’ingiunzione, le femministe di Gerusalemme avevano organizzato un movimento dichiaratamente ispirato a Rosa Parks, l’afroamericana che nel 1955 sfidò l’apartheid sugli autobus, rifiutando di cedere il sedile a un bianco. Le attiviste salivano sui mezzi pubblici nei rioni religiosi e occupavano i primi posti. “Ma in Israele «la separazione tra i sessi nei luoghi pubblici continua a diffondersi», denuncia Gurvitz. L’allarme viene anche dal movimento per l’ebraismo riformato, il quale nel corso degli anni ha ripetutamente messo in guardia. «Il fenomeno – dichiaravano lo scorso anno alla Knesset, il parlamento dello Stato di Israele, alcuni esponenti della corrente più liberale si sta diffondendo come una malattia in Israele, ne consegue una degradazione delle donne, mortificate in maniera madornale». Il “virus” ha contagiato anche la rete: FaceGlat, un recente social network destinato agli ebrei osservanti, propone in homepage iscrizioni separate, per uomini e donne, escludendo dunque qualunque contatto tra i due sessi, anche virtuale.

Tommaso Buscetta

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=213&biografia=Tommaso+Buscetta

Il riscatto di Don Masino…

Tommaso Buscetta nasce il 13 luglio 1928 ad Agrigento, in un quartiere popolare, da una modesta famiglia del posto. La madre è una semplice casalinga mentre il padre fa il vetraio.
Ragazzo sveglio e dalla pronta intelligenza, brucia le tappe di una vita intensa sposandosi molto presto, a soli sedici anni, anche se nella Sicilia di allora i matrimoni fra giovanissimi non erano così infrequenti.

Ad ogni modo il matrimonio procura delle precise responsabilità a Tommaso, fra tutte quella di assicurare il pane alla sua giovane sposa. Si tenga presenta che nella Sicilia profonda degli anni ’30 non era concepibile che una donna svolgesse un qualunque lavoro….
Buscetta, quindi, per campare intraprende attività legate al mercato nero; in particolare, smercia clandestinamente tessere per il razionamento della farina: è il 1944, la guerra sfianca i civili e devasta le città, non esclusa Palermo, soffocata sotto un cumulo di macerie, quelle del bombardamento dell’anno prima

Malgrado questo quadro apparentemente poco felice, l’anno dopo i Buscetta mettono al mondo una bambina, Felicia, mentre due anni dopo arriva anche Benedetto. Con i due figli, crescono anche le esigenze economiche. A Palermo, però, di lavoro regolare proprio non se ne trova; si fa avanti allora lo spettro dell’unica soluzione possibile, anche se dolorosa: l’immigrazione. Cosa che puntualmente, come per tantissimi italiani degli anni ’40, si verifica. Saputo che in Argentina c’è buona possibilità di sistemazione per gli italiani, don Masino si imbarca dunque a Napoli per poi sbarcare a Buenos Aires, dove si inventa un lavoro originale sulle orma dell’antica professione paterna: apre una vetreria nella capitale sudamericana. L’attività non fa certo affari d’oro. Deluso, nel ’57 fa ritorno nella “sua” Palermo, deciso a ritentare nuovamente la strada della ricchezza e del successo con…altri mezzi.

In effetti, Palermo in quel periodo stava cambiando non poco, usufruendo anch’essa, seppure in maniere limitata, del Boom economico di cui stava beneficiando l’Italia, grazie allo sforzo di milioni di lavoratori intelligenti e capaci. Una febbre di rinascita sembra avere sanamente attanagliato la città siciliana: dovunque si costruiscono nuove opere, si demoliscono antichi palazzi per farne sorgere di nuovi e insomma dappertutto ferve una grande voglia di riscatto, di ricostruzione e di benessere.

Purtroppo, la mafia aveva già steso i suoi lunghi tentacoli su gran parte delle attività allora avviate, soprattutto sui numerosi palazzi in cemento armato, il nuovo materiale per le costruzioni di massa e popolari, che spuntavano come funghi qua e là. Don Masino intravede soldi facili in quel mercato e si inserisce nelle attività controllate da La Barbera, boss di Palermo centro. Inizialmente Don Masino è affidato alla “divisione tabacchi”, con funzioni di contrabbando e simili ma poi si farà strada con incarichi più importanti. Per ciò che riguarda le gerarchie, La Barbera controllava la città mentre alla sommità della cupola mafiosa, invece, vi era Salvatore Greco detto Cicchiteddu, il boss dei boss.

Nel 1961 esplode la prima guerra di mafia, la quale vede pesantemente coinvolte le famiglie che si spartiscono il territorio palermitano. La situazione, in mezzo a vari morti ammazzati, si fa rischiosa anche per Don Masino che, saggiamente, decide di sparire per un bel po’. La latitanza di Buscetta, a conti fatti, si protrarrà per ben dieci anni, ossia dal 1962 fino al 2 novembre del 1972. Nel lungo lasso di tempo si sposta in continuazione fino ad arrivare, nei primi anni ’70 appunto a Rio De Janeiro. In questa situazione precaria e infernale, anche la vita familiare non poteva che essere rivoluzionata. Infatti cambia per due volte moglie fino a costruire due altre famiglie. Con la seconda moglie, Vera Girotti, condivide un’esistenza scapestrata e pericolosa, sempre sul filo dell’agguato e dell’arresto. Con lei, alla fine del 1964 fugge in Messico per poi approdare a New York, importando per vie illegali anche i figli di primo letto.

Due anni dopo, nel municipio di New York, col nome di Manuele Lopez Cadena la sposa civilmente. Nel 1968, sempre nel tentativo di sfuggire alla giustizia, indossa i nuovi panni di Paulo Roberto Felici. Con questa nuova identità sposa la brasiliana Cristina de Almeida Guimares. La differenza di età è notevole. Buscetta è un mafioso quarantenne mentre lei è solo una ragazza di ventuno anni, ma le differenze non spaventano Don Masino. La latitanza, fra mille difficoltà, continua.
Finalmente, il 2 novembre del 1972, la polizia brasiliana riesce a mettere le manette ai polsi all’imprendibile mafioso, accusandolo di traffico internazionale di narcotici. Il Brasile non lo processa ma lo spedisce a Fiumicino dove lo attendono altre manette. Nel dicembre del 1972 si apre per lui la porta di una cella del terzo braccio del carcere dell’Ucciardone. In carcere rimane sino al 13 febbraio 1980, deve scontare la condanna del processo di Catanzaro, 14 anni ridotti a 5 in appello.

In carcere Don Masino cerca di non perdere la calma interiore e la forma fisica. Insomma, cerca di non farsi travolgere dagli eventi. Il suo regime di vita è esemplare: si sveglia molto presto e dedica un’ora o più, agli esercizi fisici. Il fatto è che, pur restando in carcere, la mafia lo aiutava a mantenere una vita più che dignitosa. Colazione, pranzo e cena erano direttamente fornite dalle cucine di uno dei più noti ristoranti di Palermo…
Ad ogni buon conto, gli anni che Buscetta trascorre all’Ucciardone sono cruciali per la mafia. Vengono uccisi magistrati, investigatori, giornalisti, innocenti cittadini. Sul piano personale, invece, sposa per la seconda volta Cristina e ottiene la semilibertà, facendo il vetraio presso un artigiano.

Ma nelle strade di Palermo si torna a sparare. L’assassinio di Stefano Bontade indica a Buscetta con chiarezza quanto la sua posizione sia ormai precaria. Ha paura. Torna quindi in clandestinità. È l’8 giugno del 1980. Rientra in Brasile via Paraguay, porto franco per avventurieri di mezzo mondo. Tre anni dopo, la mattina del 24 ottobre del 1983 quaranta uomini circondano la sua abitazione di San Paolo: scattano ancora le manette. Condotto al più vicino commissariato don Masino propone: “Sono ricco, posso darvi tutti i soldi che vorrete, a patto che mi lasciate andare”.

Nel giugno del 1984 due magistrati palermitani vanno a trovarlo nelle carceri di di San Paolo. Sono il giudice istruttore Giovanni Falcone ed il sostituto procuratore Vincenzo Geraci. Buscetta durante lo storico colloquio non ammette nulla ma, proprio quando i magistrati si stavano allontanando, lancia un segnale: “Spero potremo rivederci presto”. Il 3 luglio il tribunale supremo brasiliano concede la sua estradizione.
Durante il tragitto verso l’Italia Buscetta ingerisce un milligrammo e mezzo di stricnina. Si salva. Quattro giorni d’ospedale, poi finalmente è pronto per il volo fino a Roma. Quando il Dc 10 Alitalia tocca la pista di Fiumicino, il 15 luglio 1984, l’aeroporto è circondato da squadre speciali. Tre giorni dopo, il mafioso Tommaso Buscetta è di fronte al Falcone. Con il giudice scatta un’intesa profonda, un senso di fiducia che sfocerà in un rapporto del tutto particolare. Non è esagerato affermare che fra i due vi fosse stima reciproca (sicuramente da parte di Buscetta). E’ la base fondamentale per le prime rivelazioni di Don Masino, che presto diventeranno come un fiume in piena. E’, di fatto, il primo “pentito” della storia, un ruolo che si assume con grande coraggio e una scelta che pagherà a caro prezzo (praticamente, con gli anni, la famiglia Buscetta è stata sterminata per ritorsione dalla mafia).

Nelle intense sedute con Falcone Buscetta svela gli organigrammi delle cosche avversarie, poi quelle dei suoi alleati. Consegna ai giudici gli esattori Nino ed Ignazio Salvo, quindi Vito Ciancimino. Nel 1992, quando viene assassinato il parlamentare europeo della Democrazia Cristiana Salvo Lima dirà che “era uomo d’onore”. In seguito, le sue dichiarazione hanno puntato sempre più in alto, fino ad indicare in Giulio Andreotti il riferimento più importante, a livello istituzionale, di Cosa nostra nella politica.

Buscetta è stato per gli ultimi quattordici anni della sua vita un cittadino americano quasi libero. Estradato negli Usa dopo avere testimoniato
in Italia, ha da quel governo ottenuto, in cambio della sua collaborazione contro la presenza mafiosa negli Usa, cittadinanza, nuova identità sotto copertura, protezione per sè e per la sua famiglia. Dal 1993 ha beneficiato di un “contratto” con il governo italiano, grazie ad una legge approvata da un governo presieduto proprio da Giulio Andreotti, in base alla quale ha ricevuto anche un cospicuo vitalizio.
Il 4 aprile del 2000, all’età di 72 anni e ormai irriconoscibile per via delle numerose plastiche facciali affrontate allo scopo di sfuggire ai killer della mafia, Don Masino è deceduto a New York per un male incurabile.

Apple nei guai per l’applicazione antisemita

Scritto da : Tommaso Caldarelli
Fonte: http://www.giornalettismo.com/archives/162435/apple-nei-guai-per-lapplicazione-antisemita/

Scoppia la polemica in Francia:il database delle personalità giudaiche finisce in tribunale.

“Ebreo o non ebreo?”: questo il titolo di un’applicazione sviluppata per l’AppStore versione francese e fino a qualche tempo fa liberamente scaricabile su iTunes. Si trattava essenzialmente di un database ben organizzato in cui si poteva capire quale dei nomi noti, liberamente ricercabili grazie ad un motore interno, fosse di ascendenza giudaica: nel database, moltissimi famosi di Francia, fra cui il presidente della Repubblica Sarkozy (“nonna ebrea”), Dominique Strauss-Kahn, notoriamente di religione ebraica, e altri VIP di cui venivano messi in ordine tutti i parenti e i legami ebraici. Chiaramente discutibile dunque l’impianto stesso dell’applicazione, che si proponeva di offrire agli utenti un rapido e veloce sistema per individuare gli ebrei. E perché mai dovrebbe interessare all’utente medio?

EBREO O NON EBREO – L’applicazione è stata rimossa dall’Apple Store alla prima denuncia della Lega Antirazzista francese: l’applicazione “si basava su una caratteristica etnica o religiosa, il che è illegale in Francia”. “Juif ou pas juif” è stata così rimossa dal mercato francese ed europeo: ma, scrive Le Monde, “è ancora liberamente scaricabile nel resto del mondo”. Il che per la Licra, la suddetta lega antirazzista, è inaccettabile: ovvero, scrive il quotidiano francese, il ritiro dal mercato francese “è solo il primo passo”; e una causa presso il tribunale parigino è già stata incardinata dall’avvocato Daniel-Olivier Kaminski. “Ci rallegriamo del ritiro”, dice Kaminski, ma il punto è e resta l’intenzione di “sradicare completamente” l’applicazione da tutto il territorio francese: “Esiste ancora, e resta accessibile in Francia da parte dei clienti che l’hanno scaricata prima che venisse ritirata dalla vendita”. Insomma, riassume Le Monde, quel che viene chiesto ad Apple è quantomeno “innovativo”, visto che Cupertino dovrebbe rimuovere a distanza l’applicazione dagli apparecchi dei clienti, “senza alcun avviso” nei loro confronti. “Tecnicamente non c’è problema” ad agire in questo modo: farebbe fede una dichiarazione di Steve Jobs del 2008, che aveva sostenuto la possibilità per Apple di entrare liberamente negli apparecchi di tutto il mondo.

LA CAUSA – Apple oppone dei contro-argomenti legali.

Cina “fuzao”, l’instabilità della crescita

Scritto da: Gabriele Battaglia
Fonte: http://it.peacereporter.net/articolo/30886/Cina+%93fuzao%94%2C+l%27instabilit%E0+della+crescita

Cronaca dal Dragone fluttuante dove il benessere non è ancora per tutti e al tempo stesso non basta più.

“La parola che meglio descrive la Cina attuale è fuzao – dice Xiao X – . C’è un aspetto fluttuante, chi è fuzao non è stabile, si agita ma è insicuro. Le ventenni che vanno con i 45-50enni come novelle concubine per soldi sono fuzao. D’accordo, è sempre successo, ma ora è senza vergogna: c’è una componente di shurun – vanità – che va perfettamente d’accordo con fuzao. Fuzao sono quelli di Shanghai che parlano solo di soldi. Per questo c’è bisogno ancora del Partito unico, per questo non siamo pronti.”
Fuzao
(浮躁) è tradotto dal dizionario come “impulsivo”, “impetuoso”, “non affidabile”. Il primo carattere, fu, significa appunto fluttuante, ma anche superficiale, vuoto.
In definitiva, chi è fuzao non è gioiosamente ruspante, bensì sempre sul punto di crollare, dare di matto o rifilarti una fregatura. Xiao X, una donna istruita, cosmopolita, giramondo, è nata nel 1977, un anno dopo la morte del Grande Timoniere. È la biografia vivente della Cina post-maoista. Ha visto la luce nel porto di Qingdao, ricorda l’ingresso in casa del primo frigorifero ed è oggi profondamente convinta che possedere un’automobile sia un diritto individuale. Figlia di un agente di import-export con il Giappone (la fortuna di vivere in un porto) accusa Mao di avere “chiuso” la Cina, dopo le buone premesse della rivoluzione del 1911, quella di Sun Yat-sen.
Non solo: “È colpa sua se sono figlia unica, perché ha spinto le donne a fare tanti figli dopo il 1949, così i suoi eredi sono stati costretti ad applicare la politica di contenimento delle nascite”. Potrebbe essere definita “ceto medio“, secondo i nostri canoni, e rappresenta quella componente di società a cui la politica delle riforme di mercato – con cui il Partito ha evitato che la Cina finisse come l’Urss e al contempo si è mantenuto saldamente in sella – non basta più.

Per lei, gli alti burocrati sono sinonimo di corruzione: “È giusto arricchirsi, l’ambizione è una cosa buona, ma non rubando”.
Tuttavia non crede alla democrazia occidentale o all’American way: “Come cinese mi sento ferita dall’Occidente, forse ci vedete ancora come gli immigrati che sono sbarcati negli Stati Uniti all’inizio del Novecento. Pensate che siamo ignoranti, ma abbiamo cinquemila anni di storia.”
Per lei, prima o poi si troverà una soluzione alla cinese per cambiare questo Paese. Non sa quale, ma ci sarà. Vorrebbe votare, ma trema al solo pensiero che i siano libere elezioni tra più contendenti: “Sarebbe il caos, e gli americani non aspettano altro.”

Single a 34 anni, è un’anomalia per la Cina. Un’anomalia che rivendica: “Esco con i colleghi e mi chiedono come stanno i miei figli. Quando scoprono che non ne ho, guardano altrove imbarazzati. Per loro sono una shengnu, una donna abbandonata, di scarto. Io vorrei avere figli, ma non rinuncio ai miei progetti. Quando scopro che un uomo mi vuole chiusa in casa, lo mollo”.
Se fosse in Europa, valuterebbe l’ipotesi di fare un figlio da sola: “Ma qui non è possibile, ci sarebbero troppe pressioni sul bambino. Meglio sposarsi, fare un figlio e poi divorziare, questo succede sempre più spesso. Le donne abbandonate e i loro figli sono socialmente accettabili, quelle sole per scelta, no”.

“Vorrei andare in Canada o in Australia, poi tornare a Qingdao da vecchia ed essere sepolta lì. Vorrei i cieli azzurri e l’aria pulita, però vorrei anche fare qualcosa per la Cina, non vedi come sono brutte le case e tutto è grigio?” Fuori dalla sala da tè scorre la Anli lu, arteria che fa parte della “spina dorsale del drago“, la direttrice che dal centro di Pechino va su dritta a nord verso il nuovo quartiere olimpico. Da qualche parte dovrebbe esserci un enorme parco, ma nella notte fuligginosa non si vede dove. “Questa è una zona dove tutti vorrebbero abitare, la case costano più che in centro”.

A settembre, per la prima volta da anni, i prezzi degli alloggi sono calati di uno zero virgola qualcosa. Potere del partito unico e delle sue prerogative di controllare l’economia: di evitare il caos che vorrebbero “gli americani”. Tuttavia, l’ottimismo diffuso degli anni scorsi non si respira più. Si percepisce invece molto fuzao, gente che corre senza sapere bene perché. Colpa dei contrasti sempre più stridenti. A differenza dell’Occidente, dove c’è chi sale e chi decisamente scende, qui salgono tutti, ma c’è chi lo fa troppo in fretta e sbatte in faccia la propria ricchezza esagerata a chi ancora vende frutta su un carretto trainato da un mulo, all’angolo di un vialone sporco, grigio e intasato. E allora è colpa della “corruzione“, parola passe-partout che rivela i sentimenti diffusi verso chi si è arricchito gestendo la cosa pubblica.
Nello showroom Porsche al centro di Sanlitun – il ghetto per stranieri dove spacciatori africani fanno inspiegabilmente i loro traffici sotto gli occhi di tutti – il suv Cayenne è in bella mostra. C’è la lista d’attesa per acquistarlo. Sulla Jianguomen, Ferrari e Lamborghini sono parcheggiate di fronte a un palazzo uffici, quasi in esposizione.

Sono i soldi, i soldi che muovono questa Cina fuzao, dove la stratificazione sociale ha raggiunto livelli record e dove la promessa di crescita quantitativa deve essere accompagnata da nuove promesse, più qualitative. Dare risposte a Xiao X continuando a darne a chi siede sul carretto e si aspetta la sua fetta di torta. Come dire, a due specie diverse.

Neemo: sotto il mare per imparare a vivere nello spazio

Scritto da: Francesca Mancuso
Fonte: http://www.nextme.it/scienza/universo/2686-aquarius-neemo

Continua la missione sottomarina della Nasa, la NEEMO (Nasa’s Extreme Environment Mission Operations), volta a simulare le condizioni di vita su un asteroide. Capire come sopravvivere nello spazio, immergendosi nelle profondità dell’oceano per quasi due settimane Sembra un’assurdità ma le esercitazioni dell’Agenzia spaziale americana sembra stiano dando i risultati sperati.

Oggi, 27 ottobre siamo all’8° giorno, e i quattro membri dell’equipaggio, Shannon Walker, Steve Squyres, David Saint-Jacques, Takuya Onishi, gli acquanauti, come sono stati definiti, hanno già effettuato sei passeggiate spaziali (marine) e altre attività extraveicolari (EVA).

Nervi saldi ed esercizio sono gli ingredienti necessari a portare avanti la missione. Gli acquanauti hanno raggiunto l’Aquarius Underwater Laboratory lo scorso 20 ottobre, a 18 metri sotto il livello del mare, nell’Oceano Atlantico e a circa 3,5 miglia dalla costa di Key Largo, in Florida.

L’utilizzo dell’impianto di proprietà del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), da parte della Nasa è legato alla sua somiglianza per così dire con lo spazio, per le condizioni di assenza di peso, riscontrabili anche sugli asteroidi

Abbiamo appena riportato i nostri primi acquanauti dalla loro escursione, è una nuova modalità di studio degli asteroidi” ha detto il comandante della Missione Neemo 15, Shannon Walker, nel corso di un aggiornamento video sul sottomarino.

Diversi sono i compiti degli acquanauti, primo tra tutti la ricerca di campioni di rocce. Walker lo scorso anno è stato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. “Per certi aspetti si tratta di mondi molto simili” ha raccontato. “Siamo in un piccolo spazio e dobbiamo mantenere le nostre zone pulite in modo da non invadere quelle degli altri. In realtà, vivere dentro Aquarius è molto più facile perché arrivano visitatori tutti i giorni a portarci attrezzature, cibo o qualsiasi altra cosa. Una volta nello spazio, non si viene a contatto molto spesso con altri visitatori“.

La missione NEEMO è una joint venture tra la NASA, il National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), che possiede il laboratorio Aquarius e la University of North Carolina, Wilmington, che gestisce l’impianto. Scopo di Neemo 15 sarà aiutare a pianificare una futura missione umana su un asteroide entro il 2025.

LA STORIA DELLA MOTOCICLETTA IN UN MUSEO

Fonte: http://www.ilnord.com/2011/03/22/la-storia-della-motocicletta-in-un-museo/

È stato allestito da un gruppo di appassionati della Valsugana il museo della motocicletta;la struttura si trova vicino a Caldonazzo ed è aperta ogni domenica pomeriggio, ma le visite sono possibili anche in altre giornate previa prenotazione. Oltre 200 i pezzi conservati ed esposti al suo interno

Una vita intera scandita da un solo rumore, il rombo dei motori. La motocicletta è una passione che ha trovato casa in Valsugana dove, in località Lochere di Caldonazzo, sorge un museo unico nel suo genere in tutta Europa. Il «Garage Bike Museum» raduna oltre 200 esemplari di moto dagli anni Settanta sino ai giorni nostri: da alcuni veri e propri pezzi unici alle classiche Vespe, dai mezzi per il motocross sino ai bolidi da strada, per finire con la più vasta collezione di Kawasaki di tutto il Vecchio Continente. Un’esperienza nata nel 2006 dall’idea di un gruppo di appassionati, che ha raccolto nelle stesse sale alcuni storici pezzi del motociclismo mondiale insieme a mezzi che anche oggi farebbero ancora il proprio figurone sulla strada.
L’idea è nata in seno al Moto Club Levico, realtà fondata nel lontano 1935 e che dal 1978, con l’elezione a presidente di Paolo Frainzingher, si è impegnata in prima fila nell’organizzazione di competizioni sul territorio trentino. Nel 1988 è nata così la «Levico – Vetriolo», gara di regolarità in salita, che in pochi anni è diventata uno degli appuntamenti più sentiti dagli appassionati. Poi, fra il 1998 e il 2005, il Moto Club Levico ha riportato in auge una storica competizione, la «Trento – Bondone», che dopo il 1981 non era stata più organizzata.
In seguito Paolo Frainzingher, Sergio Lorenzini e Ivan Eccher da queste esperienze trassero la spinta per la costituzione del museo, diventato da pochi anni una vera Mecca per gli appassionati del genere, in Italia e non solo. L’offerta del museo è completata dal «Garage Motor Zone», uno spazio dedicato al puro divertimento, dove i motociclisti possono cimentarsi in prove, gare, raduni e feste. Ovviamente tutti a base di due ruote.
Il museo è aperto ogni domenica pomeriggio, dalle 14 alle 19, mentre nel corso della settimana le visite sono possibili su appuntamento.

Per informazioni: www.garagebikemuseum.org

Dietro gli aiuti umanitari dei paesi arabi-musulmani si nasconde altro

Scritto da: Michele trabucco
Fonte: http://www.loccidentale.it/node/110898

Mentre i paesi occidentali, ed in primis l’Italia, continuano a tagliare o, al meglio, a diminuire gli aiuti ai paesi poveri e allo sviluppo, ci sono tanti paesi arabi-musulmani che stanno aumentando enormemente il loro sostegno ai paesi in difficoltà, specialmente in Africa e nel Medio Oriente. In Somalia, colpita duramente da guerre e carestie, l’Organizzazione della Cooperazione islamica ha inviato 350 milioni di dollari di aiuti umanitari. Secondo un rapporto dell’agenzia Irin delle Nazioni Unite, la Turchia, tramite un suo organismo, ha raccolto 280 milioni di dollari. L’Arabia Saudita ha consegnato all’agenzia dell’Onu, 60 milioni e il Kuwait 3.5. I paesi del Golfo, insomma, stanno prendendo la scena internazionale, almeno nell’area del Corno d’Africa, per sostegno e impegno umanitario. Basti pensare che in sole tre ore di Telethon, una TV in Qatar ha raccolto 6.8 milioni di dollari, “cifre – rivela un operatore delle Nazioni Unite – che noi ci sogniamo”.

L’impegno di questi paesi musulmani ed arabi non è solo motivato da ragioni umanitarie. Si può intravedere, dietro quest’azione di aiuto, anche la volontà di riprendersi terreno di influenza sulle popolazioni della regione.

Storicamente, riferisce Abdel-Rahman Ghandour, operatore umanitario e autore del libro “Humanitarian Jihad:investigation into Islamic NGOs”, “il sistema occidentale e quello musulmano sono come due elefanti di ceramica: si guardano reciprocamente, sanno che entrambi sono presenti ma nessuno fa un passo verso l’altro”. Alcuni musulmani vedono “nel sistema dell’Onu una certa arroganza e la volontà di non capire il mondo e la cultura islamica”. Anche la vecchia paura di vedere negli aiuti umanitari “un nuovo colonialismo occidentale” è sempre più o meno presente nella mentalità della gente e anche degli operatori musulmani.

C’è la necessità di stabilire, di scrivere un codice etico e una riferimento-quadro di valori e principi di azione ed intervento che siano rispettosi di entrambe le prospettive. La questione della parità di genere o della emancipazione della donna è un esempio di come le differenze debbano essere comprese e superate nel rispetto. “Emancipazione – secondo i musulmani – non può voler dire togliere lo hijab alle donne o minare l’unità e i fondamenti della famiglia o gettare la religione fuori dalla finestra”. Un altro terreno delicato e fragile riguarda l’immagine e l’autorevolezza delle Nazioni Unite. Da una parte il Consiglio di Sicurezza approva aiuti a favore dei paesi poveri, dall’altra non fa niente per aiutare il popolo palestinese, per questo molti musulmani sono perplessi sulla reale ‘neutralità’ dell’Organizzazione e preferiscono “coordinarsi con le diverse agenzie dell’Onu piuttosto che farsi coordinare da loro”. Ma no è neanche facile coordinarsi con le organizzazioni arabe, riferiscono gli operatori Onu.

Il caso dell’Arabia Saudita è emblematico in quanto “non si capisce chi è il vero responsabile delle attività e organizzazioni, in quanto le decisioni sono prese ai massimi livelli”. Così il rischio concreto è di realizzare strutture parallele, come a Mogadiscio, dove l’Organizzazione della Cooperazione Islamica porta avanti incontri al suo interno, senza coinvolgimento di altre realtà presenti sul territorio, e ha costruito un mini-sistema di altre piccole strutture, guidate dalla Federazione dei Medici Musulmani per l’area sanitaria e dalla Luna Crescente del Qatar riguardo alla distribuzione del cibo.

Il coordinamento degli aiuti umanitari è sempre più necessario, dal momento che l’impegno finanziario e di risorse umane da parte dei paesi arabo-musulmani è cresciuto enormemente, ‘scontrandosi’ con le forze messe in campo storicamente dalle agenzie e strutture occidentali e delle Nazioni Unite e rivelando la diversità di impostazione, di mentalità e di motivazioni. Per i musulmani la carità è uno dei pilastri della propria fede, e generalmente chiede di essere realizzata attraverso “segni visibili, tangibili”. Ecco perché sono ingenti le risorse per costruire ospedali e consegnare medicine e tutto ciò che può essere “visibile”.

Gli aiuti umanitari sono un nuovo terreno di “scontro versus incontro” tra arabi-musulmani e occidentali-cristiani. Una nuova sfida che mette in gioco non solo la vita degli altri ma anche una strategia geopolitica di ‘posizionamento’ sullo scacchiere internazionale.

Vertical farming: coltivare in verticale è una strada sostenibile?

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/26102011/vertical-farming-coltivare-in-verticale-e-una-strada-sostenibile/

La popolazione mondiale sta crescendo a un ritmo tale da rendere indispensabile un ripensamento dei metodi agricoli tradizionali. Il vertical farming è una delle strade che si sta tentando di percorrere: trasferire le coltivazioni su edifici che si sviluppano in verticale. Il padre dell’idea è Dickson Despommier, docente in pensione della Columbia University di New York.

In varie zone del mondo stanno nascendo progetti pilota di questo tipo, che puntano soprattutto sull’utilizzo di agricoltura idroponica o aeroponica in una sorta di grattacielo-serra che sfrutti il terreno in maniera intensiva. In numerosi dibattiti e convegni sono allo studio varie proposte su come progettare gli edifici, quali dimensioni dare loro, come illuminarli, quali piante scegliere per la coltivazione. Le vertical farm nascono con l’obiettivo di riuscire a migliorare l’efficienza nella produzione del cibo, dando per scontato che i prodotti derivati siano sani, ecologici, rispettosi dell’ambiente – ovvero coltivati senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti di sintesi.

Quali sono i vantaggi di questo tipo di agricoltura? Principalmente questi: si riduce il consumo di suolo, se ne evita il depauperamento e il dilavamento, si riutilizza più volte l’acqua, con risparmi che possono arrivare al 90%, si aumenta la produttività fino al 20%.

Quali sono gli svantaggi? L’investimento iniziale nell’edificio ha costi molto alti. La quantità di energia necessaria per far funzionare le vertical farm (per esempio con l’illuminazione artificiale) è anch’essa elevata. In teoria bisognerebbe limitarsi allo sfruttamento della luce naturale, ma la resa diminuirebbe di molto. Anche se si riuscisse a utilizzare solo energia da fonti rinnovabili, servirebbero decenni per pareggiare i conti – economici e ambientali – almeno allo stato attuale della tecnologia. In ogni caso la sostenibilità ambientale di questo sistema di coltivazioni è per il momento molto bassa.

Ferma restando l’assoluta necessità di continuare a esplorare anche questa strada, per il momento sarebbe meglio puntare sempre di più sull’agricoltura urbana (che include serre urbane, orti urbani, green-roof a uso alimentare, orti sul balcone ecc.). L’agricoltura periurbana dovrebbe invece sfruttare al massimo le aree ai limiti delle città (si tratta di decine di migliaia di ettari in tutta Italia). E se i terreni che si trovano vicino a strade o suoli contaminati non devono ovviamente essere utilizzati per coltivare piante commestibili, ma possono benissimo essere trasformati in impianti arborei per compensare le emissioni di CO2.

Gli effetti del caffe’ e della caffeina

Scritto da: Simona Villa
Fonte : http://www.naturopataonline.org

Il caffè tanto osannato come stimolante per via della caffeina, alla lunga invece di stimolare provoca affaticamento stressando le ghiandole surrenali. il caffè contiene anche metilxantine e acido benzoico che danneggia il collagene della pelle e provoca invecchiamento.

Bere sempre il caffè è un vizio che da dipendenza.

Milioni di persone in tutto il Mondo bevono caffè. Sorvolando sullo sfruttamento del personale dei paesi poveri addetti alla produzione e lavorazione, cerchiamo di sfatare il mito secondo cui il caffè ci tira su e ci permette di affrontare le situazioni difficili al meglio. E’ assolutamente falso, sopratutto per chi ne beve parecchi, in particolare per le gli uomini, più sensibili all’ effetto e con maggiori difficoltà a metabolizzare ed eliminare le sostanze tossiche che contiene, pure quello decaffeinato.  Non date retta alle solite pubblicità ingannevoli e menzognere, che mostrandoci attori famosi che si scolano una tazza di caffè come se fosse l’ elisir della lunga vita.  Semmai è proprio il contrario, più ne bevi e più ti butta giù !

La caffeina

il caffè contiene la caffeina, come molte bibite a base di cola, red bull e affini. La caffeina agisce in modo negativo non solo sul sistema nervoso e sul cuore, ma anche sui muscoli e sugli enzimi digestivi. Basta una sola tazza per alzare la pressione sanguina. Se ne assumete troppa caffeina, i caffè  provo sintomi come insonnia irrequietudine ansia e pure palpitazioni.

Sindrome da astinenza per una sostanza non sana

Chi lo beve quotidianamente e smette proverà veri e propri sintomi da astinenza. Affaticamento, irritabilità, cefalee, ansia e perfino nausea. Nessuna sostanza “sana” provoca tali crisi.

Gli effetti paradossali del caffè

il caffè pur essendo uno stimolate, provoca affaticamento. Il perché è presto spiegato: le ghiandole surrenali, adibite alla produzione degli ormoni dello stress, sono sottoposte a iperlavoro. Ciò da una momentanea carica, ma alla lunga rallentano la propria attività. Le conseguenze di questo rallentamento possono essere anche molto gravi per la nostra qualità di vita: aumento del peso, rallentamento delle funzioni intellettuali con calo della memoria. Si assisterà ad un progressivo decadimento di tutti gli organi e tessuti. Un effetto comune a tutte le sostanze tossiche!

Caffè e acido benzoico

Tutti i caffè compreso quello senza caffeina contengono acido benzoico. l’ acido benzoico è una sostanza tossica che per essere neutralizzata utilizza la glicina. La glicina costruisce e ripara il collagene, fondamentale per l’ elasticità e l’ integrtica della pelle. La proporzione è diretta: + caffè + righe + invecchiamento

Caffè metilxantine e cancro

Innanzitutto una precisazione: tutti gli alimenti cotti con alte temperature o troppo in fretta, producono al loro interno sostanze cancerogene. Il caffè non fa certo eccezione. Nel caffè sono presenti metilxantine, che devono essere metabolizzate dal fegato. Queste richiedono l’ impegno di notevoli risorse in termini di tempo ( ci vogliono svariati giorni per eliminarle) e risorse ( vitamine ed antiossidanti)

Il caffè è antagonista di vitamine e minerali

Smaltire i caffè richiede l’ impegno di notevoli riserve. A peggiorare il quadro c’è la sua capacità di limitare le nostre capacità di assorbimento di sostanze indispensabili all’ organismo. Un paio di esempi? minerali indispensabili come il ferro e lo zinco, vengono assorbiti al 50% in meno.

Conclusioni

Se vi piace il caffè. bevetelo pure. L’ importante è che lo degustiate perché vi piace , non certo perché faccia bene alla salute ! Se poi riuscite a sostituirlo con qualcosa di più sano, molto meglio ancora !

 

Sforzo comune…

Fonte: http://freenfo.blogspot.com/2011/09/sforzo-comune.html

Questa mattina continua la rassegna stampa in merito allo sforzo comune che noi tutti dobbiamo fare per la nostra cara patria. Uno sforzo congiunto, che possa coinvolgere la politica, la maggioranza, l’opposizione e le parti sociali. Il presidente continua ad invitare noi tutti ad impegnarci per risolvere questo delicato momento di crisi. Del resto Confindustria sta mettendo in campo tutto lo sforzo necessario, i ministri si adoperano con sforzo per risolvere la crisi, l’Europa continua a sforzarsi per risolvere la crisi…anche io a forza di sforzarmi sono riuscito a convincermi che solo un grande sforzo comune possa risolvere le cose!

Ora sforziamoci insieme e quando fra un paio di mesi al massimo, i padroni staccheranno la spina, sforziamoci insieme a prendercela in quel posto…ma anche allora davanti alla Tv penseremo che non siamo l’Argentina o la Grecia, noi siamo italiani, un popolo di santi e navigatori, di artisti e matematici, un popolo di inventori e geni, un popolo che ha dimenticato tutto questo per prostituirsi alla grande loggia che fra poco si sforzerà a toglierci anche la vita.

Ma non importa…questo non è reale, non succederà nulla, andrà tutto bene…andrà tutto benissimo, l’importante è uno sforzo comune…