CARISSIMI LETTORI…ANDIAMO IN VACANZA!
BUON DIVERTIMENTO A TUTTI!!!
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Fonte:http://biografieonline.it/biografia-camillo-benso-cavour
Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, nobile dei Marchesi di Cavour, Conte di Cellarengo e di Isolabella nasce il 10 agosto 1810 a Torino, allora capoluogo d’un dipartimento dell’impero napoleonico. Secondogenito del marchese Michele e della ginevrina Adele di Sellon, Cavour da giovane è ufficiale dell’esercito. Lascia nel 1831 la vita militare e per quattro anni viaggia in Europa, studiando particolarmente gli effetti della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, Francia e Svizzera e assumendo i princìpi economici, sociali e politici del sistema liberale britannico.
Rientrato in Piemonte nel 1835 si occupa soprattutto di agricoltura e si interessa di economie e della diffusione di scuole ed asili. Grazie alla sua attività commerciale e bancaria Cavour diviene uno degli uomini più ricchi del Piemonte.
La fondazione nel dicembre 1847 del quotidiano “Il Risorgimento” segna l’avvio del suo impegno politico: solo una profonda ristrutturazione delle istituzioni politiche piemontesi e la creazione di uno Stato territorialmente ampio e unito in Italia avrebbero, secondo Cavour, reso possibile il processo di sviluppo e crescita economico-sociale da lui promosso con le iniziative degli anni precedenti.
Nel 1850, essendosi messo in evidenza nella difesa delle leggi Siccardi (promosse per diminuire i privilegi riconosciuti al clero, prevedevano l’abolizione del tribunale ecclesiastico, del diritto d’asilo nelle chiese e nei conventi, la riduzione del numero delle festività religiose e il divieto per le corporazioni ecclesiastiche di acquistare beni, ricevere eredità o donazioni senza ricevere il consenso del Governo) Cavour viene chiamato a far parte del gabinetto D’Azeglio come ministro dell’agricoltura, del commercio e della marina. Successivamente viene nominato ministro delle Finanze. Con tale carica assume ben presto una posizione di primo piano, fino a diventare presidente del Consiglio il 4 novembre 1852.
Prima della nomina Cavour aveva già in mente un programma politico ben chiaro e definito ed era deciso a realizzarlo, pur non ignorando le difficoltà che avrebbe dovuto superare. L’ostacolo principale gli derivava dal fatto di non godere la simpatia dei settori estremi del Parlamento, in quanto la sinistra non credeva alle sue intenzioni riformatrici, mentre per le Destre egli era addirittura un pericoloso giacobino, un rivoluzionario demolitore di tradizioni ormai secolari.
In politica interna mira innanzitutto a fare del Piemonte uno Stato costituzionale, ispirato ad un liberismo misurato e progressivo, nel quale è la libertà a costituire la premessa di ogni iniziativa. Convinto che i progressi economici sono estremamente importanti per la vita politica di un paese, Cavour si dedica ad un radicale rinnovamento dell’economia piemontese.
L’agricoltura viene valorizzata e modernizzata grazie ad un sempre più diffuso uso dei concimi chimici e ad una vasta opera di canalizzazione destinata ad eliminare le frequenti carestie, dovute a mancanza d’acqua per l’irrigazione, e a facilitare il trasporto dei prodotti agricoli; l’industria viene rinnovata ed irrobustita attraverso la creazione di nuove fabbriche e il potenziamento di quelle già esistenti specialmente nel settore tessile; fonda un commercio basato sul libero scambio interno ed estero: agevolato da una serie di trattati con Francia, Belgio e Olanda (1851-1858) subisce un forte aumento.
Inoltre Cavour provvede a rinnovare il sistema fiscale, basandolo non solo sulle imposte indirette ma anche su quelle dirette, che colpiscono soprattutto i grandi redditi; provvede inoltre al potenziamento delle banche con l’istituzione di una “Banca Nazionale” per la concessione di prestiti ad interesse non molto elevato.
Il progressivo consolidamento politico, economico e militare, spinge Cavour verso un’audace politica estera, capace di far uscire il Piemonte dall’isolamento. In un primo momento egli non crede opportuno distaccarsi dal vecchio programma di Carlo Alberto tendente all’allontanamento dell’Austria dal Lombardo-Veneto e alla conseguente unificazione dell’Italia settentrionale sotto la monarchia sabauda, tuttavia in seguito avverte la possibilità di allargare in senso nazionale la sua politica, aderendo al programma unitario di Giuseppe Mazzini, sia pure su basi monarchiche e liberali. Il primo passo da fare era quello di imporre il problema italiano all’attenzione europea e a ciò Cavour mira con tutto il suo ingegno: Il 21 luglio 1858 incontra Napoleone III a Plombières dove vengono gettate le basi di un’alleanza contro l’Austria.
Il trattato ufficiale stabiliva che:
la Francia sarebbe intervenuta a fianco del Piemonte, solo se l’Austria lo avesse aggredito; in caso di vittoria si sarebbero formati in Italia quattro Stati riuniti in una sola confederazione posta sotto la presidenza onoraria del Papa ma dominata sostanzialmente dal Piemonte: uno nell’Italia settentrionale con l’annessione al regno di Sardegna del Lombardo-Veneto, dei ducati di Parma e Modena e della restante parte dell’Emilia; uno nell’Italia centrale, comprendente la Toscana, le Marche e l’Umbria; un terzo nell’Italia meridionale corrispondente al Regno delle Due Sicilie; un quarto, infine, formato dallo Stato Pontificio con Roma e dintorni. In compenso dell’aiuto prestato dalla Francia il Piemonte avrebbe ceduto a Napoleone III il Ducato di Savoia e la Contea di Nizza.
Appare evidente che un simile trattato non teneva assolutamente conto delle aspirazioni unitarie della maggior parte della popolazione italiana, esso mirava unicamente ad eliminare il predominio austriaco dalla penisola.
La II guerra d’indipendenza permette l’acquisizione della Lombardia, ma l’estendersi del movimento democratico-nazionale suscita nei francesi il timore della creazione di uno Stato Italiano unitario troppo forte: l’armistizio di Villafranca provoca il temporaneo congelamento dei moti e la decisione di Cavour di allontanarsi dalla guida del governo.
Ritornato alla presidenza del Consiglio Cavour riesce comunque ad utilizzare a proprio vantaggio la momentanea freddezza nei rapporti con la Francia, quando di fronte alla Spedizione dei Mille e alla liberazione dell’Italia meridionale poté ordinare la contemporanea invasione dello Stato Pontificio. L’abilità diplomatica di Cavour nel mantenere il consenso delle potenze europee e la fedeltà di Giuseppe Garibaldi al motto “Italia e Vittorio Emanuele” portano così alla proclamazione del Regno d’Italia, il giorno 17 marzo 1861.
Camillo Benso conte di Cavour muore nella sua città natale il 6 giugno 1861.
Scritto da:Valentina Cervelli
Fonte: http://www.iovalgo.com/pazienza-sempre-pregiudizio-mai-16425.html
Pazienza? Bisogna averne tanta ed averla sempre. Al contrario del pregiudizio, nelle cui braccia non bisognerebbe cadere mai. La ragione è molto semplice: bisognerebbe sempre puntare ad essere delle persone empatiche ed in grado di comportarsi adeguatamente in ogni settore della propria esistenza.
Questi sono concetti da ricordare molto importanti, soprattutto in un periodo socioeconomico come questo, dove sullo scranno più alto degli Stati Uniti e quindi come pessimo esempio per tutto il mondo, vi è una persona che con il suo comportamento ha totalmente squilibrato le masse sociali ed il loro comportamento: quando razzismo, maschilismo ed in generale la prepotenza diventano il “centro” delle cronache e spinte come esempi positivi è importante avere la pazienza di comprendere il perché ciò accada e rigettare il pregiudizio che scaturisce dagli stessi.
Può sembrare assurdo ma non perdere la pazienza consente di rimanere con i piedi per terra e con la mente abbastanza lucida al fine di comprendere come sia tutt’altro che auspicabile agire d’istinto, gettando alle ortiche qualsiasi possibilità di controbattere nel modo giusto. In un mondo come quello attuale dove la prevaricazione in tutte le sue forme sembra essere diventata la norma, essere in grado di combattere il pregiudizio è un punto di forza molto importante. Perché è proprio quest’ultimo a fomentare la violenza ed a crearne di più ed in una società che necessita di menti pensanti ed aperte per combattere l’odio, rigettare tale tipologia di forma mentis diventa basilare per costruirsi ed aiutare a costruire esistenze sane e basate su saldi principi.
Scritto da: Gabriele Luzzini
Fonte:http://www.sogliaoscura.org/ultimo-viaggio-dellouran-medang-di-gabriele-luzzini/
Tra i misteri del secolo scorso meno noti e tuttora insoluti c’è sicuramente quello della nave mercantile olandese Ourang Medan il cui nome in indonesiano significa ‘Uomo di Medan’ (Medan è una delle principali isole indonesiane).
Le prime informazioni al riguardo sostengono che l’imbarcazione colò a picco dopo l’eccidio dell’equipaggio in circostanze mai chiarite.
Al termine degli anni ’40, le due navi americane Silver Star e la City of Baltimore intercettarono un S.O.S. inviato da un cargo olandese, l’Ourang Medan, mentre attraversavano lo stretto di Malacca.
Il messaggio, angosciante e disperato nel suo contenuto, diceva: “S.O.S. da Ourang Medan… stiamo ancora galleggiando. Tutti gli ufficiali, compreso il capitano, sono morti nella sala delle mappe e sul ponte.” Dopo alcuni incomprensibili segnali morse, la conclusione: “Io muoio”. Dopodiché la trasmissione si interruppe.
L’equipaggio della Silver Star riuscì ad individuare e abbordare il mercantile e, secondo quanto dichiarato nel rapporto, trovarono ‘l’equipaggio riverso sulla schiena, i volti congelati in una smorfia caricaturale di terrore, le braccia rigidamente protese verso l’alto e nessun superstite’.
Poco dopo, l’equipaggio della Silver Star fu costretto ad evacuare dall’Ourang medang, a seguito di un incendio improvviso che fece esplodere ed affondare la sfortunata imbarcazione, portando sul fondo del mare i segreti dell’accaduto.
Tra le spiegazioni legate al folklore, quali spettri vendicativi che avevano ucciso letteralmente ‘di paura’ l’equipaggio o abomini provenienti dal mare, si è fatta largo l’ipotesi più prosaica che la nave trasportasse composti chimici o gas nervino.
Pertanto, potrebbe essere credibile che una miscelazione accidentale di tali sostanze abbiano causato la dipartita dell’intero equipaggio e che magari altri composti infiammabili abbiano di fatto scatenato l’incendio.
In alcune versioni della storia, circolata con numerose varianti, c’è un sopravvissuto, trovato da un missionario presso un atollo delle Isole Marshall, che prima di spirare parlò di un carico di acido solforico non adeguatamente stivato.
Lo studioso Bainton ipotizzò alcune operazioni di contrabbando con pericolose sostanze chimiche quale il cianuro di potassio che, se messo a contatto con l’acqua marina, avrebbe potuto produrre micidiali esalazioni. E’ possibile che a bordo ci fosse anche nitroglicerina e che l’esplosione finale dell’imbarcazione sia dovuta ad essa.
Tale idea è corroborata anche dal fatto che l’Ourang Medang non fosse registrata nei registri navali olandesi, come se volesse eludere la rigida sorveglianza su trasporti di tale natura.
O forse il fatto che non risulti nell’elenco è determinato dal fatto che il cargo non sia mai esistito e che sia solo una ‘Leggenda del Mare’.
Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/frutta-verdura-agosto-prodotti.php
I prodotti di stagione sono preziosi alleati contro il caldo ed il mese di agosto offre una grande varietà di frutta e verdura ricchi di acqua, fibre e antiossidanti. Ecco cosa portare in tavola.
Anguria
Regina tra i frutti dell’estate è l’anguria, tra le prime alleate anticaldo perché composta per il 90% di acqua ed è poverissima di calorie.
Gelso nero
Questi frutti piccoli e succosi sono ricchi di antiossidanti, ferro, e vitamine, cominciando dalla vitamina C. Per questo il gelso è considerato uno tra i migliori rimedi naturale contro il raffreddore.
Mirtilli neri
Il mirtillo è ricco di risorse preziose per la salute: antocianine (antiossidanti dal riconosciuto potere antitumorale), vitamine del gruppo B (alleate del buonumore) e di acqua, così aiuta a combattere la ritenzione idrica e il caldo.
Fichi d’India
Sono una preziosa fonte di fibre che aumentano il senso di sazietà e favoriscono la regolarità intestinale. I fichi d’India sono anche tra i più ricchi di vitamina C della stagione, e di minerali come magnesio e potassio e di antiossidanti.
Fichi
Da consumare con moderazione per le loro calorie (74 per 100 grammi), i fichi sono una preziosa fonte di fibre e di potassio.
Uva spina
Ricca di vitamina C, aiuta a proteggersi dalle infezioni, depura l’organismo, disintossica il sangue, ed è ricca di antiossidanti che prevengono l’invecchiamento cellulare. Inoltre è particolarmente dissetante.
Prugne
Note come alleate contro la stitichezza (in particolare quelle gialle, che hanno un più alto contenuto di fibre rispetto alle rosse, che invece sono più ricche di antiossidanti), le prugne sono anche una risorsa per combattere la stanchezza estiva perché ricche di sali minerali.
Ribes rosso
Per le sue proprietà benefiche il ribes è tra i frutti più utilizzati nella fitoterapia. È un antiinfiammatorio, poi un potente diuretico perché è ricco di acqua. Inoltre è tra i frutti che contengono una delle concentrazioni più elevate di vitamine del gruppo A, B, C e K.
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Sono ricche di antocianine, potenti antiossidanti che rallentando il deterioramento delle cellule aiutano a prevenire i tumori e a bloccare i radicali liberi che causano l’invecchiamento, ma anche di vitamina C e di fibre, e sono tra i frutti detox più apprezzati anche perché aiutano ad eliminare il colesterolo cattivo dal sangue.
Lattuga
Ipocalorica (contiene 15 calorie per 100 grammi), ricca di fibre e glucochina che è una molecola che abbassa la glicemia, la lattuga è anche una fonte preziosa di sali minerali come ferro, sodio e potassio che aiutano a combattere il caldo.
Peperoni
Presentano invidiabili proprietà antiossidanti, in grado di combattere l’invecchiamento precoce, tumori e malattie cardiovascolari.
Ravanelli
Ottimi per arricchire di un retrogusto piccante le proprie insalate estive, i ravanelli possiedono dalle proprietà diuretiche e depurative.
Scritto da: Antonio Pannullo
Fonte: http://www.secoloditalia.it/2015/12/aniceto-massa-meta-fascista-esoterico-aderi-rsi/
Quando morì, il 7 dicembre 1975, Aniceto Del Massa non fece rumore nell’ambiente culturale italiano. Solo il Secolo d’Italia, quotidiano del quale era stato responsabile culturale per dieci anni, lo ricordò, insieme a pochi altri. Eppure tanto la vita quanto le opere di Aniceto Del Massa, fiorentino doc, meritano di essere raccontate, perché non solo fu un grande scrittore, giornalista, esoterista, asceta, ma prese parte attivamente alla vita politica del suo tempo, compiendo sempre le scelte che gli venivano da dentro, dalla sua coscienza e dalle sue idee. Poiché era del 1898, corse insieme al secolo vivendo tutte le esperienze più interessanti di quei terribili e fantastici decenni. Nacque il 4 febbraio 1898 a Prato, allora in provincia di Firenze, e già adolescente respirava l’aria culturalmente vivissima ed effervescente nei caffè letterari di Firenze. L’atmosfera intellettuale di quella città, con La Voce e Lacerba, unitamente ai fermenti futuristi e interventisti, ebbero una grande importanza nella formazione del giovane, che peraltro proveniva da studi solidissimi in una scuola religiosa ortodossa, dove la religione era sostanza e non facciata. Come scrisse lui stesso, in quegli anni maturò il disprezzo per tutto ciò che era borghese, filisteo, convenzionale, rettorico, luogo comunismo. Sentimenti, questi, condivisi in seguito con i suoi grandi amici Ezra Pound e Julius Evola, con i quali ebbe contatti strettissimi per anni. Intelligente e preparato, iniziò in quel periodo una lunga collaborazione con La Nazione, occupandosi soprattutto di arte e cultura. Per niente militarista, ma acceso interventista, nel 1917 fu richiamato alle armi e partecipò alla Grande Guerra come sottotenente degli Alpini, combattendo sul Carso, sul Grappa e sul Piave. Tornato in patria, confessò che quella della guerra fu una delle più importanti esperienze della sua vita, che lo aiutarono a formarsi e a farlo crescere. Insofferente comunque alle piccinerie italiane, anticonformista per partito preso, partecipò senza esitazione ai moti fascisti, battendosi per la presa del potere di Benito Mussolini che avvenne nel 1922, insieme ai suoi amici toscani Malaparte, Rosai, Soffici. In quel periodo divenne anche amico e sodale di De Chirico. E proprio partendo dal visionario De Chirico, Del Massa divenne seguace di Arturo Reghini, importantissima figura di neopitagorico, spiritualista, esoterista italiano, che dirigeva la rivista Atanòr, animata, oltre che da Reghini, da Evola e da Giulio Parise. Collaborò alle più importanti riviste spiritualiste dell’epoca, entrando a far parte del Gruppo di Ur-Krur, con il nome iniziatico di Sagittario. Si avvicinò alle teorie dell’antroposofo Rudolf Steiner e del filosofo Enrico Caporali. Fu anche amico di Berto Ricci, un altro eretico politico anticonvenzionale come lui. Non ebbe mai incarichi ufficiali durante il ventennio, anche perché quelli del suo ambiente culturale erano guardati con sospetto, come capita sempre a chi si occupa di esoterismo o scienze occulte. Ma quando scoppiò lo guerra, rifiutò di imboscarsi in qualche comodo ufficio fiorentino, e chiese di diventare di nuovo un capitano degli Alpini. L’8 settembre del 1943 lo colse sul fronte polacco, dove fu catturato dai tedeschi e mandato in campo di prigionia.
Quando nacque la Repubblica Sociale Italiana, Del Massa non ebbe dubbi: la guerra si finisce insieme a coloro con i quali la si è iniziata. Nella Rsi, a Del Massa fu affidato il compito di dirigere il controspionaggio, insieme al suo concittadino Puccio Pucci. Insieme queste attività, proseguì quella culturale, organizzando vari eventi e conferenze nella sua Firenze, tra cui l’ancor oggi esistente Maggio musicale fiorentino, istituito da un altro suo concittadino amante della cultura, Alessandro Pavolini, di cui Del Massa era sincero amico. Dopo la caduta di Firenze la fine dell’eroica epopea dei franchi tiratori, Del Massa spostò il suo ufficio di controspionaggio a Mlano. Negli ultimi giorni della guerra, nell’aprile del 1945, lo stesso Pavolini, d’accordo con Mussolini, affidò a Del Massa e Pucci lo storico compito di seminare le cosiddette “uova del drago”, missione che significava riorganizzare le fila del neofascismo dopo la guerra, radunando e coordinando i fascisti superstiti, nell’intento di ricostruire qualcosa. In realtà questo ruolo politico fu poi svolto da Pino Romualdi, vice segretario del Partito fascista repubblicano, sopravvissuto alle stragi del Nord, che in clandestinità e insieme ad altri, contribuì alla fondazione del Movimento Sociale Italiano, appena un anno e mezzo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Del Massa fu catturato dagli americani, internato nel campo prigionieri di Padula e poi in quello di Terni. Fu successivamente rinchiuso nel carcere di Ancona dal quale poi riuscì a evadere iniziando un periodo di latitanza e di clandestinità. Dopo varie peripezie, tornò al giornalismo e alla saggistica fondando nuove riviste e collaborando con quelle neofasciste che aprivano e chiudevano di continuo in quegli anni. Nel 1952, ossia sin dalla fondazione, divenne caporedattore delle pagine culturali del Secolo d’Italia, dove restò sino al 1961, attirando collaborazioni prestigiose come quelle di Evola, Attilio Mordini e di Pound. Innovatore e sempre rivoluzionario, dopo la guerra Del Massa partecipò a quella straordinaria avventura dei cosiddetti fascisti di sinistra, che facevano capo a Stanis Ruinas e al suo Pensiero Nazionale e che dialogavano col Partito Comunista Italiano. Molti ex Rsi, come è noto, finirono per iscriversi al Pci. Dopo il fallimento del tentativo di raccordare le istanze socialrivoluzionarie della Rsi e quelle del Pci, Del Massa continuò a collaborare con riviste storiche del neofascismo – o post fascismo – italiane come Lo Specchio e Il Conciliatore, supplemento di Il Borghese. Negli ultimi anni della sua vita ritornò allo studio delle scienze spiritualiste, non si iscrisse mai alla Massoneria, sebbene sollecitato, anche durante il fascismo, rimase sempre coerente con le sue idee senza rinnegarne nessuna. Studia l’antroposofia, pratica lo yoga, medita sul Tao, scruta le stelle, lui astrologo, rilegge Lao Tse. Un grande italiano, dimenticato dalla sua patria alla quale dette tutto. Molti suoi scritti sono oggi conservati dalla Fondazione Ugo Spirito. Ci parlano brevemente di lui relativamente alla sua opera nella Rsi Giuseppe Parlato in Fascisti senza Mussolini (Il Mulino 2007), e Angelo Iacovella in Quel giorno che confucio….Ezra Pond e Aniceto Del Massa: pagine ritrovate, (in «Atrium» – Centro Studi Metafisici e tradizionali, Anno II, n.1). Lo stesso Iacovella ha anche curato per le edizioni La Finestra le sue Pagine esoteriche.