Squadroni della morte ‘made in England’

Scritto da: Enrico Piovesana
Fonte: http://it.peacereporter.net

Bangladesh: nuovi ‘wikileaks’ rivelano che la Gran Bretagna ha addestrato le famigerate ‘camicie nere’ dei Battaglioni di azione rapida (Rab), accusate di centinaia di omicidi politici e torture

Tra i tanti ‘wikileaks’ usciti negli ultimi giorni, ce n’è uno che ha messo in forte imbarazzo il governo di Londra.

Da un cablogramma del maggio 2009 inviato dall’ambasciatore americano in Bangladesh, James Moriarty, è emerso infatti che la Gran Bretagna addestra i locali ‘squadroni della morte’: le famigerate forze speciali dei Battaglioni di azione rapida (Rab) legate al Partito nazionalista bengalese (Bnp).

Da anni, numerose organizzazioni internazionali per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, denunciano i crimini commessi dalle ‘camicie nere’ bengalesi dalla loro comparsa nel 2004: almeno mille attivisti e oppositori uccisi in esecuzioni mirate spacciate per ‘scontri a fuoco’ o a seguito di torture. Hwr ha descritto le Rab come ”squadroni della morte in stile latinoamericano, camuffate da forza anti-crimine”.

Gli obiettivi prediletti dei Rab sono i militanti maoisti del Purba Banglar Communist Party (Pbcp) e quelli integralisti del Jama’atul Mujahideen Bangladesh (Jmb), del Jagrata Muslim Janata Bangladesh (Jmjb) e dell’Harkat-ul-Jihad-al Islami Bangladesh (HuJi-B). Ma a finire vittime della gestapo bengalese sono anche attivisti locali per la democrazia e i diritti umani, oppositori politici, sindacalisti e giornalisti.

Anche gli Stati Uniti non ne escono molto bene da questa vicenda. In un altro cablogramma dell’agosto 2008, l’ambasciatore Moriarty scrive che gli Usa vorrebbero tanto sostenere i Rab, ma purtroppo non possono perché la legge americana impedisce l’addestramento di forze accusate di violazioni di diritti umani.

Questa consapevolezza, come dimostra un cablo del gennaio 2009, non impedisce agli Stati Uniti di fare pressioni sulla premier bengalese Sheikh Hasina affinché ”non smantelli i Rab”, giudicati da Washington come ”la miglior forza antiterrorismo del paese”, quella ”nella miglior posizione per divenire un giorno la versione bengalese dell’Fbi”.

Cavallo pazzo

Scritto da: Roberto Cegalin
Fonte: La patatina fritta

foto del Crazy Horse Memorial
Se i racconti e le sue gesta fossero avvenuti in un epoca assai remota, si potrebbe pensare che il suo nome fosse un ricordo leggendario, mitologico, utilizzato dai popoli oppressi come un mito a cui attingere…

Ma, Cavallo Pazzo, appartiene ad una storia recente, all’epoca in cui i colonizzatori bianchi invadevano il vecchio west e, di lui, ci sono pervenute molte testimonianze dirette di chi ha vissuto quell’epoca, indiani e “visi pallidi”compresi.

Quando nacque sua madre lo chiamò Cha-o-Ha, che vuol dire Tra-gli-Alberi, perché l’aveva partorito in un bosco. Ma lui, una volta adulto, decise di assumere il nome di suo padre, Tashunka Wikto, che i bianchi tradussero in Crazy Horse.

Apparteneva alla tribù degli Oglaga dei Lakota Sioux e combattè valorosamente contro l’esercito degli Stati Uniti D’America che, senza alcun rispetto per i popoli che abitavano quelle terre da tempo immemorabile, calpestava e devastava un mondo rimasto fino a quel momento in equilibrio con la madre terra.

Di lui, in particolar modo ,resta vivo il ricordo della vittoria contro il Generale Custer ed il settimo cavalleggeri nella battaglia del Little Big Horn che, alcuni istruttori della scuola militare americana hanno detto che Cavallo Pazzo è stato il più grande indiano esperto in tattiche di guerra che sia mai esistito.

Ma, oltre che valorosissimo condottiero militare è stato una guida spirituale che ha saputo portare “linfa vitale” ad un popolo che stava perdendo i suoi valori ed i suoi punti di riferimento, uomo che si è speso tutto  per la sua gente e per la sua terra.

Consiglio  vivamente di leggere il libro  “Gli Spiriti non dimenticano” scritto da un giornalista  italiano, Vittorio Zucconi che vive e lavora negli Stati Uniti.

Vittorio Zucconi, , ha saputo conquistare la fiducia della tribù del grande condottiero Sioux  e ha ottenuto il permesso di parlarne dopo aver consultato molti documenti la maggior parte non accessibili ai più… un libro che suscita molte emozioni e profondo rispetto per questa splendida figura di uomo.

Giappone, l’arma è mobile

Scritto da: Gabriele Battaglia
Fonte: http://it.peacereporter.net

Il nuovo programma di difesa nazionale: dalla Guerra Fredda alla dottrina anticinese

I media internazionali hanno dato grande risalto al nuovo programma di difesa nazionale giapponese. Si chiama “dynamic defense capability” e implica un cambiamento non solo contingente, ma anche dottrinale.
Dal vecchio modello basato sulla difesa della parte nord dell’arcipelago, con Hokkaido al centro, si passa infatti a una strategia incentrata sulla parte meridionale del Paese e sulle isole Nansei.

Le Nansei, prossime a Taiwan, comprendono l’arcipelago delle Senkaku, che è parte della prefettura di Okinawa e da mesi al centro di una disputa con la Cina, che le chiama Diaoyu. Qui, ad agosto, un peschereccio cinese ha speronato due motovedette giapponesi che cercavano di fermarlo. Nella crisi che ne è seguita, condita da manifestazioni nazionaliste da entrambe le sponde del mare, è emerso con chiarezza un nuovo scenario.
La Cina, in difinitiva, è percepita come il nuovo principale antagonista del Giappone. Nel programma di difesa nazionale – varato dal governo con stanziamento di fondi per il quinquennio 2011-15 – il Dragone sostituisce “nero su bianco” la Russia come minaccia numero uno per l’integrità territoriale nipponica. Va in soffitta l’eredità della Guerra Fredda, si apre una nuova era.
C’è poi la penisola coreana da tenere d’occhio, specie dopo le ultime vicende di un conflitto che dal 1953 non è mai stato formalmente chiuso.

La trasformazione è “dottrinale” anche nel senso che il nuovo modello di difesa è definito “dinamico“. In pratica si farà sempre più affidamento sulla flessibilità delle forze armate e sulla loro capacità di monitorare in tempo reale le manovre dell’ipotetico antagonista.
Lo impone la geografia dei luoghi. Mentre a nord il Giappone finisce con Hokkaido (più a settentrione, le Curili sono occupate dai russi), a sud si prolunga in un pulviscolo di isole fino a Taiwan e ben in profondità nel Mar Cinese Orientale: piccoli avamposti per piccole guarnigioni, con la necessità di trasportare velocemente truppe e materiali in tutte le direzioni.
Questo implica un comando integrato di esercito, aviazione, trasporti, con in aggiunta una nuova dotazione di missili installati sugli isolotti e puntati verso la Corea del Nord.

A questo punto, perché tutta l’enfasi nel presentare le novità?
“Nansei, Senkaku, Okinawa”, ecco una possibile chiave di lettura. Il nuovo programma di difesa nazionale, strillato ai quattro venti nella sua inevitabilità, sembra un ottimo strumento per fare pressioni sugli abitanti di Okinawa che si battono contro il trasferimento della base militare Usa di Futenma a Henoko, sempre sull’isola.
Il Primo ministro Naoto Kan, che ha visitato la base militare statunitense lo scorso weekend per la prima volta dalla sua nomina, a giugno, ha sondato il terreno con alcune dichiarazioni.
Ha per esempio sostenuto che lo spostamento della base all’interno dell’isola è un’opzione “migliore” (rispetto al suo trasferimento altrove) anche se “non la migliore in assoluto”.

Ha dovuto però incassare la decisa opposizione del neoeletto governatore Hirokazu Nakaima: un piano per il trasferimento della base all’interno di Okinawa – ha tagliato corto l’anziano politico – “non potrebbe in nessun caso essere ‘migliore’, ma solo pessimo“.
La partita è aperta.
Nel frattempo, il lavorio ai fianchi della propaganda che evoca lo spauracchio cinese comincia a dare i suoi frutti: secondo un sondaggio commissionato dal governo, il 78 per cento dei giapponesi afferma di “non sentirsi vicino” alla Cina, il 19 per cento in più rispetto all’anno scorso, per il peggior risultato dal 1978.

L’irresistibile ascesa di Padoa Schioppa

Fonti: Disinformazione Giornalettismo Arianna editrice

All’ombradelloSCUDOROSSO(Rothschild)

Padoa Schioppa è diventato famoso per il grande pubblico, nel 2007, quando era Ministro del Governo Prodi, per il suo invito alle famiglie italiane di mandare fuori di casa i “bamboccioni“, con tale termine poco edificante si riferiva ai ragazzi che restano in casa con igenitori nella fascia dai 20 ai 30 anni. Era Ministro di un Governo di centrosinistra e invece di affrontare il tema della disoccupazione giovanile e della enorme diffusione del lavoro precario (sviluppatosi per scelta della Confindustria, ma ben accolto dal Ministro Treu all’epoca del precedente Governo D’Alema), pose i giovani sul banco degli accusati. Era evidente che lui, come i Ministri e i capi partito che avevano deciso di allontanarsi dal “diritto al lavoro“, sancito nella Costituzione Italiana, e dalla conquista sindacale e sociale del “lavoro stabile“, non avevano alcuna idea di come una persona potesse sopravvivere autonomamente con 7/ 800 Euro al mese (chi aveva la fortuna di trovare lavoro “occasionale” e “precario” per un intero mese), oppure avendone piena consapevolezza non lo ritenevano un problema loro.
Io ero senatore di maggioranza (2006-2008) e lui era il mio Ministro, ma non lo conoscevo se non per il fatto che era magnificato, soprattutto a sinistra, come grande economista e che i giornali avevano parlato di lui come autorevole candidato alla guida della Banca d’Italia; poi mi feci una mia diversa opinione e nell’ottobre 2007 entrai in polemica con la sua illustrazione della finanziaria 2008, in cui parlò dei poveri ma diede denaro ai ricchi.
Ora, con la nomina di Tommaso Padoa Schioppa a tutor della finanza del Governo greco, amici greci mi hanno chiesto una nota di commento ed ho pensato che fosse opportuno fare una ricerca su Internet.
Da una ricerca sommaria è emerso che:
– egli è un autorevole membro delle più potenti organizzazioni massoniche e sioniste del mondo, come il Gruppo dei 30, l’Aspen Institute, la Commissione Trilaterale e il Club Bilderberg (il Club Bilderberg, nel 2009, si riunì proprio in Grecia ad Atene e tra le altre decisioni in agenda, fu forse deciso di stringere il cappio monetario al collo della Grecia );
– ha saldi rapporti con i Rothschild (cosa evidente visto che tutte le Banche Nazionali, appositamente privatizzate, sono largamente partecipate Rothschild e non ne possono diventare dirigenti persone non gradite alla famiglia capofila dei banchieri sionisti);
– è stato un alto dirigente di Bankitalia in fasi molto delicate e confuse, durante le quali riuscì a “guardare altrove” e  a “non vedere” (tra le cose poco chiare di quel periodo, c’è lo svaporarsi di riserve auree e in moneta pregiata, sotto la Presidenza Bankitalia di Carlo Azeglio Ciampi, poi diventato Presidente della Repubblica);
– ha forti legami con i centri di potere del sionismo che hanno consentito alla moglie di realizzare l’Università sionista in Italia, diventandone rettore.
La grande finanza mondiale ha quindi piazzato in Grecia uno dei suoi uomini migliori, e io credo che governo e partiti greci sappiano benissimo chi (volenti o nolenti) si sono messi in casa; sarebbe un problema forse più grave se non avessero nemmeno cercato di avere le informazioni che un “non professionista” come me ha raccolto su Internet in una sola giornata. Leggere queste notizie su Padoa Schioppa, per me è stata una rivelazione, ma anche una ulteriore conferma dello smarrimento politico, morale ed etico della sinistra storica italiana che si era  messa nelle mani, non di un gregario, ma di uno dei capi del gangsterismo politico finanziario mondiale.

Elettrosensibilità, una malattia non da tutti riconosciuta

Scritto da: Andrea Boretti
Fonte: http://www.terranauta

L’elettrosensibilità è una malattia. Ad affermarlo, contro l’opinione di istituzioni e multinazionali del telefonino, è il Professor Olle Johansson che, da oltre 20 anni, studia il fenomeno. La Svezia ha risposto all’allarme del professore, altri paesi stanno valutando se riconoscerne il lavoro e prendere provvedimenti. L’Italia, ancora una volta, sembra ferma al palo.
Allergico al telefono, al cellulare, alla televisione e al forno a microonde. No, non è una rivolta sociale di chi rifiuta la modernità, si tratta di una vera malattia

Allergico al telefono, al cellulare, alla televisione e al forno a microonde. No, non è una rivolta sociale di chi rifiuta la modernità e l’essere reperibili sempre e a qualunque costo, si tratta di una vera e propria malattia. Lo dice l’OMS che stima in una cifra compresa tra l’1% e il 3% della popolazione mondiale le persone affette da elettrosensibilità.

I sintomi della malattia sono diversi: cefalea, vertigini, rossore, tachicardia. “Una chiamata al telefonino un giorno mi ha portato alle convulsioni” racconta Sergio Crippa, membro dell’Associazione Italiana Elettrosensibili e coordinatore dei malati in Lombardia. L’intensità varia, ovviamente, da persona a persona, quello che non varia e sembra non varierà con semplicità è lo status della patologia che ancora oggi non è considerata una malattia a tutti gli effetti in nessun paese del pianeta.

A dire il vero un’eccezione c’è ed è la solita Svezia, che come spesso accade è all’avanguardia nella tutela di molti diritti civili. Il riconoscimento da parte di questo paese è il risultato di anni di pressione sulle istituzioni del Dottor Olle Johanson, vero e proprio pioniere degli studi sull’elettrosensibilità che, da oltre 20 anni, studia la materia diventando, nel corso del tempo, una sorta di portavoce di chi nel mondo si dichiara elettrosensibile.

Secondo Johansson chi si dichiara tale soffre di una vera e propria allergia. Il nostro sistema immunitario – spiega il professore svedese – si è sviluppato in sintonia con nemici riconosciuti e non è pronto a fronteggiare gli “allergeni” elettromagnetici contenuti in segnali TV, onde radio e via dicendo.

L’intensità del disturbo varia ovviamente a seconda dei casi e Johanson è riuscito nel corso degli anni ad analizzare e riconoscerne le diverse tipologie. Questa ricerca lo ha rafforzato nella convinzione che la percentuale di elettrosensibili sia decisamente più alta (tra il 3% e il 10%) rispetto alle stime dell’OMS.
Vere e proprie cure ovviamente non ce ne sono, l’unica speranza al momento è che politici e amministrazioni fissino nuovi limiti di sicurezza nello sviluppo delle nuove tecnologie

Vere e proprie cure ovviamente non ce ne sono, l’unica speranza al momento è che politici e amministrazioni fissino nuovi limiti di sicurezza nello sviluppo delle nuove tecnologie. “In una risoluzione UE del 4 Settembre 2008, il Parlamento Europeo ha riconosciuto che l’esposizione ai livelli di radiazione deve basarsi su fattori biologici, non solo sugli effetti del surriscaldamento. Una posizione sottolineata anche da un rapporto dello scorso 23 Febbraio” racconta Johansson.

Un segnale che qualcosa si sta muovendo? Forse, visto che anche Canada, USA, Regno Unito e Svizzera stanno valutando l’ipotesi di riconoscere l’elettrosensibilità come una malattia. Non così in Italia dove la questione è al centro di un forte dibattito. Protagonisti della diatriba sono da una parte l’Associazione Italiana Elettrosensibili e quella per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o ambientale (MCS) – che lottano per il riconoscimento della patologia – dall’altra le istituzioni e e la Società Italiana di Elettromagnetismo che appoggia la posizione dell’OMS secondo cui l’elettrosensibilità sarebbe solo una suggestione psicologica.

“Mancano dati di laboratorio precisi” dice Guglielmo D’Inzeo, ordinario di Interazione bioelettromagnetica presso La Sapienza di Roma. A queste critiche risponde invece Angelo Levis, ex ordinario di Mutagenesi ambientale a Padova e fondatore di Apple (Associazione per la Prevenzione e la Lotta all’Elettrosmog), secondo cui il mancato riconoscimento della malattia è dovuto semplicemente alla commistione tra chi fa ricerca, chi fa servizi di telefonia mobile e la realtà istituzionale internazionale. “Questa situazione – afferma Levis – provocherà nei prossimi anni, gli stessi danni che il tabacco ha fatto al ‘900, e la sua effettività è dimostrata da studi epidemiologici, geografici e dal lavoro di Johansson, che ha aperto uno spiraglio di luce per tutti i malati.

Better Place: stazione di scambio batteria al volo per veicoli elettrici

Scritto da: Giuseppe Tavella
Fonte: www.howtobegreen.eu

Il nodo prevalente della mobilità elettrica è da sempre quello legato all’autonomia. Il progetto israeliano Better Place è tanto semplice quanto rivoluzionario: realizzare in tutto il mondo innumerevoli stazioni automatiche di scambio batteria (battery swapping).

Non è quindi un sistema di ricarica ma un vero e proprio scambio fra la batteria scarica ed una perfettamente ricaricata. Questa tecnologia è chiamata quickdrop e permette a qualsiasi auto elettrica predisposta appositamente di ottenere un cambio della batteria in un tempo addirittura inferiore a quello necessario attualmente per fare il pieno di carburante: meno di un minuto.

Il cambio della batteria avviene senza nemmeno scendere dalla macchina.

Il progetto Better Place prevede che il proprietario del veicolo non possieda di fatto le batterie ma che le possa utilizzarle sfruttando abbonamenti simili a quelli che attualmente si utilizzano per la telefonia mobile. Questo comporta non solo un costo dell’auto elettrica molto più basso di quello in cui la batteria è compresa ma anche di liberare il proprietario dell’auto da rischi legati a guasti e/o garanzie dell’anello più debole di tutto il sistema, la batteria appunto.

Il progetto Better Place è pensato per risolvere contemporaneamente due problemi: l’ansia da autonomia (tipica sensazione di chi viaggia in veicoli puramente elettrici) e la mancanza di stazioni di servizio lungo il proprio percorso. Costruendo veicoli con tecnologia quickdrop, stazione automatiche di scambio batteria e considerando che i veicoli elettrici comunque sono sempre ricaricabili in modalità plug-in da qualsiasi presa elettrica 220V, si ottiene una tecnologia non solo potenzialmente ecologica al 100 percento ma funzionale ed in grado di competere in prestazioni e flessibilità con le comodità garantite dalle attuali macchine endotermiche (benzina, diesel, gas ed ibride).

La rivoluzione è già in atto a Tel Aviv, a Tokyo e in numerose città nord europee dove sono stati siglati accordi per lo sviluppo di questa tecnologia.

Perchè i cinesi stanno divorando oro senza alcun freno

FONTE: http://endoftheamericandream.com
Traduzione a cura di JJULES per www.comedonchisciotte.org

Perché i cinesi stanno acquistando così tanto oro?
Nel 2010 è stata la domanda al di fuori della Cina uno dei fattori principali del sensazionale aumento del prezzo dell’oro. L’oro è salito circa del 26 per cento quest’anno e la maggior parte degli analisti prevede che aumenti ancora di più nel 2011. Dunque, la Cina sta acquistando oro a velocità sbalorditiva perché viene visto come un buon investimento o ci sono altri elementi in gioco?
I cinesi considerano l’oro come un riparo dall’inflazione?
La Cina sta cercando di evitare i Buoni del Tesoro americani?
L’oro è semplicemente diventato molto più attraente delle monete cartacee come l’euro e il dollaro americano?
Oppure la Cina si starebbe preparando all’imminente crollo finanziario che molti economisti vedono arrivare?
E’ sempre difficile dire con esattezza che cosa stia combinando la Cina ma una cosa è certa – stanno comprando oro senza alcun freno.

E’ stato annunciato di recente che la Cina ha importato 209,7 tonnellate di oro nel corso dei primi dieci mesi del 2010. Si tratta di cinque volte l’oro che la Cina ha importato nel corso dello stesso periodo del 2009.

Come si spiega un simile sensazionale aumento?

La Cina ha bisogno di tutto quell’oro per l’utilizzo nazionale?

Indubbiamente l’oro sta diventando molto di moda in Cina ma non che la Cina non riesca a produrre da sola una quantità enorme di oro. Infatti, dal 2007 la Cina è il primo produttore mondiale di oro del mondo e certamente non ha scarsità di metallo giallo.

Se le cose stanno così, cos’altro potrebbe spiegare il fatto che la Cina stia acquistando oro così in fretta?

Bene, sembrano esserci quattro teorie fondamentali sul perché la Cina stia comprando in questo momento così tanto oro.

#1 Un riparo dall’inflazione

Già stiamo iniziando a vedere un inizio di inflazione seria in Cina. In particolare, l’inflazione dei generi alimentari minaccia di sfuggire da ogni controllo. In una condizione inflazionistica, l’oro è sempre un buon investimento.

#2 Un’alternativa ai Buoni del Tesoro americani

Nel corso dell’ultimo decennio, la Cina ha investito molto, molto pesantemente in Buoni del Tesoro americani. Infatti, ad oggi il governo degli Stati Uniti deve alla Cina quasi mille miliardi di dollari. Tuttavia, nel corso degli ultimi uno o due anni la Cina ha drasticamente ridotto gli acquisti di Buoni del Tesoro americani e si sta dando da fare per trovare investimenti alternativi. L’oro è sempre stato un investimento molto sicuro e con l’attuale instabilità del sistema finanziario ha molto senso investire in oro.

#3 Una mancanza di fiducia nelle monete cartacee

Nel corso dell’ultimo decennio, la Cina ha accatastato giganteschi cumuli di riserve Forex ma ultimamente le monete cartacee come l’euro il dollaro americano stanno diventando sempre più instabili. La crisi del debito sovrano europeo minaccia di far crollare l’euro in qualunque momento. Il Quantitative Easing 2 e l’accordo sui tagli fiscali che Obama e i Repubblicani stanno cercando di far approvare al Congresso stanno facendo perdere molta fiducia nel dollaro americano al resto del mondo. In queste condizioni, è diventato molto meno invogliante detenere monete cartacee.

#4 La preparazione all’imminente crollo finanziario

Non ci vuole un genio per capire che stiamo vivendo nella più grande bolla del debito della storia del mondo e che, ad un certo punto, il sistema finanziario mondiale andrà in rovina. Quando questo accadrà, la situazione più sicura in cui trovarsi saranno i metalli preziosi e le altre materie prime. I cinesi sono molto presi a divorare oro, argento e numerose altre materie prime, e quindi che lo facciano di proposito o meno, si stanno sistemando per superare meglio di altre nazioni l’imminente tempesta finanziaria.

Ancora una volta, è sempre difficile dire con esattezza quello che sta facendo la Cina. Forse tra sei mesi o un anno, la Cina cambierà di nuovo rotta. Ma al momento la Cina sta divorando enormi quantità di oro e, se questo continuerà, si creerà un enorme squilibrio sui mercati finanziari globali.

In effetti, se tutti questi acquisti cinesi proseguiranno ancora per qualche tempo, potrebbero far saltare molti di coloro che detengono importanti posizioni corte in oro. Ma non è soltanto il governo cinese ad essere stato colpito dalla “febbre dell’oro” in questo momento.

I cittadini cinesi stanno acquistando oro ad un ritmo mai visto prima.

Alla Borsa Aurifera di Shangai, i volumi delle contrattazioni sono aumentati del 43 per cento nel corso dei primi 10 mesi del 2010.

Poiché è aumentato il ceto medio cinese, l’oro è diventato sempre più di moda. E’ sbalorditivo il fatto che le famiglie cinesi hanno acquistato, a partire dal 2007, quasi la metà dell’oro comprato da tutti gli investitori di Wall Street messi insieme

Questo è un altro segnale di quanto sia arrivata lontano la Cina. La Cina non è più un attore di second’ordine sul palcoscenico mondiale. La verità è che la Cina oggi è un’importante superpotenza economica.

In un precedente articolo intitolato “Cina al numero 1, Stati Uniti al numero 2? 25 fatti che dimostrano che la transizione sta davvero avvenendo”, avevo descritto in dettaglio alcune delle statistiche che dimostrano che la Cina sia diventata una fucina assoluta. I punti seguenti sono soltanto alcuni esempi tratti da quelle statistiche…

*Gli Stati Uniti sono stati leader del consumo di energia nel mondo per quasi 100 anni, ma l’estate scorsa la Cina è salita in vetta.

*Nel corso degli ultimi 15 anni, la Cina è passata dal 14° posto al 2° posto negli articoli di ricerca scientifica pubblicati a livello mondiale.

*Secondo un recente studio, entro l’anno prossimo la Cina potrebbe diventare il primo paese per numero di brevetti depositati.

*La Cina possiede oggi il supercomputer più potente del mondo.

*La Cina ha ora il treno più veloce del mondo e la rete ferroviaria ad alta velocità più estesa del pianeta.

*Nel 1998, gli Stati Uniti detenevano il 25 per cento della quota di mercato delle esportazioni high-tech mentre la Cina appena il 10 per cento. Dieci anni dopo, gli Stati Uniti detenevano meno del 15 per cento e la quota della Cina aveva raggiunto il 20 per cento.

*L’economista Premio Nobel Robert W. Fogel dell’Università di Chicago prevede che, se continuano le tendenze attuali, entro l’anno 2040 l’economia cinese sarà tre volte più ampia di quella americana.

E gli Stati Uniti?

Beh, la verità è che gli americani hanno subito un tale appiattimento culturale che solo circa il 70 per cento di loro riesce a trovare la Cina su una cartina geografica.

Triste, vero?

Sullo scacchiere globale la Cina oggi sembra essere costantemente quattro o cinque mosse più avanti degli Stati Uniti.

Dunque, se la Cina è così presa ad acquistare oro a velocità frenetica forse è perché sa esattamente quello che sta facendo.

Link: http://endoftheamericandream.com/archives/buying-gold-why-are-the-chinese-gobbling-up-gold-like-there-is-no-tomorrow
17.12.2010

A Chioggia il pesce ha gli occhi a mandorla

Scritto da [Ansa]   
Fonte: http://www.estnord.it

E’ il secondo centro italiano per la pesca dopo Mazara del Vallo in Sicilia. Adesso a Chioggia (Venezia), anche nello storico mercato del pesce, vendita al minuto, sbarcano i cinesi. Uno dei 45 commercianti del consorzio “La pescaria de Ciosa” che riunisce i dettaglianti del mercato cittadino, pittoresco e tradizionale come quello di Rialto a Venezia, ha venduto a un commerciante cinese il suo banco, una postazione ereditata dalla famiglia rimasta sempre in mano ai locali, come tutti gli altri banchi del pesce. Sulla cifra sborsata dal pescivendolo cinese solo voci che spiegano pero’ come il vecchio proprietario si sia convinto a vendere: il banco sarebbe stato pagato 40 mila euro, circa quattro volte in piu’ della normale offerta che si fa per comprarne uno simile. Gli altri commercianti sono rimasti sorpresi dell’affare e se ne sono accorti solo quando il vecchio proprietario e’ arrivato sul posto accompagnando il cinese per mostrargli il posto di lavoro e l’organizzazione del mercato. Il neofita ha mostrato grande cordialita’ nei confronti dei nuovi colleghi i quali pero’, secondo quanto riporta il quotidiano “La Nuova Venezia”, hanno risposto con diffidenza.
E preoccupazione: “Non abbiamo nulla contro i cinesi, ovviamente, ma siamo allarmati – ha detto Paola Camuffo, presidente di Amic (commercianti del mercato all’ingrosso) e tra i promotori del consorzio dei minutisti – questo e’ il primo caso, ma se ne seguiranno altri si rischia di veder scomparire una tradizione. Mi rendo conto che, in tempi di crisi, certe offerte economiche possono sembrare allettanti, ma credo che la citta’ rischi di perdere, nel complesso, parte della sua immagine”. Le associazioni dei commercianti ittici di Chioggia hanno anche scritto al presidente della Regione Zaia esprimendo la loro preoccupazione. Oggi Zaia ha convenuto con loro, dicendo alla stampa: “E’ un segno dei tempi, ma sicuramente non e’ un bel segno. La Regione Veneto continuera’ a lavorare perche’ i banchi del pesce e tutte le attivita’ rispettino l’identita’ di origine, questo perche’ immagino che quando un veneto va a comprare un branzino, piuttosto che un polpo, voglia sentire l’idioma locale. Il prodotto tipico in Veneto si vende in questa e non in altre maniere”.

Lo scontro tra potere ortodosso e lobbies della cybernetica

Fonte: Osservatorio Italiano

L’offensiva sferrata da Wikileaks ha catturato l’attenzione del mondo diplomatico e politico internazionale, insinuando così il dubbio che gli equilibri che oggi reggono le relazioni bilaterali e mondiali siano più instabili e precari di quel che si pensava. Una fuga di informazioni dalla rete delle ambasciate e del Departement State degli Stati Uniti apre molteplici scenari su cui gli analisti si interrogano. Tra le teorie più accreditate vi è quella secondo cui Wikileaks sia davvero una rete che vuole sabotare Washington, o l’amministrazione Obama, ed in particolare il sistema diplomatico americano: mostra com’è cinico, che agisce come se i Paesi fossero un suo dominio, ed i governi dei burattini, mostra che gli ambasciatori sono ambigui e doppiogiochisti, insomma che non sono più una controparte da ascoltare nel tutelare l’ordine mondiale. Da qui l’idea che Wikileaks voglia una nuova era, in cui mettere a nudo i potenti del passato. In secondo luogo, vi è la teoria del sabotaggio, ossia che la stessa amministrazione americana abbia creato un sistema per sabotare gli accordi con la Russia, e così la sua tela di Stati che la rendono sempre più forte ed un’inattaccabile controparte della NATO, oppure per isolare l’Iran all’interno del mondo arabo e continuare la strategia della tensione.

Questione energetica è un bersaglio. Entrambe le tesi sono verosimili, perché spiegano le reazioni degli Stati e della stessa America, rendendo perfetto questo teorema. Wikileaks attacca Berlusconi, e Hillary Clinton chiede scusa, mentre alle forti critiche dei rapporti interconnessi con Putin tutto tace da Washington. Tuttavia Russia e Italia rispondono con il rafforzamento della partnership energetica e del progetto del South Stream, che assume così aspetti sempre più complessi. Il Governo italiano e quello russo hanno confermato gli accordi di costruzione e dato a tale unione un nuovo volto, in considerazione di due operazioni societarie strategiche. Viene ratificato in primo luogo l’accordo trilaterale tra Russian Post, Poste Italiane e Finmeccanica per l’ottimizzazione della rete logistica (technology, operating and logistic system) e lo sviluppo di servizi innovativi (financial services and treasury, products and services supply) – senza però dimenticare che l’autorità postale controlla parte dello scambio dell’informazione sulla rete internet. In secondo luogo, Eni avvia il processo di vendita dei gasdotti Tenp e Transitgas, ossia la rete di interconnessione rispettivamente con Germania e Olanda, e con Svizzera e Francia, in cui si potranno probabilmente inserire ‘partner terzi’. Allo stesso tempo, la Cassa Depositi e Prestiti, controllata del Tesoro e da un gruppo di Banche, diventa il nuovo socio dell’Eni, attivando lo swap delle partecipazioni detenute in Poste, Enel ed Stm.  Le Banche italiane sembrano lasciare le Poste per privilegiare l’Eni e i suoi progetti nel settore del gas.
Intanto, Turchia e Russia confermano la loro volontà a costruire l’oleodotto Samsun-Ceyhan (dalla costa del Mar Nero al Mediterraneo) e così lo stesso South Stream, che necessita pure sempre del via libera di Ankara per la sua realizzazione. Non dimentichiamo infine la Bulgaria, altro Stato strategico per il gasdotto russo, che ha confermato la sua ‘fedeltà’ a Mosca, suggellando anche l’accordo sulla centrale nucleare di Belene, e i Balcani dove Gazprom miete consensi dalla Croazia sino all’Albania per la gassificazione della regione.

Rapporto Mitrokhin: un precedente. E’ proprio sulla questione energetica che ruota il ‘caso Wikileaks’, perché tra mito e realtà esiste la linea invisibile del vero braccio armato degli Stati, che sono le intelligence-ombra, che si sono già scontrate con il famoso caso del Dossier Mitrokhin. La raccolta di 3.500 report, destinati a 36 nazioni, e redatti dal servizio di controspionaggio inglese – SIS sulla base delle note manoscritte da Vasilij Nikitič Mitrokhin, ex archivista del KGB, fu esattamente ‘una fuga di notizie segretissime’ relative ad un arco temporale abbastanza ampio, che mostrarono i lati oscuri dei rapporti con la Russia. Una parte di questi erano relativi all’Italia e vennero consegnate al SISMI dal 1995 fino al 1999 (fine guerra in Bosnia – anno del bombardamento NATO alla Serbia) e corrispondono a un arco temporale che va dal 1917 al 1984. Oltre a causa della complessità della verifica dei singoli eventi e della comprensione della sua realizzazione, l’importanza del Dossier Mitrokhin è stato messo in dubbio anche perchè parte delle informazioni erano vere e già note ai servizi italiani, poste poi accanto a molte che erano false e che hanno contribuito a creare caos, in un periodo di transizione per il blocco sovietico. Lo stesso meccanismo è venuto alla luce nel 2006 , con la morte dell’ex agenteAleksandr Litvinenko e la riapertura del caso del dossier Mitrokhin, che parlava di un gruppo di agenti speciali russi (spetsnaz) definito “Dignità e onore”. I ‘documenti segreti’ accennavano all’esistenza di ex agenti del Kgb che stavano conducendo la loro guerra fredda “contro i dissidenti del regime di Vladimir Putin”. Stiamo parlando di un periodo in cui l’Italia, con Romano Prodi, poneva le basi per la costruzione del South Stream e dell’alleanza tra ENI e Gazprom, per fare del     gas    la      fonte energetica  del         futuro.                
Il servizio segreto ortodosso. Allora, un’analisi lucida e sistemica dell’Osservatorio Italiano (si veda; “Dignità e onore”: la copia strumentalizzata del Servizio Segreto Ortodosso) ha rivelato come il dossier Mitrokhin e il servizio parallelo di “dignità e onore” non era altro che una tecnica per colpire in realtà è il ‘servizio segreto ortodosso’. Stiamo parlando di un’entità, la cui struttura è stata descritta per la prima volta proprio da Michele Altamura, che rappresenta un “servizio segreto parallelo che riunisse in sé i dissidenti del servizio di spionaggio al solo scopo di formare una forza invisibile e interna agli Stati”. Si definisce “giusto” perché va a colpire un personaggio debole e ricattabile del sistema, costruendo su di lui un dossier e fruttano la sua posizione di debolezza per raggiungere determinati scopi. In questo modo il servizio ortodosso ha costruito una rete di contatti parallela agli Stati, in modo da collocare all’interno di ogni struttura strategica, società o istituzione, un proprio uomo fidato e dare vita ad una zona di influenza. È su questo sistema che la Russia ha creato sulle proprie ceneri un impero economico, posizionando in ogni stato e all’interno delle più grandi società un proprio contatto in modo da ottenerne il controllo.  “Chi ha creato il servizio segreto ortodosso è stato intelligente perchè aveva già predisposto meccanismi che impedissero che il nemico potesse pronunciarlo e farlo uscire allo scoperto. Questo sistema esiste ed è ben saldo, ha il potere di usare tutti i mezzi per la razionalizzazione di tutte le società più importanti, in modo da colpire l’economia di uno Stato attraverso il controllo dei suoi politici o delle persone che contano davvero”, scrive Michele Altamura.

Mitrokhin è stato un dossier studiato in ogni suo aspetto, in modo che nessuno potesse risalire alla verità proprio perché è stato scritto da fonti anonime, gestito da commissioni anonime create ad hoc per fare un po’ di scena e far rientrare il caso nell’immaginario collettivo. Dell’esistenza del servizio segreto ortodosso abbiamo prove ogni giorno, ed è quello che crea alleanze tra società e gruppi, che crea progetti per pipelines ed infrastrutture, è l’anticamera degli incontri più critici, è ciò che alcuni definiscono lobbying. Esistono infatti dei ‘collegamenti non convenzionali’, costruiti da elementi dei servizi segreti che hanno un ruolo ibrido, a metà strada tra sfera interna ed esterna, essendo legati principalmente a lobbies. Una società ha una fascia non convenzionale che prende contatti con la sua controparte russa, ed inevitabilmente durante la gestione di tali rapporti si verificano delle distorsioni. Tuttavia nessuno può individuarli o in maniera diretta, perché scontrarsi con questo sistema sarebbe come fare la guerra totale e decretare la fine delle stesse lobbies che tentano di far cadere i governi. Forse è ciò che cerca di fare l’America ancora una volta con il suo progetto cybernetico.
 
Wikileaks e il crimine invisibile. In tale ottica, Wikileaks è la versione evoluta del Dossier Mitrokhin, avendo a disposizione nuovi strumenti di comunicazione ed una tecnica più affinata. E’ oggi un sistema congeniato nei minimi dettagli che segue uno schema ben preciso, un progetto di propaganda per il controllo dell’internet – massima espressione del coinvolgimento delle masse all’interno della rete – che, sdoganando il segreto, attua una sorta di vaccinazione delle persone. Il crimine invisibile dell’eliminazione del segreto porta all’accettazione delle scelte difficili, di un evento non condivisibile ma necessario. Questo è ciò che l’Osservatorio Italiano ha affermato prima della pubblicazione dei documenti, ben sapendo che all’interno dei famosi dispacci delle ambasciate vi sarebbero state inserite solo mezze-verità, che dovevano fare da veicolo per le falsità più grandi ed innestare nelle persone un’idea, in modo da poter manipolare di nuovo gli eventi a proprio favore. E’ questa la nuova frontiera del contro-spionaggio, per la produzione del consenso e il controllo del dissenso, per servire gli interessi della classe dirigente.   Wikileaks è una ‘macchina dei messaggi’ e ha al suo interno delle intelligenze artificiali, visto che i suoi fautori sono anche i proprietari delle lobbies dell’informatica e dell’informazione, costituite da software, server, motori di ricerca, computer non convenzionali, intelligenze artificiali, data center, società di elaborazione di dati statistici. Utilizzare le vecchie tecniche di base come la propaganda e il complottismo, cattura ogni singolo messaggio, inserendolo in un comando unificato che è a sua volta diviso in compartimenti e cellule (camere stagne), tale che tutti finiscono per essere inghiottiti da questa macchina di intelligence, senza essere consapevoli di essere fornitori “delle proprie idee”, mentre sono soprattutto i dissidenti i soggetti interessanti.

Lo strumento ideale per l’attuazione resta quella classica del ‘Dossier Mitrokhin’: divulgazione di segreti ufficiali, semplicemente perché la classificazione su un qualsiasi pezzo di carta come “top secret” rende vero tutto ciò che è falso . Ad esempio, il rapporto segreto della missione NATO International Security Assistance Force nel 2006 individua Bin Laden come leader dei talebani e Mullah Omar leader della città pakistana di Quetta. E’ questo un sillogismo anti-dissidenza dell’11 settembre , in quanto accreditando come vera al figura di Bin Laden, in un documento segreto, si va a confermare l’esistenza della guerra al terrorismo. Usare quindi il segreto per giustificare indirettamente un conflitto è un crimine invisibile. Il ruolo dei media e dei social networks è quello di essere il centro-accreditamento bugie, in virtù della regola “tutto ciò che si vende si può pubblicare”. Il sillogismo anche stavolta è semplice. “Si tratta di notizie vecchie che confermano solo ciò che “tutti” sanno già. E’ contrassegnato come segreto, ma gli eventi sono veri e anche i nomi dei relatori, quindi non è un complottismo. Si parla contro i politici quindi è libertà di stampa, in nome di una causa più grande” .

Nuovi scenari. L’intelligenza artificiale che sta dietro questo grande progetto non può certo appartenere ad un’organizzazione che agisce senza scopo di lucro, è chiaro che è invece espressione di quelle che potremo chiamare le ‘Nuove Banche’, ossia entità che possiedono dati e strumenti forti a sufficienza per sferrare le loro guerre. Ciò che unisce i vecchi conflitti congelati con la nuova era è proprio lo scontro tra le lobbies della Cybernetica, che fa delle informazioni e della speculazione un mezzo di ricchezza, e il potere ortodosso, simbolo dell’alleanza tra la Chiesa Ortodossa e del Vaticano, tra l’Europa dell’Est e Italia con la Russia, e che utilizza l’energia come motore dell’economia. Alla sconfitta del petrodollaro e al fallimento delle speculazioni finanziarie, gli Stati Uniti rispondono con la guerra al terrorismo, con l’invasione di Iraq e Afghanistan e con la guerra invisibile, dichiarata proprio con la creazione del nuovo consiglio presso la Casa bianca della sicurezza “cibernetica”. Uno scenario che l’Osservatorio Italiano aveva teorizzato e dimostrato in tutti i suoi aspetti, avvertendo come gli Stati non possiedono ancora gli strumenti per contrastare il crimine invisibile. E’ infatti una guerra sotterranea, che parte da un server pirata e viene sferrata da computer , facendo tutti bersaglio di ritorsioni o rapine mascherate da “false collaborazioni”, da dossier e files che gettano discredito sui Governi.