Governo dell’Uttar Pradesh: giro di vite sui radicali indù contrari al Natale

Fonte: http://www.asianews.it/notizie-it/Governo-dell%E2%80%99Uttar-Pradesh:-giro-di-vite-sui-radicali-ind%C3%B9-contrari-al-Natale-42655.html

Agra (AsiaNews/Agenzie) – Il governo dell’Uttar Pradesh annuncia un giro di vite contro il gruppo radicale indù che aveva minacciato di rovinare le celebrazioni del Natale nelle scuole cattoliche. L’amministrazione del distretto di Agra ha chiesto all’Hindu Jagrant Manch (gruppo di vigilanti indù) di sottoscrivere una fideiussione di un milione di rupie e presentare una dichiarazione in cui assicura che i suoi attivisti non si macchieranno di alcun atto di disturbo ai danni delle scuole.

La presa di posizione arriva all’indomani di una telefonata tra Rajnath Singh, ministro dell’Interno federale, e Yogi Adityanath, chief minister dello Stato in questione. La conversazione è avvenuta alla presenza di una delegazione cattolica guidata dal card. Baselios Cleemis, presidente della Conferenza episcopale indiana, che due giorni fa ha lamentato al ministro le preoccupanti discriminazioni che i cristiani indiani stanno subendo durante questo periodo di Natale.

L’episodio che ha suscitato più apprensione è stato l’arresto e la detenzione di 30 seminaristi e due sacerdoti cattolici a Satna, in Madhya Pradesh, impegnati nei villaggi con canti di Natale. Nel caso specifico dell’Uttar Pradesh, questa settimana l’Hindu Jagrant Manch, una fazione giovanile di estrema destra legata ad Adityanath, ha lanciato un avvertimento alle scuole cattoliche di Aligarh: non celebrare il Natale perché “induce” alla conversione dei bambini. Per ritorsione, nel caso in cui qualche istituto avesse osato infrangere il divieto, i fondamentalisti minacciavano sit-in di protesta.

Anand Kumar, direttore generale aggiunto, ha dichiarato a Times of India: “Abbiamo ordinato a tutti i capi di polizia distrettuale dello Stato di assicurare che la libertà di praticare la propria religione, così come sancita dalla Costituzione, sia protetta a tutti i costi e azioni adeguate siano adottate nel caso in cui qualcuno tenti di violarla”.

Omicidio di Berta Cáceres: investigazione indipendente rivela i colpevoli

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/it/popoli-indigeni/4348-omicidio-di-berta-c%C3%A1ceres-investigazione-indipendente-rivela-i-colpevoli.html

Chi si nasconde dietro l’omicidio di Berta Cáceres, il leader indigeno che s batteva contro la diga che avrebbe distrutto un’intero bacino fluviale in Honduras? Dopo venti mesi di inconcludenti indagini ufficiale, è un’associazione indipendente a rivelare i mandanti;  il Grupo Asesor Internacional de Personas Expertas (GAIPE), ha raccolto  documenti di pubblico dominio, intercettazioni telefoniche, email e fotografie, provano l’oscura trama che ha portato all’omicidio, la cui pianificazione è iniziata nel novembre 2015. L’impresa che sviluppa la diga di Agua Zarca, DESA, risulta tra i principali mandanti, con la coperta del governo dell’Honduras e il silenzio complice delle banche che finanziavano il progetto.
1. L’impresa: DESA
“Ho investito un sacco di soldi e capitale politico per ottenere questi tre mandati di cattura”. – scriveva nel 2013  un dirigente della DESA, riferendosi ai tentativi di arrestare Berta e altri due attivisti indigeni.
Il progetto della diga di Agua Zarca, approvato dai funzionari honduregni nel 2013, è una mega-diga multimilionaria che minaccia la sopravvivenza della comunità indigena Lenca e la salute del fiume Gualcarque. Berta e la sua organizzazione COPINH (il Consiglio civico delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras) erano i suoi principali oppositori.
L’indagine del GAIPE ha rivelato che la DESA schierava forze di sicurezza private, sicari assoldati e influenzava le forze dell’ordine per neutralizzare Berta e altri attivisti indigeni che si opponevano alla diga di Agua Zarca.

2. Il governo
“Ho richiesto l’aiuto del commissario … e ha promesso il suo sostegno. Condividerà i dettagli dell’omicidio con me e ha suggerito di rilasciare una dichiarazione di dissociazione dall’evento. “- scrive un dirigente della DESA 14 ore dopo l’omicidio di Berta.
L’inchiesta riporta anche frequenti incontri tra dirigenti e partner DESA, autorità governative dell’Honduras e forze di sicurezza già nel 2012. Questi incontri hanno aperto la porta degli uffici di polizia e dell’esercito ai dirigenti della DESA, per gestire assieme la repressione degli indigeni che si opponevano alla diga di Agua Zarca.
Il Ministero della sicurezza nazionale dell’Honduras ha svolto un duplice ruolo, fornendo protezione al quartier generale del progetto di Agua Zarca e ai suoi dirigenti, e negandola a Berta, anche dopo che aveva ricevuto minacce di morte.

3. Le banche
La DESA non aveva abbastanza fondi per completare la costruzione della diga di Agua Zarca, e si è rivolta a banche come Banca centroamericana per l’integrazione economica, la banca olandese di sviluppo e il Fondo finlandese per la cooperazione industriale (Finnfund). Queste istituzioni hanno chiuso un occhio sulla sua strategia mesa in capo per reprimere Berta e altri attivisti.
Gli attivisti in Honduras ritengono che queste banche abbiano informazioni preziose sull’assassinio di Berta che non hanno ancora reso disponibili agli investigatori.

Grecia, oltre 500.000 lavoratori poveri: “Il mio stipendio basta appena per mangiare”

Fonte: http://vocidallestero.it/2017/11/21/grecia-oltre-500-000-lavoratori-poveri-il-mio-stipendio-basta-appena-per-mangiare/
Fonte: Rododak – novembre 21, 2017

Introdotta, a parole, per combattere la disoccupazione giovanile, la liberalizzazione del mercato del lavoro (leggi: distruzione dei diritti dei lavoratori) ha portato in Grecia all’emergere prepotente di una nuova classe: quella dei lavoratori poveri, più spesso giovani, che ricevono stipendi semplicemente insufficienti per vivere. Lo riporta il blog Keep Talking Greece, facendo riferimento a un’inchiesta uscita sul settimanale tedesco Der Spiegel.

In Grecia più di mezzo milione di lavoratori guadagnano così poco che riescono appena a sfamarsi. Sono dati terribili, che ci toccano in tutti i sensi: perché se Atene piange, Roma non ride. Il recente rapporto Caritas presentato pochi giorni fa alla stampa estera denuncia infatti come non solo la povertà in Italia sia in aumento, ma le persone più penalizzate siano proprio i giovani. Nel nostro Paese un giovane su dieci vive in uno stato di povertà assoluta; nel 2007 era appena uno su 50. Ma non è tutto qui. Anche in Italia cresce drammaticamente il numero dei poveri non disoccupati: nella categoria “operaio e assimilato” l’incidenza della povertà è oggi pari al 12,6%, mentre negli anni pre-crisi si attestava appena all’1,7%. Come i nostri lettori ben sanno, se i Paesi non possono recuperare competitività svalutando la propria moneta (come Italia e Grecia, stretti nel cappio dell’euro), hanno l’unica strada di abbattere il costo del lavoro. E quella che chiamano competitività, è infatti la conclusione di questo articolo. Sì, competere contro la propria stessa sopravvivenza. 

Di Keep Talking Greece, 4 novembre 2017

Le riforme hanno gravi effetti collaterali. Dalla crisi economica in Grecia è emersa una nuova classe sociale: i lavoratori poveri. Donne e uomini istruiti, per lo più laureati, che devono adattarsi a lavori sottopagati.
lavoratori poveri sono lavoratori che hanno redditi inferiori a una determinata soglia di povertà.
In una inchiesta esclusiva, il settimanale tedesco Der Spiegel riporta, tra le altre storie di lavoratori poveri in Grecia, anche quella di Stelina Antoniou, di 24 anni, laureata, impiegata come barista al Royal Theatre di Salonicco. Lavora tre giorni alla settimana, con turni che spesso arrivano fino alle 12 ore filate, e guadagna 240 euro netti al mese.

“Almeno non devo pensare a come spendere i soldi che guadagno – dice – bastano giusto per mettere qualcosa in tavola”.

Ha studiato Lingua e Letteratura greca, ma dal momento che le assunzioni di insegnanti nelle scuole greche sono state sospese “l’unico lavoro che ho trovato è stato in questo ristorante. Questo è il lavoro e lo stipendio che ti viene offerto in Grecia al giorno d’oggi, se hai meno di 25 anni”.

Stelina condivide un appartamento con un’amica di 22 anni che guadagna uno stipendio simile lavorando come domestica. Le due mettono insieme i loro soldi e come prima cosa pensano a pagare le bollette. La loro priorità principale è la bolletta del riscaldamento.

Questa giovane donna greca appartiene a un gruppo sociale che negli ultimi anni è esploso con una forza senza paragoni: i cosiddetti “lavoratori poveri”.Un terzo dei lavoratori del settore privato ora guadagna così poco che lo stipendio non è sufficiente per sopravvivere, e si tratta di più di mezzo milione di persone. Per il loro lavoro sono pagati meno di 376 euro al mese, ovvero meno del 60 per cento del salario medio. Quasi il 9 per cento dei dipendenti deve accontentarsi di meno di 200 euro. Il rischio di ritrovarsi poveri pur avendo un lavoro stabile in Grecia è più alto che in qualsiasi altro paese dell’Unione Europea.

Ma anche le persone che guadagnano un po’ di più affrontano difficoltà sempre maggiori, perché il costo della vita negli ultimi anni è aumentato significativamente. A titolo di confronto, a Berlino, i prezzi dei beni destinati al consumo quotidiano sono più alti solo del 14,5% di quelli di Atene, mentre il potere d’acquisto nella capitale tedesca è del 117% più alto.È lo Stato che ha contribuito all’aumento dei costi, grazie alle riforme: le scappatoie fiscali sono state chiuse, l’Iva è aumentata e lo stesso hanno fatto le tasse sull’acquisto di terreni.

Un’altra causa che ha portato a queste conseguenze è la liberalizzazione del mercato del lavoro, che i creditori della Grecia hanno ripetutamente sollecitato dall’inizio della crisi finanziaria. Da allora, il Parlamento ha approvato tutta una serie di leggi che hanno attenuato in modo significativo le protezioni dei lavoratori. E intanto sono in programma ulteriori leggi sul lavoro, presto il Parlamento dovrà votare un giro di vite su diritto di sciopero e di riunione.Il problema è che la liberalizzazione ha avuto spesso l’effetto opposto a quello cercato. Ad esempio, la legislazione aveva abbassato il salario minimo del 22 per cento, portandolo a 586 euro, mentre la soglia era ancora più bassa per chi aveva meno di 25 anni.

Questo, si sperava (o forse si diceva di sperare, NdVdE), avrebbe contrastato la disoccupazione giovanile, che in Grecia raggiunge un picco senza confronti nell’UE. Il risultato: nel 2016 il 47% dei giovani sotto i 25 anni era disoccupato. Allo stesso tempo, è emersa una classe di lavoratori che tollera qualsiasi trattamento, perché consapevoli che se proveranno a lottare per i propri diritti saranno rapidamente sostituiti. Due esempi.

Addetto alle consegne, 30 anni, lavora per 4 euro all’ora 36 ore alla settimana, domenica e festivi senza straordinari. Il carburante e la manutenzione del motorino sono a suo carico.

Impiegato in un fast food, 30 anni, lavora a tempo pieno 40 ore a settimana. Guadagno netto 490 euro al mese. Nessuno straordinario, nessun bonus per Natale né per le festività, benché obbligatori per legge.

Le possibilità dei datori di lavoro, d’altra parte, sono aumentate. Possono rifiutarsi di pagare il lavoro straordinario e le ferie. Non devono temere alcuna conseguenza se registrano dipendenti a tempo pieno come part time per risparmiare sui contributi sociali, solo per citare alcuni esempi.

Le ristrettezze materiali non sono l’unico problema. La condizione dei lavoratori poveri impedisce anche a molti, benché lavorino, di vivere una vita autodeterminata. Molti non hanno altra scelta che continuare a vivere nella stanza dei bambini della casa dei genitori – senza alcuna prospettiva di avere una propria famiglia.

E benché le persone coinvolte siano in così grande numero, difficilmente riescono a trovare spazio nella percezione pubblica. Compaiono nelle statistiche, di tanto in tanto un articolo sulla stampa crea un certo scalpore, oppure qualche politico li difende, promettendo loro qualche miglioramento per farsi votare.

Ma da parte dei “lavoratori poveri” non arriva alcun grido forte di protesta, perché questo ridurrebbe anche le possibilità di ottenere un lavoro sottopagato. E un lavoro mal pagato è comunque meglio di nessun lavoro.
P.S. Il grido di protesta forse si alzerà quando i lavoratori poveri della Grecia arriveranno all’età in cui ci si deve fare la propria famiglia. Oppure seguiranno il percorso dei loro amici e migreranno all’estero. O magari la crisi sarà finita. Ma, ancora, anche se la crisi sarà finita, i salari rimarranno bassi. Christine Lagarde del FMI la definì “competitività”. Essere competitivi contro la propria stessa sopravvivenza.

Calvizie, perché i capelli cadono e cosa si può fare

Fonte: http://www.italiasalute.it/copertina.asp?Articolo_ID=10858

Un colpo di spazzola davanti allo specchio e l’amara sorpresa. Due, tre capelli se ne sono andati, insieme probabilmente a un pezzetto della nostra autostima.
Ma perché la caduta dei capelli è così frequente, tanto da portare spesso a una condizione di conclamata calvizie?
Innanzitutto, è bene sapere che ogni capello percorre un ciclo vitale ben definito e diviso in tre fasi: la prima di crescita, la seconda di riposo e la terza caratterizzata dalla caduta. È quindi del tutto normale che i capelli cadano. In alcuni (tanti) casi, però, il numero di capelli caduti durante il giorno diventa significativo. Perché?
Per vari fattori, fra i quali il sesso a cui si appartiene è il più evidente: le donne, infatti, beneficiano in questo caso di un vantaggio rispetto agli uomini che, nell’80% dei casi, sperimenteranno nel corso della vita il fenomeno dell’alopecia.
Altri fattori influenzano la caduta:

– la stagionalità: come noto, in primavera e soprattutto in autunno i capelli tendono a cadere in misura maggiore;
– il lavaggio e l’acconciatura: lavare e pettinare i capelli possono sembrare attività del tutto normali, ma il nostro cuoio capelluto non le apprezza granché, soffrendone gli effetti traumatici che facilitano il distacco dei capelli;
– le condizioni di salute: alcune malattie e il conseguente utilizzo dei farmaci aumentano il rischio di caduta dei capelli. L’esempio più noto in questo senso è il cancro.
– ragioni genetiche: molto semplicemente, ci sono soggetti maggiormente predisposti alla calvizie rispetto ad altri. Di questo devono “ringraziare” il Dna paterno o materno.
– la densità dei capelli: paradossalmente, più capelli si hanno in gioventù, maggiore sarà la caduta.

Secondo una recente ricerca, inoltre, la responsabilità della caduta dei capelli andrebbe attribuita in buona parte a una proteina, la Prostaglandina D2.
Il team dell’Università della Pennsylvania guidato da George Cotsarelis ha scoperto che nelle aree della cute prive di capelli delle persone che soffrono di calvizie la proteina Prostaglandina D2 (PGD2) è presente in percentuali molto più alte del normale. La molecola produrrebbe il suo effetto negativo attraverso l’azione del recettore GPR44. Alcuni farmaci sono già in sperimentazione per tentare di bloccare questo interruttore molecolare, ma in relazione ad altre patologie, come l’asma. In questo caso, i principi attivi potrebbero essere sperimentati in maniera più rapida per cercare una risposta al problema della calvizie.
Esistono in ogni caso diverse forme di calvizie. Quella più comune è nota sotto il nome di alopecia androgenetica (AGA).
L’AGA è una progressiva miniaturizzazione non cicatriziale del follicolo pilifero con una distribuzione secondo uno schema caratteristico negli uomini e nelle donne. Solitamente nel maschio la gravità della calvizie aumenta con l’età. L’AGA ha un tratto genetico androgeno-dipendente che determina, in base alla progressiva miniaturizzazione dei follicoli dei capelli, un’aumentata densità dei recettori degli androgeni con un aumento dell’attività della 5 alfa-reduttasi di tipo II, pur risultando i livelli di ormoni circolanti nel range della normalità.
L’AGA femminile ad esordio precoce e tardivo è molto probabile che rappresenti un’entità geneticamente distinta.
Da un punto di vista clinico, negli uomini l’AGA colpisce maggiormente la zona fronto-temporale e il vertice secondo il modello della scala di Hamilton-Norwood, mentre nelle donne si ha un assottigliamento diffuso della corona con mantenimento dell’attaccatura frontale. Nella donna inoltre si possono evidenziare essenzialmente 3 forme di perdita di capelli: una diffusa con assottigliamento della corona frontale e attaccatura conservata; un’altra che si mostra con un assottigliamento e ampliamento della parte centrale del cuoio capelluto; una terza forma in cui è presente un diradamento associato a recessione bitemporale.
I sintomi precoci di AGA possono essere il prurito e la tricodinia (dolore al cuoio capelluto); è importante sapere fare una diagnosi differenziale con la carenza di ferro, che spesso determina perdita diffusa di capelli nelle donne, o altre cause quali le infezioni gravi o le disfunzioni tiroidee.
In media, si può stabilire accettabile una perdita giornaliera di capelli variabile fra i 60 e i 100. Nel caso in cui abbiate l’impressione che questo numero sia troppo basso rispetto al vostro caso, è bene rivolgersi immediatamente a un esperto, ovvero il tricologo.
Farsi visitare dal tricologo è fondamentale anche in giovane età, prima che si manifestino i primi segni di diradamento.
Come per ogni malattia o disturbo, anche in questo caso è necessaria la prevenzione. Pertanto, è bene adottare alcune buone abitudini per ridurre al minimo il rischio di calvizie:

– mangiare in maniera equilibrata, evitando le diete drastiche;
– non fumare ed evitare quanto più possibile anche il fumo passivo;
– proteggere i capelli dal sole e dalle lampade abbronzanti.

Sono tanti i rimedi proposti per eliminare la calvizie o per ridurne la portata. Fra i prodotti di prima linea, va presa in considerazione la vasta gamma offerta da Bioscalin, che copre ogni esigenza, dagli integratori allo shampoo fino alle fiale anticaduta.
Quando il problema è più marcato, ci si rivolge invece a farmaci che inducono una stimolazione del processo di produzione pilifera o si basano sull’inibizione di determinati enzimi. Nei casi in cui la caratteristica fondamentale è rappresentata dall’irreversibilità della condizione, l’unica opzione possibile rimane il trapianto di capelli.
Negli ultimi anni sembra affacciarsi anche una nuova possibilità terapeutica rappresentata dall’utilizzo delle cellule staminali. Un team di ricercatori francesi ha scoperto che il problema è dato dalla condizione “dormiente” dei follicoli, che può essere superata appunto dall’uso delle staminali.
Nello specifico, gli scienziati hanno individuato due riserve di cellule staminali che spingono i follicoli a creare nuovi capelli: la prima si trova sulla superficie epidermica, la seconda negli strati inferiori, in profondità.
Queste ultime cellule – denominate CD34+ – vivono in un ambiente poco ossigenato, il che consente loro di mantenersi in buona salute. I ricercatori ipotizzano che chi soffre di calvizie accusi infatti un’alterazione dei livelli di ossigenazione di queste cellule staminali.

DRAGHI BCE: VA TUTTO BENE!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2017/12/15/draghi-bce-va-tutto-bene-siamo-felici-di-perdere-soldi/

Ieri Mario Draghi nella conferenza stampa di fine anno, ha detto che la BCE non ha discusso dell’eventualità di slegare il QE dall’andamento dell’inflazione.

Se qualcuno lo conosce, visto che ieri ha anche detto che il rischio deflazione è completamente scomparso, li dica che la deflazione da debiti è ancora qui più viva che mai, lo chieda a quelli di Steinhoff di cui parleremo a breve, ma soprattutto li ricordi che il QE è una bomba deflattiva, più sommergono il mercato di liquidità è più la velocità di circolazione della moneta implode…

La Bce mantiene i tassi di interesse invariati, destinati a rimanere ai livelli attuali . «Permane la necessità di un ampio grado di stimolo monetario affinché le spinte inflazionistiche continuino ad accumularsi e per sostenere la dinamica dell’inflazione complessiva nel medio periodo», lo ha detto il presidente della Banca Centrale europea, Mario Draghi nell’atteso discorso, l’ultimo dell’anno da Francoforte. Il vertice della Bce ha quindi confermato le attese del mercato che non si aspettava variazioni al rialzo. Ma ha confermato anche che la Bce si sta muovendo lungo un percorso molto diverso da quello tracciato dalla Federal Reserve che ieri ha avviato un’altra stretta sui tassi cui ne dovrebbero seguire altre tre lungo tutto il 2018.

Comprate euro mi raccomando…

«La vasta maggioranza dei governatori e’ d’accordo nel mantenere le caratteristiche di “apertura” del programma di acquisti di bond», ha spiegato Draghi chiarendo che il Qe potrebbe essere esteso oltre settembre 2018. «Il perdurare del sostegno monetario — ha aggiunto Draghi — deriva dagli ulteriori acquisti netti di attività, dalle notevoli consistenze acquistate e dai prossimi reinvestimenti, nonché dalle nostre indicazioni prospettiche sui tassi di interesse». La Bce stima per la prima volta l’inflazione dell’Eurozona per il 2020, facendo sapere che sarà dell’1,7%, sotto il target del 2%. Nel 2017 l’inflazione è confermata all’1,5%, nel 2018 è rialzata dall’1,2% all’1,4% e nel 2019 è confermata all’1,5%. Insomma, la fotografia è di un contesto che necessita ancora gli interventi dell’Eurotower. Anche se i dati più recenti, che mostrano «un forte slancio ciclico», consentono di avere «una maggiore fiducia» rispetto alla risalita dell’inflazione. «Siamo più fiduciosi di due mesi fa sul conseguimento dei target. Il vero problema è quanto è forte la velocità di convergenza» verso l’obiettivo del 2%», ha osservato Draghi.

Draghi: «Tassi invariati a lungo. La crescita in Europa è più forte»

Quindi va talmente bene che di rincaro di salari non vi è traccia e le prospettive sono quelle di raggiungere l’1,7% sull’inflazione solo nel 2020, quando Mariuccio non ci sarà più!

Ovviamente il Mario, come la Gianna in America, non vedono alcun rischio per la stabilità finanziaria, su Steinhoff ha detto che il loro obiettivo non è fare profitti o evitare perdite.

Bce, Draghi su bond Steinhoff: nostro obiettivo non è fare profitti o evitare perdite 

Sul caso dei bond Steinhoff, che hanno perso terreno sulla scia dello scandalo contabile che ha travolto la società, Mario Draghi ha affermato che le indiscrezioni relative alle “perdite” che la Bce avrebbe sofferto a causa della sua esposizione verso le obbligazioni “sono state esagerate”.

Draghi ha ammesso che la Bce ha accusato una perdita, facendo notare tuttavia che i bond rappresentano solo una piccola frazione dei profitti che la banca centrale ha realizzato lo scorso anno.

E comunque, ha aggiunto il banchiere, “l’obiettivo (del programma di acquisto degli asset, che prevede anche l’acquisto di corporate bond), non è “né di riportare profitti né di evitare le perdite”.

E’ chiaro il concetto, la BCE se ne frega delle perdite, può comprare qualunque tipo di spazzatura, di titolo o asset spazzatura, tanto poi con un click cancella tutto. Ecco il motivo per il quale non ci siamo agitati tanto e non ne abbiamo parlato subito, cosa vuoi che siano 21 miliardi di bond spazzatura nascosti nel bilancio della BCE, secondo UBS, rispetto all’eternità!

Ma cosa è questa faccenda della Steinhoff, la vice IKEA, colosso che in Italia si nasconde dietro Canforama?

Le obbligazioni Steinhoff mettono la Bce nei guai – Avvenire

Scoppia lo scandalo Steinhoff International, colosso del mercato dell’arredamento nato in Sud Africa e diventato un gigante retail attivo in Australia, Europa e Stati Uniti. La società mercoledì ha avviato una indagine su presunte irregolarità contabili e l’ad Markus Jooste si è dimesso con effetto immediato. La notizia ha scatenato un crollo del valore delle azioni e dei bond. Ma soprattutto potrebbe avere ripercussioni pesanti sulla Banca centrale europea che ha acquistato il bond della divisione europea della società (la Steinhoff Europe AG con sede in Austria) la scorsa estate nell’ambito del suo programma di stimolo (il quantitative easing) all’economia europea. Un incauto acquisto che rischia di mettere in discussione tutta la politica della Bce. Il titolo è crollato sulla borsa di Francoforte, bruciando più di 7 miliardi di euro in un giorno. A rendere il collasso più clamoroso il fatto che queste obbligazioni sono state emesse appena sei mesi fa e con un rating investment-grade molto positivo. Il crollo dei corporate bond con scadenza nel 2025, torna ad alimentare diversi interrogativi sul piano con cui la Bce di Mario Draghi, oltre ad acquistare titoli di stato dei paesi membri dell’Eurozona, fa shopping di diverse obbligazioni societarie.Dai dati di UBS emerge che la Bce è il detentore numero uno di questi bond. Un funzionario della Banca centrale europea conferma che l’istituto detiene “alcuni” di questi bond, senza precisarne la quantità (il limite è comunque pari al 70% delle obbligazioni emesse). Li ha acquistati a luglio, il mese in cui è avvenuta l’emissione per un valore di 800 milioni di euro.

Quello che è importante è che dopo il discorso ottimista di Draghi le borse europee hanno festeggiato, la nostra in particolare…

… che in due giorni ha perso oltre il 3,5 %, sarà per le preoccupazioni della Boschi o forse perché Vegas, il capo della Consob, l’ha invitata a casa sua di buona mattina? ;-)

Ieri gli psicopatici di Wall Street si sono presi un piccolo spavento a pesare sono state le rinnovate preoccupazioni sull’approvazione della riforma fiscale al Senato.

Il repubblicano Marco Rubio vuole maggiori sgravi all’infanzia altrimenti voterà contro; un altro paio di senatori del Gop sono incerti. Al voto, atteso la settimana prossima, potrebbe assentarsi il collega John McCain, in ospedale. Soltanto ieri i listini avevano brindato all’accordo di principio trovato dai legislatori conservatori per uniformare le bozze della legislazione di Camera e Senato.

Simpaticoni, proprio ora che il consumatore americano erodendo risparmi e facendo debiti ovunque continua a sostenere l’economia facendo salire i consumi.

Nel frattempo in Cina corrono ai ripari seguendo la FED in attesa della guerra commerciale che verrà…

Cina, la banca centrale alza a sorpresa i tassi 

Il discorso di Draghi ha di nuovo indebolito l’euro, in America la curva dei tassi continua sempre più ad appiattirsi e i nostri tesorucci si sono girati al rialzo, senza fretta.

Una interessante novità attende gli amici di Machiavelli nel prossimo manoscritto “EPIC MOMENT” Outlook 2018 in uscita nelle prossime settimane.

Unità 731

Autrice: Rossana Carne
Fonte: https://www.ibs.it/unita-731-libro-generic-contributors/e/9788867650088

Editore: IGS
Anno edizione:2014
Pagine:72 p., Brossura
  • EAN: 9788867650088

Non solo la Germania nazista si macchiò di gravi crimini contro l’umanità nella seconda Guerra Mondiale. Anche il Giappone dell’imperatore Hirohito si distinse per l’efferatezza dei propri crimini, e per la crudeltà con la quale alcune unità militari operarono in gran parte dell’Asia orientale e meridionale. Tra queste, il caso probabilmente più eclatante è stato quello dell’Unità 731, creata in Cina dall’Esercito Imperiale Giapponese, con lo scopo di sperimentare su cavie umane batteri letali utili in guerra contro gli eserciti nemici durante la Guerra dei Quindici Anni. Per comprendere il significato di questo orrore, è necessario conoscere la storia del creatore di questa “fabbrica” di morte, Ishii Shiro, sedicente scienziato animato dal sogno tanto oscuro quanto perverso di sperimentare sugli inermi i batteri più letali. Ma la storia dell’Unità 731 non è terminata con la fine della guerra, come questo libro ci svela.

Esposto al pubblico Little Foot, l’hominine più completo al mondo

Fonte: Science Alert 
Università di Witwatersrand 
Fonte e traduzione: https://ilfattostorico.com/2017/12/07/esposto-al-pubblico-little-foot-lhominine-piu-completo-al-mondo/

Australopithecus prometheus Little Foot

Lo scheletro dell’Australopithecus prometheus “Little Foot” in mostra (AP)

Dopo 20 anni di pazienti e attenti scavi, è stato svelato al pubblico lo scheletro dell’hominine più completo al mondo, nonché il più antico mai trovato in Sud Africa – 3,67 milioni di anni fa. Il suo nome è Little Foot (“piccolo piede”) perché la sua scoperta era iniziata con quattro piccole ossa di un piede.

«È uno dei ritrovamenti fossili più straordinari mai fatti nella ricerca delle origini umane. È un privilegio poter rivelare oggi una scoperta di tale importanza», ha detto il paleontologo Ronald J. Clarke, che 20 anni fa ha scoperto lo scheletro.

Little Foot, identificato da Clarke come un Australopithecus prometheus, è ora esposto nell’Istituto di studi evoluzionistici dell’Università di Witwatersrand, a Johannesburg.

Il paleoantropologo Ron Clarke presenta Little Foot

Little Foot non è il più vecchio scheletro di hominine mai trovato – quell’onore va ad Ardi, vissuto in Etiopia 4,4 milioni di anni fa. Ma Little Foot è molto più completo di Ardi, e potrebbe fornire più informazioni: come si muovevano, come apparivano. L’analisi isotopica dello smalto dei denti fossilizzati potrebbe descrivere l’ambiente in cui viveva e il cibo che mangiava. Little Foot è relativamente piccola, alta circa 135 centimetri. La struttura pelvica, la faccia e i denti hanno determinato che lo scheletro era femminile. Si pensa che potesse essere una giovane ragazza che morì cadendo in una buca nelle caverne sottostanti. La sua sola presenza in quel sito suggerisce che gli hominini si fossero spinti in Africa più lontano di quanto si pensasse. È inoltre il primo scheletro che consente un confronto tra la lunghezza del braccio e della gamba in un singolo individuo. Le sue gambe erano più lunghe delle braccia, il che dimostra quanto fosse molto più simile agli uomini che alle scimmie antropomorfe. Camminava eretta e probabilmente viveva sugli alberi.

Lo scheletro fossilizzato era stato trovato nelle grotte di Sterkfontein non lontano da Johannesburg, più di 20 anni fa. Clarke fu avvertito della sua presenza nel 1994 grazie alle ossa dei piedi e delle gambe trovate dai minatori anni prima, ma fu solo nel 1997 che il resto dello scheletro fu trovato, nelle profondità della caverna. Il suo scavo è stato lento perché era incastrato in un tipo di roccia chiamata breccia; solo nel 2012 si finì di rimuovere i grossi blocchi di breccia dalla grotta. Nel frattempo, in un laboratorio, un gruppo di esperti aveva cominciato a togliere con cura la breccia dallo scheletro. «I miei assistenti e io abbiamo lavorato molto per pulire accuratamente le ossa dai blocchi di breccia e ricostruire lo scheletro completo», ha detto Clarke. Diversi ricercatori di tutto il mondo stanno attualmente studiando lo scheletro per saperne di più. I loro studi scientifici sono attesi nei prossimi anni.

(Daily Mail)

Ron Clarke davanti a Little Foot (Università di Witwatersrand)

(University of the Witwatersrand)

Nel 1997 i due assistenti di Clarke – Stephen Motsumi e Nkwane Molefe – riuscirono a trovare lo scheletro nelle grotte di Sterkfontein dopo due giorni di ricerche.

Diabete sconfitto da una dieta liquida

Scritto da: Andrea Piccoli
Fonte: http://www.italiasalute.it/3064/Diabete-sconfitto-da-dieta-liquida.html

Uno studio britannico ha dimostrato la validità di una dieta a base di liquidi per il trattamento del diabete di tipo 2. La sperimentazione dei ricercatori delle università di Newcastle e di Glasgow ha coinvolto 298 soggetti affetti da diabete, sottoponendoli per 5 mesi a un regime alimentare a base di frullati ipocalorici e minestre.
I dati apparsi su Lancet dimostrano che quasi la metà dei volontari ha ottenuto una riduzione del peso corporeo di 15 chili e una normalizzazione dei livelli di glicemia.
Durante la giornata, i soggetti dovevano consumare 4 pasti liquidi, basati su bustine da sciogliere in acqua che si trasformavano in minestre o frullati con un introito di circa 200 calorie e una corretta composizione dei nutrienti. Una volta perso peso, i dietologi britannici hanno reintrodotto i cibi solidi.
I dati indicano che il 46% dei pazienti è guarito dal diabete una percentuale che nel caso si fossero persi almeno 15 chili arrivava all’86%. I medici segnalano però il fatto che se si riprende peso, il diabete torna a colpire l’organismo.
Il grasso che si accumula attorno al pancreas, infatti, provoca stress cellulare e conseguente difficoltà nel controllo dei livelli di zucchero e nella produzione di insulina. Se si libera del grasso in eccesso, il pancreas ritorna a funzionare correttamente.

Source: il pannello solare che estrae acqua potabile dall’aria

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/04122017/source-pannello-solare-estrae-acqua-potabile-dallaria/11139

Potrebbero essere una straordinaria risposta ai problemi di carenza idrica così diffusi, specie nei paesi in via di sviluppo – ma non solo! Sono dei pannelli solari capaci di trasformare in acqua potabile il vapore acqueo sospeso nell’aria. Si chiama Source (che infatti significa “Fonte”) si e sono nati dalle ricerche della start-up statunitense Zero Mass Water, con sede presso la Arizona State University. Ciascun pannello solare può estrarre fino a 10 litri di acqua al giorno, che potrebbero essere sufficienti per coprire il fabbisogno di 4 persone. Tutto ciò grazie a uno speciale materiale messo a punto dall’azienda che riesce ad assorbire l’umidità dell’aria in maniera molto efficiente. In pratica l’energia prodotta dal pannello quando è colpito dalla luce solare viene utilizzata per far evaporare nuovamente l’acqua, eliminare le sostanze inquinanti e riportarla allo stato liquido. Se ne ricava una sorta di acqua distillata che viene ulteriormente filtrata attraverso vari strati di minerali (soprattutto calcio e magnesio) per diventare potabile e gradevole al palato. Si può prelevarla da un rubinetto.

I pannelli sono già disponibili per l’acquisto negli USA. Per ribattere ai dubbi di molti esperti l’azienda ha sottolineato in un recente comunicato ufficiale che i pannelli Source “funzionano in quasi ogni tipo di clima (anche quelli più secchi, come quello dell’Arizona, del resto) e quasi ogni giorno dell’anno”. L’investimento non è economico: un impianto standard con due pannelli costa circa 4000 dollari + 500 dollari per l’installazione – ed è concepito per durare almeno 10 anni. Questo si traduce in un costo di circa 1,23 dollari al giorno e tra i 12 e i 30 centesimi di dollaro per ogni litro di acqua prodotto.