ELEZIONI 2013: …PIU’ GERMANIA PER TUTTI!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2013/02/28/elezioni-2013-piu-germania-per-tutti/

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Lo abbiamo visto in più occasioni, la carta straccia tedesca non perde occasioni per denigrare quelli che considera gli  ”straccioni” italiani, che si parli di clowns o di mafia, che si usino spaghetti o pizza, la stampa tedesca come una parte di quella italiana, al di la di quello che ognuno di noi pensa dei protagonisti della politica italiana,  dimostra sempre più che gli incendiari populisti, quelli che girano con cerini accesi nella santabarbara europea sono sempre più i giornalisti, gli stessi che in questi anni hanno steso tappetti rossi assecondando la deriva della politica e delle istituzioni, conniventi sino all’ultimo al servizio di editori e azionisti…

Non lascia spazio a equivoci la posizione del quotidiano tedesco riguardo alle elezioni politiche appena svoltesi in Italia. Questa infatti la pagina dedicata all’analisi del voto, con una pizza divisa in quattro spicchi sui quali sono raffigurati i leader Bersani, Berlusconi, Grillo e Monti. “Questo voto non ci piace”, è scritto nell’occhiello, mentre il sottotitolo recita “Un pareggio da piangere”. Scrive il giornalista Nikolaus Blome: “Le sorti dell’Italia sono nelle mani di due clown: il primo è un vecchio dal volto gonfio come un pallone, talmente potente da poter bloccare qualsiasi legge sensata. L’altro è un clown più giovane il cui unico punto del programma è “No a tutto”. “Fino a qualche tempo fa – prosegue il reporter – il resto d’Europa poteva anche ridere delle capriole elettorali italiane, così come si ride degli buffi scimpanzè allo zoo. Oggi però siamo tutti sulla stessa barca, a remare con forza contro la tempesta della crisi. E adesso uno degli uomini a bordo fa improvvisamente un buco nella barca. Solo perché ha in mano un martello” Tratto da Repubblica

L’ombra del passato torna a riflettersi sulla storia fallimentare di questa Europa…un’ombra sinistra che l’austerità sta amplificando!

Cerchiamo almeno di non incendiare gli animi cara Germania, un minimo di rispetto per la Democrazia non guasta anche se non produce risultati auspicati, tra qualche mese potrebbe essere la scintilla delle elezioni tedesche a fare esplodere l’Europa!

L’INTERVENTO MILITARE IN MALI: OPERAZIONE SPECIALE PER RICOLONIZZARE L’AFRICA

Fonte: http://aurorasito.wordpress.com/
Traduzione di Alessandro Lattanzio

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L’operazione militare in Mali lanciata l’11 gennaio, è un altro chiaro esempio delle azioni speciali finalizzate alla ricolonizzazione del continente africano. Si tratta di una sistematica e coerente nuova occupazione dei territori africani da parte delle potenze occidentali. Ottenuto l’atteso smembramento del Sudan (sottraendogli la maggior parte dei giacimenti di petrolio del paese), occupati i giacimenti petroliferi nigeriani, secondo le regole della Corte internazionale di giustizia, (1), la Libia è stata occupata in conseguenza di un intervento militare diretto, la Costa D’Avorio è stata occupata grazie a una piccola azione militare condotta sotto l’egida delle Nazioni Unite. Modalità diverse, ma risultato identico. Il processo di ricolonizzazione prende slancio in Africa…
Gli errori delle precedenti azioni aggressive sono stati presi in considerazione, mentre viene occupato il Mali. Oggi, tutti sono sicuri che l’occidente stia difendendo la sovranità e l’integrità territoriale del Mali. Non è proprio così, come alcuni fatti dicono. In realtà, i gruppi terroristici non sono apparsi nel nord del paese nel 2011-2012. Tali organizzazioni vi svolgono le loro attività da decenni. (2) La situazione è esplosa per via delle armi libiche catturate dopo il rovesciamento di Gheddafi. Il materiale militare non è arrivato in Mali da solo, ci sono fatti che dimostrano che la Francia sia coinvolta nel suo trasferimento dalla Libia.
La logica degli eventi nel nord del Mali, nel 2012, dimostra che si tratta di una ben orchestrata operazione volta a preparare l’opinione pubblica all’”imperativo dell’intervento militare”. Ecco perché è stato permesso che le armi libiche disperse finissero nelle mani dei tuareg. Istigando così le azioni militari. Ma ben presto, i tuareg hanno capito di essere stati usati e hanno cominciato a dissociarsi dall’indipendenza che avevano dichiarato in precedenza. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (Mouvement National pour la Libération de l’Azawad; MNLA) ha detto che la dichiarazione di indipendenza è “un tentativo di attirare l’attenzione internazionale sulla condizione della popolazione del nord”, e ha espresso la volontà di tenere dei colloqui. (3) Per questo, il Movimento Nazionale per la Liberazione del Azawad è stato attaccato dai veri autori della provocazione: al-Qaida nel Maghreb Islamico (AQIM) e gli islamisti del Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa occidentale (MUJWA o MUJAO).
Ansar al-Din ha detto che è pronto ad aderirvi senza indugio. Nella riunione di novembre a Ouagadougou, Burkina Faso, il gruppo ha detto di respingere la violenza, l’estremismo e il terrorismo e si è assunto la responsabilità della lotta contro la criminalità organizzata oltreconfine. (4) La svolta di Ansar al-Din l’ha trascinato nel coinvolgimento nei combattimenti. A novembre si sono scatenati i combattimenti; il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad combatteva gli avversari di al-Qaida nel Maghreb islamico e del Movimento per l’Unità e la Jihad in Africa occidentale. Entro la fine di novembre, Ansar al-Din ha intrapreso azioni di combattimento contro le forze del Movimento per l’Unità e Jihad in  Africa occidentale, a sud-ovest di Timbuktu. Infine, tutte queste battaglie facevano parte della strategia finalizzata alla destabilizzazione del Mali. Tutti gli eventi qui descritti si svolgono sullo sfondo dei gruppi della jihad e terroristici che arrivano nel nord del Mali per rafforzare le formazioni armate. (5) Il terrorismo nel territorio settentrionale del Mali è diventato davvero internazionale, mentre riceve il sostegno di tutte le principali forze del terrorismo nella regione, tra cui il noto Boko Haram nigeriano.
Secondo le stime del Segretario Generale delle Nazioni Unite, l’occupazione della parte settentrionale del paese ha prodotto circa mezzo milione di rifugiati e oltre 200 mila migranti all’interno del paese. Il disastro umanitario si è diffuso in tutti i paesi limitrofi. Questo era l’obiettivo. Tutti i santuari musulmani di Timbuktu e di altri antichi centri storici del Sahara sono stati distrutti, per rafforzarne gli effetti. Le azioni non avevano altra missione se non scioccare la comunità internazionale e spingerla a rendere “imperativo” un intervento militare. Questo era il contesto giusto per compiere il colpo di stato che ha avuto luogo in Mali nel marzo 2012, pochi giorni prima della elezioni presidenziali, quando il presidente Amadou Toumani Toure è stato rovesciato. Sembrava che non ci fosse alcuna logica nella messa in scena del colpo di stato (che ha rovesciato il presidente, che non si era candidato nell’imminente tornata elettorale), ma può essere facilmente spiegato con il fatto che il presidente, e i vincitori più probabili, erano tutti contrari all’intervento militare occidentale.
Dopo il colpo di stato, l’idea di un intervento straniero ha ricevuto un nuovo forte impulso. Il nuovo governo del Mali ha chiesto alle Nazioni Unite assistenza militare e ha presentato una denuncia alla Corte penale internazionale. Ma il concetto di intervento militare era ancora al centro delle lotte intestine tra i sostenitori dell’”assistenza” occidentale e di quelli della missione militare inter-africana. Probabilmente questi due diversi approcci sono stati il motivo principale del fallimento del tentato colpo di stato, alla fine di aprile (6), e poi per il nuovo colpo di stato militare che ha spazzato via il Primo Ministro Modibo Diarra. Fu un occasione, per il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per condannare fermamente l’intervento dei militari del Mali e delle forze di sicurezza nelle attività del governo di transizione del Mali, esprimendo la propria disponibilità ad affrontare la questione delle sanzioni contro coloro che violavano l’ordine costituzionale. Quindi, non furono i leader di al-Qaida, ma piuttosto i militari del Mali ad essere minacciati dalle sanzioni del Consiglio di sicurezza! Infine, la risoluzione 2085 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite venne adottata il 20 dicembre 2012, autorizzando l’intervento militare nel paese. (7) La missione di supporto internazionale africana in Mali (AFISMA) ebbe il permesso di schierarsi. La forza comprende militari del Mali (5000 uomini) e internazionali (3300). Il concetto è stato elaborato dalle autorità del Mali insieme a dei “partner”, e approvato dall’Unione africana e dall’ECOWAS. Ora, chi sono i partner del Mali? Stati Uniti, Francia, Germania, Canada, Algeria, Mauritania e Niger.
All’inizio di gennaio, le forze di al-Qaida nella parte settentrionale del paese adottavano un atteggiamento che contrasta con la logica, lanciando un’offensiva verso sud. La città di Kona cadeva  il 7 gennaio. Dal punto di vista geografico la città è di fondamentale importanza, essendo situata al confine tra il Nord e il Sud del paese, per cui l’azione in realtà significava l’inizio dell’offensiva contro il territorio in cui vive la maggior parte della popolazione. Nel caso in cui l’offensiva avesse avuto una qualche importanza militare per al-Qaida, avrebbe potuto essere lanciata prima della risoluzione 2085, ad esempio subito dopo la serie di colpi di stato a Bamako, o in qualsiasi altro momento favorevole per al-Qaida nel Maghreb islamico. Invece, viene lanciata subito dopo la decisione sull’operazione militare internazionale. L’unica cosa cui l’offensiva potrebbe mirare, è una provocazione per l’invasione immediata, non altro. La sera del 10 gennaio, il Presidente ad interim del Mali, Dionkunda Traore, dichiarava la mobilitazione totale e lo stato di emergenza. (8)
L’11 gennaio le forze francesi sbarcavano in Mali. Le agenzie di informazione parlavano di altri partecipanti all’operazione (Senegal, Niger), ma tutti sanno chi interpreta il ruolo di primo piano. Tra l’altro è emerso chiaramente, il giorno stesso in cui la risoluzione 2085 veniva adottata, che il ministro degli esteri del Mali aveva ringraziato, tra gli altri, tutti i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma espresse una particolare gratitudine verso la Francia. (9) Va reso noto che le informazioni sulla decisione dell’ECOWAS di avviare il dispiegamento immediato delle truppe, venne reso pubblico dopo la notizia che le forze francesi erano in arrivo. I francesi hanno iniziato le operazioni prima dell’arrivo delle truppe africane.
Una campagna d’informazione perfettamente organizzata per l’”intervento internazionale in Mali” ha evidenziando uno svantaggio: non vi è alcuna spiegazione ragionevole per le ragioni dietro le azioni di al-Qaida nel Maghreb islamico. Oggi si parla dei perduranti tentativi di fare del Mali settentrionale una base. Ma al-Qaida ci ha provato nell’ultima dozzina di anni, senza attirare l’attenzione. In realtà, le azioni attuali di AQIM sono palesemente provocatorie, volte a fornire un pretesto per l’intervento straniero. Pertanto, un’operazione speciale volta a ricolonizzare l’Africa è stata avviata all’inizio dell’anno. C’è una rivalità tra i tre attori principali, Stati Uniti, Francia e Cina. La Cina ricorre all’espansione economica, mentre le due nazioni occidentali si basano sull’intervento militare. Si dovrebbe riconoscere al diavolo ciò che gli è dovuto: gli errori commessi durante le guerre d’informazione relative agli eventi in Libia e in Costa d’Avorio, vengono corretti nel gennaio 2013. La conquista di questi paesi è stata spiegata da ragioni “umanitarie”, ma tali informazioni sono state presentate in modo goffo e poco convincente.
Oggi la comunità internazionale plaude l’invasione francese per liberare il Mali. A quanto pare una missione militare era necessaria. Ma il paese deve affrontare una dura scelta: gli islamisti o le truppe francesi. Comunque, il Mali dovrà pagare un prezzo alto per la libertà, cedere la propria sovranità, le sue enormi risorse minerarie e perdere l’indipendenza per molti anni. Secondo il presidente francese Francois Hollande, le truppe francesi resteranno in Mali per il tempo necessario. (10) Non è invano che il presidente abbattuto, Amadou Toure, dicesse che Parigi è più pericolosa di Timbuktu!
L’Africa è sempre stata ed è ancora un terreno di prova per diversi scenari politici e militari occidentali. (11) Non solo gli Stati africani, ma anche la Russia dovrebbero seguire con attenzione il modo in cui l’intervento militare viene elaborato e attuato (con successo finora), pur perseguendo l’obiettivo dichiarato di “salvare la libertà dagli islamisti”. É particolarmente importante considerare i tentativi dell’occidente per screditare il potere in Russia e incoraggiare le attività degli islamisti sul territorio della Federazione Russa.

Note
(1) Cameroon v. Nigeria. UN International Court of Justice ruling, 10 ottobre 2002, International Court of Justice
(2) Qui è interessante vedere il film 11 Settembre del regista del Burkina Faso Idrissa Ouedraogo del 2002. Parla di alcuni ragazzi del posto che seguono le tracce di Bin Ladin, che si nasconde in Burkina Faso (confinante a nord con il Mali!). Oggi questo film è visto come una commedia.
(3) Il rappresentane dell’MNLA parla alla TV francese: Le MNLA prêt à négocier pour lutter contre Al-Qaïda.
(4) Report of the Secretary-General on the situation in Mali, 29 novembre 2012. UN Document S/2012/894, p.11.
(5) United Nations Security Council session verbatim report, 5 dicembre 2012. UN Document S/PV.6879, p.2.
(6) Golpe tentato in risposta al golpe del 22 marzo 2012, quando il Presidente Amadou Toumani Touré è stato rovesciato.
(7) Nove membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono autori del progetto di risoluzione: Germania, Colombia, Marocco, Portogallo, Gran Bretagna, USA, Togo, Francia e Sud Africa, compreso anche il Lussemburgo, che non n’è un membro. (8) Discorso del presidente ad interim del Mali, 11 gennaio 2013: Discours du Président et déclaration de l’Etat d’Urgence.
(9) Sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, resoconto integrale, 20 dicembre 2012. In realtà il ministro degli esteri del Mali fa sapere che la Francia è dietro l’approvazione della risoluzione! Per esempio, ha detto “Vorrei in particolare ringraziare la Francia, il suo popolo, presidente e governo, che subito hanno capito che la presenza nel nord del Mali di combattenti, estremisti e terroristi di AQMI, MUJAO e affiliati, rappresenta una minaccia immediata per la pace e la sicurezza internazionali. La Francia non ha risparmiato alcuno sforzo per assicurare che il Consiglio di sicurezza si assuma le proprie responsabilità.” (Documento ONU: S/PV.6898). Secondo il ministro del Mali, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite avrebbe mancato di assumersi le proprie responsabilità senza la Francia! Si tratta di un fatto molto importante, che testimonia chi in realtà ha sostenuto la decisione dell’azione militare in Mali.
(10) Fondsk.ru
(11) Più in dettaglio, A. Mezyaev, Africa as a Testing Ground for “New International Law”. The Africa’s security: internal and external aspects, Istituto di studi africani, Accademia delle Scienze della Russia, 2005, pagina 10-11.

La ripubblicazione è gradita con riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

Cibo sprecato

Scritto da: Laura Pulici

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CRONACA -Ogni tanto capita anche a me. Nonostante non sia un’amante delle scorte alimentari e sia molto attenta al pareggio di bilancio tra il cibo acquistato e il numero di pasti da cucinare, quella vaschetta di gelato, dimenticata in freezer da qualche mese, è finita nella spazzatura.
Secondo uno studio sullo spreco domestico realizzato da Last Minute Market e Università di Bologna, 6 italiani su 10 buttano il cibo almeno una volta alla settimana, 1 su 10 addirittura una o due volte la settimana. In un anno, secondo l’Eurostat, arriviamo a sprecare 149 kg di cibo a testa.
Finiscono nell’immondizia soprattutto frutta e verdura (40-50%), seguiti dai cereali e prodotti derivati (30%). Questo perché sbagliamo nella conservazione e nella gestione delle scorte o ci lasciamo tentare da offerte speciali e promozioni, acquistando una quantità di cibo superiore a quella di cui avremmo bisogno.
La situazione italiana non è un’eccezione, ma la regola. Solo nell’Unione Europea, in un anno, vengono sprecati 90 milioni di tonnellate di cibo l’anno e ogni cittadino ne butta nell’immondizia 180 kg. Analizzando l’intera filiera alimentare, gli sprechi delle famiglie sono quelli più rilevanti (42% del totale), dopo la produzione (39%), la ristorazione (14%) e la vendita all’ingrosso e al dettaglio (5%).
Un problema non è solo economico ed etico, ma anche ambientale. La filiera alimentare negli Stati dell’Ue, infatti, è responsabile del 17% delle emissioni di gas serra dirette. Tutte le volte che sprechiamo del cibo, non facciamo altro che contribuire all’aumento delle emissioni

Solo terracotta e nanotecnologie per rendere l’acqua potabile

Fonte: http://www.improntaecologica.it/

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In molti Paesi in via di sviluppo, l’accesso all’acqua potabile è un così gravoso problema che affligge le popolazioni che sono numerose le organizzazioni umanitarie che si stanno dedicando specificamente alla questione.
Una di queste è la PureMadi, un’organizzazione che fa capo direttamente all’Università della Virginia, negli Stati Uniti, dove un team interdisciplinare di studenti e professori si sta tenacemente dedicando proprio al miglioramento della qualità delle acque e ha inventato una nuova tecnologia che sfrutta le capacità naturali della terra cotta per rendere potabile l’acqua.
In pratica si tratta di una giara con due serbatoi della capacità di circa 4 litri ciascuno e posizionati uno sopra l’altro.
Il funzionamento è davvero semplice: in quello superiore viene inserito un apposito filtro chiamato MadiDrop che, come l’intera giara, è realizzato in terracotta trattata con nanoparticelle d’argento e di rame e poi viene versata l’acqua da sanificare.
Sfruttando le proprietà di filtraggio della terracotta unite a quelle delle nano particelle, l’acqua viene depurata dal 99,9% degli agenti patogeni e, per semplice caduta, filtra al contenitore inferiore pronta per essere consumata.
Il MadiDrop può essere usato ripetutamente per sei mesi e può purificare da uno a tre litri all’ora di acqua, certo non tantissimo ma abbastanza per una normale famiglia di sei persone che si trova a vivere in aree di certo non agiate e magari senza neppure accesso alla rete elettrica.
Ma c’è un altro importante aspetto legato al progetto: al team americano, infatti, è stato chiesto anche di coordinare, nella provincia di Limpopo in Sud Africa, l’avviamento di uno stabilimento di produzione, idea che i ricercatori hanno accolto immediatamente.
I lavori sono già iniziati e, una volta a regime, la piccola fabbrica sarà in grado di produrre da 500 a 1.000 filtri ogni mese.
Il progetto non è più, dunque, solo quello di migliorare la qualità della vita di oltre mezzo milione di persone, ma anche di dare lavoro (e dignità) a tante persone di quella remota comunità africana.

L’infinito scandalo degli stupri nell’esercito Usa

Fonte: http://www.linkiesta.it/usa-army-rape

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Le denunce sono state 3.192 in un anno, ma l’86% delle vittime (anche uomini) sceglie il silenzio

NEW YORK – Dal momento in cui Kimberly ha deciso di parlare, tutto «è andato molto peggio». Indossa la divisa dell’Aviazione americana e conta i giorni che la separano dalla pensione, quando dopo ventidue anni di servizio e undici di inferno, potrà, forse, tornare a vivere. Una sera di gennaio del 2001, è stata violentata dal responsabile della sua squadriglia, ma per paura delle conseguenze ha resistito otto anni prima di fare rapporto al proprio comandante. «Era una donna, e mi ha fissato con uno sguardo vuoto, come se stessi solo aggiungendo altri problemi al suo lavoro», racconta. Dopo la denuncia fatta nel 2009 per lei ci sono stati solo umiliazione e isolamento. «Il comando ha fatto di tutto per insabbiare la questione, mi hanno trattato come se fossi pazza e bugiarda. Hanno creduto al mio aggressore e gli hanno permesso di andare in pensione con tutti i benefici, mentre io ho perso il mio lavoro e la dignità».

C’è un’epidemia di abusi che da decenni dilaga all’interno delle forze armate americane. Secondo i dati del Dipartimento della Difesa, nel 2011 le denunce per casi di violenza sono state 3.192, l’un per cento in più dell’anno precedente e solo la punta di un iceberg immenso. Il Dipartimento stima che l’86% delle vittime scelga il silenzio e un sondaggio condotto dal Pentagono ha rivelato che nel 2010 il numero reale di aggressioni ha superato i 19 mila casi. In proporzione la maggior parte delle vittime sono donne, ma in numeri assoluti i più colpiti sono gli uomini. Marina, Aviazione, Esercito, ogni corpo militare ha avuto il suo scandalo importante, e nel giugno del 2011 la denuncia per stupro fatta da una recluta dell’Aviazione della base di Lackland, Texas, ha dato il via a un’indagine non ancora conclusa che a fine gennaio contava 59 vittime e 32 istruttori accusati di violenze o molestie. E se gli abusi traumatizzano provocando senso di isolamento, è la cultura dell’impunità a rappresentare il cuore del problema. Nel 2011 solo 240 indagini sono sfociate in un processo, e le condanne sono state 191. Ogni corpo gestisce i propri casi dall’interno e spesso chi deve svolgere le indagini è troppo vicino agli aggressori, o, a volte, è l’aggressore stesso. I comandanti in genere preferiscono adottare azioni disciplinari per evitare di portare gli accusati davanti alla corte marziale, e il risultato è un paradosso di vittime costrette a dimostrare di essere innocenti e assalitori sempre più convinti che nelle forze armate sia possibile abusare senza dover rispondere delle proprie azioni.

Il Service Women’s Action Network (SWAN) (http://servicewomen.org/) è l’organizzazione nata per offrire aiuto alle donne che hanno subito violenza mentre servivano all’interno di un corpo militare e lo scorso maggio ha riunito in un hotel di Washington 250 veterane per il primo “Truth and Justice Summit”, un incontro nazionale in cui condividere esperienze e discutere delle strategie per continuare a chiedere giustizia. Tra loro c’erano anche Kori Cioca e Ariana Klay, due delle protagoniste di The Invisible War), il documentario premiato dal pubblico del Sundance con cui il regista Kirby Dick ha raccontato la guerra invisibile che nelle forze armate colpisce una donna su cinque. Ma la violenza sessuale non è una questione di genere e i veterani invitati al summit hanno applaudito con forza quando uno di loro ha descritto il senso di vergogna che lo ha accompagnato per anni dopo l’aggressione e la mancanza di assistenza sanitaria o psicologica da parte della Difesa. Le donne e gli uomini che Kirby Dick ha incontrato per il film sono persone che hanno dovuto reimparare a vivere, affette da disturbo post-traumatico da stress e con un forte senso di solitudine. «Molti di loro hanno vissuto le interviste come un’esperienza positiva perché per la prima volta qualcuno ha creduto alle loro storie», afferma il regista. A Washington quel giorno c’erano anche deputati e senatori che da anni lottano perché il Pentagono applichi la “tolleranza zero” di cui nella realtà non c’è traccia, e parlando alla platea l’allora senatore del Massachusetts e oggi neo segretario di Stato americano, John Kerry, ha affermato che «le Camere devono lavorare assieme al Pentagono per fare ciò che è giusto» e che «nessuno dovrebbe essere vittimizzato una seconda volta dalla mancanza di assistenza e di giustizia».

 

Nell’ultimo anno però qualcosa si è sbloccato. Il 13 febbraio è stato proposto il Ruth Moore Act, una legge che potrebbe aiutare le vittime a dimostrare la connessione fra le violenze e l’insorgere di disturbi psicologici, che prende il nome dalla ex marine, stuprata a 18 anni da un supervisore, che ha lottato per oltre vent’anni per ottenere giustizia.
Greg Jacob, il responsabile strategico di SWAN, ha definito il testo «un sforzo potente per correggere un sistema guasto», e ha avuto parole positive anche a gennaio, quando il segretario alla Difesa uscente, Leon Panetta, ha annunciato che le soldatesse verranno ammesse in combattimento. Secondo Jacob eliminare le politiche di esclusione provocherà un cambiamento abissale nella cultura dell’esercito, e una maggiore parità tra i sessi contribuirà a ridurre le violenze. Ma il primo vero gesto dirompente per cambiare lo status quo il Pentagono l’ha fatto nell’aprile del 2012. Abc ha scritto che la decisione di Leon Panetta è arrivata dopo aver visto The Invisible War e Dick afferma «che il Segretario e il suo staff sono rimasti molto colpiti dal documentario», ma qualunque sia stato il movente Panetta ha smosso le acque annunciando nuove misure contro l’emergenza abusi, dall’affido dei casi a ufficiali di grado più alto per evitare parzialità nei giudizi, fino alla creazione di unità speciali per la raccolta delle denunce. Anu Bhagwati, ex capitano della Marina e direttore esecutivo di SWAN, allora l’ha definito «un passo enorme, il più importante fatto fino ad ora dalla Difesa», ma Rachel Natelson, direttore del ramo legale di SWAN ricorda che «l’ideale per noi resta l’istituzione di veri e propri uffici penali per sottrarre la gestione dei casi alla catena di comando militare».

Listeria in gorgonzola italiano e larve vive di Anisakis in sgombri francesi… Ritirati dal mercato europeo 91 prodotti

Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/rasff-settimana-6-2013.html

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Nella settimana n°6 del 2013 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi sono state 91 (15 quelle inviate dal Ministero della salute italiano).

 

L’elenco questa settimana non comprende alcun’allerta grave. Nella lista dei lotti respinti alle frontiere e/o delle informative sui prodotti diffusi che non implicano un intervento urgente troviamo: migrazione di cromo da posate cinesi, istamina in filetti di tonno refrigerati provenienti dalla Spagna, Listeria monocytogenes in salmone marinato refrigerato dalla Danimarca, via Austria, infestazione di parassiti Anisakis (massiccia presenza di larve vive) in sgombri refrigerati francesi, corpo estraneo (filo metallico, diametro 0,5 mm) in filetti di platessa surgelati (Pleuronectes platessa) dai Paesi Bassi, piombo in cozze (Modiolus barbatus) dalla Grecia, migrazione di cromo, nichel e manganese da due partite di barbecue cinesi, eccesso di manganese e livelli di migrazione totale troppo alti da tostapane elettrici da Hong Kong, infestazione di parassiti Anisakis in sgombri refrigerati (Scomber scombrus) spagnoli, migrazione di cromo, nichel e manganese da coperchi in acciaio inox di oliere da Hong Kong, profenofos (insetticida) in cipolle congelati provenienti da Egitto, migrazione di cromo, nichel e manganese e livelli troppo alti di migrazione totale da coltelli in acciaio inox con manici in polystone dalla Cina.

 

E ancora: Salmonella Agona in farine di carne dai Paesi Bassi e Salmonella Livingstone in farine di carne dalla Slovenia, entrambe destinate ai mangimi.

 

Questa settimana tra i prodotti italiani esportati in altri Paesi e ritirati dal mercato la Svizzera segnala la presenza di Listeria monocytogenes in gorgonzola, e Malta elevati livelli di acrilamide in patatine.

 

Per maggiori informazioni sul rapporto settimanale, recarsi sul sito del Servizio sanitario regionale dell’Emilia-Romagna nella sezione notizie.

 

Per seguire con maggiore attenzione il sistema di allerta e il ritiro dei prodotti sia a livello europeo che internazionale, collegarsi al sito di Phyllis Entis, eFoodAlert.wordpress.com che propone un monitoraggio continuo e aggiornato «Recall Roundup».

 

Foto: Photos.com

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Palermo degli orrori: otto bambini violentati da familiari

Fonte: http://www.controcopertina.com/palermo-degli-orrori-otto-bambini-violentati-da-familiari/

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Palermo sotto shock: otto bambini del capoluogo siciliano venivano sistematicamente portati presso un edificio diroccato nel quartiere Ballarò, dove venivano violentati da alcuni familiari. Un uomo e una donna, padre e madre di tre delle vittime sono stati condannati dalla quinta sezione del tribunale di Palermo, rispettivamente a 9 anni e mezzo e a 9 anni per violenza sessuale e maltrattamenti su minori. La sentenza di oggi riguarda solo una parte di un’agghiacciante vicenda andata avanti per mesi e che ha portato alla condanna a 14 anni con rito abbreviato di due donne (madre e nonna).

A far emergere i fatti i racconti di una bambina che ha rivelato le violenze agli psicologi della casa famiglia presso la quale era stata affidata. Una volta partite le indagini le stesse hanno portato ad individuare gli altri minori violentati che hanno raccontato i giochi erotici a cui venivano costretti nella “casa rotta”. Agli abusi, secondo l’accusa, avrebbero partecipato anche i fratelli maggiori delle vittime, tutti più piccoli di 14 anni. Le vittime sono state tutte sottratte alle rispettive famiglie e date in adozione.

Erano proprio meteoriti?

Scritto da: Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)
Fonte: http://www.liberopensare.com/index.php/articoli/item/437-erano-proprio-meteoriti

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Oltre 1000 feriti in Russia per un insolito sciame meteorico che ha colpito una zona scarsamente abitata degli Urali.

Erano proprio meteoriti? Siamo sicuri?

Da fonti interne dell’amministrazione USA veniamo confidenzialmente a sapere che forse le cose non stanno esattamente come ci sono state raccontate…

E anche di là dell’Atlantico qualcuno fa delle affermazioni fuori dal coro.

Ha iniziato il giornale russo Znak riportando la notizia secondo la quale il meteorite era stato intercettato dal sistema di difesa anti-missile di Urzhumka vicino a Chelyabinsk.

Poi il vice Primo Ministro Dmitry Rogozin, secondo il quale “è necessario sviluppare un nuovo sistema di difesa per identificare e neutralizzare minacce provenienti dallo spazio” ha fatto nascere qualche sospetto (1).

Ma la vera ‘bomba’ esplode quando il leader liberale Vladimir Zhirinovsky afferma pubblicamente che non si è trattato affatto di meteoriti ma del test di un’arma spaziale americana (2). Da notizie riservate pare che tale arma sarebbe stata abbattuta da un missile russo.

Secondo Zhirinovsky il nuovo segretario di Stato Americano John Kerry voleva avvisare il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov del test ma non sarebbe riuscito ad avvisarlo in tempo perché quest’ultimo era in viaggio in Africa.

Il dipartimento di Stato USA – da parte sua – ha recentemente confermato che John Kerry non è stato in grado di parlare con Lavrov – in missione ufficiale in Africa – a proposito di “urgenti questioni internazionali”.

Immediatamente alcuni organi di stampa si sono precipitati ad enfatizzare la scarsa affidabilità di Zhirinovsky, noto per le sue posizioni ultranazionaliste.

Il Washington Post scrive che Zhirinovsky “ha accusato l’America per la pioggia meteorica di oggi” (3), WaPo sottolinea come Zhirinovsky sia noto “per la sua retorica nazionalista, anti-occidentale e alle volte bizzarra”, mentre Der Spiegel lo definisce senza mezzi termini un “clown politico”.

Al tempo stesso – manco a dirlo – coloro che hanno riportato la notizia sono stati subito etichettati come ‘complottisti’ (4)…

Noi che non complottisti non siamo – ma neppure burattini del mainstream – un po’ di domande ce le facciamo e attendiamo fiduciosi le risposte:

– Perché meteoriti in un periodo dell’anno in cui la terra non sfiora il quadrante di cielo dove ci sono gli sciami meteorici?

– Perché un meteorite che ha fatto tanto disastro fa un buchetto sul ghiaccio di soli 6 metri di diametro?

– Perché non sono state – a oggi – mostrate tracce fisiche del meteorite mentre vi sono ben 20.000 persone che stanno lavorando a riparare i danni?

– Perché nelle sequenze di alcuni filmati pubblicati in rete si vedono degli altri oggetti che volano più velocemente del meteorite e che sembrano cercare di intercettarne la traiettoria? (5)

 

(1) http://www.presstv.ir/detail/2013/02/17/289369/russia-mulls-over-space-defense-system/

http://www.ibtimes.com/russian-meteor-was-us-weapons-test-claims-russian-nationalist-politician-vladimir-zhirinovsky

(2) http://rt.com/politics/zhirinovsky-meteorite-american-weapon-316/

(3) http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2013/02/15/russian-parliament-member-says-meteor-was-actually-a-u-s-weapons-test/

(4) http://worldnews.nbcnews.com/_news/2013/02/15/16977509-meteor-sparks-rumors-conspiracy-theories-in-russia?lite

http://americanlivewire.com/mp-vladimir-zhirinovsky-says-russian-meteor-was-secret-us-arms-test/

(5) http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4179

 

Un Re degli Alberi a Taiwan

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/home/6-news/good-news/3460-un-re-degli-alberi-a-taiwan.html

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Ha piantato 270.000 alberi piantati nei rilievi di Taiwan, e ora tutti lo chiamano “Re degli Alberi”. Lai Pei-yuan è un imprenditore taiwanese che ha fatto fortuna nel settore dei trasporti e della proprietà, ma lo scopo della sua vita è di ripristinare almeno una parte delle foreste che un tempo ricoprivano la maggior parte dell’isola. “E’ una idea semplice – spiega Lai Pei-yuan – Salvaguardare Taiwan, significa piantare alberi.” Oggi 130 ettari di montagne presso Taichung sono ricoperte da alberi di specie autoctone di Taiwan.

 

Lai era rimasto scioccato dal prezzo della industrializzazione di Taiwan. “Molti, molti alberi che crescevano in montagna sono stati abbattuti ed esportati,” ha detto Lai.

La distruzione è iniziata durante l’occupazione giapponese, tra il 1895 e il 1945, quando gli alberi secolari venivano abbattuti in nome del progresso, un processo che si è protratto fino agli ultimi anni del ventesimo secolo. Solo nel 1989 le autorità di Taiwan hanno deciso di vietare l’abbattimento delle foreste intatte, ma a quel punto era ormai tardi. I risultati sono stati devastanti. Nel corso del ventesimo secolo, la copertura forestale è scesa dal 90 per cento al 55 per cento.

L’ansia dei rapporti superficiali

Fonte: http://www.riza.it/psicologia/ansia/3665/l-ansia-dei-rapporti-superficiali.html

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Quando le relazioni importanti della vita vacillano o rimangono troppo superficiali può crearsi un senso di vuoto che attira ansia e frustrazione: come reagire

Ognuno di noi è circondato da un “coperta” di rapporti affettivi che lo protegge, con cui scambia energia e opinioni e condivide le diverse tappe del vivere, i momenti belli e quelli meno felici. Ognuno ha la sua, fatta di genitori, fratelli, zii, partner, figli, cognati, amici, a seconda anche delle situazioni nelle quali si è trovato a vivere. A volte però può capitare che a questa coperta vengano a mancare pezzi importanti, non necessariamente perché le persone spariscano, ma perché ad esempio non si è mai creato negli anni un rapporto davvero profondo o perché la relazione diventa nel tempo più superficiale trasmettendoci un senso di ansia e solitudine.

L’attesa di una svolta genera ansia

Si possono fare molti esempi; tipico è quello del rapporto tra il figlio di una coppia separata e il genitore non affidatario, che non può vivere il rapporto quotidianamente. O quello di un padre emotivamente distaccato, poco partecipe, chiuso in un suo mondo emotivo e professionale che tiene lontana la famiglia con un inevitabile carico di sofferenza. O ancora, di fratelli del tutto incompatibili per carattere. Questo “buco” nella coperta affettiva può creare una sofferenza profonda – sentita spesso solo da uno dei due – e creare una condizione di cronica e ansiosa attesa che qualcosa possa cambiare, sbloccarsi, sbocciare; che il rapporto insomma cominci finalmente a vivere.  Chi soffre si adopera spesso affinché ciò avvenga, sopportando grandi compromessi e talora accanendosi. E la frustrazione di vedere che la scintilla non scocca aumenta l’ ansia ancor di più.

Cosa fare: rispetta anzitutto te stesso

Offri una disponibilità…

Alla prima occasione, senza preavvisi e lontano da sguardi esterni, prendi la persona da parte e dille poche parole, tipo: “So che fra noi il rapporto è un po’ difficile, ma sappi che, se vuoi, io ci sono”.

…E poi non fare altro

La disponibilità è tutto quello che può dare. Se il rapporto deve decollare lo farà. Non servono regali, strategie, viaggi di avvicinamento, né incontri chiarificatori che otterranno l’effetto opposto.

Vivi la tua vita

Non bloccarti nell’attesa. Può darsi che le linee delle vostre vite si incroceranno meglio quando ci sarà un assetto diverso. Succede molto più spesso così, a sorpresa, che non forzando le cose.

No a compromessi umilianti

Non è rinunciando alla propria essenza che si può incontrare quella dell’altro. Un po’ di elasticità va bene, ma nel rispetto di se stessi.

Non cercare “compensazioni”

Quando il “pezzo mancante” è importante (un padre, una madre, o il senso di famiglia di origine) non cercare nel partner il sostituto, o il rapporto non reggerà a responsabilità che non gli spettano.