Il soggetto

Scritto da: Piero Cammerinesi
Fonte: http://www.liberopensare.com/component/k2/1020-il-soggetto

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Il soggetto non appartiene al mondo, ma è un limite del mondo.
Ove, nel mondo, vedere un soggetto metafìsico?
Tu dici che qui è proprio così come con occhio e campo visivo.
Ma l’occhio in realtà non lo vedi.
E nulla nel campo visivo fa concludere che esso sia visto da un occhio.
Il campo visivo non ha infatti una forma cosi:

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Così argomenta Ludwig Wittgenstein nel suo Logisch-Philosophische Abhandlung.

Vero, nel guardare il mondo l’occhio non vede se stesso.
Vede gli alberi, i monti, le persone, il cielo, ma non ciò con cui sta guardando.
È il campo visivo quello che ha dinanzi – e il campo visivo non comprende l’occhio.
Il vedere non può vedere se stesso.

Allo stesso modo il soggetto non percepisce di regola se stesso nello sperimentare il mondo.
Wittgenstein dice giustamente che nella percezione ordinaria che abbiamo della realtà, noi siamo il limite, il confine inosservato del mondo.
Da tale confine si muove la nostra percezione delle cose.
La stanza inizia dalle pareti, ma noi non contiamo le pareti nel misurare la stanza, anche se – senza pareti – essa non sarebbe una stanza.
Io guardo la natura intorno a me, gioisco degli affetti, cerco di capire il senso della mia vita – ma i miei pensieri e i miei sentimenti si rivolgono al mondo esteriore o interiore senza sperimentare se stessi.
Allo stesso modo dell’occhio che, nel campo visivo, non contempla se medesimo.

Ma una attività che possa sperimentare se stessa esiste.
È il pensare.
Solo il pensare può abbracciare se stesso nella sua osservazione del mondo.
Pensare è l’unica attività che può comprendere – nel senso di accogliere, abbracciare – se stessa.
Se il pensare comprende, abbraccia se stesso nella sua osservazione del mondo allora il soggetto metafisico che il grande filosofo austriaco cerca, lo incontra all’interno dei limiti del suo mondo.

È, allora, come se il campo visivo comprendesse, nella sua percezione del mondo, anche l’occhio che guarda.

I parassiti vanno estirpati evitando che trovino di che nutrirsi

Scritto da: Davide Mantovani
Fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/i-parassiti-vanno-estirpati-evitando-che-trovino-di-che-nutrirsi/

stones-983992_960_720I parassiti si debellano efficacemente tenendo puliti gli ambienti in cui si riproducono, ed evitando che trovino di che nutrirsi, due accorgimenti molto importanti per chi vuole disinfestare un luogo colpito da questi organismi.

I parassiti non nascono per caso, si prendono, e può capitare ogni volta che manchiamo di attenzione. La cosa non va sottovalutata, una infestazione può in breve tempo generare delle situazioni molto spiacevoli.

Questi esseri infatti, se trovano di che nutrirsi, e un luogo adatto alla nidificazione, sono in grado di riprodursi in gran numero molto velocemente. Ecco perché la pulizia e l’ordine sono così importanti se si vuole debellare i parassiti infestanti, anche quelli che generalmente si stabiliscono nelle coscienze umane.

Coscienza è una parola che trova la sua radice etimologica nella parola latina “scire” con il prefisso “cum”, che significa “sapere insieme” , riferendosi alla totalità di un essere umano, ovvero all’insieme delle sue attività esteriori ed interiori ed alla consapevolezza che l’individuo ne ha.

Tenere quindi il giusto ordine e la giusta pulizia interiore, è soprattutto di questi tempi un dovere assoluto; ma la paura di cambiare ci allontana da ciò che in realtà siamo, facendo della nostra vera essenza solo un concetto ideale degno delle migliori teorie sull’amore.

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LE DINAMICHE ENERGETICHE NEI LUOGHI DI POTERE

Scritto da : Rudi Toffetti
Fonte: http://www.mitiemisteri.it/articoli/le_dinamiche_energetiche_nei_luoghi_di_potere.html

So ormai diversi decenni che un sempre crescente numero di persone è alla ricerca di quello che viene definito, in maniera un po’ generalista, il “mondo delle energie”. Altri sono invece alla ricerca di quegli spazi che custodiscono nefaste presenze, ma pur sempre di sostanza eterea generata da terribili avvenimenti accaduti nel passato, come in certi rinomati manieri medioevali.  Oppure, se le energie ricercate appartengono alla sfera spirituale, al mondo interiore, sono moltissimi gli individui che si confrontano con religioni e credo diversi da quelli di origine, piuttosto che con sette più o meno esoteriche. Praticando anche diverse “tecniche alternative” come Reiki, Yoga, Costellazioni familiari, Shiatsu, Theta Healing, Pranayama, e infi nte altre, alcune fondate su consolidate e comprovate tradizioni millenarie, altre nuove interpretazioni delle prime. L’interesse verso questa dimensione avviene anche da un punto di vista terapeutico, dove al classico metodo allopatico, cioè che cura i sintomi, viene ormai affiancato o addirittura sostituito un approccio olistico, ovvero un sistema che tiene conto dell’individuo nella sua totalità, anche energetico-vibratoria, andando cioè a svelare le disarmonie che generano la patologia. Questo modo di considerare l’essere umano non è altro che la riscoperta dell’antica tradizione curativo-esoterica dei popoli nativi.

È risaputo come all’interno delle società primitive vi fosse sempre la fi gura importante di un guaritore in grado di utilizzare il rimedio più appropriato. Questi personaggi non erano solo terapeuti del corpo, ma spesso e volentieri erano veri e propri sacerdoti capaci di comprendere anche i disagi dell’anima e trovare per essi la giusta soluzione. È dimostrato come alcuni luoghi venissero, e vengono tuttora, considerati sacri in funzione delle loro qualità terapeutiche e di guarigione. Gli stessi luoghi dove nell’antichità lo stregone-sciamano conduceva i suoi pazienti per sanarli, magari attraverso un sonno indotto o per ricevere egli stesso le giuste indicazioni per farlo. Questi “luoghi di potere” esercitano sull’uomo un enorme fascino e lo attraggono magneticamente, proprio perché possiedono caratteristiche energetiche uniche, non facili da comprendere, ma che sono percepite soprattutto a livello inconscio. Grazie alle tecniche di rilevamento, antiche e moderne, è possibile comprendere qual sia la loro funzione e come l’essere umano possa relazionarsi correttamente con essi. Quando ci si avvicina a quegli spazi della terra destinati dagli eventi a rappresentare la sfera religiosa e spirituale o si entra in contatto con quei luoghi in cui i fatti storici hanno lasciato impronte indelebili nella memoria collettiva, è indispensabile fare ricorso anche alle innate capacità extrasensoriali insite, in modo più o meno attivo, in ognuno di noi. Qualità che possono emergere solo mantenendo un atteggiamento umile e rispettoso, praticando il silenzio interiore e lasciando da parte le classiche aspettative che solitamente l’uomo moderno frappone fra se e il creato. Le sensazioni che colgono l’essere in questi luoghi, “lavorano” oltre che sul fi sico, sulla parte emozionale e su quella psichica e necessariamente richiedono una decifrazione e una comprensione guidata, meglio se da parte di esperti addetti ai lavori. È infatti logico pensare come in questo campo di azione, in cui l’uomo comune non sa districarsi, apparendo ai suoi occhi molto “magico” e misterioso, la giusta chiave sia la comprensione dell’alchimia tra lo spirito e la materia, tra la razionalità scientifi ca e la tradizione spirituale ed esoterica. Esistono, infatti, ambiti della conoscenza umana in cui ancora non è possibile utilizzare la razionalità e l’approccio materialista per svelarne le dinamiche e probabilmente mai lo sarà. Parliamo, appunto, di quello che le popolazioni native d’America, ma non solo, chiamavano il Grande Mistero, in cui è compreso anche il senso stesso della nostra esistenza.

 

 

 

 

 

Le ragioni che ci dirigono a visitare questi posti sono inconsciamente dovute allo stesso motivo, anche se ce ne diamo motivazioni differenti: la ricerca nei luoghi di parti interiori, che non conosciamo e vogliamo rivelare e necessariamente risvegliare. Su un piano cosciente invece veniamo piuttosto spinti dalla curiosità, dall’interesse storico e artistico quand’anche dalla pura ricerca della bellezza. Ma la ragione primordia le che spinge l’umana creatura a muoversi, quando non è per procacciarsi del cibo, è abitualmente la ricerca. Lo scopo primario è conoscere, fare esperienza e relazionarsi con territori e ambiti sconosciuti che poi diventano il nostro patrimonio, le nostre relazioni e i fili che ci legano alla terra, entrando nel nostro corpo e modifi candolo sostanzialmente, proprio nella sua sostanza. Visitare un castello,  una chiesa, un antico sito dolmenico può diventare un vero atto sacro, un pellegrinaggio devozionale, anche se inizialmente e mentalmente, non sono quelle le ragioni che ci spingono a compiere quel gesto. Il contatto che avviene su un piano fisico verrà successivamente traslato dall’energia del luogo su un livello ulteriore. Sia il posto che le energie annesse agiranno sull’essere, anche grazie alla sua unicità relativa sul pianeta Terra e all’accumulo delle memorie psichiche e vibratorie dei fatti ivi accaduti. Quando desideriamo spingerci oltre, in cerca di quello che non conosciamo e che forse ci fa paura, una domanda basilare deve sortire: quali sono le intenzioni che ci spingono a farlo, perché? Il richiamo che attua su di noi un certo sito non è altro che il nostro bisogno inconscio o meglio, il bisogno manifesto dell’anima di sentire una data frequenza, lavorare con lei, vibrare all’unisono e da questa interazione produrre frutti, cambiamenti, mutazioni. Molto semplice: i miracoli che avvengono in alcuni di questi luoghi sono la dimostrazione tangibile di come lo Spirito agisca, oltrepassando i piani della materia in quelli sottili ed energetici, modifi cando, se necessario, anche il nostro DNA e le guarigioni inspiegabili che avvengono nei santuari lo dimostrano. Ma banalmente un’intenzione può anche non esserlo, a un livello successivo, quando ci si pone da osservatori e ci si lascia fl uire con le cose. Allora in quel caso, se siamo disposti ad aprire incondizionatamente le porte della nostra percezione e ci abbandoniamo in fi ducia, il luogo ci parlerà e ci darà una sua personale chiave di lettura. Per farlo però è necessaria la quiete, quella interiore, dove si raccolgono i semi migliori.

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San Nicola, la vera storia di Babbo Natale

Scritto da: Antonio Sanfrancesco
Fonte: http://www.famigliacristiana.it/articolo/san-nicola-da-vescovo-della-carita-a-icona-pop.aspx

È uno dei santi più amati e venerati in tutto il mondo, unisce cattolici e ortodossi, vanta numerose leggende e miracoli, le sue reliquie, conservate a Bari, sono ancora oggi contese e ogni tanto la Turchia ne chiede la restituzione dopo che furono trafugate da Myra nel 1087 da parte di alcuni marinai baresi.

È così popolare, San Nicola, da aver ispirato persino la figura di Babbo Natale. Il motivo? Forse un episodio della vita del Santo che prima di essere ordinato vescovo s’imbatté in una famiglia nobile e ricca caduta in miseria. Il padre, che si vergognava dello stato di povertà in cui versava, decise di avviare le figlie alla prostituzione. Nicola, nascondendosi, lasciò scivolare dalla finestra dell’abitazione dell’uomo tre palle d’oro, che ricorrono nell’iconografia classica con cui viene rappresentato, grazie alle quali l’uomo poté far sposare le figlie e risparmiare loro l’onta della prostituzione.

La pubblicità della Coca Cola con Santa Claus

La pubblicità della Coca Cola con Santa Claus

Così è diventato Santa Claus

Il Santo vescovo di Myra, nei secoli, è stato legato alla figura del vecchio portadoni. È diventato il Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta regali ai bambini.
Ogni popolo lo ha fatto proprio, vedendolo sotto una luce diversa, pur conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella di difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie.

Una “scristianizzazione” sottile, se vogliamo, ma che al contempo dà l’idea della sua grande popolarità. Nei primi decenni del 1800 San Nicolaus (da cui Santa Claus) grazie a una poesia di Clement Clarke Moore diventò il Babbo Natale che tutti conosciamo. E una delle sue rappresentazioni più famose è quella legata alla pubblicità della Coca Cola dove appare rubicondo, di rosso vestito e con la barba bianca, che viaggia nel cielo su una slitta trainata dalle renne. La pubblicità della multinazionale americana debuttò nel 1931 e nacque dalla penna dell’illustratore Haddon Sundblom, che mise insieme i ricordi di San Nicola e il personaggio dello “spirito del Natale presente”, descritto da Charles Dickens nel racconto Canto di Natale. A portare il culto del Santo a Nieuw Amsterdam (New York) in America furono gli olandesi.

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Cellulari: le regole per non andare…a farci friggere!

Scritto da: Marica Spagnesi
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/inquinamenti/cellulari_danni_alla_salute.html

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Marìca Spagnesi collabora anche con il blog llht.org

Interessante a questo proposito la lettura del libro “Toglietevelo dalla testa” di Riccardo Staglianò, che fornisce elementi di seria riflessioni su tutto quanto non viene detto ai consumatori riguardo i potenziali effetti deleteri dei device mobili soprattutto i telefoni cellulari e tutto ciò che è wi-fi.

Ecco alcune regole che sarebbe utile rispettare per evitare danni anche gravi alla salute, soprattutto sui bambini.

– I bambini dovrebbero usare i cellulari solo per le emergenze. Meglio gli sms.

– La distanza è vostra amica: auricolare (con il filo) vivavoce o sms ogni volta che è possibile.

– Poche barre, molte radiazioni. Non chiamate quando c’è poco segnale.

– Quando siete in movimento (treno, auto) il cellulare fatica ed emette più radiazioni.

– Quando il telefono prova a connettersi emette più radiazioni: tenetelo lontano dalla testa quando dall’altra parte non vi rispondono.

– Evitate di tenerlo a contatto con il corpo. Niente tasche dei pantaloni nè taschini della camicia.

– Accorciate le chiamate. Se proprio non potete, alternate orecchio.

– Ogni volta che potete potete passare alla linea fissa, fatelo.

– Non vi addormentate con il cellulare acceso sul cuscino o troppo vicino. Tantomeno lasciatelo fare ai vostri figli.

– I telefoni non emettono tutti lo stesso livello di radiazioni. Anche se è un indicatore imperfetto, scegliete il modello con minore Sar (tasso di assorbimento specifico).

A leggere con attenzione questi suggerimenti si ha come la sensazione di aver sempre saputo che è così. Eppure pochissimi di noi mettono in pratica questi accorgimenti. Forse perchè usiamo i cellulari da anni, forse perchè il telefonino ormai lo hanno tutti e ci ripetiamo che non può essere così dannoso, forse perchè è ormai diventato qualcosa che fatichiamo a pensare come potenzialmente pericoloso. Fa troppo parte della nostra vita per convincerci davvero che fa male, è troppo indispensabile per rinunciare ad usarlo, forse perchè, ci diciamo, se facesse davvero così male si saprebbe!

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Deputato turco: Ankara ha dato all’Isis il gas letale Sarin

Fonte: http://www.libreidee.org/2015/12/deputato-turco-ankara-ha-dato-allisis-il-gas-letale-sarin/

Putin che evoca il ricorso all’atomica? Notizia accolta dal mainstream occidentale nel solito modo: pericolose follie dell’Orso russo, nostalgico dell’Urss. Sennonché, emerge che Ankara – con cui la tensione è altissima, dopo la provocazione dell’abbattimento del bombardiere russo Sukhoi-24 impegnato a contrastare i collegamenti fra Isis e Turchia – avrebbe fornito ai jihadisti il materiale per produrre il gas letale Sarin. «Lo afferma il deputato del Partito Popolare Repubblicano turco (Chp) Eren Erdem in un’intervista a “Russia Today”, emittente vicina al Cremlino», scrive “Sponda Sud”. Il Sarin fu usato negli attacchi di Ghouta e nei sobborghi di Damasco nel 2013, per i quali venne accusato Assad. Erdem ha mostrato in Parlamento il fascicolo aperto dalla procura di Adana, poi archiviato, accusando le autorità di aver «insabbiato» il caso. L’indagine, secondo Erdem, rivela che un certo numero di cittadini turchi prese parte alle negoziazioni con i jihadisti. Citando le prove contenute nell’atto di accusa, il deputato turco assicura che le intercettazioni confermano che un militante di Al-Qaeda, Hayyam Kasap, entrò in possesso del Sarin.

Tutto sarebbe contenuto nel faldone “2013/120”, l’indagine che venne poi archiviata. «Ci sono dati sostanziali in quelle carte», dice Erdem a “Rt”. «Si capisce che il materiale usato per le armi chimiche passa attraverso la Turchia e viene assemblato Eren Erdemnei campi dell’Isis, che allora era conosciuto come “Al-Qaeda irachena”. È tutto registrato. Ci sono intercettazioni che dicono “non ti preoccupare per la frontiera, ci pensiamo noi”, e si comprende chiaramente come vengono usati i burocrati». A questo punto, aggiunge “Sponda Sud”, il procuratore di Adana Mehmet ArOkan ordina un blitz e 13 persone vengono arrestate. Poi, secondo Erdem, avviene “l’inspiegabile”: una settimana dopo, il caso viene chiuso. E i sospettati passano immediatamente la frontiera turco-siriana. «Le intercettazioni chiarivano come sarebbe avvenuta la consegna, quali camion sarebbero stato usati». Tutto «documentato dalla A alla Z: nonostante gli indizi, i sospettati sono stati rilasciati. E la consegna del carico è avvenuta, perchè nessuno li ha fermati. Forse l’uso del Sarin in Siria dipende da questo».

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L’arte di dire “grazie” (e di riceverlo)

Scritto da: Salvatore Primiceri
Fonte: http://buonsenso.eu/larte-di-dire-grazie-e-di-riceverlo/

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È tanto più facile ricambiare l’offesa che il beneficio; perché la gratitudine pesa, mentre la vendetta reca profitto“. (Tacito, Storie, IV, 3).

(di Salvatore Primiceri) – Merce rara la gratitudine, sia nell’offrirla che nel riceverla. Quante volte nella vita ci sarà capitato di compiere un gesto utile a qualcuno per un motivo diverso dal proprio tornaconto personale. Possiamo “fare un favore” in campo umano o professionale ad una persona in quanto amica o perchè ci sta simpatica oppure semplicemente perchè ci va di farlo, ma poi? La disponibilità e la gentilezza verso il prossimo non richiedono la reciprocità, cioè non chiediamo nulla in cambio nè ora nè mai. Non ricorderemo continuamente agli altri ciò che abbiamo fatto per loro, anzi se possibile tenderemo anche a dimenticarcene tanta la normalità e la serenità con cui ci siamo messi a disposizione.

Ma è chiaro che nel vulcano dei sentimenti umani dove i moti non sono sempre armonici in fondo speriamo o crediamo che l’esercizio della gentilezza e della disponibilità, prima o poi, ci restituisca qualcosa. Ma di certo c’è solo un effetto rappresentato dalla pace con sè stessi per aver fatto una cosa buona.

Non è poca cosa ma è l’incertezza del resto a preoccupare. Pur non pretendendo il “grazie” di alcuno ci aspetteremmo quanto meno che il nostro bel gesto non si ritorca contro noi stessi. Capita, purtroppo non di rado, che tante persone non solo non ringrazino ma che arrivino in futuro addirittura a litigare con noi, a volte anche in modo irrimediabile cambiando repentinamente e inspiegabilmente atteggiamento e rapporti nei nostri confronti, fino al recarci danno e offesa.

E’ una bella botta di delusione l’ingratitudine. Non solo non riceviamo un “grazie” ma rischiamo pure di ricevere un “calcio”.
Perchè accade? I motivi possono essere tanti. Dalla semplice maleducazione all’egoismo di chi crede che ciò che riceve dagli altri sia dovuto in quanto meritevole di ottenerlo. Spesso i comportamenti negativi legati ai sentimenti mettono in gioco le posizioni di potere ovvero la paura di sentirsi peggiori degli altri e la competizione a sembrare più forti.
Così si ha il timore che dire un “grazie” possa passare per una posizione di debolezza a cui dovrà seguire al più presto un’azione di livellamento, purtroppo anche ingiusta o scorretta.

E’ così difficile, quindi, dire grazie? Evidentemente sì, tanto quanto riceverlo.
Tuttavia, nel dilemma se in una società come la nostra non convenga diventare tutti degli egoisti e ingrati per soffrire meno la risposta credo debba essere il “no”.
Prima di tutto bisognerebbe imparare a dire grazie un po’ più spesso perchè è un atto di educazione che fa stare meglio. Ugualmente non dobbiamo smettere di essere gentili per paura di imbatterci in ingrati. Il tempo rimetterà le cose a posto ricordandoci che, per fortuna, esiste anche la riconoscenza.

 

 

L’archetipo spirituale dell’Albero

Fonte: http://www.altrogiornale.org/archetipo-spirituale-dell-albero/

Albero“Un albero è un meraviglioso organismo vivente, che dona riparo, nutrimento, calore e protezione ad ogni forma di vita. Offre la propria ombra persino a coloro che reggono nelle proprie mani un’ascia per abbatterlo”. – Buddha

Nella letteratura storico-religiosa, spirituale ed esoterica, l’universalità culturale della simbologia legata all’albero e l’intrinseca sacralità attribuitagli, non necessitano di dimostrazione alcuna perché risultano evidenti di per sé. Le interpretazioni, invece, differiscono lievemente in relazione alle credenze religiose e ai dogmi che ogni singola cultura ha adottato.

Albero della Vita e i tre pilastri della CabalaDall’immagine biblica dell’Albero della Vita o della Conoscenza del bene e del male, alla Cabala ebraica con i suoi tre pilastri verticali paralleli costituenti la sintesi dell’insegnamento religioso.

Tre pilastri corrispondenti alle tre vie che l’uomo può intraprendere: l’Amore (a destra), la Forza (a sinistra) e la Compassione (al centro). Solo la via mediana è l’unificazione degli opposti, detta anche “via regale”, la cum-patior indica infatti la capacità di partecipare al dolore degli altri con amore e la forza del distacco.

Albero del Mondo InduismoI testi Veda, ad esempio, le più antiche scritture sacre dell’induismo e forse di tutta l’umanità, indicano una concezione dell’universo diviso in tre parti: il cielo, la terra e l’aria, sorrette dal Skambha, l’Albero Cosmico, indifferenziato pilastro o fulcro o supporto cosmico, precedente e superiore all’essere stesso:

“quello sul quale il Signore della vita vi si appoggiò per sostenersi quando mise in moto il mondo” (Atharva Veda – Conoscenze del Sacerdote del fuoco, XV-XII sec. a.C.)

ed ancora:

“E’ lo Skhambha che mantiene immobili il fuoco, la luna, il sole ed il vento, e sostiene allo stesso tempo il cielo la terra e l’atmosfera immensa, così come le sei vaste direzioni dell’universo.”- Atharva Veda

Mentre in epoche più recenti, nelle tradizioni nordiche, romane e greche, la terra, da cui si erige il tronco, rappresentava il mondo dei mortali, al sottosuolo veniva associato il mondo degli inferi (radici) mentre il cielo era considerato la dimora degli dèi (chioma). Dunque un altro assioma è che l’albero ha sempre rappresentato il mezzo di interconnessione tra terra e cielo, tra uomo, figlio della terra e dèi, signori del cielo.

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Mangiare frutta secca fa bene alla salute

Fonte:http://www.informasalus.it/it/articoli/frutta-secca-salute.php

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Mangiare frutta secca fa bene alla salute

Mangiare frutta secca fa bene alla salute. A conerfmarlo sono tre nuovi studi presentati recentemente all’Experimental Biology Meeting, a Boston dal 20 al 24 aprile 2013, che hanno rivelato un’associazione tra il loro consumo e un migliore profilo nutrizionale, una dieta di qualità maggiore, un peso corporeo inferiore, una minore prevalenza della sindrome metabolica e, infine, una diminuzione di vari fattori di rischio cardiovascolare.

Il primo studio, condotto dai ricercatori della Loma Linda University, ha preso in considerazione una vasta gamma di frutta secca a guscio sulla sindrome metabolica. La ricerca ha coinvolto 803 adulti, utilizzando un convalidato questionario di frequenza alimentare, valutando le conseguenze del consumo di frutti secchi sia insieme che separatamente.

“I nostri risultati – ha spiegato la dottoressa Karen Jaceldo-Siegl – che una dose, pari a 28 g di frutta secca a settimana era significativamente associata con il 7% in meno di sindrome metabolica e relativi disordini. E’ interessante notare che, mentre il consumo complessivo di noci è stato associato con una minore prevalenza di sindrome metabolica, le noci in particolare sembrano fornire effetti benefici su questa sindrome, indipendentemente da età, stile di vita e altri fattori dietetici”.

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