Rifugiati: dal “vade retro” al grande business

Fonte: http://www.ilcambiamento.it/articoli/rifugiati-dal-vade-retro-al-grande-business

Sono trascorsi quasi due anni da quando i primi arresti e la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare relative all’indagine “Mondo di mezzo” gettarono un’ombra più che oscura sul sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma. Ora esce il rapporto “Il mondo di dentro”, realizzato dall’associazione nazionale Lunaria. Ed è un faro impietoso sulla realtà.

Rifugiati: dal

«Tra l’accettazione della “malaccoglienza” così com’è e la privatizzazione completa della sua gestione (che forse piacerebbe a qualcuno) c’è, deve esserci, una terza possibilità che è quella di una riforma profonda delle politiche attuali. Ma questa è possibile solo se si individuano e si rimuovono le cause che stanno alla base della cattiva accoglienza» spiegano da Lunaria, il cui rapporto fa un quadro del sistema dell’accoglienza dei rifugiati in Italia e in particolare a Roma.

«Alcune di queste, forse le più determinanti, non sono di competenza dei singoli amministratori locali o dei singoli Prefetti che gestiscono i servizi di accoglienza sul territorio – commentano i portavoce dell’associazione – Ci riferiamo in primo luogo alle scelte adottate dall’Unione Europea (frutto di un pessimo e per altro non ancora riuscito compromesso tra i Governi degli Stati membri) che da un lato continua a privilegiare le politiche del rifiuto (controllo dei mari e delle frontiere, rimpatri, cooperazione sporca con Paesi retti da dittature come il Sudan o la Somalia o in cui i diritti umani sono sistematicamente violati come la Turchia; espulsioni programmate verso Paesi, come l’Afganistan, che definire sicuri è un vero oltraggio); dall’altro non fa niente per fermare i conflitti, come quello siriano, nei Paesi di origine delle molte persone che arrivano, contribuendo ad alimentare i flussi di rifugiati. Vi sono però anche responsabilità squisitamente nazionali e locali, politiche e amministrative. Per quanto riguarda le prime, è quanto meno bizzarro che la crescita degli arrivi di migranti sulle nostre coste sia periodicamente evocata dal nostro Governo come un’“emergenza” per giustificare l’inadeguatezza del nostro sistema di accoglienza. Anche limitando al minimo l’orizzonte della nostra memoria, non è possibile fare a meno di ricordare ciò che successe già nel 2011, l’anno della cosiddetta “Emergenza Nord-Africa”: poco più di 62mila persone furono accolte solo grazie all’allestimento di un programma di accoglienza straordinario che, per altro, risultò altrettanto straordinariamente costoso. Oggi il numero di persone che giungono sulle nostre coste in cerca di protezione è molto più alto: sono già più di 145mila quelle arrivate quest’anno. E, a distanza di cinque anni, non siamo ancora preparati ad accoglierle bene. Tra le cause principali di questa cronica inadeguatezza vi è sicuramente la lentezza con la quale i principi assunti nel piano nazionale di accoglienza varato nel luglio 2014 da Governo, Regioni ed enti locali (coordinamento interistituzionale, distribuzione dell’accoglienza sul territorio) sono stati tradotti in concrete scelte politiche».

«Sono infatti molti i Comuni che si rifiutano di aderire alla rete Sprar, il cui ampliamento dovrebbe garantire il consolidamento di un sistema di accoglienza ordinario, coordinato e uniforme su tutto il teritorio nazionale. Ciò innesca un circolo vizioso che continua a riprodurre interventi in emergenza gestiti dal Ministero dell’Interno tramite i Prefetti, chiamati ad aprire nuove strutture temporanee in corrispondenza dei nuovi arrivi: a tutt’oggi, a livello nazio- nale, il 77% dei richiedenti protezione internazionale sono accolti nel sistema di accoglienza straordinaria costituito dai Cas, in capo alle Prefetture. La straordinarietà richiede procedure di emergenza, queste a loro volta favoriscono l’ingresso nella rete degli enti gestori di attori privi di esperienza, interessati più ai profitti che possono derivare dalla gestione dei servizi che alla loro qualità e ai diritti delle persone cui sono destinati. Lo spazio per la cattiva gestione e il cattivo trattamento delle persone si riproduce così all’infinito. In questo contesto va collocato il sistema di accoglienza romano, le cui disfunzioni hanno però concause specificamente radicate nelle scelte politiche e nelle prassi amministrative delle istituzioni cittadine, come purtroppo l’indagine su Mafia Capitale ha fatto emergere molto bene. Su queste si sofferma Il mondo di dentro. L’intreccio perverso tra politica, criminalità e affari che la Procura di Roma ha messo in luce con l’inchiesta “Mondo di mezzo” supera di gran lunga quanto in molti e da tempo hanno cercato di denunciare restando del tutto inascoltati. Del business che si è sviluppato attorno alla gestione dell’accoglienza dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati così come dei cosiddetti “campi nomadi”, non solo a Roma, noi insieme a molti altri abbiamo parlato in più occasioni. L’inchiesta racconta un sistema di potere e di controllo economico della Capitale (e non solo) occulto e inquietante per la sua trasversalità e pervasività. I giudici non a caso lo hanno definito un sistema reticolare, esplicitando molto bene che l’utilizzo improprio delle risorse pubbliche ha oltrepassato in questa città qualsiasi confine politico, mettendo in relazione tra loro rappresentanti politici, amministratori, manager ed esponenti della malavita con storie politiche molto diverse tra loro. Sarà la magistratura a decidere se le contestazioni sollevate nel corso delle indagini preliminari abbiano o no un fondamento. Il nostro compito è invece quello di non dimenticare e di andare oltre una lettura esclusiva- mente emotiva, effimera e scandalistica di quanto successo per evitare che, relegata nelle aule del Tribunale l’inchiesta tuttora in corso, tutto torni a funzionare esattamente come prima».
«Per queste ragioni – proseguono i portavoce di Lunaria – abbiamo ritenuto utile ricostruire come è stato disegnato il sistema di accoglienza romano negli ultimi tre anni, quali sono stati gli attori in campo, le procedure seguite per affidare i servizi, le carenze strutturali e le prassi amministrative che hanno aperto il varco all’utilizzo improprio, per usare un eufemismo, delle risorse pubbliche stanziate. Perché, se è vero che le evidenze emerse lasciano trasparire vizi e carenze sistemici, innanzitutto nel funzionamento dell’apparato politico-amministrativo del Comune di Roma, uno dei compiti delle organizzazioni della società civile è quello di verificare se e quali provvedimenti siano stati adottati per rimuoverli, tentando di delineare alcune possibili vie di uscita. Noi pensiamo che le istituzioni pubbliche nazionali e locali debbano mantenere un ruolo centrale di indirizzo, coordinamento e controllo delle politiche di accoglienza, ma, per migliorare davvero i servizi rivolti ai richiedenti asilo nella nostra città, occorre identificare innanzitutto puntualmente le loro criticità per poi tracciare alcune delle possibili soluzioni. Il mondo di dentro intende offrire un contributo in questa direzione analizzando i due princi- pali sistemi in cui si articola oggi il sistema pubblico di accoglienza della capitale: quello dei Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) in capo alla Prefettura e il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo (Sprar)».

Non essere impaziente, ciò che meriti arriverà al momento giusto

Scritto da: Marta Albè
Fonte: https://www.greenme.it/vivere/mente-emozioni/22137-cio-che-meriti-arriva-momento-giusto

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La pazienza è una grande virtù. E’ importante saper aspettare senza cadere nella disperazione, nell’ansia e nelle preoccupazioni inutili.

Sono poche le persone dotate realmente di questa qualità, soprattutto perché tutti noi viviamo in un mondo che corre. La vita al momento giusto ci dona e ci restituisce tutto ciò che ci appartiene, non dobbiamo dimenticarlo mai.

Non possiamo pensare che tutto ciò che desideriamo possa avverarsi subito. Esiste in realtà un momento giusto per ogni cosa. Uno degli ambiti in cui si tende ad essere impazienti è l’amore. In questo caso dovremmo ricordare che la persona giusta arriverà soltanto quando saremo davvero pronti ad accoglierla.

Attendiamo le ricompense che meritiamo

A volte nella vita pensiamo di meritare delle ricompense per il nostro impegno, ma non sempre arrivano quando ce le aspettiamo. Esiste il momento giusto anche per ricevere i benefici che meritiamo. Tutto avviene in perfetta sincronia e il più delle volte avere ansia e fretta durante l’attesa non serve a nulla.

Impariamo ad attendere con pazienza che i frutti siano maturi senza accelerare le cose. Solo quando i frutti saranno maturi potremo gustare e apprezzare tutta la loro dolcezza.

Quando meritiamo davvero una ricompensa proviamo a lasciare che le situazioni scorrano naturalmente e che tutto torni al proprio posto in automatico.

Ogni cosa ha un tempismo perfetto

Il tempo è il miglior maestro e il miglior compagni della nostra vita. Ci insegna a valorizzare ciò che abbiamo, a ricevere ed accogliere ciò che arriva di nuovo.

Se qualcuno o qualcosa si allontana da noi, possiamo lottare per riappropriarcene oppure donare libertà e rimanere in attesa di ciò che accadrà.

Se un amico si allontana da noi, forse non era un vero amico, ma potrebbe ritornare in futuro, soltanto al momento giusto per noi. Non possiamo costringere nessuno a rimanere al nostro fianco se vuole allontanarsi.

A volte nella vita le strade delle persone si separano, non sappiamo se potranno mai ricongiungersi, possiamo cercare una riappacificazione ma la nuova unione dei percorsi avverrà solo se saremo davvero pronti ad accettarla.

Coltivare la pazienza può esserci d’aiuto per imparare a vivere davvero nel presente. Non possiamo mai sapere cosa ci riserverà davvero il futuro, l’unico modo per saperlo è attendere e provare a migliorare la nostra vita quotidiana passo dopo passo.

Peter Deunov: perchè ci ammaliamo?

Scritto da: Cristina Bassi
Fonte: http://www.thelivingspirits.net/medicina-spirituale-peter-deunov/peter-deunov-perche-ci-ammaliamo.html

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L’insegnamento di Peter Deunov, bulgaro (morto nel 1944 a Sofia), fu di carattere orale, dedicato a giovani, adulti e donne. L’insediamento (“comunità” stanziale) che si sviluppò intorno a lui, occupò l’area che poi sarebbe diventata (e tutt’ora lo è) di proprietà dell’ambasciata russa a Sofia. Fu noto anche a politici e funzionari governativi.  Si occupò di vari settori della vita ed anche delle salute (studiò medicina in USA, a Boston).

Il suo insegnamento sottolinea che per la nostra salute anche i pensieri hanno un ruolo centrale. Infatti se non diamo al nostro pensiero la possibilità di realizzarsi, provochiamo un’esplosione nel sistema nervoso cerebrale. Ma anche se reprimiamo i nostri sentimenti, provochiamo un’esplosione nel sistema nervoso simpatico.
I pensieri disarmonici disorganizzano il sistema nervoso cerebrale; i sentimenti disarmonici disorganizzano il sistema nervoso simpatico e gli atti disarmonici disorganizzano il sistema muscolare e quello osseo.

Non ci sono veleni più forti dei pensieri,dei sensi e degli atti negativi umani. Tali veleni sono la paura, l’odio, il sospetto e si ammassano nel sangue e lo avvelenano. I pensieri negativi del dubbio e dell’incredulità si riflettono in modo negativo su tutto l’organismo umano – sul cervello, sui polmoni, sul fegato, sul cuore e sulla totale vitalità e in seguito a ciò il sistema nervoso perde vigore e s’indebolisce del tutto.

E’ fondamentale che ci sia armonia tra la mente e il cuore, perchè in caso contrario, ci sarà malessere, scoraggiamento, paura, inquietudine, scontentezza, odio ecc.

Se stiamo sempre in apprensione, provochiamo dapprima una scossa all’apparato digerente, poi la scossa si estende ai polmoni, da qui al cervello e da qui al nervo ottico. Quando si indebolisce il nervo ottico, perdiamo gradualmente la vista.

Ma anche quando nel nostro pensiero entrano sensi cattivi ed inquieti, la vista si indebolisce, poichè essi induriscono i nervi. La conseguenza è la perdita della loro elasticità. Gli occhi si indeboliscono per ansia e pensiero irregolari.

La digestione è un processo non solo fisiologico, ma anche psichico. L’avidità verso il cibo, la golosità e la gran voglia di provare piacere, disorganizzano il sistema gastrico. Se non funziona lo stomaco, si disorganizza anche il sistema cerebrale.

L’insonnia, sembra essere la conseguenza di energia superflua nel cervello. Per liberarcene, dobbiamo fare esercizi, grazie ai quali possiamo dirigerla verso un’altra parte del corpo: o verso la punta del naso concentrandoci 5 minuti con il pensiero; oppure lavandoci le gambe con acqua calda, perché il sangue scenda verso il basso.

L’eccesso di energia in certe parti del corpo è una delle cause della malattie. Per esempio, l’energia superflua nella testa provoca il mal di testa e l’energia superflua di qualche componente del sistema gastrico provoca l’indigestione.

Le cattive parole si riflettono negativamente sul fegato. Una volta disorganizzato il fegato, si disorganizza sia il sistema nervoso, che la digestione. Quindi se vogliamo stare sani… dobbiamo usare parole positive e buone.

Il sangue puro è per l’uomo l’unica salvezza dai microbi. Quando il sangue è assolutamente puro, senza fondi organici, l’uomo resiste ai microbi di ogni specie. Anche se i microbi arrivano nel suo sangue, non avranno nessuna possibilità di moltiplicarsi.

Il sangue impuro provoca il raffreddamento delle estremità. Nell’organismo il sangue impuro produce l’elettricità e quello puro il magnetismo. L’elettricità produce il freddo e il magnetismo il calore.

L’aria e l’acqua inquinate, il cibo scadente sono causa di malattia. Chi vuole essere sano, deve respirare aria pura, bere acqua pura, mangiare cibo puro e digeribile e non deve mai mangiare troppo.

Quando ci arrabbiamo, la cistifellea non può più funzionare bene, ed è cosi che inizia una disorganizzazione di tutto l’organismo. L’uomo deve mangiare cibo piacevole per sé stesso, per poter trasformare i suoi sensi e per assimilare regolarmente la bile.

Quando aumenta l’attività mentale dell’uomo, diminuisce l’attività del corpo fisico. E’ per questo che oggi molta gente è tanto nervosa. Per non sfinire il proprio sistema nervoso, l’uomo deve saper rimandare al cuore una parte delle proprie forze mentali.

Oggi (parliamo di prima degli anni ’44! ndt) l’uomo non sa camminare regolarmente e quando lo fa, spesso sussulta, “il che porta alla commozione del midollo spinale. Questa commozione si trasmette al cervello e poi a tutto il sistema nervoso. E poi gli uomini non capiscono perché sono nervosi!”

L’uomo diventa nervoso, asciutto per mancanza di acqua nell’organismo. Comincia a stuzzicare gli altri, a provocarli, è disposto a sgridare e a prendersela con tutti.

La menzogna crea ulcere allo stomaco. La bugia cambia la composizione chimica del sangue e dei tessuti nell’organismo. Mentendo l’uomo comincia ad avere paura. Questa paura provoca la stenosi dei vasi sanguigni e dei tessuti.

da “Health and Sickness” pubblicato in inglese nel 2004 e compilato dal Dr Vassil
traduzione Cristina Bassi per www.thelivingspirits.net

Gli amminoacidi e i loro campi di applicazione

Fonte: http://www.amminoacido.com/campi-di-applicazione/

zusammenenfassung-vielzahl-von-studien-zu-positiven-auswirkungen-von-aminosaeuren

Gli amminoacidi costituiscono la base di tutti i processi vitali poiché sono assolutamente indispensabili per ogni processo metabolico.

Il compito più importante è rappresentato da:

  • il trasporto ottimale e
  • l’immagazzinamento ottimizzato di tutte le sostanze nutritive (acqua, grassi, carboidrati, proteine, minerali e vitamine).

In sostanza, quasi tutte le malattie della civilizzazione come il sovrappeso, il colesterolo elevato, il diabete, i disturbi del sonno, le disfunzioni erettili e l’artrosi sono da ricondurre ai disturbi metabolici.  Lo stesso vale anche per la caduta dei capelli e per una notevole formazione delle rughe. Per questo motivo è importante affrontare il problema alla radice e fare in modo che il corpo abbia a disposizione una quantità sufficiente degli amminoacidi di vitale importanza. Purtroppo, a causa della sempre minore qualità degli alimenti, ciò non sempre accade. Per questo motivo, è assolutamente consigliabile una integrazione alimentare con amminoacidi.

Il Senegal lancia il secondo “bitcoin africano”

Scritto da: Matteo Cavallito
Fonte: http://www.valori.it/finanza-etica/senegal-lancia-secondo-bitcoin-africano-15632.html

Il Senegal lancia è pronto a lanciare la sua moneta virtuale basata sulla tecnologia blockchain, la stessa alla base del bitcoin. Lo riferisce il portale iAfrikan. La moneta, denominata eCFA, avrà pieno corso legale e sarà equiparata alla valuta tradizionale. Con questa iniziativa, realizzata in accordo con le normative in materia redatte dalla Banque Centrale des Etats de l’Afrique de l’Ouest (BCEAO) e la Central Bank of West African Economic and Monetary Union (WAEMU), il Senegal diventerà il secondo Paese al mondo a garantire un sistema di transazioni in valuta virtuale nazionale, un’operazione realizzata per la prima volta dalla Tunisia alla fine del 2015.

L’introduzione della eCFA, nota iAfrikan, evidenzierebbe ulteriormente quanto la regione sia ormai “un terreno fertile per la sperimentazione e lo sviluppo di nuove soluzioni nel comparto FinTech”, la tecnologia a sostegno dei servizi finanziari. Nel 2007 il Kenya aveva lanciato M-Pesa un sistema di pagamento basato sui telefoni cellulari seguito, tra gli altri, dal BitPesa, uno strumento che utilizza i bitcoin per la gestione delle rimesse. Prossimamente, segnala il portale, il sistema eCFA dovrebbe essere esteso, d’intesa con la WAEMU, ad altri sette Paesi africani: Costa d’Avorio, Benin, Burkina Faso, Mali, Niger, Togo e Guinea-Bissau.

Lago Roopkund: Un cimitero a cielo aperto in cima all’Himalaya

Fonte: http://misteridelmondo.it/lago-roopkund-scheletri-himalaya/

Nell’altopiano dell’Himalaya, nello stato di Uttarakhand in India, ad un’altitudine di 5.209 metri si trova il lago Roopkund; il lago Roopkund è situato in una zona remota dell’Himalaya dove regnano sovrani ghiacciai e montagne rocciose ricoperte di neve. A primo impatto non è molto differente da un comune lago di montagna: è piccolo, la sua profondità è di soli 2 metri e rimane in genere completamente ghiacciato durante la maggior parte dell’anno.

Eppure, per un mese all’anno, quando la neve e il ghiaccio si sciolgono, diventa evidente il motivo per cui il lago Roopkund si sia guadagnato il nomignolo di “Lago degli Scheletri”, infatti scrutando l’acqua che col disgelo diventa limpida, si possono vedere una moltitudine di antichi scheletri.
Gli scheletri visibili nelle acque del lago Roopkund, risalgono anche ad oltre 1200 anni fa. Quello a cui si può assistere durante un’escursione tra le cime maestose dell’altopiano è veramente uno spettacolo inquietante.

lago roopkund

L’analisi forense ha sottolineato che le lesioni al cranio sono state causate da una sorta di oggetto arrotondato, aggiungendo a questo mistero il fatto che tutti i resti mostrano solo lesioni traumatiche alla testa ed alle spalle e non altrove, come se fossero stati colpiti improvvisamente e violentemente dall’alto.
Questi risultati sembrano confermare una delle più bizzarre ipotesi fatte, e cioè che le persone morte nel lago Rookpund, fossero si morte contemporaneamente, ma non in seguito ad una frana, ma bensì perché colpite da un intensa grandinata con chicchi di grandine di dimensioni notevoli, simili a delle palle da baseball.

In molti hanno sempre scartato questa ipotesi avvalorandone altre, ma secondo gli scienziati della National Geographic questa è l’unica plausibile spiegazione razionale dati i risultati dei loro studi.
Negli ultimi anni il lago Rookpund è diventato una vera e propria meta per escursionisti ed appassionati, tanto da minacciare l’incolumità di questo luogo sinistro, visto che sono sempre di più gli avventurieri che vogliono accaparrarsi uno scheletro come cimelio. Tutti si chiedono cosa sia successo centinaia di anni fa, chi fossero quelle persone e cosa ci facessero in un luogo così impervio, ma se continueranno a strappare via le ossa dal lago Rookpund a questo ritmo, questo mistero che dura da più di mille anni, potrebbe scomparire per sempre.

TORINO MAGICA, I TRIANGOLI MAGICI

Fonte: http://www.storiamito.it/torino_magica_triangoli.asp

C’è un’altra Torino celata agli occhi dei più, non la Torino dei grandi palazzi, dei parchi, ma la città che vanta tradizioni esoteriche antiche di secoli.

Troppe volte considerata soltanto il vertice del satanismo europeo e del culto massonico, per via del triangolo di energia nera che la accomuna a Praga e Lione, la Torino sotterranea tra cunicoli, passaggi e rifugi ha accolto e dato protezione a grandi nomi come Cagliostro e Nostradamus.

Nel 1556 Nostradamus giunse a Torino e soggiornò nella “Domus Morozzo, distrutta poi da un incendio in cui si disse bruciò anche una sua incisione che recava scritto:

“Nostradamus ha soggiornato qui, dove c’è il Paradiso, l’Inferno e il Purgatorio.
Io mi chiamo la Vittoria.
Chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera”.
Paradiso, Inferno, Purgatorio, magia bianca e magia nera.

Che legame hanno questi racconti con la nostra città, che secondo un’antica leggenda fu fondata dagli antichi egizi? ( SHRY-APY (pron. SHERY APY) = piccolo toro)
Fondata nientemeno che da Fetonte, figlio di Iside dea della magia, che scelse l’incrocio tra i fiumi Dora e Po per innalzare un centro di culto al dio Apis che gli antichi egizi rappresentavano con le sembianze di un toro.
Il fiume Dora che rappresenta la Luna cioè la parte femminile e il Po che rappresenta il sole, quindi la parte maschile.
Innanzi tutto gli studiosi di esoterismo pongono Torino al vertice di due triangoli geografici:
quello di magia bianca che la unisce a Praga e a Lione quello di magia nera che la collega a Londra e a San Francisco.
Inoltre, la sua pianta romana pone le porte d’ingresso in corrispondenza dei quattro punti cardinali.
Nulla sembra lasciato al caso.
Torino è allineata sul 45° parallelo, segnato dalla fontana con obelisco, la Fontana del Frejus, che domina Piazza Statuto ed è considerato uno dei punti più negativi della città.
Poco distante in Piazza Solferino troviamo la “Porta dell’Infinito” rappresentata dalla Fontana Angelica

Inoltre, la tradizione racconta che lo sguardo della statua che rappresenta la Fede, davanti alla Gran Madre, indichi il luogo dove sono nascoste le informazioni per trovare il Santo Graal e il castello di Moncalieri fu una delle sedi dei cavalieri Templari!

Il Duomo racchiude una delle reliquie più prestigiose “La Sacra Sindone”, il telo che avvolgeva il corpo di Gesù dopo la crocifissione.
Ma non finisce qui.
Oltre al Museo Egizio, secondo solo a quello de Il Cairo, sotto Palazzo Madama si dice vi siano le “Grotte Alchemiche” sede di misteriosi alchimisti medioevali.
Potremo andare avanti all’infinito a raccontare della dualità di Torino, del bene e del male, di magia bianca e di magia nera.

DELITTO PASOLINI / IL CASO SI RIAPRE, TROVATO IL DNA DI IGNOTO 3

Scritto da: Andrea Cinquegrani
Fonte: http://www.lavocedellevoci.it/?p=8401

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Pasolini, delitto di Stato. Come fu per il presidente dell’Eni Enrico Mattei e per il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro, per il magistrato Pietro Scaglione e il vicequestore di Palermo Boris Giuliano. Buchi neri nella nostra storia, Servizi fino ad oggi perfetti. Ma qualcosa nella trama potrebbe rompersi.

A 41 anni esatti dal massacro di quel corpo all’Idroscalo di Roma, da quell’estremo sacrificio in nome della Verità, forse si apre uno spiraglio. Il 31 ottobre, infatti, l’avvocato Stefano Maccioni, legale del cugino di Pier Paolo, Guido Mazzon, ha chiesto la riapertura delle indagini perchè con la prova del Dna si ha oggi la certezza di almeno un terzo protagonista sulla scena del delitto: quell’Ignoto 3 fino ad oggi rimasto sempre nell’ombra. Ma dagli accertamenti scientifici potrebbero saltare fuori anche altre presenze: perchè – come viene ricostruito con estrema chiarezza nel film appena uscito “La macchinazione”, protagonista Massimo Ranieri nelle vesti di Pier Paolo – c’erano parecchi malavitosi (con ogni probabilità manovalanza della banda della Magliana) ad affollare quel macabro palcoscenico nella notte del 2 novembre 1975.

I titoli dei quotidiani sulla morte di Pasolini. Nel montaggio di apertura Pier Paolo Pasolini. In primo piano Eugenio Cefis

I titoli dei quotidiani sulla morte di Pasolini. Nel montaggio di apertura Pier Paolo Pasolini. In primo piano Eugenio Cefis

L’avvocato Maccioni (il cui studio legale è stato forzato da “ignoti” lo scorso marzo) ha appena consegnato al pm Francesco Minisci della procura di Roma la richiesta di riapertura indagini; e sottolinea come, sulla base di un parere pro veritate della genetista legale Marina Baldi, la sera del delitto oltre a Pier Pasolini e a Giuseppe Pelosi era presente almeno una terza persona. “Abbiamo il profilo biologico di questo ignoto – osserva Maccioni – la Baldi nella sua relazione pone in evidenza alcuni elementi molto importanti. In particolare, riprendendo quanto sostenuto dal RIS, afferma: ‘Sul reperto 7, maglia di lana a maniche lunghe, ci sono altri due DNA, di cui quello del 2° soggetto ignoto è misto al DNA di Pasolini, ed è stato riscontrato anche su altri reperti, ma quello appartenente a ‘3° soggetto ignoto’ è un profilo singolo, estrapolato da una traccia verosimilmente ematica’. Insomma, c’è l’impronta biologica di qualcuno che, nel momento in cui c’è stato il contatto con la vittima, era ferito, con ferita recente perchè perdeva sangue”.

OCCHIO ALLA BANDA DELLA MAGLIANA

Mauro De Mauro

Mauro De Mauro

Prosegue Maccioni. “Chiediamo alla procura di Roma di procedere alla riapertura delle indagini al fine di individuare a chi appartenga il profilo biologico di ignoto 3, oltre che ovviamente quello degli altri DNA rimasti allo stato ignoti. Riteniamo che la procura potrebbe restringere il campo d’azione utilizzando la tecnica NGS (Next Generation Sequences, ndr), ma soprattutto indagando nell’ambito della criminalità romana dell’epoca, considerando soprattutto coloro che gravitavano intorno alla neonascente Banda della Magliana”. E ancora: “Abbiamo evidenziato un nome tra tutti, quello del professor Aldo Semerari, che ricorre nella memoria presentata dai pm in relazione al processo di Mafia Capitale e che guarda caso era stato anche il consulente di Pino Pelosi nel primo processo innanzi al tribunale per i minorenni. Ci auguriamo che l’aver ancorato la nostra richiesta ad un dato incontrovertibile, come il DNA, induca la procura di Roma, nella quale riponiamo la massima fiducia, a continuare nella ricerca della verità”.

Due incisi. Il criminologo Aldo Semerari venne ammazzato dalla camorra, che lo decapitò; aveva effettuato diverse perizie psichiatriche su malavitosi, compreso il boss del Nco, don Raffaele Cutolo: sono documentati i rapporti che esistevano tra la declinante NCO e la rampante Banda della Magliana. Fu del giudice minorile Carlo Alfredo Moro – fratello dello statista Dc ucciso dalle Br per volontà di Servizi e di una parte della Dc (Andreotti e Cossiga) – la prima sentenza a carico di Pelosi, il quale – scrisse Carlo Alfredo Moro – “non agì da solo, ma in compagnia di altri soggetti rimasti ignoti”.

Qualche settimana prima Maccioni e Baldi avevano preso parte ad una conferenza stampa indetta alla Camera dei deputati dalla parlamentare Serena Pellegrini di Sel-Sinistra Italiana, per illustrare i nuovi elementi sul caso-Pasolini e la richiesta di dar vita ad una commissione d’inchiesta monocamerale. “La commissione – sottolinea Pellegrino – sia avviata quanto prima, avvalorata dai nuovi inquietanti dati: è un appello che rivolgo ai parlamentari del Pd, inizialmente partecipi del progetto di ricerca delle verità storiche e politiche, ed allo stesso premier Renzi”. Progetto di glasnost – quello sbandierato dal premier e dal Pd – a quanto pare miseramente naufragato, vista la desecretazione di atti spesso e volentieri inutili e incompleti.

Prosegue comunque la parlamentare di Sel-Si: “l’aver reso note, adesso, queste informazioni incontestabili sul piano scientifico e l’aver chiarito che l’identità di una terza persona coinvolta nell’omicidio di Pasolini è ricostruibile, tutto ciò non può essere ignorato dalla magistratura, né tantomeno da coloro che hanno derubricato questo delitto tra quelli a sfondo sessuale e scansato accuratamente la prospettiva del delitto politico. Il delitto Pasolini e l’efferato omicidio di Giulio Regeni sono due anelli della stessa catena, che si è agganciata negli anni ’70 e si allunga fino a oggi: non ci fermeremo nella nostra ricerca, supportati dalla richiesta di migliaia e migliaia di cittadini, perchè la verità su Pier Paolo Pasolini ha un peso politico enorme che abbiamo il dovere di affrontare”.

Per ricostruire moventi e mandanti, partiamo da una frase, pronunciata da un magistrato, Vincenzo Calia, che una quindicina d’anni fa riaprì il caso Mattei, quando era pm alla procura di Pavia. Purtroppo – come in molte altre circostanze – non venne dato corpo giudiziario a una chiara pista griffata, al solito, Servizi & pezzi da novanta (in quel caso Eugenio Cefis, il successore di Mattei sulla poltrona di vertice Eni). Ad un giornalista che chiedeva a Calia se ritenesse mai possibile che uno scrittore, come Pasolini, fosse stato eliminato da certi poteri, lui rispose: “Possibilissimo. E se vuole la mia opinione, io ne sono convinto”. Peccato che, fino ad oggi, la verità giudiziaria sia stata calpestata.

IO LO SO. E ORA HO LE PROVE

Ci vorrebbe un Pasolini, quello degli ultimi anni super “corsari” per dipanare quella matassa. Il Pasolini degli interventi più corrosivi, come ad esempio quello comparso su La Stampa un mese prima di morire, settembre 1975: “gli italiani vogliono sapere chi c’è dietro la strategia della tensione, gli italiani vogliono sapere quanto la mafia incide sulle scelte politiche, gli italiani vogliono sapere chi c’è dietro, cosa fa la Cia in Italia”.

Ed ecco che – incredibilmente – Pasolini compie una sua ‘rivoluzione’ da genio del cinema, della poesia e della scrittura, si trasforma – per una sorta di insopprimibile richiamo civile e morale che preme in lui – in artigiano della notizia, in giornalista investigativo, in acutissima penna d’inchiesta.

Potevano mai passar inosservate, a questo punto, le vulcaniche pagine di Petrolio, quel fuoco che eruttava da ogni paragrafo, in ogni piega di quei fogli che uscivano dalla sua Lettera 43 come pura lava? Un vero magna capace di incenerire anche le presenze più invasive: proprio come quel Cefis, balzato dal vertice della P2 – che aveva lasciato al fidato Licio Gelli – all’accoppiata Eni-Montedison, quel “Troya” che per farsi largo non può certo permettere che un Mattei osi fronteggiare le nostre sette, beneamate sorelle dell’oro nero.

Ed espone il suo “piano”, Pier Paolo, nel corso di una conversazione con l’autore del libro subito scomparso dalle librerie, evaporato, “Questo è Cefis – L’altra faccia dell’onorato presidente”, ossia Giorgio Steimetz, pseudonimo dietro al quale si celava un giornalista dell’Agenzia Milano Informazioni, Corrado Ragozzino (legato all’ex uomo di Mattei all’Eni e nemico giurato di Cefis, Graziano Verzotto). Dice Pier Paolo a Steimetz-Ragozzino: “Ho avuto il suo libro in fotocopia dallo psicoanalista Elvio Facchinelli, che con la sua rivista ‘L’erba voglio’ si occupa parecchio di Cefis. So che adesso non si trova più da nessuna parte, e io intendo con quello che sto scrivendo di utilizzare molto del suo materiale, così difficilmente lo potranno ignorare. E non lo potranno ignorare certo i magistrati, che a questo punto dovranno aprire un’inchiesta”.

Libri spariti. Carte scomparse. Capitoli fantasma. Eccoci, ad esempio, al giallo dell’Appunto 21, quelle 78 pagine di “Lampi sull’Eni”; resta solo il titolo ma i fogli mancano all’appello: e infatti, sul totale dei 600 pagine, il “Petrolio” pubblicato ovviamente postumo (per Einaudi nel 1992) ne conta 522. Cosa avranno mai contenuto?

Scrive a marzo 2010 Carla Benedetti a proposito di “quel capitolo perduto di Petrolio: esisteva davvero. Legava la morte di Mattei a una congiura italiana. Un’intuizione che valeva una condanna a morte. Se quelle pagine esistono, da chi e come sono state prese? Un cugino, Guido Mazzon, sostiene che ci fu un furto. Ne aveva parlato Gianni D’Elia (autore di “L’eresia di Pasolini” e “Il petrolio delle stragi”, ndr). E ora Mazzon lo riconferma a Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera del 4 marzo. ‘Nel ”75, dopo la tragedia di Pier Paolo, Graziella Chiarcossi (altra cugina di Pasolini e moglie delle scrittore Vincenzo Cerami, ndr) chiamò mia madre per dirle di quel furto. Quando mia madre me lo riferì pensai: ‘accidenti, con quel che è capitato ci mancava pure questa’. E pensai anche: ‘strano però, che senso ha andare a trafugare le carte di un poeta?’”.

Così come era sparito, cinque anni prima, un brogliaccio scritto da Mauro De Mauro per il copione che il regista Francesco Rosi stava preparando su “Il caso Mattei”. Ancora: dalla sentenza pronunciata dalla Corte d’Assise di Palermo a carico di Riina, emerge che “dall’abitazione di Mauro De Mauro sparirono le carte contenute in un faldone dove su scritto vi era la parola ‘Petrolio’”.

Del resto, il magistrato Pietro Scaglione viene ammazzato da Luciano Liggio e Totò Riina proprio il giorno prima di andare in tribunale per verbalizzare sulla morte del giornalista de L’Ora, maggio 1971. Otto anni dopo, luglio 1979, viene ammazzato il vicequestore di Palermo Boris Giugliano, fino a quel momento impegnato nelle indagini sul tragico volo che costò la vita ad Enrico Mattei. E il cerchio si chiude.

 

DIETRO A QUEL BEFFARDO SORRISO DI TROYA

Per fortuna, invece, si sono salvate non poche carte utilizzate da Pasolini a supporto dalla sua monumentale – ed esplosiva – ricerca, quel magma che avrebbe dovuto portare alla stesura (completa, e non mancante delle 78 pagine certo più bollenti) di “Petrolio”. Scriveva il Corsera a febbraio 2013: “Tra le carte di Pasolini, oggi depositate al Gabinetto Viesseux, ci sono le fotocopie, le carte che lo scrittore utilizzò come fonte (ad esempio quelle del libro firmato da Steimetz, ndr). Tra quei materiali figurano anche altri documenti, sempre procurati da Elvio Facchinelli, animatore della rivista ‘L’Erba Voglio’: si tratta di tre conferenze (una inedita) di Cefis, compreso un discorso pronunciato all’Accademia militare di Modena il 23 febbraio 1972, che Pasolini voleva inserire nel romanzo, come cerniera tra la prima e la seconda parte. E persino l’originale di una conferenza intitolata ‘Un caso interessante: la Montedison’ tenuta l’11 marzo 1973 presso la Scuola di cultura cattolica di Vicenza, con annotazioni a margine dello stesso Cefis, da lui mai pronunciate”.

Tra le carte, anche un prezioso schema riassuntivo titolato “Appunti 20-30. Storia del petrolio e retroscena”. Così scriveva il profetico Pier Paolo: “In questo preciso momento storico (I Blocco politico) Troya (!) sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti)”.

Ed ecco Cefis-Troya nelle sue parole, scolpite come rilucente marmo: “Lui, Troya, è un uomo sui cinquant’anni, ma ne dimostra meno. La prima cosa che colpisce in lui è il sorriso. (…) Il sorriso di Troya è un sorriso di complicità, quasi ammiccante: è decisamente un sorriso colpevole. Con esso Troya pare voler dire a chi lo guarda che lui lo sa bene che chi lo guarda lo considera un uomo abbietto e ambizioso, capace di tutto, assolutamente privo di un punto debole, malgrado quella sua aria da ex collegiale povero e da leccapiedi di sagrestia. (…) Troya, sorridendo furbescamente, voleva far sapere ininterrottamente, senza soluzione di continuità, e a tutti che lui era furbo. Quindi che lo si lasciasse andare, per carità, che lui ‘sapeva certe cose’, ‘aveva certi affari urgenti d’importanza nazionale’ (che un giorno o l’altro si sarebbero saputi), che lui ‘era così abile e diciamo pure strisciante da cavarsela sempre nel migliore dei modi e nell’interesse di tutti. Naturalmente, essendo un sorriso di complicità era anche un sorriso mendico: mendicava cioè compassione, nella sua manifesta colpevolezza. (…) Ecco tutto ciò che si sapeva attualmente sulla sua persona. Il linguaggio con cui egli si esprimeva era la sua attività, perciò io, per interpretarlo, dovrei essere un mercialista, oltre che un detective. Mi sono arrangiato ed ecco cosa sono venuto a sapere”.

Un fiume da 600 pagine meno 78. Quanto basta per essere ammazzato di botte all’Idroscalo.

2017: FUGA DALL’EUROPA

Scritto da: Francesco Mazzuoli
Fonte: http://www.conflittiestrategie.it/2017-fuga-dalleuropa-di-francesco-mazzuoli

europa

Quando, per chi lo ricorda, uscì sugli schermi del nostro sventurato Paese 1997: fuga da New York di John Carpenter, regista di horror e fantascienza a basso costo con al suo attivo alcuni titoli preveggenti, (oltre a quello testé citato, l’inquietante Essi vivono), le immagini di quella pellicola ci sembravano fantasie lontane, fantascienza appunto.

Oggi, dopo decenni di sonno comatoso, anche l’italiano medio – quello che si agita per la sconfitta della propria squadra in trasferta, ma che continua a seguire imperterrito campionati truccati – inizia ad avvertire di essere precipitato in un mondo in cui la fantascienza è stata superata da una realtà mostruosa, tale da rendere 1984, di George Orwell, lettura di intrattenimento per scuole medie inferiori.

Certo, chi fa parte della casta collaborazionista (la categoria più odiosa è quella dei radical chic), vive sempre alla grande – o almeno crede – e ci dirà tutt’ora, citando un articolo di Repubblica, che questo è il migliore dei mondi possibili, il regno della libertà e della democrazia, dove chi non può avere figli avrà persino un utero in affitto (e chissà se chi non può permettersi nemmeno un monolocale, potrà permettersi almeno quello…); con tanto tempo libero a disposizione da impiegare nei viaggi, nello yoga, nella meditazione, nei botox party, in cui ci si inietta un po’ di botulino antirughe per apparire eternamente giovani.

Ma sorvoliamo sui rentiers e altri dorati cascami umani assimilabili: essi non pagheranno mai, per il semplice fatto che siamo noi a pagare per loro.

Passiamo alla classe media, o meglio ciò che ne rimane.

Chi – beato lui, perché oggi la schiavitù è una conquista – ha ancora un lavoro, tenta di esorcizzare la realtà con uno scambio di battute davanti alla macchina del caffè dell’ufficio sull’ultimo programma visto in tv; con un tradimento coniugale organizzato via smartphone (di marca, per carità!); oppure rifugiandosi nell’effige del salvatore di turno: Cristo è passato di moda, ora ci sono Grillo, Renzi, o qualunque uomo-immagine fabbricato dal sistema di potere per infinocchiare i diversamente intelligenti. Deluso anche dal movimento cinque stelle, visto l’impoverimento inesorabile, voterà il nascente cinque stalle.

Chi, invece, un lavoro non lo ha più, se ha potuto è emigrato, se non ha potuto, vive a ricasco di qualcuno (“per farsi amare” diceva Flaiano “bisogna farsi mantenere”); oppure è riverso in qualche angolo di strada da dove la visione della realtà non è offuscata dalle luci della televisione e dove “la durezza del vivere” che predica Monti (naturalmente per gli altri), gliene ha tolta anche la voglia.

Tuttavia, persino chi la propaganda, scientemente fin dai banchi di scuola, ha annichilito nelle proprie capacità di essere razionale – sempre che tra i bipedi a stazione eretta tali facoltà esistano (come qualcuno ha scritto, la migliore prova che esista vita intelligente nell’universo è che nessuno ha mai cercato di contattarci) – si rende conto che si sta materializzando un vero e proprio incubo e che le spiegazioni ufficiali – della tv, della stampa, dei governi – stridono con l’enormità dei fenomeni in corso: non ultima l’invasione programmata per sostituire gli attuali popoli europei.

Quali sono queste spiegazioni ufficiali?

Be’, la corruzione continua a spiegare quasi tutto. Sono tutti ladri: è per questo che dopo i quaranta cadono i capelli; il resto è dovuto alla cattiveria di Putin. Oltre siffatti “ragionamenti”, adatti alle classi differenziali del secolo scorso, c’è solo la globalizzazione, un altro concetto onnicomprensivo e spacciato per naturale, inevitabile e non storicamente determinato dai poteri dominanti.

Eppure, se esistessero in giro cervelli in grado di articolare un pensiero, ci si sarebbe posta una semplice domanda: come mai la corruzione c’è sempre stata, ma prima si stava meglio?

Certuni, anche grazie all’opera divulgativa di sparuti intellettuali, hanno capito che l’euro c’entri qualcosa. Ma quasi nessuno è andato avanti nella spiegazione. Del resto, andare avanti può costare la reputazione, la carriera, la vita: dipende quanto avanti si va e il coraggio – scriveva Manzoni – “uno non se lo può dare”, specialmente in un Paese, citando Longanesi, in cui sulla bandiera nazionale, dovrebbe essere scritto, a caratteri cubitali: “Tengo famiglia”.

E così, ben pochi hanno cominciato ad allargare l’orizzonte dello sguardo: l’italiano soffre di miopia e più di quanto gli è vicino non riesce a vedere.

Qualcuno, timidamente, ha cominciato a tirare in ballo l’Unione Europea, ma come se si trattasse di un’entità indipendente e non di un progetto americano, teso – all’indomani della seconda guerra mondiale – a mantenere in pugno l’Europa occidentale, impedendo di fatto che potenze antagoniste agli Stati Uniti potessero contenderne il dominio e, soprattutto, saldare i propri interessi con quelli russi, come è naturale vista la prossimità geografica.

In particolare, l’intendimento americano è stato – ed è – quello di impedire che la Germania si avvicini alla Russia e che rimanga strettamente legata al carro atlantico. L’euro è nato anche a tale scopo: favorire l’economia tedesca per dare alla Germania una posizione di predominio in Europa (precisamente di sub-dominio rispetto agli USA), che la distogliesse dalle tentazioni di pericolose liaisons con la Russia. Ed è, ovviamente, una delle principali ragioni per le quali la nefasta unità monetaria non viene smantellata (in questo modo, tra l’altro, lo Zio Sam, quando deve il cattivo in Europa, si traveste da tedesco e gli fa fare il lavoro sporco…).

Una volta per tutte, bisognerebbe far comprendere ai sonnambuli che ci circondano che non esiste “L’Europa”, né mai esisterà: essa è pura mistificazione della propaganda. Si tratta soltanto di una propaggine del declinante impero americano.

In tale quadro, l’Italia è l’ultima delle colonie, il Paese servo per eccellenza, un Paese che non decide nulla e con una classe dirigente, politica e imprenditoriale, non corrotta perché rubi, ma corrotta perché collaborazionista e nemica della propria nazione e quindi degli interessi della maggioranza. Nel suo libro Omaggio agli italiani, la compianta Ida Magli ha raccontato come la nostra storia sia quella dei continui tradimenti delle élites ai danni dei governati, cioè nostri.

Purtroppo, è l’inevitabile portato storico di un processo di unificazione eterodiretto da potenze straniere, mistificato dai miti del Risogimento e risoltosi con una annessione del Meridione e nessun serio tentativo di creare una coscienza nazionale, pericolosa perché avrebbe potuto fare del nostro Paese una potenza autonoma e scomoda nell’arena geopolitica internazionale.

È qui, in questa mancanza di una visione storica elementare, che cadono gli illusori movimenti “sovranisti” – del resto praticamente risibili – che vorrebbero attecchire nella penisola.

Come ha scritto Gianfranco La Grassa, viviamo in un periodo che assomiglia agli ultimi decenni dell’ottocento, quando un altro impero, quello inglese, stava inesorabilmente declinando, a fronte dell’emergere di potenze antagoniste, su tutte gli Stati Uniti. E, oggi, sono proprio gli Stati Uniti che tentano di difendere la propria traballante supremazia, trasformando l’Europa in un fortino anti-russo, con una continua espansione della Nato verso oriente, cercando di resistere, inutilmente, al vento inarrestabile della storia che sta proiettando nuovi attori globali (in primis Russia e Cina) verso il palcoscenico di un mondo multipolare.

Con tanti saluti all’eccezionalismo dello Zio Sam, è giunta l’ora che faccia le valigie e torni al di là dell’Atlantico a mangiare hamburger.

Ma lo Zio Sam non si arrende così facilmente: sta facendo di tutto per ritardare il suo ritiro nell’ospizio della storia e ha messo in opera la strategia del caos.

Il caos, infatti, è scientificamente organizzato ai confini dell’impero, per ostacolare il coagulo di nuove alleanze geopolitiche in funzione anti-americana che potrebbe ulteriormente accelerare la caduta della superpotenza yankee.

Regimi strategicamente importanti sono destabilizzati e rovesciati mediante falsi rivolgimenti spontanei, promossi e finanziati da ONG coordinate dalla CIA (il caso delle varie “primavere”, come dell’Ucraina); oppure manipolando il terrorismo – così come avviene almeno dagli anni settanta, quando la famigerata strategia della tensione insanguinò l’Italia con la messa in scena di opposti estremismi, per dar luogo a una restaurazione autoritaria decisa a Washington.

Secondo questo disegno, attraverso ripetuti attentati terroristici e l’invasione demografica è artatamente creata instabilità sociale nelle colonie europee, al fine di indebolirle e meglio controllarle, rendendo ancora più improbabile che si riorganizzino dal punto di vista geopolitico.

Intanto, la distruzione delle organizzazioni statuali prosegue senza sosta, mediante la cessione della sovranità residua ad organismi sovranazionali centralizzati, non eletti democraticamente e controllati dalla longa manus di Washington.

Avanza, di conserva, la distruzione dell’identità dei popoli e del legame con il proprio territorio (l’incentivo all’emigrazione, o alla “libera circolazione”, come è chiamata nel linguaggio propagandistico, va proprio in questa direzione); e l’annientamento dei popoli stessi, fisicamente sostituiti con immigrati di culture differenti e inassimilabili, in modo da costruire un mosaico multietnico di interessi contrastanti e inconciliabili in nome di un interesse comune, che si riconosca in un territorio e voglia difenderlo. Il progetto imperiale prevede, infatti, anonimi territori coloniali, sprovvisti di storia comune e abitati da individui sradicati in perenne conflitto tra loro.

Anche i generi sessuali sono moltiplicati per aumentare divisione e conflittualità e l’omosessualità è salvaguardata e promossa perché – come aveva intuito la Magli ne La dittatura europea – è un modo astuto di sterilizzare la razza bianca (i mussulmani sono refrattari alla propaganda gay).

Dal punto di vista dell’ingegneria sociale, il progetto imperiale prevede la cancellazione della storia e della geografia (ecco la ragione per cui lo studio di quest’ultima è stata abolita dalla riforma Gelmini). Il modello della società globale è costituito da internet (tecnologia nata in ambito militare – Arpanet il suo nome originario – non a caso resa disponibile gratuitamente): una indistinta e virtuale rete mondiale (World Wide Web), abitata da un essere umano de-territorializzato, che esiste appunto in questo non luogo geografico e in un eterno presente, creato mediante la simultaneità degli scambi (tempo e spazio sono dimensioni collegate ed internet annulla l’una e l’altra).

Internet, ad oggi, è stato il più intelligente – direi geniale – cavallo di Troia della globalizzazione.

Geniale anche come strumento di controllo totale, capace addirittura di dare al suo utente controllato l’illusione della libertà e di ottenere spontaneamente, anzi con voluttà, informazioni sensibili che una volta i servizi segreti dovevano sudare sette camice per carpire. Neppure l’istituzione della confessione era arrivata a tanta perfezione. (Se si vuole avere un’idea di che cosa sia questo grande fratello, così amato dai sudditi, che accumula dossier particolareggiati su ognuno di noi e il cui utilizzo è incentivato in ogni modo, si legga Il potere segreto dei matematici, di Stephen Baker).

E prosegue, altresì, il saccheggio e lo sfruttamento economico delle colonie europee. Le bombe demografiche, con l’arrivo di un esercito di nuovi schiavi, oltre a creare il caos e lo sgretolamento del tessuto sociale, tengono alta la disoccupazione, portando i salari sempre più al ribasso e scatenando una guerra fra poveri.

La pressione demografica e la diminuzione del gettito fiscale, dovuto all’alto numero dei disoccupati e al calo dei salari, generano ulteriori pressioni sulle casse degli Stati perché si privatizzino pensioni e sanità, ormai economicamente insostenibili.

Nell’ottica imperiale, infatti, tutto deve essere privatizzato, naturalmente a esclusivo beneficio dell’impero e dei suoi collaborazionisti e scherani. (In questo delirio acquisitivo dell’homo habens americano si è arrivati addirittura a brevettare le specie biologiche esistenti in natura).

In ultimo, di pubblico non esisterà più nulla e gli Stati esisteranno solo in funzione di esattori delle imposte per conto dell’impero.

La sottomissione di un impero così vasto non si ottiene soltanto con la forza militare e la compiacenza delle élites a libro paga, ma anche con quella dei sudditi. In questo gli americani sono indiscussi maestri, padroneggiando come nessuno le sottili armi della propaganda, di cui Holliwood è stata per molto tempo la punta di diamante.

La colonizzazione culturale ha sempre accompagnato la penetrazione americana – altro tema che i cosiddetti sovranisti nostrani non comprendono – e fa più danni un telefilm americano di un discorso di Renzi a reti unificate.

Questa penetrazione subdola e melliflua, attraverso l’intrattenimento, ha ormai contaminato la nostra cultura fino al linguaggio, infarcito in maniera ossessiva di americanismi e dove si è arrivati al punto che battezzare qualcosa (un programma televisivo, un libro, persino una società a responsabilità limitata) senza un termine inglese, equivale a dequalificarlo come vecchio e deteriore.

Chi ha studiato un po’ sa che pensiero e linguaggio sono interrelati e il secondo influenza largamente il primo (v. il determinismo linguistico di Whorf); quindi, parlare con termini americani significa pensare in termini americani. È per questo che la propaganda è così attenta al linguaggio ed è stato inventato il politicamente corretto: quello che non si può più dire, si finisce per non pensarlo nemmeno più. E quello che si dice, si finisce col pensarlo.

Un popolo che perde la sua lingua, perde la sua identità, perché i termini di una lingua cristallizzano i postulati fondamentali di una filosofia implicita, nei quali è espresso il pensiero di quel popolo e di quella civiltà.

Ci sarebbe da ridere, se non fosse tragico: una volta, in un documento aziendale, ho visto scritto ad Ok, invece che il latino ad hoc.

Nel nostro Paese, culla del Rinascimento, siamo giunti – passando da Machiavelli a Renzi, da Giuseppe Verdi a X Factor, da Storia della mia vita di Casanova a Rocco, ti presento mia moglie di Rocco Siffredi – all’annichilimento culturale: non c’è più un libro che si possa leggere, un film che si possa vedere, neppure una canzonetta ascoltabile. In questo deserto, ha buon gioco qualunque obbrobrio proveniente da oltreoceano; e quel poco che viene da noi prodotto non ne è che lo scimmiottamento. La nostra cultura qualitativa è stata trasformata in una incultura quantitativa.

L’abbassamento del gusto, l’annientamento di ogni pensiero critico (considerato dal potere una pericolosa recidiva intelligente dell’homo videns), sono perseguiti con determinazione, a partire dalla riforma della scuola: il programma prevede di eliminare l’analfabetismo di ritorno, rafforzando quello di partenza.

Accenniamo, per concludere, all’atmosfera di guerra continua e strisciante in cui siamo costretti a vivere. Una guerra che si gioca su tutti i terreni: culturale, economico, e naturalmente militare. Una guerra che pervade l’aria come un gas asfissiante, che nelle zone di frizione con la Russia (l’Ucraina, la Siria, gli Stati baltici) rischia di deflagrare in scontro aperto, extrema ratio dell’impero americano: scagliare l’attacco profittando della superiorità militare, oppure perire.

No, non ho dubbi: non c’è fantascienza peggiore di questa realtà americanizzata, di questo morente impero che ci tiene prigionieri e ci costringe non più a scappare da New York, bensì dall’intera Europa.

Eppure dovremmo riprenderci il nostro Paese. Ma la cosa in Italia è impossibile: perché non l’abbiamo mai posseduto e quindi non abbiamo neppure la coscienza che sia nostro; e l’italiano si cura solo della propria conventicola, cui appartiene per nascita o entra per cooptazione. Come scrisse Sant’Agostino: extra ecclesia, nulla salus.

E, infine, perché un paese di servi sa solo immaginarsi un nuovo padrone e per quieto vivere si accontenta di quello che ha.

Lasciamoci con una citazione da La pelle, di Curzio Malaparte, alla quale non si può aggiungere davvero nulla, se non l’amara constatazione che lo spirito di un popolo non cambia mai:

“E più affettuoso onore gli era venuto, nei giorni della liberazione, dal suo rifiuto di far parte del gruppo di signori napoletani prescelti per offrire al Generale Clark le chiavi della città. Del qual rifiuto si era giustificato senza alterigia, con semplice garbo, dicendo che non era costume della sua famiglia offrir le chiavi della città agli invasori di Napoli, e che egli non faceva se non seguir l’esempio di quel suo antenato, Berardo di Candia, che aveva rifiutato di rendere omaggio al re Carlo VIII di Francia, conquistatore di Napoli, sebbene anche Carlo VIII avesse, ai suoi tempi, fama di liberatore. «Ma il generale Clark è il nostro liberatore!» aveva esclamato Sua Eccellenza il Prefetto, che per primo avuto la strana idea di offrire le chiavi della città al Generale Clark.

«Non lo metto in dubbio» aveva risposto con semplicità cortese il Principe di Candia «ma io sono un uomo libero, e soltanto i servi hanno bisogno di essere liberati». Tutti si aspettavano che il Generale Clark, per umiliare l’orgoglio del Principe di Candia, lo facesse arrestare, com’era usanza nei giorni della liberazione. Ma il Generale Clark lo aveva invitato a pranzo e lo aveva accolto con perfetta cortesia, dicendosi lieto di conoscere un italiano che aveva il senso della dignità.”

Il pessimismo aumenta il rischio di infarto

Scritto da: Andrea Sperelli
Fonte: http://www.italiasalute.it/copertina.asp?Articolo_ID=2298

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Fate sport, mangiate bene e sorridete! È la conclusione cui giunge uno studio realizzato presso l’Ospedale centrale Päijät-Häme di Lahti, in Finlandia. Secondo lo studio, pubblicato su BMC Public Health, essere pessimisti è associato a un raddoppio del rischio di morte per una patologia coronarica.
Il campione oggetto di studio era formato da 2.267 uomini e donne finlandesi con età compresa fra 52 e 76 anni, dei quali è stato monitorato costantemente lo stato di salute.
All’inizio dello studio, i ricercatori hanno somministrato loro un questionario per verificare se la loro indole fosse pessimista oppure ottimista. Le conclusioni erano legate al fatto di riconoscersi o meno in una serie di frasi del tipo «se una cosa può andare storta sicuramente per me andrà male». I risultati indicano che i soggetti più pessimisti avevano un rischio di morte per infarto 2,2 volte più alta del normale.
Mikko Pänkäläinen, autore dello studio, spiega: «Elevati livelli di pessimismo sono stati precedentemente legati a fattori che influenzano la salute, come ad esempio l’infiammazione, ma i dati sul legame tra il rischio morte per malattia delle coronarie e l’ottimismo e il pessimismo come tratti di personalità sono relativamente scarsi. I livelli di pessimismo possono essere misurati facilmente e il pessimismo potrebbe essere uno strumento molto utile insieme ad altri fattori di rischio noti, come il diabete, l’ipertensione o il fumo, per determinare il rischio di mortalità per malattie coronariche», dice Pänkäläinen.
Un’altra ricerca, condotta stavolta da scienziati dell’Università dell’Illinois, segnala di converso l’effetto positivo dell’ottimismo sulla salute cardiaca. I dati, pubblicati su Health Behavior and Policy Review, affermano che una persona ottimista beneficia di una probabilità più alta (dal 50 al 76%) di mantenersi in salute dal punto di vista cardiovascolare.
È probabile che ciò abbia a che fare con lo stile di vita complessivo di chi si dichiara ottimista, certamente più propenso a praticare sport e a seguire un’alimentazione corretta.