La bandiera dei 4 mori e la Sardegna

Fonte: http://www.contusu.it/personaggi-e-storia/773

La bandiera sarda, inizialmente era legata alla Corona d’Aragona, e stava a rappresentare la Reconquista spagnola contro i Mori che occupavano buona parte della penisola Iberica, infatti è composta dalla croce di San Giorgio, simbolo pure dei crociati che combattevano gli stessi Mori in Terra Santa, e le quattro teste mozzate rappresentavano quattro importanti vittorie conseguite dai catalano-aragonesi in Spagna, rispettivamente la riconquista di Saragozza, Valencia, Murcia e le Baleari.

Successivamente divenne il simbolo del Regnum Sardiniae et Corsicae, infatti anche la bandiera corsa risale alla stessa epoca, e si impose poi in Sardegna con il passare del tempo. Da notare che il simbolo dei sardi che combattevano contro l’invasione catalano-aragonese era l’Albero sradicato della bandiera Arborense.
Quindi i sardi combatterono un esercito straniero che portava uno stemma che paradossalmente in futuro diventerà loro. È da notare però che è stato accettato dalla collettività in epoca recente, perché rappresentò per molto tempo l’invasore contro cui combattere, tanto che nei moti nel 1794 Giovanni Maria Angioy e i suoi sostenitori non lo utilizzarono come stemma della loro lotta antifeudale e indipendentista perché allora rappresentava il loro nemico, il Regno di Sardegna dei Savoia, e non dei sardi.
Nel 1921 venne fondato il Partito Sardo d’Azione, che riprese il tema dei quattro mori come proprio simbolo. Non è dato sapere le intime motivazioni che indusse Emilio Lussu a scegliere il quattro mori, anziché bandiere più “sarde”, come ad esempio lo stemma dell’albero sradicato del giudicato d’Arborea. È certo però che essa veniva interpretata dal popolo come l’icona dei quattro giudicati, di ciò abbiamo prova documentaria, paradossalmente, proprio da uno dei suoi detrattori più importanti, Antonio Era, professore dell’Università di Sassari e consigliere regionale, che il 19 giugno del 1950 nelle discussioni del consiglio regionale antecedenti le votazioni che decreteranno il quattro mori bandiera ufficiale della regione Sardegna, attaccò il vessillo con il famoso discorso:

« Badate che l’emblema dei Quattro Mori non rappresenta, come si dice, i quattro Giudicati in cui la Sardegna era divisa otto-novecento anni fa, quand’era libera e indipendente: si tratta di un errore di interpretazione storica, e dunque non è né ovvio né obbligatorio scegliere proprio questo stemma. Che è, sì, uno stemma popolare e ‘consacra la tradizione plurisecolare della Sardegna , come detto nell’ordine del giorno, ma non è quello stemma sardissimo come si è soliti immaginare »
(Antonio Era, Discorso al consiglio regionale, 1950).

Questo discorso, denunciò il fatto che la bandiera non fosse di origini sarde, ma è anche prova documentaria del sentimento popolare che leggeva in essa la storia giudicale. Del resto la storia giudicale nata successivamente la vittoria sui mori saraceni che permise la fondazione dei quattro giudicati, veniva per coincidenza perfettamente espressa dai quattro mori. Il motivo per cui queste tematiche fossero, e sono tutt’ora tanto a cuore ai sardi, al di la dell’eclatante vittoria sui mori, viene tramandato dallo stesso Antonio Era, “quand’era (la Sardegna) libera e indipendente”.

I giudicati furono la formazione dello stato indipendente sardo, l’unione del popolo, che permise di prosperare economicamente e culturalmente, affrancare la popolazione dalla servitù feudale, emettere importanti documenti come “sa carta de logu”, codice civile e penale sardo in vigore fino al 1827, e soprattutto i giudicati erano avanguardia: simili ai comuni, ma in anticipo di cinquecento anni sulla storia mondiale. Considerato l’omogeneità d’intenti con il Partito Sardo d’Azione, pur non potendo dimostrare l’intenzionalità di Lussu, è facile ritenere che non fosse dispiaciuto da tale lettura, la dimostrazione che la Sardegna aveva ragione d’esistere come stato indipendente erano proprio i giudicati. E quando nel 1999 la bandiera assunse la sua definitiva connotazione con la bandana sulla fronte per esattezza storica, alcune voci fuori dal coro sollevarono dubbi al riguardo, ritenendo che la bandiera sarda avesse un proprio significato araldico distante da quello aragonese, e che forse quella bandana sugli occhi era una personalizzazione, oltre che un mesmessaggio pieno di significato.

I delfini sono fenomeni della matematica?

Fonte:http://news.discovery.com/animals/dolphins-math-geniuses-120717.html   By Jennifer Viegas
Tradotto da: http://www.ditadifulmine.com

I delfini sono ormai considerati come alcune delle creature più intelligenti del pianeta: giocano con la fantasia, improvvisano, hanno dinamiche sociali molto complesse, e non sono esenti da emozioni piuttosto umane.

Una nuova ricerca sembra anche suggerire l’idea che i delfini siano dotati di un’abilità matematica ben superiore a quella in possesso a qualunque altro mammifero sociale intelligente.
L’idea di investigare sulla conoscenza della matematica dei delfini è stata del ricercatore Tim Leighton della University of Southampton, specializzato in acustica ultrasonica e acquatica, dopo aver osservato le tecniche di caccia dei delfini mostrate nel documentario “Blue Planet”. “Sono immediatamente rimasto affascinato, perchè sapevo che nessun sonar artificiale sarebbe stato in grado di operare in quell’acqua piena di bolle” spiega Leighton.
Una delle tecniche di caccia dei delfini, infatti, consiste nel produrre migliaia di piccole bolle d’aria attorno alla preda, per confonderla e dar modo al resto del branco di attaccarla. Il problema è che le bolle, oltre a confondere l’obiettivo della caccia, possono anche interferire con il sonar dei delfini, rendendolo quasi completamente inefficace.
“Questi delfini stavano accecando il loro apparato sensoriale più spettacolare durante la caccia, una cosa strana, anche se rimane loro il senso della vista su cui fare affidamento; oppure, sono dotati di un sonar che può fare ciò che i sonar artificiali non possono…forse possiedono qualche abilità straordinaria”.
Leighton ed il suo team hanno creato un modello computerizzato basato sulla tecnica di ecolocalizzazione utilizzata dai delfini, ma invece che utilizzare le tecniche standard per interpretare i dati ricevuti, hanno impiegato la matematica non lineare.
Curiosamente, sebbene la matematica coinvolta nel procedimento sia particolarmente complessa anche per un essere umano, questo metodo di analisi dei dati di ritorno del sonar sembra coincidere con quello utilizzato dai delfini per l’ecolocalizzazione.
Il sistema prevede l’invio di diversi impulsi sonar di varia intensità. “In questo modo, se il delfino potesse ricordare l’intensità degli impulsi e incrociare i due segnali, potrebbe rendere il pesce visibile al suo sonar [nonostante le bolle]” spiega Leighton. “E’ un sistema per migliorare il rilevamento”.
L’ecolocalizzazione non terminerebbe qui. “Le bolle causano falsi allarmi perchè si diffondono su vasta scala, e un delfino non può permettersi di sprecare energia inseguendo falsi bersagli mentre il pesce scappa”.
Il secondo passo dell’ ecolocalizzazione coinvolgerebbe la sottrazione di un eco sonar dall’altro, pulendo il segnale ricevuto. Il cervello dei delfini, quindi, ottiene un’immagine sonar delle bolle, interpreta il segnale per aggiungere le prede all’immagine, e rimuove le bolle dal quadro così ottenuto.
L’ipotesi di Leighton rimane, per ora, solo un’ipotesi. Per dimostrare che i delfini si servano della matematica non lineare per ecolocalizzare la preda occorre che i segnali emessi da questi mammiferi acquatici rientrino in certi parametri, e ad oggi non esiste alcun dato utile ad ottenere informazioni sull’intensità delle loro emissioni vocali in relazione all’attività sonar.
“Fino a quando non saranno eseguite misurazioni con delfini allo stato brado nel momento in cui cacciano in acque ricche di bolle, queste domande non avranno risposta. Abbiamo mostrato che non è impossibile distinguere il bersaglio in acque piene di bolle utilizzando lo stesso tipo di impulso sonar che usano i delfini”.
Questa nuova ipotesi sul funzionamento del sonar dei delfini potrebbe contribuire a migliorare i sonar artificiali utilizzati dall’uomo: si potrebbe dotare i sonar della capacità di rilevare oggetti nascosti dietro ad un muro di pietra, o migliorare sensibilmente le tecniche di rilevamento delle mine marine. “Attualmente, la Marina impiega i delfini, o sommozzatori che devono utilizzare il tatto [e non la vista] in condizioni di scarsa visibilità”.
Ricerche precedenti a questa avevano già dimostrato come i delfini fossero in possesso di abilità matematiche per nulla comuni: ad esempio, possono riconoscere e ordinare sequenze numeriche in modo più efficace rispetto ad alcune specie naturalmente portate per la matematica, come gli scimpanzè e i pappagalli.

Il vero fallimento spagnolo? Quello della società dei consumi

Scritto da. Luca Aterini
Fonte: http://greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=16969

Colpita e affondata. Il ministro spagnolo del Bilancio, Cristobal Montoro, scopre le carte sul tavolo e annuncia ufficialmente che «la Spagna non ha un soldo in cassa per pagare i servizi pubblici. Se la Bce avesse comprato i titoli di stato il Paese sarebbe fallito». Fuori dal paese iberico, subito c’è chi si affretta a commentare che la situazione è grave, ma non poi così tanto come sembra: si tratta di una spallata per tentare di fiaccare le ostinate resistenze dell’inflessibile Germania? Gli spagnoli non sembrano pensarla così, e la rabbia monta ancora, misto a senso d’impotenza.

«Il consumo è l’arma più potente che abbiamo, e paralizzandolo i cittadini possono dare una risposta forte all’aggressione alla nostra economia da parte del governo». Ruben Sanchez, il portavoce di Facua-Consumatori in azione, un’importante organizzazione non governativa, ha chiamato i cittadini a boicottare i consumi per tutta la giornata di ieri. Dal primo settembre l’Iva salirà di tre punti, al 21%, e ieri è scattata l’iniziativa di protesta: «Bisogna ribellarsi contro una mossa pericolosa per l’economia spagnola – continua Sanchez – che mina gli interessi dei consumatori e delle imprese e avrà lo stesso effetto di un taglio dei salari, dell’indennità di disoccupazione, delle pensioni». Facua chiama il provvedimento «la grande bugia del governo», e inanella in un manifesto i 21 motivi che tacciano come assurdo l’aumento dell’Iva, lo ritengono «l’ultima goccia per molte aziende di questo Paese»,  ma senza una ripresa dei consumi queste saranno costrette a chiudere, con nuovi disoccupati. Un circolo vizioso dal quale è difficile uscire.

«Fioriscono in rete appelli al razionamento – racconta Concita De Gregorio nel suo reportage per La Repubblica – al boicottaggio dei consumi per contrastare l’aumento dell’Iva. Un decalogo diffusissimo inizia così: “quando vuoi comprare qualcosa chiediti se è realmente necessario o se può aspettare. Non consumare energia: usa le scale per scendere e se puoi anche per salire. Spegni le luci, la sera usa le candele. Limita l’uso di tv e computer: gioca a carte, leggi libri”». È la decrescita infelice, quella imposta e non voluta.

Perché i consumi caleranno di per sé senza necessità di farli “decrescere”. Il ministro spagnolo del Bilancio ha avuto il coraggio di ammettere quel che tutti sapevano: i vertici politici avranno mai il coraggio di fare lo stesso con la ripresa dei consumi? Non c’è sviluppo, e ovviamente non c’è sostenibilità, in una crescita materiale esclusiva (soltanto materiale, e solo per pochi, quelli che ancora potranno permettersela, a scapito di tutti gli altri). La sovracapacità produttiva è una causa delle crisi, non una sua conseguenza, e non voler riconoscere questa realtà porta al galleggiamento dei disoccupati tra un sussidio e la disperazione.

Riconoscere pubblicamente che il pre-crisi non solo non ci appartiene più, ma nemmeno ci apparterrà in futuro, significa iniziare e programmare un nuovo modo di produrre (e dunque consumare), attento ai flussi di materia ed energia in circolo nel nostro sistema economico, come alle loro ricadute ed interrelazioni con la società e l’ecosistema al quale appartengono. Un serio confronto ancora non è iniziato, ed eccoci fermi alle proteste sparse che indicano un disagio, ma per loro natura non possono offrire risposte organiche. E se non è la democrazia a muoversi, lo stiamo vedendo, ci pensano i mercati.

In una società votata al consumo, se non acquisti non esisti. Chi non si adegua alla religione del consumo è fuori da ogni metrica del buon cittadino-consumatore, ma ci sarà un risvolto positivo della crisi solo se questa porterà all’estinzione di questa nuova specie: l’homo consumer che ha sopravanzato l’homo sapiente.

Stallo in Consiglio Onu sulla Siria, verso veto di Russia e Cina

Fonte: http://www.tmnews.it/web/sezioni/top10/20120718_074329.shtml

Mosca e Pechino contrarie a risoluzione occidentale su sanzioni.

Non si sblocca il negoziato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla risoluzione presentata dagli occidentali che minaccia nuove sanzioni contro il regime di Damasco. La Russia ha già annunciato che opporrà il suo diritto di veto e numerose fonti diplomatiche si attendono che anche la Cina faccia altrettanto. “Andiamo verso un doppio veto russo e cinese”, ha confermato un diplomatico occidentale, secondo il quale Mosca non riuscirà comunque a raccogliere il consenso di nove dei 15 paesi membri del Consiglio necessario per l’approvazione della sua bozza di risoluzione. Quest’ultima prevede il rinnovo del mandato degli Osservatori Onu in Siria, in scadenza il prossimo 20 luglio, ma non fa riferimento ad alcuna sanzione contro il regime di Damasco.

La bozza presentata da europei (Francia, Germania, Regno Unito, Portogallo) e Stati Uniti minaccia il regime siriano di sanzioni economiche se non ritirerà le armi pesanti impiegate contro l’opposizione e assicura l’estensione della missione degli osservatori Onu in Siria (Misnus) per altri 45 giorni. Dell’argomento avranno discusso quasi certamente, questa mattina, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e il presidente cinese Hu Jintao: ma nessuno dei due ha parlato alla stampa della questione siriana dopo il loro incontro.

Da parte sua, la Russia ha presentato una propria bozza di risoluzione che prolunga la missione di osservazione dell’Onu per altri tre mesi ma non parla di sanzioni. I russi hanno leggermente emendato la bozza ieri, ma non al punto di sbloccare l’impasse. Il Consiglio dovrà pronunciarsi entro il 20 luglio, in caso contrario i 300 osservatori internazionali dispiegati in Siria dovranno lasciare il paese. Per evitare questa soluzione estrema, il Consiglio di Sicurezza potrebbe decidere un rinnovo “tecnico” per i prossimi 30 giorni, in modo da “non uccidere la missione”, ha riferito una fonte diplomatica.

Una roadmap per E-ELT

Scritto da:  Monica Nardone
Fonte: http://www.media.inaf.it/2012/07/18/una-road-map-per-e-elt/

Messa a punto la road map per la realizzazione del più grande telescopio mai realizzato, lo Europena Extremely Large Telescope dell’ESO. A presiedere il comitato Giuseppe Bono, dell’Università di Tor Vergata e associato INAF

È stata messa a punto la roadmap per lo sviluppo tecnologico del telescopio più grande del mondo, l’European Extremely Large Telescope (E-Elt) dell’Organizzazione europea per le ricerche astronomiche nell’emisfero meridionale (ESO). La roadmap è stata definita dal comitato scientifico del progetto (E-Elt Project Science Team), che si è riunito in questi giorni. Il progetto prevede la realizzazione, sulle Ande cilene, di un telescopio con uno specchio primario del diametro di 39,3 metri composto da 800 specchi esagonali del diametro di 1,45 metri e di cinque specchi secondari. “Possiamo definire questo telescopio l’ottava meraviglia del mondo, per tutte le sfide tecnologiche che comporta” ha osservato il presidente del Comitato scientifico di E-Elt, l’astrofisico Giuseppe Bono, dell’università di Roma Tor Vergata e associato dell’Istituto Nazionale di Astrofisica(Inaf).

Oltre ad essere il più grande telescopio mai realizzato, E-Elt, prosegue Bono, sarà il primo telescopio costruito utilizzando ottiche adattive (che servono ad annullare le perturbazioni dell’atmosfera) non solo per lo specchio primario ma anche per i 5 specchi secondari. Questi serviranno a convogliare la luce dallo specchio primario sullo strumento di misura. I primi due strumenti operativi saranno gli occhi di E-Elt, ossia la camera ad alta risoluzione spaziale e uno

spettrografo bidimensionale. “Per ora – ha spiegato Bono – è stata data priorità a entrambi, ma nei prossimi 5-6 anni di funzionamento sono previsti altri quattro strumenti con obiettivi scientifici differenti”.

Un’altra grande sfida, ha aggiunto, sarà realizzare il quarto dei 5 specchi secondari che avrà un diametro di 2,5 metri per uno spessore di due millimetri, “praticamente una membrana, che si avvarrà di circa 6 mila attuatori che hanno lo scopo di deformare lo specchio per annullare l’effetto delle perturbazioni dell’atmosfera terrestre”.

Il telescopio, già in costruzione sulle Ande Cilene, “si prevede – rileva Bono – sia operativo tra il 2023 e il 2024 e rappresenta un primato per l’Europa, basti pensare che anche gli Stati Uniti hanno in progetto la costruzione di due grandi telescopi, ma del diametro di 24,5 e 30 metri, ben più piccoli in confronto a E-Elt”.

Fra gli scopi di E-Elt sarà riuscire a identificare pianeti simili alla Terra intorno ad altre stelle. Il telescopio, che sarà puntato in particolare verso l’ammasso della Vergine (che dista da noi 50 milioni di anni luce) e l’ammasso della Chioma (a più di 300 milioni di anni luce), misurerà anche le proprietà delle prime stelle e galassie, investigando la natura della materia oscura e dell’energia oscura.

 

 


 

 

Gli spagnoli scappano a gambe levate, abbandonano il proprio paese

Fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article/1411650/europa/gli-spagnoli-scappano-a-gambe-levate-abbandonano-il-proprio-paese.aspx

Il numero, che si riferisce al primo semestre dell’anno, è superiore del 44,2% rispetto a quello del 2011. E quasi due volte tanto i valori del 2010 e del 2009. Non è difficile immaginare i motivi.

New York – I dati non lasciano spazio a dubbi. La crisi del paese, il tasso di disoccupazione insostenibile, la ricetta di risanamento dei conti fatta di austerity e dunque di più tasse, stanno portando decine di migliaia di spagnoli ad abbandonare il paese. Anzi, il fenomeno è in corso da tempo.

Stando ai dati resi noti dal National Statistics Institute (INE), nel primo semestre del 2012 più di 40.625 spagnoli hanno abbandonato il loro paese: il numero è superiore del 44,2% rispetto allo stesso periodo del 2011 e quasi due volte tanto i valori del 2010 e del 2009.

El Pais scrive che il numero di chi lascia è superiore a quello di chi arriva. “Se il benessere di un paese è rappresentato dalla sua gente, allora stiamo perdendo il benessere”, ha commentato in un’intervista al giornale Antonio Izquierdo, professore di sociologia presso l’Università di Coruna.

Ma con un tasso di disoccupazione giovanile al 51%, i giovani e anche i meno giovani scappano a gambe levate per cercare fortuna altrove.

Topi, matrix e ologrammi: a tu per tu con il mistero della mente estesa (I parte) – di Silvia Salese

Fonte: http://spaziomente.wordpress.com/2012/07/12/topi-matrix-e-ologrammi-a-tu-per-tu-con-il-mistero-della-mente-estesa-i-parte-di-silvia-salese/

Uno degli studi che più ci affascina, e che in questi giorni ha bussato alla porta della nostra memoria (una metafora quanto mai azzeccata, come leggerete), è quella del cervello olonomico di Karl Pribram . Una teoria molto discussa forse anche perchè, per farla breve, giustificherebbe l’ipotesi secondo la quale ognuno di noi vive in una Matrix, in un campo di interconnessioni dove nulla è ciò che sembra. Una cosuccia non da poco.

Gli studi di Pribram furono inaugurati da una domanda, che probabilmente molti di noi si sono fatti: dove avviene, esattamente , la percezione a livello cerebrale? Per tentare di rispondervi, Pribram si interessò agli studi di Karl Lashley , il padre fondatore della psicologia fisiologica nord-americana, volti alla comprensione della localizzazione degli engrammi , le tracce mnestiche depositarie dei contenuti informativi acquisiti. In pratica la sede della memoria, il nostro hard disk interno. Partendo dal principio secondo cui le funzioni psichiche fossero localizzabili, Lashley asportò una ad una le parti principali del cervello di alcuni topolini che avevano appreso un percorso complesso, fino a quando si accorse che perfino quando era stata danneggiata la maggior parte del  cervello, deteriorato al punto da compromettere le loro abilità motorie, i topolini continuavano a ricordare il percorso . La memoria, quindi, sembrava essere distribuita in ogni parte del cervello, efficace ovunque nel medesimo modo. Dapprima suo allievo e poi assistente, Pribram successe a Lashley nel ruolo di direttore agli Yerkes Laboratories of Primate Biology ; successivamente si trasferì all’Università di Yale, dove studiò la funzione della corteccia frontale nelle scimmie e, insieme alla più generale organizzazione del cervello, la percezione e l’origine della consapevolezza umana. Fu così che Pribram si concentrò sulla visione. Fino a quel momento la versione accettata e condivisa riguardo alla percezione visiva , voleva che essa avvenisse grazie alla messa a fuoco degli oggetti da parte del sistema sensoriale deputato a questo compito, riproducendone poi le caratteristiche a livello corticale ed inviando quindi l’informazione all’area visiva primaria. Lo abbiamo pensato tutti: a ben vedere, proprio come se avessimo una macchina fotografica interna che riproduce fedelmente le caratteristiche del mondo esterno di cui facciamo esperienza. Ci sbagliavamo. Nemmeno questi esperimenti portarono a validi risultati, o almeno, non nella direzione attesa. Essi mostrarono infatti che si poteva danneggiare quasi completamente tutto il nervo ottico di un gatto senza interferire in modo evidente con la sua capacità di vedere ciò che stava facendo, i suoi movimenti e così via. Con buona pace dei topi prima e dei gatti poi, gli esperimenti sulla visione – proprio come quelli sugli engrammi – mostrarono che basterebbe una piccola porzione rimasta inalterata del tratto ottico (come prima di tessuto cerebrale), per ricostruire l’informazione visiva (come prima la rievocazione della routine). Tutto questo chiaramente non è in accordo con quanto detto sulla macchina fotografica, che deve essere integra in ogni sua parte per poter fornire immagini chiare e complete. Ecco allora che finire degli anni ’50 Pribram si imbatté in una serie di studi che indirizzarono verso nuove strade ed ipotesi le sue ricerche. In particolar modo fu colpito da alcuni articoli circa l’ olografia ottica , una tecnologia allora emergente, e dalla particolare metafora sul funzionamento del cervello che essa offriva. L’ologramma laser fu scoperto e messo a punto dall’ingegnere Dennis Gabor , il quale ricercava un modo per poter ottenere degli ingrandimenti dell’atomo. Questa scoperta gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1948.

Immagine tratta – e parzialmente modificata – da http://sdsu-physics.org. Il principio su cui si basa è tanto semplice quanto straordinario, e descrive essenzialmente un fenomeno di interferenza , ovvero quel fenomeno che si genera quando le onde si sovrappongono le une con le altre. Come si può vedere nell’immagine, l’olografia ottica produce una particolare pellicola che, al contrario di qualsiasi pellicola bidimensionale impressionata (come quella fotografica appunto), permetterà di ottenere l’immagine della mela tridimensionale – esaminabile sotto qualsiasi angolazione e da qualsiasi prospettiva – esattamente come se stessimo guardando (secondo l’esempio qui proposto) la mela reale. Per farlo, basterà illuminare un suo qualsiasi punto (qualsiasi!) con un fascio di luce laser e… voilà! Potremo vivere il nostro Star Wars casalingo. Se ne deduce che ogni minuscola porzione della pellicola, e quindi dell’informazione codificata, contenga tutta l’immagine. L’analogia tra questo sistema e il cervello fu proposta da Pribram dopo aver conosciuto lo stesso Gabor, e discusso insieme a lui della questione in termini matematici. La sua teoria, in pratica, descriverebbe l’effettiva capacità del cervello di leggere le informazioni, le quali si presentano sotto forma di onde , per poi convertirle in schemi di interferenza e trasformarle, proprio come nell’olografia, in immagini virtuali tridimensionali . Questa tesi è esposta e sostenuta da vari calcoli ed esperimenti in Brain and Perception: Holonomy and Structure in Figural Processin g , pubblicato nel 1991. La matematica utilizzata da Gabor per la descrizione dell’olografia ottica si basa su una serie di equazioni di calcolo note come trasformate di Fourier . Tali equazioni sono in grado di analizzare e descrivere qualsiasi schema come un insieme di oscillazioni regolari e periodiche, che differiscono tra loro solo nella frequenza, fase e ampiezza d’onda. Qualsiasi immagine ottica può così essere tradotta e convertita in uno schema matematico di figure di interferenza, proprio in accordo con il teorema di Fourier: esso infatti dimostra che ogni oscillazione periodica di un’onda può essere sempre considerata come la somma di oscillazioni armoniche le cui frequenze sono tutte multiple, secondo numeri interi, della frequenza del moto periodico considerato. Proprio come mostra l’olografia, ogni cosa che vediamo può a ben vedere essere descritta come particolari configurazioni ondulatorie, il tutto supportato e confermato da una base matematica. Ma non solo: un’altra caratteristica delle equazioni di Fourier è che permettono di utilizzarne le componenti che rappresentano le interazioni delle onde e usarle per ricostruire qualsiasi immagine. Inoltre non bisogna dimenticare un altro interessante aspetto della questione: l’olografia rappresenta il trasferimento nel “dominio dello spettro” di qualcosa che noi percepiamo nel tempo e nello spazio; in altre parole, l’immagine virtuale è uno schema d’interferenza d’onda di qualcosa che viene in questo modo privato della sua dimensione spazio-temporale: a venire rappresentata sarà solo la sua natura ondulatoria , misurata quindi come forma di energia. Il modello del cervello mutuato da Pribram grazie all’analogia con l’olografia è quindi essenzialmente una descrizione matematica dei processi e delle interazioni neuronali . La matematica che rende tutto questo possibile è la stessa di quella presa in considerazione da Gabor e di quella che prima di lui Hillman e Heisenberg adottarono per la descrizione degli eventi quantistici: fondamentalmente quindi, la matematica che descrive i processi cerebrali è la stessa di quella che descrive lo strano mondo delle particelle subatomiche. Eccitante, non è vero? il seguito alla prossima puntata (insieme a Star Wars e Matrix naturalmente…). Bibliografia: Lashley K. S., in “The problem of cerebral organization in vision”, Biolgical Symposia, vol. VII, 1942. Citato da K. Pribram, Brain and Perception , 1992. Lashley K. S., Meccanismi del cervello e intelligenza – Uno studio quantitativo di lesioni cerebrali , Milano, Angeli, 1979. McCarty R. A. e Warrington E. K., Neuropsicologia clinica – Un’introduzione clinica , Milano, Raffaello Cortina, 1992. McTaggart L., Il campo del punto zero , Forlì-Cesena, MacroEdizioni, 2003. Ottolini R., “engramma”, in U. Galimberti (a cura di), Enciclopedia di Psicologia , Torino, Garzanti, 1992, 1999, pgg. 371-372. Pribram K. H., Brain and Perception – Holonomy and Structure in Figural Processing , Hillsdale, Lawrence Erlbaum Associates, 1991.

Energy drinks, quali rischi?

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/energy-drinks-rischi.php

L’effetto stimolante degli Energy Drinks può essere causa di “un’eccessiva superficialità nella capacità di giudizio e nei comportamenti, alterando la percezione del proprio stato e del reale livello di ubriacatura”: i consumatori di questi cocktail bevono di più, abbandonano più tardi i locali e sono quattro volte più propensi a mettersi alla guida. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Addictive Behaviors secondo cui le bevande energizzanti rendono le persone che ne fanno uso “allertate e ubriache”, mix che può rivelarsi letale per se stessi e per gli altri.

“Quello che preoccupa – ha spiegato in una nota Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento per le politiche anti droga – è l’abuso crescente tra i giovani di queste bevande specie d’estate. Alcuni giovani arrivano ad ingurgitare anche tra gli 8 e 15 drink in una serata, immettendo nel fisico una quantità di caffeina che può arrivare fino a 1500 mg e che se unita contemporaneamente ad alcol, anfetamina, cocaina o cannabis può dare luogo ad un mix estremamente dannoso per la salute potendo provocare la comparsa di crisi cardiache (aritmie maligne sopraventricolari) e in persone vulnerabili, anche crisi epilettiche”.

Lo stato di ebbrezza viene piuttosto mascherato, mentre segnali coma la fatica e la sonnolenza risultano attenuati ma restano semore in agguato dal momento che la concentrazione ematica di alcool non viene modificata. Una volta terminati gli effimeri effetti della bevanda energetica, si possono manifestare in maniera acuta gli sgradevoli sintomi della sbornia: vomito, cefalea, disequilibrio, mancanza di coordinamento, sonno e disidratazione, condizione aggravata sia dalla caffeina che dall’alcol, ed eventualmente anche dall’eccessivo riscaldamento in ambienti quali la discoteca.

“Come per qualsiasi altro alimento, un consumo eccessivo di energy drink” è da evitare. “Al tempo stesso, è opportuno precisare che eventuali effetti sulla salute non derivano dagli energy drink in quanto tali – che sono bibite funzionali analcoliche con ingredienti sicuri, in commercio da oltre 15 anni, che rispettano pienamente le normative vigenti – quanto piuttosto dalla caffeina contenuta, un ingrediente peraltro molto diffuso in diversi alimenti”. È quanto ha sottolinato in una nota Assobibe, l’Associazione di confindustria che rappresenta, tutela e assiste le imprese che producono e commercializzano bevande analcoliche in Italia.

“La quantità di caffeina contenuta in una lattina di 250 ml è simile a quella contenuta in una tazzina di caffè. La concentrazione massima di caffeina negli energy drink commercializzati in Italia è pari a 320 mg/l, ed è chiaramente indicata in etichetta, insieme all’indicazione ‘tenore elevato di caffeina’, per favorire scelte consapevoli. Ciascuno dovrebbe pertanto regolarsi nel consumo di energy drink così come fa per il caffè o il tè. Per il loro contenuto di caffeina, gli energy drink non sono raccomandati ai bambini, alle donne incinte o alle persone sensibili alla caffeina”, prosegue Assobibe.

Al fine di favorire un’informazione chiara e completa sugli energy drink, e promuovere un consumo responsabile e consapevole, i principali produttori aderenti hanno “da tempo deciso volontariamente di rafforzare il proprio impegno adottando specifiche azioni concernenti le attività di promozione, marketing e pubblicità di tali bevande, tra cui evitarne la commercializzazione negli ambienti scolastici”.

In collaborazione con il ministero della Gioventù, Assobibe ha realizzato una campagna informativa che comprende un sito internet www.infoenergydrink.it. Le imprese associate hanno inoltre deciso di evitare di promuovere il consumo di queste bevande in abbinamento con alcolici. “Gli energy drink in commercio in Italia non contengono alcol tra gli ingredienti. Infine – conclude la nota – si ricorda che in Italia i livelli di consumo di energy drink sono molto contenuti: rappresentano circa l’1% del totale delle bevande analcoliche consumate”.

Spagna, la polizia carica chi protesta contro l’austerity

Fonte: http://www.altrainformazione.it/wp/2012/07/16/spagna-la-polizia-carica-chi-si-protesta-contro-lausterity/

Migliaia di manifestanti hanno marciato per le strade di Madrid fino alle prime ore del 15 mattina mattina per protestare contro il pacchetto di misure  approvato dal governo spagnolo.

MADRID – Il 14 luglio migliaia di manifestanti si sono riversati nelle strade del centro di Madrid per protestare contro il pacchetto delle nuove misure di austerity contenute della manovra da 65 miliardi appena varata dal governo: aumento di 3 punti dell’Iva, taglio del 100% alle tredicesime, meno ferie ai dipendenti pubblici e taglio all’indennità di disoccupazione. I manifestanti si erano dati appuntamento davanti al quartier generale del Partido popular (Pp) del capo e del governo Mariano Rajoy per protestare e chiedere un referendum popolare che abrogasse le misure di macelleria sociale ma quando il corteo si è diretto verso la sede del Partito socialista (Psoe), la polizia in assetto anti-sommossa lo ha bloccato con cariche e lancio di lacrimogeni. Qualche giorno prima le forze dell’ordine avevano sparato proiettili di gomma ad altezza d’uomo contro le rivendicazioni dei minatori sui tagli ai sussidi.

La polizia mentre arresta una “pericolosa” esponente dell’opposizione durante la manifestazione…