ITALIA…PEDAGOGIA DELL’OTTIMISMO!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2014/04/29/italia-pedagogia-dellottimismo/

fiducia big Governo, è passata la fiducia

 

Ieri all’improvviso una raggio di sole sul nostro Paese…

“Fiducia consumatori, Istat: record dal 2010. Ottimismo sull’economia.In aprile l’indicatore che riassume le aspettative sulla situazione economica del Paese e sul bilancio famigliare è salito a 105,4 dal 101,9 del mese precedente. Miglioramento in tutta Italia. Ma restano stabili le attese sulla disoccupazione”

Subito un coro quasi unanime, dal partito di Renzi e dal Governo, è l’effetto della manovra, il miracolo degli 80 euro.

Sono andato allora a spulciare di dati sul sito dell’Istat per osservare quanto è accaduto negli anni scorsi quando arrivarono in ordine, Monti, Letta e Renzi e il risultati sono interessanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La bella notizia senza voler per forza andare a spulciare le statistiche da polli di trilussa, dove le medie sono quelle che sono, è che in fondo gli italiani sono tendenzilamente degli ottimisti, basta continuare a cambiare premier che la fiducia risale. Peccato però che siano dinamiche che durano si e no dai tre ai quattro mesi, poi all’improvviso, scompaiono, facendo i conti con la realtà!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa è la dinamica degli ultimi mesi, sembra quasi che Renzi stia godendo del lavoro di Letta…stasereno, la realtà è un’altra!

Grazie ai dati di Trading Economics abbiamo una visione immediata di come in realtà stanno le cose…

Historical Data Chart

La realtà sembra questa, ovvero la spesa dei consumatori negli ultimi anni …

Italy Consumer Spending

Visto quanti ribalzi ha fatto la spesa media dei consumatori in Italia negli ultimi tre anni seguendo l’ottimismo manifestato!

Non solo questa è la variazione mensile delle vendite al dettaglio… Italy Retail Sales MoM

Volete vedere la dinamica dei in Germania, si quella che dovrebbe fare da locomotiva per l’Europa e aiutare i paesi in difficoltà, visto l’enorme surplus e ricchezza, visti i ricchi stipendi e la favola della riforma del lavoro?

Germany Retail Sales MoM

Mi fermo qui tanto oggi usciranno i dati dell’iperinflazione tedesca e il boom delle vendite al dettaglio in Italia… la verità è figlia del tempo e in troppi stanno giocando con il fuoco, dimenticando la storia!

Per fine mese in arrivo una spettacolare analisi che smonta scientificamente, pezzo per pezzo la pedagogia dell’ottimismo di maniera!

 

Quel che resta del giorno

Scritto da: Marco savina
Fonte: http://temi.repubblica.it/limes/quel-che-resta-del-giorno/61010
In giro per il mondo qualcuno ha nostalgia dei tempi della Guerra fredda, ma in Italia avremmo più che altro bisogno di una ferma e decisa epurazione – morale, non militare. Una ricetta economica per Renzi.

Winston Churchill aveva vinto la guerra e nel febbraio del 1945 durante la Conferenza di Yalta si animò a dire nel suo innato humor britannico che l’Unione Sovietica era “a riddle, wrapped in a mystery, inside an enigma”, ovvero un indovinello avvolto in un rompicapo contenuto in un enigma, inoculando a Franklin Roosevelt e Iosif Stalin il virus che avrebbe dato inizio alla guerra fredda.

Aveva vinto, ma a che condizioni? L’Inghilterra era una nazione dissanguata e in ginocchio, il prezzo di avere sconfitto insieme con gli alleati la Germania, l’Italia e il Giappone si dimostrava troppo alto per una popolazione stremata dagli stenti e dalle sofferenze. Churchill nel 1945 perse le elezioni, al suo posto il laburista Clement Attlee, un signore serio e dall’aria perennemente triste che d’altronde non aveva molto di che divertirsi quando assunse l’incarico a primo ministro. Da buon laburista era un pragmatico e si rese subito conto che per far uscire l’Inghilterra dalle macerie della guerra, rilanciare l’economia e ridare speranza e lavoro era necessario prendere poche decisioni tanto drastiche quanto immediate, prima fra tutte l’autonomia delle colonie che il paese non poteva più permettersi di mantenere.

Le Roi le veult”, 4 parole in un desueto dialetto franco-normanno e re Giorgio VI a malincuore firmò il decreto per l’indipendenza dell’India, la gemma più preziosa della Corona Britannica e contestualmente perse il diritto a fregiarsi del titolo di imperatore. Lord Louis Mountbatten fu inviato come viceré per gestire una tranquilla transizione, ma i dissidi politici, economici e religiosi fra Jawahrlal Nehru e Mohammad Ali Jinnah seppure con l’indefessa mediazione del Mahatma Gandhi non la resero possibile. Nella notte tra il 14 e 15 agosto del 1947 India e Pakistan si scissero in due nazioni antipode e ottennero la loro indipendenza in un bagno di sangue a seguito di un’intransigenza fratricida, feconda base per un fondamentalismo islamico e hindu che vive e vegeta nel tempo e nella storia. Al contempo migliaia di civil servants e militari britannici che avevano governato con pugno di ferro la colonia per quasi due secoli dovettero fare le valigie, abbandonare case, residenze e una vita piacevolmente avventurosa per rientrare verso l’incerto futuro che li aspettava nella nebbiosa e impoverita madre patria. 

L’Italia aveva perso la guerra e nel finale l’aveva persa ancora peggio viste le conseguenti nequizie commesse tra vendicativi concittadini della stessa nazione. Ma Stati Uniti e Unione Sovietica decisero che tutto sommato non era successo niente di grave, l’Italia era troppo geopoliticamente importante nel nuovo scacchiere Est-Ovest e bastava mettere solo un poco di ordine in un paese pieno di teste calde e politici a marce alterne. 

L’ambasciatrice Usa a Roma – Clare Boothe Luce, moglie in seconde nozze dell’editore di Time, Life e Fortune – collaborò attivamente con il Dipartimento di Stato e la Cia nel formare un centinaio di società fantasma il cui solo scopo era finanziare i partiti politici contrari al comunismo. Ovviamente la stessa cosa fece l’Unione Sovietica per facilitare il consolidamento e l’avanzata del Pci, da cui un grande periodo di bonanza da cui il boom economico dei primi anni sessanta. 

Una bonanza che durò fino al 1974 quando il segretario di Stato americano Henry Kissinger decise che era ora di terminare tutta questa commedia dei finanziamenti occulti e la Repubblica Italiana acconsentiva a un prestito sovrano da parte degli Usa di 10 miliardi di dollari o non se ne faceva nulla. Il prestito fu accettato e le società di comodo nell’arco di 2 anni sparirono letteralmente dalla circolazione. Mosca sempre molto attenta a questo tipo di determinazioni a sua volta tagliò e di molto i fondi al Pci che pure aveva vinto le elezioni amministrative e solo grazie all’accorta gestione dei leader dei due partiti di maggioranza esitava nell’andare direttamente al potere, proprio perché senza quei soldi sarebbe stato difficile gestire la base estremista formata da operai acculturati e pseudo intellettuali disillusi. Dal fracasso di questo raffinato esercizio naufragato nel mare magnum della virtual reality iniziò il vero terrorismo di cui lo Stato approfittò varie volte per provare a disincagliare la pesante catena della mancanza di sostentamento alla politica, un cappio a cui l’inventiva italiana diede rapida soluzione con faraonici programmi di superflue opere pubbliche e emissione di debito i cui effetti ancora oggi sono proprio lì visibili a raccontare la verità. 

Purtroppo il mondo è ancora pieno di nostalgici incontentabili, ripieni di un’autostima illimitata, morbo peggiore di qualunque nemesi storica, che hanno buona memoria solo per le cretinate e pessima quando non conviene. Esistono coloro che ancora cantano con falso entusiasmo Bella ciao, canzone smarrita anche dai più pervicaci comunisti nordcoreani mentre altri come Vladimir Putin – degno amico di Silvio Berlusconi – si ritengono esenti dal tempo e dagli eventi, però sempre egemonici proprio come un super alcolico cocktail di Stalin e Zukov e grazie al cielo senza i rischi di dover combattere la battaglia di Stalingrado perché non ne avrebbero i sufficienti attributi. 

Nel 1986 Ronald Reagan, consumato attore di B movies ed evidentemente annoiato per un contrasto bipolare che non portava da nessuna parte, decise di giocare la partita a poker del secolo XX, annunciò la dottrina del Strategic Defense Initiative detto anche Scudo Stellare o Star Wars e bluffando alla grande chiamò al tavolo Mikhail Gorbaciov per capire se si metteva all’altezza. Da buon sovietico obbediente Gorbaciov non perse tempo a rilanciare e Reagan ebbe gioco facile, la posta salì fino a one trillion di dollari, al tempo una somma impressionante e ovviamente fittizia per un programma militare che non si materializzò se non in minima parte; tuttavia questo fu l’inizio del declino dell’Urss e la fine della guerra fredda. Che noia tutto si ripete, guerre regionali e dispute qualunquiste oramai si accendono solo per questioni economiche – non certo ideologiche, men che meno politiche. 

Putin pensa all’Ucraina e alla Crimea e ritiene che Obama sia un chiassoso povero negro hawaiano ma purtroppo sbaglia, mai sottovalutare gli americani e in un bagno di umiltà dovrebbe visitare Babij Yar vicino a Kiev solo per rendersi conto dell’innaturale senso del disprezzo per la vita umana. Obama è al suo secondo e ultimo mandato presidenziale e lo evidenzia dall’espressione ironica perché quando parla sembra un rapper compromesso tra Roosevelt, Kennedy e Pharrell Williams, però fra un paio di anni gli Stati Uniti saranno in condizione di vendere il proprio gas a un terzo del valore di quello russo incluso trasporto a domicilio e gli effetti finanziari si sentiranno forti e chiari nella geoeconomia mondiale. Resta il fatto che nella parte bassa della cucina di tutta questa ridondanza nessuna delle due super potenze ha più vinto niente dopo il 1948, se non dissanguarsi in termini di materiale umano e tecnologico solo per conseguire disastrosi pari e patta a fronte di situazioni non convenzionali, non pensate, non valutate e scappate di mano. Fare la guerra oggi è una spesa che nessuno può più permettersi a meno di vendere il proprio paese ai fabbricanti di armi, al contrario minacciarla ancora non costa niente. 

La stessa sintomatologia nostalgica passa alla signora Merkel, così piena di rigore teutonico solo per essere nata nell’allora Germania dell’Est e cresciuta con la cultura di Markus Wolf, persistente cancelliera emula di Margaret Thatcher ma senza averne la visione d’insieme, la classe, la durezza e l’audacia risolutiva nel dare soluzioni definitive a problemi chiari e presenti. Con tutto il massimo rispetto, la signora Merkel non è l’autonominato presidente di un turbolento condominio e dovrebbe ricordarsi quanti soldi deve ancora la Germania a tante controparti quando il suo predecessore Helmut Kohl pagò tutto quello che non aveva per riunificare le due Germanie; operazione per altro riuscita solo in parte, e sarà forse per questo minuscolo dettaglio che la Federal Reserve non gli restituisce l’oro conservato nei suoi caveau. Nessuno è esente da critiche, solo che i più forti sono apparentemente intoccabili, ma il sistema bancario e industriale tedesco è un colabrodo paragonabile al Brasile e quando imploderà, perché prima o poi i nodi arrivano al pettine fino, tutti pagheranno il conto. 

Inclusa la smisurata sovrastruttura dell’Unione Europea che vale centinaia di miliardi di euro l’anno e ancora non si è capito bene a cosa serva, lontana dai desideri dei padri fondatori traditi dal tempo, dall’avidità, dalla corruzione e dalla burocrazia, per la fattiva attuale utilità se si tagliassero al 50% le teste di tutti i tipi ed in particolare i faraonici costi funzionerebbe uguale. Uguale storia per l’Fmi, la Banca Mondiale e l’Ocse: organismi stracolmi di gente che percepisce stipendi da favola solo per riempire ricettari e fotocopiare quello che si dovrebbe fare, una pletora di medici economisti la maggior parte dei quali dovrebbe tornare a studiare e viaggiare a spese proprie il mondo conosciuto e sconosciuto a capire una corretta applicabile economia globale, visto che di soluzioni forse ne hanno azzeccata una negli ultimi dieci anni. 

Per non parlare dell’Onu, a che servono le Nazioni Unite oggi? A niente se non a mantenere un’altrettanta quantità impressionante di funzionari e diplomatici inutili, compreso un Segretario Generale dal quale nessuno comprerebbe un’auto usata. Si vis pacem para bellum, chi vuole fare casino lo farà ugualmente e se ne fotte del Consiglio di Sicurezza, dei diritti di veto e delle sanzioni dettate e mai realmente esercitate. Tutto molto diverso dall’embargo di Kennedy vs Cuba del 1962 e assai lontano dagli epici scontri tra Adlai Stevenson e Valerian Zorin, questi sì che erano diplomatici di alto rango, gli attuali sono solamente una pallida espressione rispetto ad un mestiere che ragiona verso la propria tasca ed il relativo potere da leccapiedi per nascondere l’insicurezza del non saperlo fare. 

Di pari passo la Nato, altro organismo sovranazionale pieno di supponenti stellati militari e consulenti di ogni tipo e specie proprio lì a giustificare incarichi e ricche prebende per mantenere sempre vegeto il charter che se un paese alleato fosse attaccato da potenza straniera tutti lo difenderanno. E chi sarebbe questa potenza straniera? Gli invasori alieni dallo spazio? Gli zombie? I mostri del Pacific Rim? O è solo una mediocre scusa per vendere macchinari tipo gli F-35 Lightning Stealth prodotti guarda caso dalla Lockheed Martin Marietta – Pratt & Whitney ovviamente americane, al modico costo di 250 milioni di dollari al pezzo più circa un miliardo per la manutenzione della vita utile dell’aereo, senza tenere in conto della dotazione di armamenti e munizioni che si paga ovviamente a parte, oltre l’addestramento dei piloti e personale tecnico di supporto anche questo a parte, informazione sconosciuta perché meglio non dirla.

Resta da chiedersi che se ne fa l’Italia di un cacciabombardiere di quinta generazione, laddove mai dovesse scoppiare una terza guerra mondiale esistono solo due opzioni a parte sapere da chi deve difendersi o chi attaccare, dichiararsi paese neutrale o arrendersi rapidamente, altrimenti meglio contrattare Johnny Depp che costa molto meno, decisamente più charmant e magari riesce anche a risolvere il problema dei due marò da anni detenuti in India e come Capitan Jack Sparrow si inventa una extraordinary rendition per farli uscire di nascosto, visti gli inefficaci sforzi della diplomazia italiana con questa figura da operetta di Staffan de Mistura, unita a esosi avvocati indiani che naturalmente fanno di tutto per non perdere cotanto pagante cliente.

Con un quinto di quanto speso fino ad ora bastava fare una telefonata al Mossad, ma il gentiluomo che vive in una villa sulle colline che dominano Tel Aviv non si fida di nessuno, meno che meno dei colleghi italiani e a ragione. Negli ultimi 10 anni la finanza e l’economia globale sono riuscite a complicarsi la vita in maniera tale e i cicli economici sono diventati talmente complessi che a tutto l’esercito di economisti al servizio della pubblica opinione manca solo la Sibilla Cumana con i suoi vaticini per capire verso quali cause forse si possono riscontrare effetti ai quali eventualmente porre rimedio. L’handicap dopo la crisi del 2008 – che però arrivava come onda lunga dalla bolla immobiliare americana e spagnola del 2002-2004 – viene dai conglomerati too big to fail ovvero talmente grandi che il braccio destro non sa quello che fa il sinistro in giro per il mondo; quindi se Citigroup o Goldman Sachs o JP Morgan Chase anche senza cattive intenzioni ma solo per fare trading decidono autonomamente di vendere o comprare il titolo di uno Stato piuttosto che di un altro succede un disastro.

Un fatto veritiero è che i trend negativi si ripercuotono con maggiore forza rispetto ai tempi di quelli positivi e si abbattono vigorosamente proprio verso quei paesi che non godono di robuste infrastrutture industriali e di adeguate risorse naturali, frutto di pessime quanto artificiosamente alterate decisioni politiche, a maggior ragione quando non si ha il controllo della base monetaria perché questa dipende da altri, ovvero la politica economica è disgiunta da quella di emissione che è diretta dalla Bce. I mercati finanziari globali dal 2006 in avanti hanno fatto di tutto per coprire le proprie pecche congenite e avvilupparsi in un progressivo assurdo nodo gordiano che neanche un ingegnere meccanico di grande qualità riuscirebbe a dipanare, visto che la causa del default di un solo insignificante pezzo provoca il collasso dell’intera macchina e i sintomi si notano quotidianamente dalle quotazioni e dati fin troppo generosi verso nazioni che non lo meritano tipo l’Italia, di conseguenza scorre un brivido gelido lungo la schiena.

Troppi soldi senza padrone si muovono per il mondo e sono corrispondenti a nefasti algoritmi automatici generatori di prodotti sintetici che lo stesso John Nash farebbe fatica a interpretare, quindi attenzione perché i manovratori ci mettono lo spazio di un dime a girarsi e a combinare un massacro senza prigionieri e non esistono possibilità di manovra per contenere questo tipo di attacchi one shot, one bullet. In punto di principio la politica non dovrebbe essere un mestiere perché la moda attuale è disprezzarla, ma alla fine sono tutti lì attaccati al sistema come se non sapessero cos’altro fare nella vita, un’autostrada di facce vizze e inguardabili e quelle nuove non sono da meno, per colmare un cahier de doléance senza fine che provocherebbe imbarazzante disagio anche al cattivissimo Felonius Gru.

Così dopo il delirante ciclotimico Berlusconi e il morticio Monti ecco arrivare in pista il governo di Enrico Letta: apprezzabile giovane di buona famiglia, un’ottima scuola nell’arte della mediazione delle cose e della gente e per una volta tanto eccitante padronanza dell’inglese e del francese, cosa rara in Italia. Ma se il capitano deve manovrare in acque tempestose non può pilotare la nave e simultaneamente gestire equipaggio e passeggeri con l’educazione, il consenso e tracciando una rotta stop and go, dura lezione che a qualcosa gli servirà per il futuro.

Ancora più giovane Matteo Renzi che si atteggia invece al James Dean di Gioventù bruciata magari senza dare troppo peso al fatto che tutta una generazione di giovani italiani è veramente bruciata e se si mantiene inalterato il gradiente sarà difficile tra 10 anni continuare a pagare le pensioni. Ma di James Dean ha anche il tratto da macho un po’ scanzonato e irriverente tipico della frase prediletta dall’attore: the gratification comes in the doing, not in the results, la gratificazione sta nel fare, non nei risultati, perciò il nuovo fiammante presidente del Consiglio si sveglia quando è ancora buio e alle prime luci del mattino già è in ufficio, forse per interpretare le anime, i costumi, i vizi, le forme, le volontà, le strategie, le logiche e gli obiettivi di rissosità della politica italiana che è come cercare il latte degli uccelli o il flight recorder del volo MH 370, meglio riascoltare per i non nostalgici la canzone “Io e il Presidente” dei Giganti, anni Sessanta dello scorso secolo.

Certo appare improbo il compito che lo aspetta al varco, data l’enorme complessità di uno Stato il cui bilancio rappresenta un vero unbalance secondo le opportune convenienze e specie se per rattoppare quanto possibile serve recuperare un ticket pervicacemente costoso da 100 miliardi di euro in denaro fresco. Ma l’Italia ancora una volta è un paese di infrastrutture industriali ed energetiche modeste oltre che povero di materie prime. Con che cosa mangiano 60 milioni di persone, con il Made in Italy, con le Ferrari, con la rinomata cucina italiana, con il turismo estero di massa e cialtrone?

Più si adoperano i nuovi sistemi di comunicazione massiva e più si diventa deboli, vulnerabili e trasparenti, una volta si diceva “il re è nudo, viva il re”, adesso l’uso comune è rompere le balle smisuratamente per Facebook, Twitter e Sms propagandando un programma per trasformare rapidamente un vecchio motore diesel in un cavallino rampante, giusta ambizione ma senza coraggio, come dire: cosa manca a una persona per essere un genio? Il genio. Non serve fare polemica – questa lasciamola ai politici – e neanche critica – questa la lasciamo alle società di rating – basta solo un poco di ordine nelle vere priorità strategiche impellenti e non l’affanno del fare solo per dimostrare che qualcosa succede.

Innanzitutto le imprese, al primo stormir di foglie di una crisi licenziano il personale. Delle tre una: erano sovradimensionate in partenza, riescono comunque a stare sul mercato con la metà degli addetti o semplicemente non stanno sul mercato. Altro tema strategico, i costi della pubblica amministrazione italiana nel loro enorme complesso e inclusi gli interessi per il servizio a un debito che ha allegramente oltrepassato i 2 mila miliardi di euro oltre quanto deve ciclicamente verso fornitori ammontano a circa 970 miliardi annui rispetto a un pil inchiodato da tempo a 1.600 miliardi, una popolazione pseudoattiva di 43 milioni di cui 5 milioni di giovani disoccupati, 15 milioni che guadagnano poco e male e 10 milioni sotto la soglia di sopravvivenza, non includendo pensionati che muoiono di fame e gente comune che non sa che fare della propria vita in un paese annoverato nel G7, però con comunista distribuzione: il 5% delle persone e/o imprese detiene il 75% della poca ricchezza che rimane.

In Italia ci sono 315 senatori della Repubblica e 630 deputati nazionali contro 100 senatori e 435 deputati americani. Facendo i debiti parametri di estensione territoriale, quantità di persone, pil e forza d’urto industriale e militare l’Italia spende nella pubblica amministrazione solo qualcosa meno che gli Usa. Inutile chiamare al capezzale dell’indigente colti consulenti e dotti commissari che con le forbicine tagliuzzano qui o lì, francamente bisogna avere il coraggio di dire che la nazione non è più in grado di pagare queste somme e che pertanto dal 2015 il budget federale sarà del 30% in meno come minimo, visto che lo Stato nel suo insieme (comprese quindi Regioni, Province e Comuni) è oltretutto anche azionista di circa 8 mila società che non si sa bene cosa facciano, tutte in solenne perdita, mai fallite e sempre rifinanziate ma dotate di presidente, amministratore delegato, consiglio di amministrazione e collegio sindacale, plus dirigenti e addetti.

Una vera vergogna, neanche gli Stati Uniti possono più permettersi 18 agenzie federali dedite alla sicurezza nazionale e pertanto molte verranno chiuse o accorpate, tanto per quello che fanno servono a poco, ma l’Italia ha due servizi d’intelligence – uno civile e uno militare – più un terzo che li sovraintende e come se non bastasse anche quelli di Esercito, Marina, Aviazione, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e Guardia Florestale, mancano i Marines meno male. Ma di fronte a questo strazio ce ne sono altri: le prefetture, la Corte dei conti, l’Avvocatura dello Stato, il Consiglio di Stato e ce n’è per scrivere il libro summa cum laude, perché neanche il principe dei ragionieri saprebbe come affrontare cotanta matassa di nequizie e porcherie sedimentata dal tempo e dall’accondiscendenza della politica ma anche e duole dirlo dai media e dalla pubblica opinione. Il vero interrogativo rimane se continuare ad accettare la pochezza di chi governa, che pure mostra enormi attributi ma solo per un momento e poi si adegua all’andazzo perché tutti abbiamo famiglia e 80 euro lordi in più al mese fanno la differenza in una famiglia se mangiare carne 4 volte al mese o fare il pieno all’auto (fame e mobilità non sono una semplice sensazione termica) e il 10% di taglio alle tasse delle imprese è una medicina omeopatica perché ci vorrebbe il triplo, non che ti do con una mano e con l’altra ti prendo per i fondelli.

Nella costanza degli ultimi 65 anni l’Italia è una nazione sovrana piena di faceti simbolici aforismi, primo fra tutti che i debiti vecchi non si pagano e quelli nuovi si lasciano invecchiare, che si recuperano i denari illeciti delle organizzazioni criminali e anche quelli dell’evasione fiscale, pertanto visto il clima al contorno il suggerimento a Renzi ammesso che passi indenne gli ostacoli delle riforme costituzionali – tra cui quella del Senato di cui non gliene frega niente a nessuno se non ai diretti interessati – è che il paese si trova a un bivio fra la stagnazione e una stagflazione. Probabilmente sarebbe preferibile un poco di inflazione tipo 5 o 6%, reale e concreta panacea se migliora il potere di acquisto piuttosto che un impasse recessivo dal quale difficilmente ci si risolleva rapidamente, tenuto conto del contesto globale che tutto fa tranne che aiutare i bisognosi, di una classe imprenditoriale abituata da sempre ai sussidi di Stato e a un sistema bancario al collasso che non presta soldi perché non ne ha e i pochi solo agli amici degli amici che poi ovviamente sono quelli che non li ridanno.

Il vero tema non è solo riformare la Costituzione, oramai leggermente desueta nei termini e nel linguaggio come ad esempio che l’Italia è un paese fondato sul lavoro – quella Usa inizia con “We the People”, 7 articoli e quantità di emendamenti aggiornati alle realtà – bensì convicere l’establishment a posizioni nette e irrevocabili, proprio come fece a suo tempo il premier laburista inglese Clement Attlee. L’Italia è entrata nel G7 senza merito ma solo per opportunistica convenienza e il conto da saldare è peggiore rispetto a uno qualunque dei Brics in default.

Allora se si pensasse realmente ed esclusivamente al bene del proprio paese servirebbe un quantum leap e senza tanti giri di parole a un General Appreciation Bond o meglio detto alla vecchia maniera uno Zero Coupon Bond a trent’anni, che si posta come frazionale debito pluriennale ma senza interessi correnti e restituzione totale alla scadenza, esentasse, trattabile in qualunque mercato obbligazionario e backed con qualunque asset dello Stato e viste le prossime elezioni europee il momento è quello buono per fare una volta tanto qualcosa di “strano” a favore e non contro.

La formula base è semplice: VF=PV(1+i)*n, dove VF= valore futuro (generalmente è 100), VP= valore presente o del mercato, 1 il capitale che si vuole raccogliere, i= interessi annuali del periodo prescelto, n= periodo, *= elevato alla potenza desiderata rispetto agli interessi postergati che si vogliono pagare e chiunque dei tecnici soloni al ministero dell’Economia può verificarla e magari anche migliorarla. Ovviamente per ricavare 100 miliardi di euro puliti in tasca l’emissione deve essere di gran lunga maggiore ma non importa perché il raggiungimento di una massa d’urto critica, fresca e necessaria a provare a rilanciare economia, consumi e ridurre le tasse per tutti, senza stare a mettere all’incasso cambiali e assegni postdatati di dubbia solvibilità, è più importante di qualunque minaccia dell’Unione Europea. Sicuramente entusiasti i mercati con buona pace della Germania, laddove è meglio fare gli interessi dei cittadini italiani piuttosto di quelli tedeschi.

 

 

L’Italia è una nazione rara, dai fasti splendori dell’Impero Romano all’enorme disagio sociale interno di gente che dopo decenni di lavoro si riteneva benestante e invece si ritrova miserabile e migratorio per i poveri del mondo che pensano sia un paese ricco, ma tutto quello che non la uccide la rende fuori dagli schemi. “Batte il cuore in petto anche a un insetto” rivolto ai più frastornati e disequilibrati leader politici, perché le elezioni europee del 25 di maggio non porteranno a niente di buono se non a mandare gente senza scrupoli in un posto inutile per non decidere niente e tutto a spese del contribuente.

Serve una ferma e decisa epurazione morale e non militare da parte del popolo per terminare tutto quel che resta del giorno, nella speranza di un’alba senza nebbie, magari con un poco di accettabile serenità.

Here come bad news talking this and that,
give me all you got, and don’t hold it back,
I should probably warn you I’ll be just fine,
here’s why, because I’m happy and happiness is the truth”.
* no offense to you, don’t waste your time

Cellulari e salute: l’importanza di un uso consapevole

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/

cellulari-pericolo-saluteCon l’enorme utilizzo di telefoni cellulari e smartphone che si fa ai giorni nostri – soltanto in Italia ne esistono 40 milioni di esemplari e 6,6 miliardi nel mondo, su una popolazione di 7 miliardi – è auspicabile per tutti quanto meno un utilizzo corretto. Tutti sappiamo che si tratta di apparecchi che emettono onde elettromagnetiche, potenzialmente dannose per il nostro cervello.

I centri di ricerca sul cancro ultimamente stanno dando grande importanza agli studi sui campi magnetici e in particolare sulle radiofrequenze e le microonde. Secondo l’OMS esistono sicuramente degli effetti correlati all’uso di device elettronici come i telefoni: sono chiamati col nome generico di “elettrosensibilità” e si manifestano sotto forma di insonnia, nervosismo e altri disturbi acuti. Ma vi sono anche effetti a lungo termine come lo sviluppo di tumori della testa (soprattutto del cervello e dei nervi cranici) che hanno un lungo periodo di latenza. Questi ultimi, in base a uno studio di ricercatori svedesi, sarebbero triplicati negli utilizzatori che avrebbero iniziato l’uso del telefonino prima dei 20 anni di età e per almeno 10 anni di tempo. E si sviluppano nella parte del cranio sul cui orecchio viene solitamente appoggiato il device.

I bambini e i giovani sono quindi i più esposti a questi danni. L’unica reale precauzione è quella di evitare di tenere il telefono vicino al capo, preferendo l’utilizzo di un auricolare del tipo “a filo” e non quello “wireless”. Altri consigli utili sono quelli è evitare le telefonate lunghe, non tenere il cellulare acceso sul comodino durante la notte, spegnere il wi-fi e navigare il meno possibile su Internet con lo smartphone (perché il collegamento alle celle provoca ulteriore irradiazione).

Forse non tutti sanno che la potenza dei telefoni cordless domestici è superiore a quella dei cellulari e quindi i danni e le precauzioni da tenere sono analoghi.

Una storia di farmaco-delinquenza: “Io, membro di Big Pharma, ho venduto l’anima al diavolo”

Fonte: http://tempsreel.nouvelobs.com/
Traduzione: http://www.sapereeundovere.it

http://www.sapereeundovere.itJohn Virapen è un ex dirigente della filiale svedese della Eli Lilly, importante multinazionale del farmaco. A 64 anni, dopo anni di carriera ai vertici, il protagonista di questa storia ha deciso di pubblicare le sue memorie, contenute in un volume, uscito nelle librerie il 17 aprile scorso, dal titolo I rammarichi di Big Pharma. In questo modo, egli ha trovato anche l’occasione di denunciare apertamente gli effetti nocivi e collaterali del celebre antidepressivo Prozac: “So di aver contribuito indirettamente, in tutti questi anni, alla morte di persone, le cui ombre, oggi, mi ossessionano”, ha confessato il manager a Le Nouvel Observateur.

Il settimanale francese ha contattato direttamente il neoautore e gli ha chiesto di spiegare in cosa consista la minaccia del Prozac: “Nei primi anni di lancio, il farmaco ha portato a una spirale preoccupante di suicidi: su 10 persone alle quali erano stati somministrati i principi attivi del Prozac, 5 hanno riportato allucinazioni e disturbi della personalità. Tra questi soggetti, 4 si sono tolti la vita”. Purtroppo questi dati non hanno distolto i dirigenti della Eli dall’intento d’introdurre l’antidepressivo in tutto il mondo.

Come hanno fatto? Semplice: il sistema di commercio del farmaco è stato ben oliato, grazie alla corruzione dei supervisori preposti al controllo e alla sperimentazione del Prozac (sono bastati 20.000 dollari per ricevere senza problemi l’autorizzazione necessaria alla vendita), e soprattutto grazie alla collaborazione ben retribuita, con doni e un salario fisso mensile, di professori compiacenti che recensivano positivamente e promuovevano l’utilizzo dell’antidepressivo nelle maggiori riviste internazionali di medicina.

9° REGGIMENTO COL MOSCHIN, INCURSORI D’ASSALTO

Fonte: http://www.colmoschin.it/la-storia-1.html

arditi3Gli Incursori Paracadutisti del 9° Reggimento d’ Assalto ” Col Moschin ” sono i fieri eredi della tradizione di audacia, patriottismo ed onore di cui i commandos Arditi del Primo Conflitto Mondiale furono precursori.
Il reggimento prende il nome dalla collina Moschin, luogo ove, durante la guerra del ’15 -’18, gli Arditi furono protagonisti di uno dei più eccezionali esempi di coraggio del primo conflitto mondiale, difendendo strenuamente le proprie posizioni sotto gli incalzanti assalti dell’invasore austriaca. Il coraggio degli uomini di questo reparto d’Elite del Regio Esercito, i quali erano soliti dare l’assalto alle trincee nemiche percorrendo gli ultimi metri che li separavano da queste con un pugnale stretto fra i denti e le bombe alle mani, fu tale che lo stesso Gabriele D’Annunzio, da sempre affascinato dalle imprese militari audaci, vestì la divisa del reparto durante l’occupazione di Fiume del 1920 del quale fu ideatore e comandante. Un così vasto senso del dovere e coraggio non potè non lasciare una traccia indelebile in quella generazione di militari che, a distanza di alcuni anni dal termine della Seconda Guerra Mondiale, tenteranno di dare seguito alla tradizione di arditismo dei propri precursori.
Nel 1952, ex ufficiali degli Arditi diedero segretamente il via alla ricostruzione di un reparto di combattenti specializzati in seno al Centro Militare di Paracadutismo ubicato presso Viterbo. Il nuovo elemento, inquadrato all’ interno della 1^ Compagnia Paracadutisti, avrebbe visto la luce nel settembre dello stesso anno con il nome di Plotone Speciale. Costituito da paracadutisti, i quali venivano addestrati sulla falsariga dei reparti Arditi con la preparazione addizionale ai lanci in acqua ed al nuoto, il Plotone era posto sotto il comando del Tenente Franco Falcone. Il trasferimento del Plotone presso la Scuola di Fanteria di Cesano, occorso il 20 aprile 1953, coinciderà con la promozione a Compagnia Sabotatori Paracadutisti, al comando del Capitano Edoardo Acconci, forte di due plotoni rispettivamente composti da paracadutisti di leva e Carabinieri. Un primo organico programma addestrativo per i futuri Sabotatori lo si avrà soltanto a partire dal 1954, unitamente all’ individuazione di quelli che sarebbero stati i futuri compiti della Compagnia : operazioni di intelligence e sabotaggio in territorio ostile .
L’ iter addestrativo riservato gli aspiranti, vedeva l’ acquisizione delle tecniche di sabotaggio, roccia, l’utilizzo degli sci, il combattimento corpo a corpo, la famigliarizzazione con una vastissima gamma di armi e mezzi (carri armati compresi), la creazione di ” ponti ” radio e l’utilizzo delle relative ” maglie “, la cartografia e, per gli elementi valutati maggiormente idonei sul piano psico-fisico, la padronanza di elementi relativi alle incursioni navali da apprendersi presso il GRUPP.ARD.IN. (oggi COM.SUB.IN) del Varignano .
Il 1° giugno 1957 vede il trasferimento dei Sabotatori presso Livorno e, successivamente, nella città di Pisa ed il cambio di nomenclatura in Reparto Sabotatori Paracadutisti, venendo impegnato in esercitazioni volte a saggiare le capacità difensive delle patrie Forze Armate (ai Sabotatori era delegato il ruolo di forza nemica).
Nel 1961 il reparto farà ritorno a Livorno ove verrà elevato al grado di Battaglione Sabotatori Paracadutisti, posto alle dipendenze della Brigata Paracadutisti Folgore ed articolato su di un Plotone Comando, una Compagnia Allievi e due Compagnie Operative.
Nel 1964, ulteriore impulso verrà fornito alla dottrina operativa del Battaglione per mezzo della qualificazione di operatori in possesso di caratteristiche tali da renderli in grado di operare in qualsiasi teatro operativo (precedentemente si era infatti preferito “specializzare” gli uomini affidando a costoro solamente operazioni inserite nel proprio campo di competenza, ad esempio quello subacqueo o montano).

Il 1966 vede il dispiegamento in Alto Adige di un reparto misto al comando di un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri costituito da elementi delle forze dell’ordine ed una quarantina di Sabotatori al fine di porre in essere la bonifica di zone sensibili dalla presenza di ordigni esplosivi. Nel corso di tali attività, protrattesi fino al 1970, troveranno la morte i Sabotatori Sotto Tenente Mario di Lecce ed il Sergente Olivo Dordi i quali cadranno nell’esercizio del proprio dovere nell’attentato di Cima Vallone, il quale causerà inoltre il ferimento del Sergente Maggiore Sabotatore Marcello Fagnani .
La sera del 4 novembre 1966, l’intero Battaglione è dispiegato nell’ area di Pontedera al fine di porre in essere le operazioni di salvataggio della popolazione civile minacciata dallo straripamento dell’ Arno. Il coraggio, il senso del dovere ed il profondo spirito di abnegazione degli operatori tutti contribuiranno al salvataggio di numerose vite umane.
18 novembre 1971: Idroambulanze dei Sabotatori intervengono sul luogo della sciagura aerea della Meloria, la quale vide la perdita di un Hercules C-130 e del suo equipaggio nonchè di numerosi operatori della Brigata Folgore; nel corso delle operazioni di recupero dei caduti perderà la vita il Sergente Maggiore Sabotatore Giannino Caria. Tra il ’72 ed il ’74 ha luogo il primo “cross-training” con unità delle forze speciali statunitensi; nello stesso periodo viene sviluppato il paracadute alare, adottato per primo al mondo proprio dalle unità Sabotatori dell’ Esercito Italiano, e tuttora largamente impiegato da numerose special forces.

Nel 1975 i Sabotatori sono dispiegati sulla tratta ferroviaria Bologna-Arezzo al fine di arginare l’attività terroristica volta al sabotaggio della sicurezza nell’area in questione. La qualità dell’ opera posta in essere dai due Gruppi Tattici costituitisi per l’ occasione, è tale da far ben presto decadere la necessità dell’ impiego di questi.
26 settembre 1975, il Battaglione viene mutato in 9° Reparto d’ Assalto Paracadutisti “Col Moschin” e la qualifica di Sabotatore decade a favore di quella di Incursore. Nel 1995 il Reparto è promosso a Reggimento.
“( … ) Arditi d’ Italia , venire a voi è come entrare nel fuoco, è come penetrare nella fornace ardente, è come respirare lo spirito della fiamma, senza scottarsi, senza consumarsi. ( … ) In una delle vostre medaglie commemorative il combattente all’assalto è rappresentato avvolto dalla vampa, incombustibile come la salamandra della favola, con una bomba in ciascuna mano. Il vostro elemento è l’ardore, la vostra sostanza è l’ ardire. Per ciò, se il Carso era un inferno, voi ne eravate i demoni. Se l’Alpe era l’empireo della battaglia, voi ne eravate gli angeli. Creature fiammanti sempre e da per tutto. E ci fu qualche notte d’ estate, ci fu qualche notte d’ autunno che l’acqua del Piave, al vostro guado, rugghiò come quando immerso il ferro rovente si tempra. ( … ) (dalla lettera di Gabriele D’ Annunzio agli Arditi di Fiume pubblicata sul quotidiano “La Vedetta d’Italia” del 24 ottobre 1919).

 

Il 25 Aprile: Festa della Liberazione

Scritto da: Prof.Anna
Fonte: http://www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/?p=5136

liberazione3-300x199 Il 25 Aprile è festa nazionale, si festeggia la  Festa della Liberazione, anche detta Anniversario della Resistenza; convenzionalmente fu scelta questa data perché il 25 Aprile 1945 fu il giorno della liberazione di Milano e Torino, in realtà la liberazione delle città del nord Italia erano cominciate già da alcuni giorni.

 

 

La Liberazione mette così fine a venti anni di dittatura fascista ed a cinque anni di guerra; simbolicamente rappresenta l’inizio di un percorso storico che porterà al referendum del 2 giugno 1946 per la scelta fra monarchia e repubblica, quindi alla nascita della Repubblica Italiana, fino alla stesura definitiva della Costituzione.

Ma cosa si intende esattamente con la parola “Resistenza“?

La Resistenza italiana, comunemente chiamata Resistenza, anche detta Resistenza partigiana, fu l’insieme di movimenti politici e militari che si opposero al nazifascismo.

In Italia importanti azioni di resistenza si svolsero a partire dal 1943. Vediamo il contesto storico in cui nacque la Resistenza.

Nel Luglio del 1943 gli angloamericani sbarcarono in Sicilia, determinando il crollo del regime fascista (25 Luglio); Mussolini fu arrestato per ordine del re e il governo venne affidato al generale Badoglio; nell’Italia settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini, da essi liberato, diede vita il 23 settembre a un regime neofascista repubblicano (Repubblica Sociale Italiana) con sede a Salò, mentre nell’Italia occupata dagli alleati fu formato il “regno del sud” che dichiarò guerra alla Germania.

Nell’Italia dominata dai nazifascisti, che misero in atto sanguinose repressioni, venne formato il Comitato di Liberazione Nazionale, un organismo clandestino formato a Roma il 9 settembre 1943, che riuniva i partiti antifascisti.

Forte dell’alleanza tra il governo Badoglio e gli angloamericani e di un crescente consenso popolare alla lotta contro i tedeschi e le forze fasciste repubblicane, la Resistenza nell’Italia settentrionale e in parte nell’italia centrale reclutò i suoi membri in tutte le forze politiche e in tutti gli strati sociali, configurandosi sempre più nettamente come un movimento di ribellione popolare interclassista diffuso sia nelle campagne (dove era più numeroso) sia nelle città.

L’unità militare di base era la brigata, composta da 100-300 uomini e di solito connotata in base all’affiliazione politica.

Anche le donne rappresentarono una componente fondamentale per la Resistenza, esse lasciarono i loro ruoli di mogli e di madri e lottarono per riconquistare la libertà e la giustizia del proprio paese ricoprendo funzioni di primaria importanza.

Nella primavera del 1945 l’offensiva partigiana si affiancò al’ultima offensiva alleata, contribuendo notevolmente alla sconfitta dei nazifascisti e liberando la maggioranza delle grandi città del nord prima dell’arrivo degli Alleati.

La Resistenza fu comunque un fenomeno europeo che offrì ovunque agli eserciti Alleati un appoggio essenziale dietro le linee del nemico. In Francia, in Grecia, in Iugoslavia, in Italia e, in misura minore, in diversi altri paesi europei, la Resistenza contribuì quindi militarmente alla sconfitta degli eserciti di occupazione nazifascisti.

La Resistenza  dimostrò che i popoli europei non sopportavano l’occupazione tedesca e fascista, che lo spirito di libertà e indipendenza era ancora vivo. In particolare in Italia, dopo il ventennio fascista, essa rappresentò un importante segnale di riscatto al fine di ricostruire una credibilità democratica del nostro paese nel contesto internazionale. La Resistenza costituì una importante esperienza di lotta e partecipazione politica dal basso.

Gli ungheresi in Ucraina vogliono l’autonomia

Scritto da: Ksenia Melnikova
Fonte:http://italian.ruvr.ru/2014_04_23/Gli-ungheresi-in-Ucraina-vogliono-l-autonomia-5589/

9hung-rom-ukrGli ungheresi che vivono in Ucraina sono favorevoli alla creazione di un’autonomia nazionale nella regione della Transcarpazia. E vogliono chiedere alle attuali autorità di Kiev di restituire ai deputati ungheresi la possibilità di rappresentare gli interessi delle minoranze nazionali in Parlamento.

Nonostante in Ucraina non sia consentito avere la doppia cittadinanza, Budapest concede ai residenti della Transcarpazia il passaporto ungherese. Si tratta di dare un supporto completo ai compatrioti, ha dichiarato il Ministro degli Esteri ungherese, János Martonyi.

Ungheresi e ruteni, stanchi delle azioni delle autorità ucraine, hanno deciso di allontanarsi da esse. Il parlamento locale avrà poteri legislativi, ossia l’assemblea nazionale ungherese-rutena. È già nato con il nome provvisorio per la futura autonomia di Confederazione Regionale della Transcarpazia dei popoli ungheresi e ruteni. Se gli ungheresi in Ucraina sono considerati una minoranza, i ruteni in questo paese non hanno alcun diritto, afferma Denis Kiryuhin, esperto del centro di Kiev per la politica ed i conflitti:

Da anni ci sono problemi con i ruteni. Questa è l’unica minoranza in Ucraina che Kiev ha sempre rifiutato di riconoscere. I rapporti tra ruteni e ucraini erano difficili e rimangono così fino ad ora.

I sostenitori dell’autonomia ungherese rutena affermano che tutti gli ungheresi, così come i ruteni, devono essere distinti dagli ucraini. Inoltre gli ungheresi hanno sostenuto la creazione di elezioni distrettuali “ungheresi” per la Verchovna Rada, il Parlamento ucraino. Stiamo parlando della possibilità di avere un candidato al parlamento che sia di origine ungherese e che provenga da questa zona.

Budapest vuole sostenere i propri connazionali. Come ha dichiarato l’ambasciatore ungherese in Ucraina Mihail Bayer, “gli ungheresi ucraini vorrebbero creare una regione autonoma e gestire i propri affari”.

Bayer non ha negato che l’Ungheria stia distribuendo attivamente passaporti ai residenti della Transcarpazia, anche se è vietato in Ucraina avere la doppia cittadinanza.
Così, la situazione è fuori il controllo di Kiev. I nazionalisti ucraini, appreso questo, hanno dato in escandescenza. Dopo la dichiarazione d’indipendenza dell’Ucraina, Kiev non pensa ad altro che a “costruire una nazione politica ucraina” senza considerare il mosaico etnico dei popoli che vivono nel paese. Insieme alla cittadinanza assegna a tutti una nazionalità ufficiale, ossia quella ucraina. In realtà, questo progetto ha portato ad una lenta distruzione della diversità etnica del paese. Non sorprende che gli abitanti della Transcarpazia si siano sentiti offesi, afferma l’esperto di politica ucraino Rostislav Iščenko.

Come gli “arancioni”, il movimento di protesta nato in Ucraina, le attuali autorità di Kiev in ogni occasione hanno criticato il patto Molotov-Ribbentrop, anche se grazie ad esso Kiev ha ottenuto la Galizia, la Volinia, la Bucovina e la Transcarpazia. Budapest è pronta a riesaminare le frontiere.
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/2014_04_23/Gli-ungheresi-in-Ucraina-vogliono-l-autonomia-5589/

La potenza algerina

Fonte: http://temi.repubblica.it/limes/la-potenza-algerina/40174


[Carta di Laura Canali – per ingrandirla scarica “Fronte del Sahara” su iPad]

“Un’interpretazione alternativa del ruolo dell’Algeria nel deserto permetterebbe di trovare un Pakistan in questo Sahelistan in crisi.

Finora si è parlato del potere algerino come di un blocco unico facente capo al presidente Bouteflika. Come spesso accade nei regimi che subiscono una forte influenza dei militari e che controllano un vasto territorio in buona parte desertico, il potere non appartiene a un’unica istituzione.

Uno dei contropoteri più forti presenti nel paese è quello del Drs (Département du renseignement et de la sécurité), i servizi segreti militari algerini: una nebulosa politico-militare diretta fin dal 1990 dal generale Muhammad Madyån, una delle figure più influenti dell’esercito. Il Drs è forse l’attore che più ha influenzato il destino dell’Algeria negli ultimi trent’anni e l’unico servizio di intelligence nordafricano ad aver superato la primavera araba. Altri attori importanti sono i governatori del Sud, «sovrani» di territori estremamente distanti da Algeri, che godono di una vastissima autonomia rispetto al potere centrale.

Questi nuclei di potere perseguono propri obiettivi nel Sahara-Sahel e hanno nel tempo costruito rapporti privilegiati con le forze attualmente in campo nelle tre regioni settentrionali del Mali.”

La carta mette in risalto risorse (gas, petrolio) e infrastrutture (gasdotti, oleodotti, raffinerie) dell’Algeria. Sono segnate anche le dieci città più popolose e i principali acquirenti di gas naturale algerino, a cominciare dall’Italia. Da notare l’autostrada est-ovest, lunga 1200 chilometri e intersecante Algeri, la cui costruzione è stata in parte affidata ai giganti dell’edilizia cinese CITIC e CRCC.

La Ragazza con l’orecchino di perla: Vermeer in mostra a Bologna

Scritto da: Andrea Pino
Fonte: http://www.liberamenteonline.info/

ragazza perlaL’evento artistico dell’anno. Poche le mostre che richiamano visitatori da ogni angolo del Paese, e non solo. La “Ragazza con l’orecchino di perla” ha riscosso un successo strepitoso. La mostra è iniziata da poco più di un mese e in così poco tempo è riuscita a far confluire a Bologna più di centomila visitatori. Io sono uno di questi. Ho conosciuto quest’opera non troppi anni fa, come la maggior parte di coloro che oggi vanno a farsi guardare da lei negli occhi. Pur non avendo mai, neppure adesso, visto il famoso film di Webber, “La ragazza con l’orecchino di perla”, dove ad interpretare la fanciulla era una bellissima Scarlett Johansson, è grazie a questo film che per la prima volta ho potuto prestare grande attenzione al dipinto. Il film ha un ruolo importante in questa storia; fondamentale, dato che addirittura è riuscito a modificare il nome con cui l’opera è conosciuta. In origine un ben più sobrio “ Ragazza col turbante” era il nome portato dalla fanciulla ivi rappresentata, successivamente eclissato dal ben più romantico, affascinante nome attuale, “La ragazza con l’orecchino di perla”. L’opera in sé è semplice : è il ritratto di una ragazza, dipinta a tre quarti; indosso un tipico (per l’epoca) vestito olandese e sul capo – elemento ormai poco focalizzante l’attenzione- un turbante, di fattura orientale. Ragazza dal viso roseo, magici giochi d’ombra; fondo scuro che crea quasi una tridimensionalità. Il punto focale : due pennellate di bianco sul fondo nero, una sul basso ed una sul lato. L’orecchino di perla. Un quadro semplice, dunque, ma molto affascinante. Riscoperto per caso sul finire dell’Ottocento, esso era caduto nell’ombra per molti secoli, seguendo la sorte del suo autore. Vermeer infatti non ebbe una copiosa produzione artistica. Pochi committenti importanti e l’oblio dopo la morte. Viene riscoperto, come accadde anche con Caravaggio, alla fine dell’Ottocento. Oggi è considerato uno dei maestri (insieme a Rembrandt e Hals) della cosiddetta Golden Age della pittura olandese. “La ragazza col turbante” è a buon diritto considerato il suo capolavoro. Dunque, un quadro affascinante, una mostra dai numeri record. Una operazione di marketing geniale compiuta dagli organizzatori, che hanno portato, oltre all’opera in questione, anche altri capolavori custoditi nella Mauritshuis a L’Aia, museo temporaneamente chiuso per restauri. È come se scatenasse una sorta di frenesia nella gente, persino in coloro a cui l’arte proprio non interessa. Interessa però la star. Interessa la bellezza. Interessa sentirsi come ti senti guardandola negli occhi, rapito. E in questi tempi, un po’ grigi, cosa non si farebbe per sentirsi così genuinamente felici. La Grande Bellezza vince l’Oscar e riaccende in ciascuno quella scintilla di amor di vivere. La ragazza con l’orecchino di perla ci parla, si gira mentre, ipoteticamente, io, voi, chiunque di noi la chiama; si gira e apre la bocca. Sta per dirci qualcosa, ci guarda fisso, non osa muovere lo sguardo. E neanche noi abbiamo il coraggio di congedarci da lei. Facendo ciò ci fa vivere, ci dice che la bellezza esiste, che lei è la bellezza. Non te ne puoi andare. Sgarbi ha criticato in modo crudo la mostra, definendola una volgare operazione di marketing, la prostituzione dell’arte. Arrivato a Bologna, mi sono ritrovato accerchiato da riproduzioni del quadro: alberghi, negozi, ristoranti, garage, ovunque. Mi venne subito da pensare che Sgarbi aveva ragione, non si può prostituire per così biechi fini economici l’arte. L’arte è quella nascosta, l’arte è quella che scopri. La ragazza, pensavo, è già dentro di me, è già chiara nella mia mente: posso anche non andare a vederla, la conosco già. Questo lo spirito con cui mi sono presentato al botteghino, in fila per entrare. Un’aria di sufficienza mi pervadeva. Viste le opere esposte nelle altre sale, ero alzare lo sguardo anche ai meravigliosi soffitti affrescati niente poco di meno che da Annibale Carracci, e pensavo che quella sì che era arte ! Altro che “La ragazza con l’orecchino di perla”. Assorto in questi pensieri entro all’improvviso nell’ultima sala, buio totale. Solo una luce: era lei. Mi aspettava per farmi ricredere, mi aspettava per rapirmi, mi aspettava per dirmi che, sì l’avevo guardata tante volte altrove, ma ora lei era lì, viva in me. C’era molta gente in sala, io vedevo solo lei che stava per girarsi, con le labbra socchiuse, con l’elegante orecchino, con il cobalto turbante. Era la bellezza. Fu la sindrome di Stendhal. E’ meravigliosa. La ragazza col turbante si fermerà a Bologna, presso Palazzo Fava, sino al 25 maggio. Vale sempre la pena guardare un’opera d’arte. L’arte, l’amore, la bellezza, la cultura ci distinguono dall’istinto animale. A chi ha modo di farlo, consiglio di andare a visitare la Grande Bellezza secondo Vermeer.

First complete translation in English of Girolamo Cardano’s De Subtilitate published in Arizona.

Scritto da: Angelo Paratico
Fonte: http://beyondthirtynine.com/complete-translation-in-english-of-girolamo-cardanos-de-subtilitate-published-in-arizona/

Cardanbooks-264x192The book De Subtilitate written by Girolamo Cardano (1501 – 1576?) – translated as On Subtlety – was published by three different printers in the same year, 1550. In Nuremberg by Johannes Petreius; in Paris, by Guillaume de Roville and by Michel Fezendat. This is a mark of popularity virtually unmatched during the Renaissance. In fact this book marked the apex of glory for Girolamo Cardano, the famous Milanese polymath, doctor, philosopher, astrologer. In 1552 Girolamo Cardano travelled to Scotland to cure John Hamilton (1512 – 1571) and on the way back, he did stop in London, where he had a private interview with King Edward VI (1537 – 1553). Several editions of  De Subtilitate will follow as it came to be seen a sort of encyclopaedia – albeit scientifically not critical – of all what was by then known to mankind.

Only five years earlier Cardano had published the Artis Magnae, also in Nuremberg, with Petreius – one of the greatest printers of the Renaissance – a revolutionary text of mathematics, marking the first advancement in the field of algebra since the Arabs.

The De Subtilitate was never translated into Italian – perhaps due to the fact that a book put together with the scraps left over from it and known as De Rerum Varietate of 1557 was placed in the Index of the Forbidden Books by the Catholic Church and in 1570 Cardano suffered the humiliation of being locked in prison for several months by the Holy Inquisition. De Subtilitate was translated into French in 1556 by Richard Le Blanc and several vernacular editions did follow,  an unusual practice for scholarly book at the time, when every learned person was expected to read in Latin but which clearly underline the strong popular appeal exerted by this work.

After the publication of Girolamo Cardano’s Opera Omnia in Lyon, 1663, in 10 thick folio volumes, also the De Subtilitate was forgotten. What remained in print was his De Vita Propria, a sort of autobiography or better say his Apologia. Today we normally stumble into the De Subtilitate when Leonardo Da Vinci’s engineering feats are described. Is Cardano who tells us that Leonardo tried to fly but failed. This is an extraordinary statement and an highly credible one  if we consider that Cardano almost certainly met the great Florentine while he had returned to Milan for a second time, following the downfall of Ludovico il Moro. Girolamo Cardano’s father, Fazio, is mentioned by Leonardo in the Codex Atlanticus.

The popularity of the De Subtilitate, as it was expected, attracted also strong criticism, the strongest being that raised of Julius Caesar Scaliger (1484 – 1558) a Veronese living in France. He built his reputation by unleashing rabid attacks against famous writers, like Erasmo of Rotterdam, to mention one, as he was a sort of literary bully, like Piero Aretino. He set to attack Cardano by publishing his Exotericarum Exercitationorum Liber XV de Subtilitate it was a pettifogging attack on Cardano’s book and which could be classified today as unreadable trash. Scaliger tried to demonstrate that Cardano did hundreds of mistakes in his book. But this attack comically backfired when Scaliger was told that on reading his book in Milan, Cardano had a stroke and died. He quickly went out with a new book overflowing with gall and hypocrisy in which he said that he felt sorry to have killed the poor chap with his criticism and that, after all, he was not so bad. We imagine that after a few months, downing on him that Cardano was still alive and kicking, he  tried to buy back all the copies on sale of his sleazy eulogia and have them burned at home.

The downfall of Cardano begun in 1560 with the execution of his son, Giambattista, accused of having poisoned his wife. It was then that he published the Neronis Encomium  which I had translated in English and printed in a limited edition of 250 copies two years ago, a book where classic historiography is seen with a cynic eye.

This first complete translation of De Subtilitate in English is a great scholarly achievement and the two editors and translators, John M. Forrester and John Henry deserve great praise. Their rendering into modern English of Cardano’s obscure Latin is impeccable and the great number of notes available to the readers is a clear proof of their deep research into several fields.

The resurrection of Girolamo Cardano into the Arizona desert, at Tempe, reminds me of Franz Werfel personal profecy, waking up  after ten thousand years of death wearing the tail coat he had been buried with…or another great encyclopaedist like Cardano, Denis Diderot, who argued that since he did not believe in an Heavenly reward for philosophers, the only hope left was that of being part of the collective memory of posterity as a substitution of Christian immortality.

 

THE SUBTILITATE of Girolamo Cardano

Edited by John M. Forrester, with an Introduction of John Henry and John M. Forrester

The Arizona Centre for Medieval & Renaissance Studies, Tempe, Arizona, 2013.

2 Vol. Hardback, p. 1058.

ISBN 978-0-86698-484-3

Girolamo Cardano

Girolamo Cardano

– See more at: http://beyondthirtynine.com/complete-translation-in-english-of-girolamo-cardanos-de-subtilitate-published-in-arizona/#sthash.EerEtPai.dpuf

The book De Subtilitate written by Girolamo Cardano (1501 – 1576?) – translated as On Subtlety – was published by three different printers in the same year, 1550. In Nuremberg by Johannes Petreius; in Paris, by Guillaume de Roville and by Michel Fezendat. This is a mark of popularity virtually unmatched during the Renaissance. In fact this book marked the apex of glory for Girolamo Cardano, the famous Milanese polymath, doctor, philosopher, astrologer. In 1552 Girolamo Cardano travelled to Scotland to cure John Hamilton (1512 – 1571) and on the way back, he did stop in London, where he had a private interview with King Edward VI (1537 – 1553). Several editions of  De Subtilitate will follow as it came to be seen a sort of encyclopaedia – albeit scientifically not critical – of all what was by then known to mankind.

Only five years earlier Cardano had published the Artis Magnae, also in Nuremberg, with Petreius – one of the greatest printers of the Renaissance – a revolutionary text of mathematics, marking the first advancement in the field of algebra since the Arabs.

The De Subtilitate was never translated into Italian – perhaps due to the fact that a book put together with the scraps left over from it and known as De Rerum Varietate of 1557 was placed in the Index of the Forbidden Books by the Catholic Church and in 1570 Cardano suffered the humiliation of being locked in prison for several months by the Holy Inquisition. De Subtilitate was translated into French in 1556 by Richard Le Blanc and several vernacular editions did follow,  an unusual practice for scholarly book at the time, when every learned person was expected to read in Latin but which clearly underline the strong popular appeal exerted by this work.

After the publication of Girolamo Cardano’s Opera Omnia in Lyon, 1663, in 10 thick folio volumes, also the De Subtilitate was forgotten. What remained in print was his De Vita Propria, a sort of autobiography or better say his Apologia. Today we normally stumble into the De Subtilitate when Leonardo Da Vinci’s engineering feats are described. Is Cardano who tells us that Leonardo tried to fly but failed. This is an extraordinary statement and an highly credible one  if we consider that Cardano almost certainly met the great Florentine while he had returned to Milan for a second time, following the downfall of Ludovico il Moro. Girolamo Cardano’s father, Fazio, is mentioned by Leonardo in the Codex Atlanticus.

The popularity of the De Subtilitate, as it was expected, attracted also strong criticism, the strongest being that raised of Julius Caesar Scaliger (1484 – 1558) a Veronese living in France. He built his reputation by unleashing rabid attacks against famous writers, like Erasmo of Rotterdam, to mention one, as he was a sort of literary bully, like Piero Aretino. He set to attack Cardano by publishing his Exotericarum Exercitationorum Liber XV de Subtilitate it was a pettifogging attack on Cardano’s book and which could be classified today as unreadable trash. Scaliger tried to demonstrate that Cardano did hundreds of mistakes in his book. But this attack comically backfired when Scaliger was told that on reading his book in Milan, Cardano had a stroke and died. He quickly went out with a new book overflowing with gall and hypocrisy in which he said that he felt sorry to have killed the poor chap with his criticism and that, after all, he was not so bad. We imagine that after a few months, downing on him that Cardano was still alive and kicking, he  tried to buy back all the copies on sale of his sleazy eulogia and have them burned at home.

The downfall of Cardano begun in 1560 with the execution of his son, Giambattista, accused of having poisoned his wife. It was then that he published the Neronis Encomium  which I had translated in English and printed in a limited edition of 250 copies two years ago, a book where classic historiography is seen with a cynic eye.

This first complete translation of De Subtilitate in English is a great scholarly achievement and the two editors and translators, John M. Forrester and John Henry deserve great praise. Their rendering into modern English of Cardano’s obscure Latin is impeccable and the great number of notes available to the readers is a clear proof of their deep research into several fields.

The resurrection of Girolamo Cardano into the Arizona desert, at Tempe, reminds me of Franz Werfel personal profecy, waking up  after ten thousand years of death wearing the tail coat he had been buried with…or another great encyclopaedist like Cardano, Denis Diderot, who argued that since he did not believe in an Heavenly reward for philosophers, the only hope left was that of being part of the collective memory of posterity as a substitution of Christian immortality.

 

THE SUBTILITATE of Girolamo Cardano

Edited by John M. Forrester, with an Introduction of John Henry and John M. Forrester

The Arizona Centre for Medieval & Renaissance Studies, Tempe, Arizona, 2013.

2 Vol. Hardback, p. 1058.

ISBN 978-0-86698-484-3

Girolamo Cardano

Girolamo Cardano

– See more at: http://beyondthirtynine.com/complete-translation-in-english-of-girolamo-cardanos-de-subtilitate-published-in-arizona/#sthash.EerEtPai.dpuf