Hiroshima: il progressivo declino del G7

Scritto da: Filippo Bovo
Fonte: http://www.opinione-pubblica.com/hiroshima-il-progressivo-declino-del-g7/

Il vertice di Hiroshima sembra confermare il sostanziale declino del G7, istituzione ormai sempre meno considerata e creduta nel resto del mondo. Proviamo dunque a capire in che modo il G7 sia arrivato a questo punto.

Probabilmente il G7 che in questi giorni si tiene ad Hiroshima non inciderà più di tanto nella storia, proprio come del resto è accaduto anche con le edizioni precedenti ed in particolar modo con quella preparatoria, avvenuta sempre ad Hiroshima, solo due mesi fa. L’impressione che caratterizza tutti gli osservatori del mondo emergente, ormai sempre più contrapposto pur in tutte le sue diversità al mondo occidentale e/o sviluppato, è infatti che il G7 sia diventato sempre più un club d’attempati signori che di tanto in tanto si ritrovano per rimembrare insieme i bei tempi che furono ed illudersi d’essere ancora giovani. Nella sostanza, il G7 oggi ha un potere decisionale sulle sorti del mondo in costante diminuzione, risultando così sempre meno ascoltato o considerato da quei paesi del Terzo Mondo che oggi, avendo alternative politiche ed economiche nella Russia e nella Cina, non lo giudicano più come unico referente o interlocutore internazionale a cui appellarsi per poter risolvere i propri problemi. Lo stesso processo di “marginalizzazione” ha parimenti colpito anche tutte le altre istituzioni economiche e finanziarie occidentali, in primo luogo la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale, che hanno perso l’esclusiva ed il monopolio a livello globale soprattutto per colpa della nuova banca dei BRICS e di quella per l’industria e gli investimenti in Asia voluta dalla Cina, e a cui peraltro anche alcuni paesi del G7, come l’Italia, hanno deciso di partecipare.

Eppure questo processo di progressiva emarginazione del G7 poteva essere evitato, o perlomeno attutito e maggiormente spalmato nel tempo, se solo non fossero state prese alcune decisioni che si sono rivelate davvero autolesionistiche e controproducenti. Aver accettato nel G7 la Russia, per esempio, era stata una grande idea, da cui era scaturito il G8. Il club rompeva con la sua precedente natura prettamente atlantica, che ne faceva un’appendice economica della NATO, e si candidava a diventare qualcosa di più grande e soprattutto di maggiormente rappresentativo degli equilibri e degli schemi mondiali. Il club del G7, divenuto G8, guadagnava così un maggior respiro ed anche una maggior autorevolezza e credibilità a livello mondiale. Tuttavia quest’ottima intuizione è stata poi abiurata dall’Amministrazione Obama, che pensando di punire la Russia per la fermezza dimostrata nella crisi ucraina decise l’espulsione di Mosca dal G8, riportandolo così alla fisionomia precedente.

Questa è stata una mossa decisamente autolesionistica, che ha ridimensionato il G7 a livello internazionale, privandolo di molta influenza e soprattutto di gran parte del suo prestigio, giacché a tutti a quel punto è apparso evidente come esso fosse soltanto uno strumento diplomatico nella mani di Washington, e nulla più. Ecco perché difficilmente i paesi in via di sviluppo potranno guardare al G7 con rispetto o anche solo con interesse: ai loro occhi esso è solo una delle tante maschere dietro a cui si nasconde il solito Occidente a guida statunitense, e di cui non c’è più uno stringente bisogno per sopravvivere o svilupparsi dal momento che esistono solide alternative come la Cina. Del pari, anche la Cina stessa non è molto portata a considerare come di particolare importanza le decisioni e le raccomandazioni del G7, in particolare quelle riguardanti il Mar Cinese Meridionale, perché sono sempre e comunque le stesse cose che si sente dire da Washington e da Tokyo nel resto dell’anno ed in altre occasioni.

Senza la Russia, che aveva un forte effetto di controbilanciamento dentro il G8, il G7 diventa anche politicamente più spinto, perdendo quella moderazione che contribuiva a renderlo un consesso un tempo molto più ascoltato e considerato. Adesso è soltanto la grancassa degli Stati Uniti, al punto da apparire quasi superfluo visto che anche Washington può esprimersi benissimo da sola, senza dover far ricorso all’aiuto dei suoi partner tradizionali. E non è da escludere che un possibile insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca non lo svuoti ulteriormente di significato. Trump, qualora si trovasse in un “muro contro muro” con Mosca o con Pechino, sicuramente preferirebbe agire da solo anziché far ricorso ad organismi internazionali che considera alla stregua di “ferrivecchi”, quali la NATO o il G7.

Quello di Hiroshima, dunque, è un vertice che testimonia sempre più la progressiva e a quanto pare anche difficilmente contrastabile marginalizzazione del G7: un vero e proprio declino.

Operazione ‘Condor’, l’Argentina ha chiuso la sua pagina più buia

Scritto da: Michele Caltagirone
Fonte: http://it.blastingnews.com/cronaca/2016/05/operazione-condor-l-argentina-ha-chiuso-la-sua-pagina-piu-buia-00942921.html

La Casa Rosada, il palazzo presidenziale di Buenos Aires

(La Casa Rosada, il palazzo presidenziale di Buenos Aires)

Condannati 15 ex militari della giunta Videla, feroci esecutori di un piano repressivo che insanguinò il Sudamerica

“Prima i sovversivi, i collaborazionisti ed i simpatizzanti. Poi elimineremo gli indifferenti ed infine gli indecisi”. Purtroppo non è una citazione da film, questa frase è stata pronunciata realmente da Jorge Rafael Videla, 42° presidente dell’Argentina dal 1976 al 1981. Il suo fu il regime dei “desaparecidos” che nell’arco di un quinquennio uccise oltre 40 mila presunti dissidenti ma la gran parte, circa 30 mila, sono scomparsi senza lasciare traccia. L’ex dittatore è morto tre anni fa nel carcere “Marcos Paz” di Campo de Mayo, a Buenos Aires, all’età di 87 anni, portandosi più di un segreto nella tomba. Ieri però, in un’aula di tribunale, l’Argentina ha chiuso con una sentenza l’ultimo capitolo della pagina più buia della sua storia.
Colpo di martello contro il marxismo

Il golpe militare che nel marzo del 1976 permise al generale Videla di prendere il potere nel Paese è una delle “appendici” dell’operazione “Condor”. Nel 1975 i capi dei servizi segreti di cinque nazioni del Sudamerica: Argentina, Cile, Uruguay, Bolivia e Paraguay, si riunirono pianficando la loro azione repressiva nei confronti della crescente ideologia marxista nel continente. Dal Paese che aveva dato i natali ad Ernesto “Che” Guevara partiva dunque il colpo di martello verso quella che veniva considerata una “deriva politica”. In un secondo momento collaborarono all’operazione Condor anche i governi di Brasile, Perù ed Ecuador, anche se in modo marginale. L’intenzione era quella di eliminare fisicamente la maggior parte degli oppositori ai regimi militari nascenti o già presenti da tempo nei Paesi suddetti, molte di queste persone avevano trovato rifugio in Argentina negli anni precedenti al colpo di Stato e sarà proprio nel Paese del Rio della Plata che avrà luogo la repressione più dura.
La sentenza dopo tre anni di udienze

Ieri il Tribunale di Buenos Aires ha chiuso l’ultima pagina dopo oltre quarant’anni. Su 17 imputati, 15 ex militari sono stati condannati da una corte composta da rappresentati di sei nazioni: oltre all’Argentina, infatti, il processo è stato voluto dai governi di Cile, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia. La pena più pesante è stata inflitta a Reynaldo Bignone, presidente argentino per poco più di un anno, dal luglio ’82 a dicembre ’83, ed ultimo dittatore della giunta golpista del ’76. Per l’88enne ex militare 20 anni di reclusione che si vanno a sommare alle altre condanne a 25 e 15 anni, rispettivamente del 2010 e 2012. Alla sbarra c’erano 25 persone quando è iniziato il processo, nel 2013. In otto, tra cui il generale Videla, sono deceduti nell’ultimo triennio.

Il coinvolgimento della CIA

Le indagini presero il via nel 1992, quando il giudice paraguaiano Josè Agustin Fernandenz scoprì ad Asuncion i cosiddetti “archivi del terrore”. I documenti attestavano chiaramente la sorte di migliaia di persone arrestate ed assassinate, in Argentina e Cile ma anche in altri Paesi del continente. In cifre, sono circa 50 mila gli omicidi di Stato, 400 mila le persone incarcerate ed oltre 30 mila desaparecidos. Anche se in maniera indiretta, la CIA fornì appoggio logistico, copertura, assistenza e fondi alle organizzazioni golpiste allo scopo di “spezzare” qualunque svolta a sinistra in America Latina. Un lusso che, dopo Cuba, Washington non voleva più permettere. Lo scorso marzo, in occasione della visita ufficiale in Argentina, Barack Obama ha promesso al presidente Mauricio Macri che, presto, il governo americano aprirà gli archivi segreti sulla dittatura argentina. “Gli Stati Uniti stanno riflettendo su quanto accaduto in Argentina”. In tanti, tra i familiari delle vittime del regime, avrebbero preferito che Obama ammettese “apertamente” le responsabilità statunitensi nel sostegno non dichiarato al golpe del ’76. Ma aprire completamente gli armadi lasciando rotolare rovinosamente tutti gli scheletri ivi contenuti non è semplice e lo dimostrano le recenti visite del presidente americano in Vietnam e Giappone.

DANTE ALIGHIERI

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=931&biografia=Dante+Alighieri

Dante Alighieri

Biografia Al principio del cammin di Italiana lingua

La vita di Dante Alighieri è strettamente legata agli avvenimenti della vita politica fiorentina. Alla sua nascita, Firenze era in procinto di diventare la città più potente dell’Italia centrale. A partire dal 1250, un governo comunale composto da borghesi e artigiani aveva messo fine alla supremazia della nobiltà e due anni più tardi vennero coniati i primi fiorini d’oro che sarebbero diventati i “dollari” dell’Europa mercantile. Il conflitto tra guelfi, fedeli all’autorità temporale dei papi, e ghibellini, difensori del primato politico degli imperatori, divenne sempre più una guerra tra nobili e borghesi simile alle guerre di supremazia tra città vicine o rivali. Alla nascita di Dante, dopo la cacciata dei guelfi, la città era ormai da più di cinque anni nelle mani dei ghibellini. Nel 1266, Firenze ritornò nelle mani dei guelfi e i ghibellini vennero espulsi a loro volta. A questo punto, il partito dei guelfi, si divise in due fazioni: bianchi e neri.

Dante Alighieri nasce a Firenze il 29 maggio 1265 (la data è presunta, comunque compresa tra maggio e giugno) da una famiglia della piccola nobiltà. Nel 1274, secondo la Vita Nuova, vede per la prima volta Beatrice (Bice di Folco Portinari) della quale si innamora subito perdutamente. Dante ha circa dieci anni quando muore la madre Gabriella, la «madre bella». Nel 1283 anche suo padre Alighiero di Bellincione, commerciante, muore e Dante a 17 anni diviene il capofamiglia

Il giovane Alighieri segue gli insegnamenti filosofici e teologici delle scuole francescana (Santa Croce) e domenicana (Santa Maria Novella). In questo periodo stringe amicizie e inizia una corrispondenza con i giovani poeti che si fanno chiamare «stilnovisti». Nelle Rime si trova l’insieme dell’opera poetica di Dante, dagli anni della gioventù fiorentina, lungo in corso della sua carriera letteraria, che non risultano inseriti in alcun’altra opera. È in questo contesto che possiamo trovare le tracce del distacco consapevole che è seguito alla prima stesura dell'”Inferno” e del “Purgatorio“, che avrebbe condotto Dante verso false concezioni filosofiche, tentazioni della carne e piaceri volgari.

A 20 anni sposa Gemma Di Manetto Donati, appartenente a un ramo secondario di una grande famiglia nobile, dalla quale avrà quattro figli, Jacopo, Pietro, Giovanni e Antonia.

Nel 1292, due anni dopo la morte di Beatrice, comincia a scrivere la “Vita Nuova”. Dante si consacra così molto presto completamente alla poesia studiando filosofia e teologia, in particolare Aristotele e San Tommaso. Rimarrà affascinato dalla lotta politica caratteristica di quel periodo e costruirà tutta la sua opera attorno alla figura dell’Imperatore, mito di un’impossibile unità. Tuttavia nel 1293, in seguito a un decreto che escludeva i nobili dalla vita politica fiorentina, il giovane Dante è costretto ad attenersi alla cura dei suoi interessi intellettuali.

Nel 1295 un’ordinanza decreta che i nobili riottengano i diritti civici, purché appartenenti ad una corporazione. Dante si iscrive a quella dei medici e dei farmacisti, la stessa dei bibliotecari, con la menzione di «poeta». Quando la lotta tra Guelfi Bianchi e Guelfi Neri si fa più aspra, Dante si schiera col partito dei Bianchi che cercano di difendere l’indipendenza della città opponendosi alle tendenze egemoniche di Bonifacio VIII Caetani, Papa dal dicembre 1294 al 1303.

Nel 1300 Dante viene eletto tra i sei «Priori» – custodi del potere esecutivo, i più alti magistrati del governo che componeva la Signoria – che, per attenuare la faziosità della lotta politica, prendono la difficile decisione di fare arrestare i più feroci leader dei due schieramenti. Nel 1301, proprio mentre a Firenze arrivava Charles de Valois e il partito dei Neri prendeva il sopravvento (sostenuto dal papato), Dante viene chiamato a Roma alla corte di Bonifacio VIII. Iniziano i processi politici: Dante, accusato di corruzione, viene sospeso dai pubblici uffici e condannato al pagamento di una pesante ammenda. Poiché Dante non si abbassa, al pari dei suoi amici, a presentarsi davanti ai giudici, Dante viene condannato alla confisca dei beni e «al boia» qualora si fosse fatto trovare sul territorio del Comune di Firenze. E’ così costretto a lasciare la sua città con la coscienza di essere stato beffato da Bonifacio VIII, che l’aveva trattenuto a Roma mentre i Neri prendevano il potere a Firenze; Bonifacio VIII si guadagnerà così un posto di rilievo nei gironi dell'”Inferno” della “Divina Commedia”.

A partire dal 1304 inizia per Dante il lungo esilio. Dalla morte di Beatrice agli anni dell’esilio Dante si dedica allo studio della filosofia (per lui l’insieme delle scienze profane) e compone liriche d’amore dove lo stile della lode così come il ricordo di Beatrice sono assenti. Il centro del discorso non è più Beatrice ma «la donna gentile», descrizione allegorica della filosofia che traccia l’itinerario interiore di Dante verso la saggezza. Redige il Convivio (1304-1307), il trattato incompiuto composto in lingua volgare che diventa una summa enciclopedica di sapere pratico. Quest’opera, è una sintesi di saggi, destinati a coloro che, a causa della loro formazione o della condizione sociale, non hanno direttamente accesso al sapere. Vagherà per città e Corti secondo le opportunità che gli si offriranno e non cesserà di approfondire la sua cultura attraverso le differenti esperienze che vive.

Nel 1306 intraprende la redazione della “Divina Commedia” alla quale lavorerà per tutta la vita. Quando inizia «a far parte per se stesso», rinunciando ai tentativi di rientrare con la forza a Firenze con i suoi amici, prende coscienza della propria solitudine e si stacca dalla realtà contemporanea che ritiene dominata da vizio, ingiustizia, corruzione e ineguaglianza. Nel 1308 compone un trattato in latino sulla lingua e lo stile: il “De vulgari eloquentia”, nel quale passa in revisione i differenti dialetti della lingua italiana e proclama di non aver trovato «l’odorante pantera dei bestiari» del Medioevo che cercava, ivi compresi il fiorentino e le sue imperfezioni. Pensa di aver captato «l’insaziabile belva in quel volgare che in ogni città esala il suo odore e in nessuna trova la sua tana». Fonda la teoria di una lingua volgare che chiama «illustre», che non può essere uno dei dialetti locali italiani ma una lingua frutto del lavoro di pulizia portato avanti collettivamente dagli scrittori italiani. È il primo manifesto per la creazione di una lingua letteraria nazionale italiana.

Nel 1310 con l’arrivo in Italia di Enrico VII di Lussemburgo, Imperatore romano, Dante Alighieri spera nella restaurazione del potere imperiale, che gli permetterebbe di rientrare a Firenze, ma Enrico muore. Dante compone “La Monarchia”, in latino, dove dichiara che la monarchia universale è essenziale alla felicità terrestre degli uomini e che il potere imperiale non deve essere sottomesso alla Chiesa. Dibatte anche sui rapporti tra Papato e Impero: al Papa il potere spirituale, all’Imperatore quello temporale. Verso il 1315, gli viene offerto di ritornare a Firenze. Il suo orgoglio ritiene le condizioni troppo umilianti: rifiuta con parole che rimangono una testimonianza della sua dignità umana: «Non è questa, padre mio, la via del mio ritorno in patria, ma se prima da voi e poi da altri non se ne trovi un’altra che non deroghi all’onore e alla dignità di Dante, l’accetterò a passi non lenti e se per nessuna siffatta s’entra a Firenze, a Firenze non entrerò mai. Né certo mancherà il pane».

Nel 1319 Dante è invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore della città; due anni più tardi lo invia a Venezia come ambasciatore. Rientrando da Venezia Dante viene colpito da un attacco di malaria: muore a 56 anni nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, dove oggi si trova ancora la sua tomba.

DALL’EUROPEISMO AL TTIP: UN PIANO DEGLI USA

Scritto da: Marci Della Luna
Fonte: http://marcodellaluna.info/sito/

Disegno di Bandiera Americana a colori

DALL’EUROPEISMO AL TTIP: UN PIANO DEGLI USA

Nel Regno Unito, dove vige maggiore libertà di informazione che da noi, il corrente dibattito sul referendum del 23 giugno sull’uscita dall’Unione Europea ha reso noto all’opinione pubblica ( vedi ad es. http://www.telegraph.co.uk/business/2016/04/27/the-european-union-always-was-a-cia-project-as-brexiteers-discov/ )  il fatto, censurato sul continente europeo, che il progetto dell’unificazione europea è un progetto di Washington varato alla fine degli anni ‘40 per assicurare agli USA il controllo politico finanziario del continente europeo a  scopi geostrategici ed economici[i] e la sua permanenza nell’impero del dollaro, cioè tra i paesi che continuano ad accettare il dollaro anche se super inflazionato e vacillante e a comperare bonds in dollari anche se spazzatura e a partecipare a guerre e sanzioni volute da Washington anche se contrarie agli interessi nazionali. Notoriamente da decenni gli USA sono un paese che vive essenzialmente sulla spalle degli altri, comprando a debito beni, materie prime e servizi, e facendo continue guerre per imporre l’accettazione di questo sistema di pagamento. E fra qualche tempo emergerà anche come gli USA si stanno impegnando per soffocare lo sviluppo e la industrializzazione di fonti alternative e pulite di energia, che soppianterebbero il petrolio, il dollaro come moneta obbligatoria per comprarlo, e le guerre per il petrolio, che sostengono l’elefantiaca industria statunitense degli armamenti.

Il progetto ha visto e vede in azione personaggi presentati come padri dell’Europa ma in realtà pagati e diretti da Washington, innanzi tutti Jean Monet e Robert Schuman. L’idea di unione europea viene inizialmente proposta come comunità del carbone, dell’acciaio e dell’atomo, allo scopo di ingranare tra di loro le economie di Francia e Germania così da prevenire fantomatici futuri conflitti tra esse. Poi quel primo organismo sviluppa una rovinosa politica agricola comune, diventa un’area di libero scambio; poi assume poteri legislativi e di controllo sempre più ampli sugli stati nazionali; poi si fa Schengen, la BCE, l’euro, il trattato di Lisbona che impegna a una crescente integrazione politico-istituzionale, poi il controllo centralizzato dei bilanci e delle banche, e via discorrendo, verso la creazione di un superstato europeo a direzione non democratica, non trasparente e irresponsabile (non accountable), con soppressione delle democrazie nazionali parlamentari in quanto “causa di guerre”.

Il tory Boris Johnson, ex sindaco di Londra, nel suo intervento pro brexit, visibile a https://www.youtube.com/watch?v=r1jvbkf87Tg, spiega che  i due veri padri dell’Unione Europea, Monet e Schumann, intendevano creare un senso di identità-solidarietà europea con un metodo della psicologia comportamentale, applicando un principio che era già stato osservato come efficace in altri contesti, cioè – nella fattispecie europea –  forzando permanentemente e crescentemente i diversi popoli europei a tenere comportamenti simili tra loro attraverso l’imposizione di regolamentazioni comuni, la moneta comune, l’inno comune, la bandiera comune, etc.: imporre un agire comune per far nascere un sentire comune. Decenni dopo, constatiamo che questo metodo ha chiaramente fallito, e ha anzi risvegliato contrapposti nazionalismi, poggianti su oggettive contrapposizioni di interessi soprattutto economici. Risorgono le frontiere, le economie divergono, crescono i movimenti anti-UE.

Ma persino davanti a tali fallimenti, l’oligarchia massonico-finanziaria, liberal-cosmopolita, insiste nel suo programma di unificazione forzata, imponendo crescenti cessioni di sovranità e crescenti sacrifici. Questa evoluzione sta comportando (senza che lo si dica e che si permetta ali popoli di decidere) radicali e surrettizie trasformazioni costituzionali nei vari paesi aderenti, che perdono la loro sovranità a quote crescenti e a vantaggio delle burocrazie centrali, non democratiche e non responsabili, dell’Unione Europea – burocrazie oscenamente strapagate, e tanto corrotte, parassitarie e inefficienti, che da vent’anni l’organismo europeo di revisione dei conti non firma i loro bilanci. L’unica volta che si è fatto un controllo, è scoppiato lo scandalo della Commissione Santer con la commissaria Edith Cresson. Poi hanno deciso che era meglio non controllare più!

Incidentalmente: il potere legislativo, come praticamente ogni potere dell’UE, risiede nella Commissione, non eletta e irresponsabile, che discute e decide in segreto, a porte chiuse, altroché fascismo!

Ogni cessione di sovranità a questa burocrazia viene richiesta come condizione per sviluppo e sicurezza, ma l’Unione Europea è sempre più in crisi e sempre più in fondo alla graduatoria dell’OCSE in fatto di crescita –  stanno meglio solo i paesi che non hanno aderito all’euro. Questo il bilancio dell’unione e della sua moneta. Un bilancio che dovrebbe svegliare anche le menti più torbide e sognatrici.

Solo gli idioti non riconoscono, a questo punto, che il progetto dell’Unione Europea non è mai stato rivolto al progresso e al benessere delle nazioni europei, bensì ad altri fini, a fini di dominazione, di controllo sociale.

Informandoci, anche grazie ad articoli come quello sopra linkato, scopriamo che esso serviva e serve al dominio degli Stati Uniti sull’Europa attraverso un processo col quale il vassallo Germania è stato posto in una condizione di egemonia in Europa soprattutto mediante gli effetti dell’euro e delle politiche fiscali, che hanno prodotto e stanno producendo un forte e crescente indebitamento dei paesi periferici verso la Germania e hanno dato quindi a questa l’iniziativa politica, il controllo delle istituzioni comunitarie e il diritto di veto. La Germania impone, col pretesto di prevenire l’inflazione e di risanare i bilanci dei paesi PIGS, misure recessive, che generano un avvitamento fiscale con conseguenti calo del pil, aumento del debito, accrescimento della sottomissione a Berlino, che diventa sempre più dominante.

Invero l’’euro non è una moneta unica, con un unico debito pubblico sottostante, ma un sistema di cambi fissi tra le precedenti valute, con debiti pubblici divisi, nel quale il regolamento delle transazioni internazionali si fa sostanzialmente mediante il rilascio di promesse di pagamento, cioè mediante indebitamento, delle singole banche centrali nazionali dei paesi a deficit commerciale verso quelli con attivo commerciale. I cambi fissi, impedendo l’aggiustamento fisiologico, cioè di mercato, dei rapporti valutare tra paesi con deficit e paesi con un surplus di bilancia commerciale, determinano un crescente deficit e un crescente indebitamento dei paesi meno efficienti soprattutto verso la Germania, ma anche una fuga di imprese, di capitali, di lavoratori e tecnici qualificati, così che la Germania si ritrova con enormi crediti che usa per comprarsi i pezzi più interessanti dei patrimoni e delle economie dei paesi indebitati – cioè trasforma i propri interessi attivi in beni reali dei paesi sottomessi. E l’Italia si ritrova non solo sempre più indebitata, ma sempre più deindustrializzata e sempre più abbandonata da giovani qualificati. Il crollo dei brevetti italiani è solo l’ultima riconferma di questo processo ultraventennale e strutturale di declino.

Tale era il disegno europeista reale dietro l’europeismo di facciata concepito dai padri nobili per i figli scemi, dai padri che facevano leva su supposti sentimenti di fratellanza e solidarietà tra i popoli degli Stati europei, quando anche gli idioti sanno che, nella politica, soprattutto quella internazionale, le decisioni vengono prese per convenienza e calcolo, alla ricerca del vantaggio e della sopraffazione. Se teniamo presente questa realtà, non avremo alcuna difficoltà a capire per quale ragione tutte le innovazioni europeiste hanno avuto effetti contrari alle promesse. E per quale ragione ad ogni crisi causata da tali effetti, si è risposto che la cura era “più europa”, più cessione di sovranità all’Unione, cioè a Berlino. Chi obietta, è estremista e populista, forse pazzo, quindi i suoi argomenti sono invalidi a priori, senza esame del merito, anzi non è nemmeno legittimato a parlare. Stile Stalin.

La prossima innovazione, già in avanzato stadio di elaborazione, è il famoso TTIP, il trattato transatlantico di libero commercio, negoziato in segreto, senza che nemmeno i parlamentari possono fare copie delle bozze, e possono consultarle solo per due ore, sorvegliati dai Carabinieri, senza poterne trascrivere brani, come recentemente denunciato dal sen. Tremonti.

Perché questa segretezza ultra-dittatoriale? Per coprire gli interessi economici retrostanti e i loro progetti: col TTIP le multinazionali statunitensi potrebbero prendersi larghe fette dei mercati nazionali europei (soprattutto in Italia, ai danni dei milioni di piccole imprese che danno il grosso della ricchezza e dei posti di lavoro, e con vantaggio solo di quelle pochissime imprese, perlopiù grandi, di cui gli USA importano i prodotti. Ossia: il TTIP sarà tutto a vantaggio delle esportazioni americane verso l’Europa e soprattutto verso l’Italia, e a danno dei piccoli produttori europei dai quali dipende il nostro livello di redditi e di occupazione. Le multinazionali americane potrebbero imporre la vendita in Europa senza etichette distintive di loro prodotti OGM e in generale a rischio, potrebbero richiedere risarcimenti agli Stati che ponessero limiti allora affarismo quand’anche detti limiti siano giustificati da esigenze di tutte era della salute pubblica. Col TTIP disporrebbero anche, ciliegina sulla torta, di un tribunale sovranazionale praticamente organizzato da esse stesse, davanti a cui citare gli Stati dalle cui politiche e legislazioni si ritenessero danneggiate, per farli condannare a risarcire i danni da mancato profitto, e far pagare il risarcimento ai contribuenti. Anche quanto resta di libera ricerca e informazione medico-scientifica sarebbe tolto, perché contrario agli interessi del profitto. Molti economisti e giornalisti e politici in carriera, ipocritamente, dichiarano che il TTIP va bene, a condizione che la politica regolamenti l’affarismo. Ma ciò è proprio quel che il TTIP proibisce. E anche se non lo proibisse, la potenza di questo affarismo già controlla la politica.

Se il TTIP passerà, e credo che passerà perché non vi sono in campo dinamiche capaci di contrastarlo, sarà la totale eliminazione, da parte del grande capitale finanziario, di ogni limite e di ogni valore che si opponga ai suoi calcoli e alle sue speculazioni, cioè la fine pratica dell’esistenza del principio politico e del principio legalitario, oltre che dei diritti dell’uomo. Rimarranno solo quelli degli investitori, come li chiama il TTIP, ossia del capitale finanziario. Sarà una riforma non semplicemente dell’economia, ma della società e dello stesso concetto di uomo, il quale sarà ridotto e considerato esclusivamente come componente dei processi finanziari.

Il dominio USA sull’Europa attraverso il processo di unificazione europea sotto il vassallo germanico serve ultimamente a questo.

Come distruggere il SISTEMA ITALIANO: usate il cervello!

Scritto da: Carmine
Fonte: http://www.italianosveglia.com/come_distruggere_il_sistema_italiano_usate_il_cervello-b-93632.html

Molti sono convinti che si debbano distruggere oggetti, imbrattare vetrine, incendiare per combattere il sistema. TUTTO SBAGLIATO

Napoli
08:19 del 09/05/2016
Scritto da Carmine

Rivoluzione DisArmata, Serve l’esercito? No, serve cervello, esempio: se tutti vuotassero i conti nello stesso momento le banche fallirebbero perché se non sei in grado di restituire fondi liquidi ed immediatamente esigibili la banca può essere protestata dal creditore.

Come distrugger il sistema: interessante articolo del prof Massimo Sconvolto

Molti sono convinti che si debbano distruggere oggetti, imbrattare vetrine, incendiare per combattere il sistema.

Niente di più stupido.

Compiere reati da al sistema l’autorizzazione a reprimerti anche se in realtà chi distrugge pare, a volte, sia pagato proprio dal sistema (Black Bloc) per ingenerare nell’opinione pubblica l’idea che quelli che in realtà sono i carnefici siano povere vittime.

Serve l’esercito?

No, serve cervello, perché distruggendo le cose foraggi solo il sistema attuale che incasserà altri soldi perché le cose distrutte sono da ricomperare.

Per colpire un sistema basato sul capitale tenuto in mano da pochi non hai neanche bisogno di colpire le persone, basta imparare ad usare gli stessi mezzi che loro usano per arricchirsi spennando persone impreparate e usarli contro di loro e nessuno ti può arrestare.

Volete un esempio banale?

L’aumento di capitale MPS durante il quale il sotoscritto, dotato semplicemente di strumenti basilari per operare sul mercato delle azioni, grazie alla conoscenza di come quel mercato gira ha fatto informazione rendendo vano ogni loro tentativo di raggirare con rialzi fittizi le persone e costringendoli, pare, a bruciare parecchi soldi perché se comperi per far rialzare e il titolo non rimbalza tu bruci i soldi che hai usato per alimentare la finzione perché non riesci a vendere ad un prezzo superiore.

E MPS nonostante tutti i soldi che ci hanno buttato per tentare di farlo rialzare non ha fatto altro per due settimane che crollare.

Ma chi è che ci butta i soldi.

Famiglie industriali, banche, fondi di investimento ecco chi “fa” il “mercato” perché in realtà non vale la legge del mercato ma gli accordi che i player di cui sopra stringono.

Vero, io sono uno solo ma grazie all’informazione che faccio e dicendo semplicemente la verità ergo niente mi si può contestare molte persone oltre a me ora sanno quello che si nasconde dietro i “mercati” finanziari.

E allora come combattere un sistema che pare inscalfibile?

Intanto iniziando a smettere di credere alle favole.

Chi vi propone azioni lo fa per interesse ma le azioni sono uno strumento da evitare se non si sa esattamente quello che si fa e sono da gestire in prima persona se si vuole realmente guadagnare ergo per una persona comune sono da evitare.

E già abbiamo dato un primo colpo al sistema, potranno far salire e scendere con partite di giro passandosi azioni da uno all’altro ma se gli togliamo i nostri soldi – sono pochi è vero ma come dice sempre il marketing manager della Santa Sede il poco di molti fa tanto e se sono li, imperterriti, da oltre 2000 anni meglio far tesoro dei loro insegnamenti – il sistema già iniziamo a farlo scricchiolare.

Un colpo è poco, meglio abbondare ma per dargli il secondo bisogna svilupparsi.

Se il nostro obiettivo è quello di non perdere il capitale faticosamente accumulato in anni di risparmi… svegliamoci, nessuno strumento finanziario se non i conti deposito per un importo fino a 100 mila euro secondo la vigente legislazione garantisce il nostro capitale.

Ergo rifiutare di sottoscrivere obbligazioni qualunque sia l’emittente, qualsiasi cosa tentino di raccontarvi.

Le obbligazioni vengono emesse da chi ha talmente tanto debito da non riuscire ad onorarlo e allora per respirare un po’ vende il suo debito a più lunga scadenza all’incauto investitore così da poter far fronte almeno alle scadenze immediate.

Se le banche non concedono credito a chi non ha adeguate garanzie di solvibilità perché dovreste far credito voi a gente talmente incapace di gestire da accumulare un mare di debiti tanto da dover tentare di venderne una parte?

Tanto per farvi capire i Titoli di Stato – che siano BOT, BTP, CCT, CTZ etc. etc., – non sono nient’altro che obbligazioni e l’emittente non garantisce in nessun modo ne che le cedole verranno regolarmente pagate ne che il prestito verrà rimborsato, vieppiù le obbligazioni sono trattate quotidianamente sul mercato quindi quello che voi oggi avete pagato 100 doMani potrebbe valere 90 e vi siete mangiati parte del capitale che cedole all’1,75% mai vi permetteranno di recuperare.

Abbiamo dato il secondo colpo al sistema, sviluppandoci e rifiutando i nostri soldi a chiunque non ne garantisca la restituzione che sia lo Stato, che sia Autostrade per l’Italia, che sia la Cassa Depositi e Prestiti così incapaci di gestire faranno fatica a tirare fuori i soldi per pagarsi stipendi stratosferici che non meritano.

Non fatevi fuorviare dal fatto che le chiamino bond piuttosto che obbligazioni o titoli del debito pubblico o prestito obbligazionario o come le vogliano chiamare; sono sempre da evitare.

Abbiamo dato due colpi ben assestati e il sistema scricchiola parecchio ma non dobbiamo stancarci di colpire.

I maggiori finanziatori di uno Stato che permette la perpetuazione di un sistema feudale retto da pochi signorotti a scapito della popolazione sono le banche che utilizzano i nostri soldi anche se noi non lo sappiamo.

Le banche infatti non sarebbero mai in grado di restituire i soldi versati nei conti correnti, se tutti vuotassero i conti nello stesso momento le banche fallirebbero perché se non sei in grado di restituire fondi liquidi ed immediatamente esigibili la banca può essere protestata dal creditore.

Ecco perché i governi sono tanto celeri nell’impedire di prelevare più di tanti soldi a settimana e tentano con ogni mezzo, con la scusa di combattere l’evasione, di impedire che vi teniate i soldi sotto il materasso.

Con i vostri soldi, a vostra insaputa le banche finanziano lo Stato, oltre il 70% dei titoli del Debito pubblico italiano sono detenuti da banche italiane.

Ai tempi di Letta il MEF (Ministero Economia e Finanze) pubblicava sul sito la ripartizione del debito tra gli investitori ora hanno proditoriamente levato anche questo barlume di “trasparenza” quindi se vogliamo dare un terzo, ben assestato, colpo dobbiamo lasciare alle banche la minor quantità di denaro possibile.

E’ pericoloso tenere i soldi in casa?

Può essere vero ma se qualcuno viene a farvi visita non esitate a lanciarlo dal balcone, se l’Arma bussa alla vostra porta voi dite che in casa vostra non è successo niente ed evitate assolutamente di chiamarli voi, un morto non parla ergo potete dormire tranquilli e soprattutto non tornerà mai più a rubare.

I “colleghi” sanno dove era e non vedendolo tornare capiranno che non è aria e cambieranno zona.

Come vedete ognuno nel suo piccolo, senza muoversi da casa può fare la rivoluzione in maniera più efficace che andando in piazza, che non serve a niente, a protestare.

Basta chiudergli i rubinetti e un sistema che pare inscalfibile svanirà, disciogliendosi come neve al sole e si potrà finalmente ricostruire un sistema in cui vi sia giustizia sociale

Da Regeni all’Airbus: demolire l’Egitto che si oppone all’Isis

Fonte: http://www.libreidee.org/2016/05/da-regeni-allairbus-demolire-legitto-che-si-oppone-allisis/

Cade nell’Egeo il volo Parigi-Cairo, ma il primo missile lanciato contro l’Egitto si chiamava Giulio Regeni: «Sprovveduto frequentatore di ambienti dello spionaggio e della provocazione angloamericana, non si è reso conto fino a che punto quegli ambienti ti possono trasformare da amico del giaguaro in utile idiota, utilizzandoti nel primo ruolo e sacrificandoti nel secondo». E così, scrive Fulvio Grimaldi, Regeni è diventato il trampolino da cui far piombare sull’Egitto un uragano di anatemi tale da renderlo definitivamente infrequentabile. «Metrojet russo, Egypt Air, Regeni, più un paesaggio egiziano percosso da folgori e schianti fatti in casa da coloro cui è stato detto che, più sconquassano e massacrano, più li si favorirà a tornare al potere nell’ultimo Stato nazionale arabo (insieme all’Algeria) non frantumato, o ridotto all’obbedienza neocolonialista e neoliberista». Risultato: il turismo che dal 20% delle entrate scende a zero e sprofonda il paese in una catastrofe economico-sociale da cui si calcola potrà sognare di risollevarsi unicamente vendendosi.

Con l’abbattimento dell’aereo russo s’è già persa una bella quota di quel 20%, continua Grimaldi sul blog “Mondo Cane”. «Extra bonus, uomo avvisato mezzo salvato, con riferimento a Putin e Al Sisi che al Cairo avevano firmato ampi accordi commerciali, Fulvio Grimaldimilitari e di investimenti». Della “bomba a grappolo Regeni”, «tutti si ostinano a ignorare il torbido romanzo di formazione negli Usa dell’intelligence e l’approdo alla società di spionaggio Oxford Analytica, diretta da tre specialisti del terrorismo su vasta scala: Mc Coll, già capo dei servizi britannici, David Young, ex-galeotto per il complotto Watergate e John Negroponte, sterminatore di civili in Centroamerica e Iraq con i suoi squadroni della morte. Le ricadute dell’ordigno umano sono state un’altra fetta di turismo andata e, soprattutto, un gigantesco business Italia-Eni-Egitto, attorno al più grande giacimento di gas del Mediterraneo, messo a repentaglio, forse definitivamente».

Addio gas all’Italia e alla Francia. «Diversamente dall’orrido Tap (Trans Adriatic Pipeline) imposto da Shell, Obama e Renzi, che devasterà le coste del Salento e degraderà la Puglia in hub energetico europeo, ma che parte dall’amerikano e filo-Erdogan Azerbaijan (ultimamente meritevole anche per l’aggressione al filo-russo Nagorno), quel gas egiziano, insieme all’altro arabo dall’Algeria, pure malvisto, ci avrebbe dato un sacco di soddisfazioni energetiche senza deturpare nulla, ma anche senza mano Usa sul rubinetto». Sicché, «dopo aver spento la musica al valzer Egitto-Italia, era arrivato in sala da ballo il castigamatti dell’Africa francofona, il restauratore della mai dimenticata FranceAfrique in Costa d’Avorio, Mali, Niger, Ciad, Rca e giù giù fino al Gabon e oltre. Ma se al clown da circo dell’orrore, Hollande, il diversivo neocolonialista dai disastri nella metropoli poteva essere consentito nella FranceAfrique (dopottutto si muoveva anche nel nome della Nato), il suo precipitarsi in Egitto a concordare con Al Sisi la sostituzione del partner francese a quello italiano costituiva invasione di campo».

Intollerabile, l’attivismo francese in Egitto, per gli anglosassoni, «inventori e poi padrini dei Fratelli Musulmani e dei loro apprendisti stregoni Daish». Quanto al Cairo, il problema si chiama Abdel Fatah Al Sisi, il generale che sfrattò Mohamed Morsi su richiesta di 33 milioni di egiziani, dopo la rivoluzione del 2011 che aveva insediato i Fratelli Musulmani. Una rivolta «infiltrata e manipolata dai soliti esperti di “regime change” statunitensi perchè fingesse un superamento della dittatura di Mubaraq attraverso un regime di musulmani “moderati”». Alle presidenziali votò il 35% degli aventi diritto e solo il 17% si espresse per Morsi. «Vibranti furono le congratulazioni di Washington. L’intera amministrazione dello Stato fu occupata dai Fm. Gli assassini del presidente Sadat furono ricevuti da Morsi e messi a capo del Consiglio dei Diritti Umani. L’autore del famoso massacro di Luxor fu nominato governatore di quella provincia. Seguirono gli arresti degli oppositori laici di Mubaraq e i Hillary Clinton con Mohammed Morsipogrom anticristiani. Tutte le maggiori imprese dello Stato vennero privatizzate e fu annunciata la possibile vendita del Canale di Suez al Qatar, una specie di Vaticano dei Fm, sponsor dell’Isis».

Morsi, continua Grimaldi, inviò una delegazione ufficiale dal capo dell’Isis, Al Baghdadi, e ordinò alle forze armate di essere pronte ad attaccare la Siria, cosa che suscitò vivissime reazioni contrarie tra i militari. Morsi rimediò inviando “volontari” a supporto dei jihadisti. Questi e altri provvedimenti innescarono quella che sarebbe stata la più grande manifestazione di massa contro un presidente egiziano. I Fratelli Musulmani reagirono con le armi e per un mese si succedettero scontri sanguinosi. Il Qatar e la Turchia di Erdogan furono i primi a denunciare il “colpo di Stato”. La guerra civile fu evitata grazie alle elezioni, boicottate dagli islamisti, e in cui Al Sisi riportò il 96% dei voti. «Da quel momento inizia la campagna degli attentati terroristici. I media occidentali parlano di arresti e condanne di oppositori. Quasi sempre si tratta di Fm responsabili degli attentati con centinaia di vittime».

Chi è Abdel Fatah Al Sisi? A dispetto del terrorismo islamista, con Al Sisi l’Egitto conosce una certa pace sociale: vengono liberati prigionieri politici e ricostruite le chiese copte bruciate. Ma l’economia è a pezzi, l’ostilità dell’Occidente e del Qatar provoca isolamento. «Tanto più che il Cairo si propone come autorevole mediatore nel conflitto libico e come forza effettivamente capace di debellare, con il legittimo governo di Tobruk (che aveva vinto le elezioni ed era aperto ai gheddafiani) e il generale Haftar, i mercenari Isis spediti dalla Turchia, beneaccetti dai Fratelli di Tripoli e dai tagliatori di teste di Misurata e finanziati dal Qatar. Solito pretesto per l’intervento Nato». E non è tutto: «Con l’aiuto della Cina, imperdonabile, l’Egitto raddoppia la capacità del Canale di Suez e quindi le entrare che ne derivano. Dovrebbe essere un segmento cruciale della nuova temutissima Via della Seta e dell’interscambio tra Africa e Cina. Nell’estate del 2015 l’Eni rivela la scoperta dell’enorme giacimento di gas e di Al-Sisialtri idrocarburi nell’area marina di Zohr, che permetterebbe al Cairo di ricavarne l’equivalente di 5,5 miliardi di barili di petrolio.

Anche per questo, contemporaneamente, dilaga il terrorismo dei Fratelli Musulmani: vengono uccisi il procuratore generale della Repubblica e altri alti funzionari e magistrati. Ne segue un’ondata di arresti che fa gridare in Occidente alla brutale repressione del nuovo Pinochet. Mohammed Hassanein Heikal, il più brillante e cosmopolita giornalista egiziano, già portavoce di Nasser e direttore del primo quotidiano egiziano, “Al Ahram”, sollecita Al Sisi a denunciare la macelleria saudita nello Yemen (e difatti le truppe egiziane verranno ritirate), di sostenere la resistenza del presidente siriano Assad e di cercare un riavvicinamento con l’Iran. «A 87 anni, Heikal, che anni fa avevo intervistato per il “Nouvel Observateur” scoprendovi uno dei più colti e appassionati intellettuali arabi incontrati in mezzo secolo, muore», racconta Grimaldi, «prima che Al Sisi possa portare avanti quel discorso».

Nella notte dall’11 al 12 aprile, si viene a sapere che l’Egitto ha ceduto due isolotti nel Mar Rosso all’Arabia Saudita. Nelle stesse ore re Salman è al Cairo e annuncia investimenti per 25 miliardi di dollari. Sulle due isole, Tiran e Sanafir,  si dovrebbe posare il grande ponte che, nei progetti sauditi ed egiziani, unirebbe le due coste del Golfo di Aqaba. Intanto gli Usa offrono rinnovate forniture d’armi. «Se non si riesce a far tornare Morsi, meglio provare a non lasciare campo aperto a russi, italiani, francesi, cinesi». La cessione delle isole provoca una serie di manifestazioni di protesta dei nazionalisti egiziani che si chiedono dove Al Sisi stia andando, tra Russia, Cina, Usa, Libia e Arabia Saudita. «La risposta sta nelle condizioni economiche in cui l’Egitto è stato ridotto da una guerra economica, terroristica e mediatica, partita appena il nuovo presidente è arrivato al potere e si è dichiarato ispirato da Nasser. La sua pare la mossa della disperazione prima che la società egiziana precipiti nel baratro e della Giulio Regeninazione araba non rimangano che brandelli, spettri alitanti tra le rovine di Aleppo, nella polvere dell’ultima bomba Isis a Baghdad, tra le immagini di Gheddafi sepolte in cassetti segreti di case che non dimenticano».

E mentre gli altri megafoni della demonizzazione dell’Egitto e del suo “Pinochet” si stavano acquietando, anche di fronte all’evidenza del carattere “schiumogeno” che le accuse contro gli inquirenti sul caso Regeni stavano rivelando, insieme alla «ambigua identità del giovanotto, rilevata da molta stampa estera», il “Manifesto” «accentuava il suo bombardamento di contumelie, congetture, illazioni, accuse senza fondamento», denuncia Grimaldi. «Personaggi da assegnare alle categorie degli utili idioti o degli amici del giaguaro, a seconda della percezione di ognuno, tra i quali un magistrato disertore e fallito politico come Ingroia, il compare di Sofri Manconi, vari dirittoumanisti di complemento, cantanti, nani e ballerine, invocavano sull’Egitto di Al Sisi i fulmini di Giove, Marte, Saturno, Urano, Diopadre, sanzioni, embargo, interventi Onu, magari, sotto sotto, bombe alla libica. Neanche uno di questa compagnia di giro cripto-Nato che si fosse chiesto cosa cazzo ci facesse Regeni con criminali come Young, Negroponte e McColl», conclude Grimaldi. «Non è solo malafede. E’ complicità con chi usa altri mezzi per distruggere l’Egitto. Complicità, in ogni caso, con chi è comunque peggio di Al Sisi».

Walt Disney: Ecco ciò che non tutti ancora conoscono!

Fonte: https://oltrelamusicablog.com/2015/02/15/walt-disney-ecco-cio-che-non-tutti-ancora-conoscono/

È stato difficile trovare informazioni sulla vita di uno dei più importanti uomini di spettacolo del XX secolo, come se l’immagine inflessibile ma zuccherosa di Walt Disney non potesse essere messa in dubbio.

Walter Elias Disney, conosciuto semplicemente come Walt Disney, nacque nel 1901, a Chicago. Fu uno dei personaggi più brillanti e influenti del secolo scorso, il primo ad accostare nel cinema la musica alle immagini, produttore, regista, sceneggiatore e doppiatore. Ancora oggi il record di nomination all’Oscar appartiene ai suoi film. Tutti lo conoscono come l’ideatore e il fondatore della casa cinematografica che, con i suoi magici film fiabeschi, ha incantato generazioni di grandi e piccini. Nell’immaginario collettivo, Walt Disney è colui che ci ha lasciato in eredità personaggi immortali, il più famoso tra i quali è Topolino, e fiabe senza tempo. Eppure, pochi conoscono l’oscura identità che si cela dietro al fiero volto del creatore di Topolino!

Resoconti biografici lo dipingono come un uomo autoritario, arrogante, egoista ed egocentrico al punto da appropriarsi di idee altrui. Alcolizzato, nevrotico, depresso, misogino. E razzista. Ma questo non era certo un segreto. Sapevano tutti che nell’entourage della Disney, per volere del capo, non potevano entrare neri ed ebrei.

Durante la cerimonia annuale del National Board of Review del 2014, il premio oscar Maryl Streep intervenne pubblicamente dichiarando: “Walt Disney era un bigotto a cui non piacevano per niente le dopaperino-nazistanne, e nella sua vita ha appoggiato una lobby antisemita”. Anche Abigail Disney, nipote di Roy O. Disney, co-fondatore della compagnia e fratello di Walt è intervenuta sulla vicenda: “Antisemita? Accertato. Misogeno? Certamente!! Razzista? Ovvio, ha fatto un film (Il Libro della Giungla) circa il dover stare ‘con la propria specie’. […] Di quante informazioni necessitate ancora?”.

Molte furono le lamentele dei suoi disegnatori, sottopagati e sfruttati oltre l’immaginazione – lavoravano tutto l’anno fino a 15 ore al giorno, Natale incluso. Ub Iwerks, uno dei suoi dipendenti più geniali, arrivò a fare anche 700 disegni al giorno. Disumano. Come se non bastasse zio Walt, li obbligava a chiamarlo così, era talmente lunatico che bastava una sciocchezza per licenziare chiunque. Si diffuse presto il panico. Inoltre, lo straordinario lavoro dei disegnatori che crearono “Biancaneve“, “Fantasia” e i primi film d’animazione Disney, non veniva riconosciuto nei titoli di coda e i loro nomi sparivano sotto la sigla “Walt Disney Presents” come se il merito fosse esclusivamente di Walt Disney che presto venne soprannominato “Il Tiranno”.

E mentre l’ideatore di Topolino si arricchiva sempre di più, il malcontento negli Studi Disney sfociò in un violento sciopero che fece scandalo in tutti gli Stati Uniti, iniziato il 28 Maggio 1941 e terminato dopo una lunga trattativa con i sindacati il 9 Settembre. Durante i giorni dello sciopero Disney, in un’intervista, rilasciò parole di superiorità e arroganza:

Non dimenticatevi questo: è la legge dell’universo che i forti sopravvivano e che i deboli debbano in ogni caso soccombere; e non me ne importa un bel niente di quale schema idealistico ci si possa inventare: niente può cambiarla” .

Disney ebbe inoltre simpatie per il regime nazista: partecipò a meeting filo-nazisti e si affiliò all’Ordine DeMolay, nota congrega massonica che negli Stati Uniti walt_disney_massoneriasi può considerare l’anticamera della Massoneria, in quanto finalizzato ad avvicinare i giovani tra i 12 ed i 21 anni alle pratiche massoniche. Da questa collaborazione, assunse come disegnatore un membro della setta e insieme, nel 1932, idearono e disegnarono alcune tavole con Topolino, di specifico orientamento massonico, pubblicate nel giornale interno dell’Ordine. Qui comincia una sorta di mistero, perché di questa serie “segreta” non c’è traccia negli archivi della Walt Disney Company, cosa alquanto strana dato che anche le produzioni minori sono sempre state archiviate dalla Disney. Inoltre, lo stesso Ordine DeMolay dichiara di non avere conservato la collezione del bollettino.

Come ben sappiamo, una parte della massoneria è dedita a rituali satanici. Ci sono forze oscure che tramano sull’umanità, retaggi di un passato mai dimenticato. Tradizioni occulte e mistiche di dubbia matrice spirituale. Tutto ciò che è legato al potere è in qualche maniera contaminato, tutto ciò che porta oppressione e che sfrutta la conoscenza per fini personali trascina con sé ombre e forze oscure. Queste forze oscure ce le sbattono in faccia e ce le fanno anche adorare. Non riusciamo neanche a vederle. Ci conviviamo sin dalla nostra infanzia. È noto, infatti, che la Disney nel 2004 pagò ben 70 milioni di dollari per far concludere un processo che li vedeva accusati di satanismo, distribuzione di immagini porno, razzismo e istigazione alla cocaina.

Topolino_pentacoloAlla luce dei fatti, penso che nella figura di Disney si celavano aspetti tenebrosi ma è pur vero che i suoi film d’animazione hanno accompagnato i sogni di almeno quattro generazioni di bambini. Difficilmente si potrebbe sostenere che tutti noi siamo diventati dei “deviati”. Quindi, se davvero, lo scopo di Walt Disney fu quello di manipolare le coscienze e spingerle al male, non ha ottenuto questo effetto. D’altra parte però, non bisogna abbassare la guardia e sminuire il fenomeno. Non è, in ogni caso, educativo e accettabile che film destinati a bambini contengano messaggi, simboli e immagini inneggianti il satanismo e il sesso. Anche se la maggioranza delle persone carpisce solo il primo livello d’interpretazione dei film, si è dimostrato, che i significati e i simboli nascosti possono condizionare comunque il subconscio collettivo.

Negli ultimi anni della sua vita Walt riuscì a realizzare con Disneyland (il famoso parco tematico) molti desideri e spettri della sua infanzia per poterli rivivere e finalmente apprezzare ma ormai era un uomo solo. La sua arroganza e il suo egocentrismo fecero allontanare anche gli affetti più cari. Si fece costruire a regola d’arte il salotto della sua vecchia casa, in un edificio al centro del parco. Seduto in questa specie di stanza fuori dal tempo, guardava dalla finestra i bambini che si divertivano nel suo parco. Li guardava e piangeva per ore, affogando i singhiozzi nell’alcol.

 

Lo sport previene 13 tipi di tumori

Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/sport-previene-tumori.php
sport previene tumori

L’attività fisica protegge da ben 13 tipi di tumori. In particolare, correre, camminare o nuotare regolarmente diminuisce di oltre il 20% il rischio di ammalarsi di alcuni tumori come quello a fegato e rene e di oltre il 40% di tumore all’esofago. A confermare l’importanza dell’allenamento aerobico nella prevenzione dei tumori è un ampio studio pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine.

La ricerca, condotta da ricercatori del National Cancer Institute statunitense guidati da Steven Moore, ha esaminato i dati di ben 1,44 milioni di persone, dai 19 ai 98 anni, residenti negli Stati Uniti e in Europa.

I partecipanti sono stati seguiti per una media di 11 anni ed è stato chiesto di riportare il tipo e la quantità di attività effettuata nel tempo libero, come camminare, correre o nuotare. In media coloro che effettuavano attività fisica lo facevano per circa 150 minuti a settimana, ovvero un allenamento di 50 minuti per tre volte a settimana, che corrisponde a quanto previsto dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’Attività Fisica 2016-2020 di recente emanate.

Nel dettaglio lo studio ha confermato un minor rischio di tumori della mammella (10%), al colon (16%) e all’endometrio (21%), già evidenziati da precedenti ricerche. Maggiori riduzioni di rischio erano evidenti per adenocarcinoma esofageo (42%), cancro al fegato (27%), cardias, ovvero la valvola che collega esofago e stomaco (22%), rene (23%) e leucemia mieloide (20%). Hanno mostrato riduzioni meno significative il mieloma (17%), il tumore della testa e del collo (15%), del retto (13%) e della vescica (13%), mentre per la prostata si è registrato un aumento del 5%. Quanto al cancro al polmone il rischio era ridotto solo qualora i pazienti fossero fumatori attuali ed ex.

La maggior parte delle associazioni, sottolineano i ricercatori, sono rimaste a prescindere dalla massa grassa. Ci indica che l’esercizio fisico agisce attraverso meccanismi diversi oltre al semplice abbassamento del peso corporeo, come produzione di ormoni e effetto antinfiammatorio.

Ogni anno in Italia si registrano circa 363.000 nuove diagnosi di tumore e 177.000 sono le morti.

SANTA RITA DA CASCIA

Fonte: http://biografieonline.it/biografia.htm?BioID=1051&biografia=Santa+Rita+da+Cascia

Santa Rita da Cascia

Santa Rita nacque intorno l’anno 1381, probabilmente nel mese di ottobre, e morì il 22 maggio 1457. L’anno di nascita e la data di morte vennero accettate ufficialmente da papa Leone XIII quando la proclamò Santa il 24 maggio 1900.

Margherita nasce a Roccaporena, a pochi chilometri da Cascia (PG), figlia unica di Antonio Lotti e Amata Ferri.

I genitori, pacieri di Cristo nelle lotte politiche e familiari fra guelfi e ghibellini, diedero a Rita una buona educazione, insegnandole a scrivere e leggere.

Già dalla tenera età Margherita era desiderosa di intraprendere il cammino che l’avrebbe portata verso la consacrazione a Dio, ma gli anziani genitori prima di morire, insistettero per vedere accasata la loro unica figlia. Mite e obbediente, Rita non volle contrariare i genitori e a soli sedici anni andò in sposa a Paolo di Ferdinando Mancini, giovane ben disposto, ma di carattere irruento. L’indole rissosa di Paolo non impedì a Rita, con ardente e tenero amore di sposa, di aiutarlo a cambiare.

Ben presto nacquero i gemelli Giacomo Antonio e Paola Maria. Con una vita semplice, ricca di preghiera e di virtù, tutta dedita alla famiglia, Rita aiutò il marito a convertirsi e a condurre una vita onesta e laboriosa. Questo fu forse il periodo più bello della vita di Rita, ma fu attraversato e spezzato da un tragico evento: l’assassinio del marito, avvenuto in piena notte, presso il mulino di Remolida da Poggiodomo nella valle, sotto le balze di Collegiacone. Le ultime parole di Paolo, vittima dell’odio tra le fazioni, furono parole d’amore verso Rita e i suoi figli.

Rita fu capace di una sconfinata pietà, coerente con il Vangelo di Dio cui era devota, perdonando pienamente chi le stava procurando tanto dolore. Al contrario i figli, influenzati dall’ambiente circostante, erano propensi e tentati dal desiderio di vendetta. I sentimenti di perdono e di mitezza di Rita non riuscivano a persuadere i ragazzi. Allora Rita arrivò a pregare Dio per la morte dei figli, piuttosto che saperli macchiati del sangue fraterno: entrambi morirono di malattia in giovane età, a meno di un anno di distanza dalla morte del padre.

Rita ormai sola, e con il cuore straziato da tanto dolore, si adoperò a opere di misericordia e, soprattutto, a gesti di pacificazione della parentela verso gli uccisori del marito, condizione necessaria per essere ammessa in monastero, a coronazione del grande desiderio che Rita serbava in cuore sin da fanciulla. Per ben tre volte bussò alla porta del Monastero Agostiniano di santa Maria Maddalena a Cascia, ma solo nel 1417 fu accolta in quel luogo, ove visse per quarant’anni, servendo Dio ed il prossimo con una generosità gioiosa e attenta ai drammi del suo ambiente e della Chiesa del suo tempo.

La sera di un Venerdì Santo, dopo la tradizionale processione del Cristo Morto, avvenne un prodigio che durò per tutti i suoi ultimi quindici anni di vita: Rita ricevette sulla fronte la stigmate di una delle spine di Cristo, completando così nella sua carne i patimenti di Gesù. Rita ne sopportò il dolore con gioiosa ed eroica forza. Salvo una breve parentesi, in occasione della visita a Roma per acquistare le indulgenze romane, la ferita rimase aperta sulla fronte di Rita fino al termine della sua vita terrena. Morì beata il giorno di sabato 22 maggio 1457.

Fu venerata come Santa subito dopo la sua morte come è attestato dal sarcofago ligneo e dal Codex Miraculorum, documenti risalenti all’anno della morte.

Dal 18 maggio 1947 le ossa di Santa Rita da Cascia riposano nel Santuario, nell’urna di argento di cristallo eseguita nel 1930.

Ricognizioni mediche effettuate in epoca recente hanno affermato che sulla fronte, a sinistra, vi sono tracce di una piaga ossea aperta (osteomielite). Il piede destro ha segni di una malattia sofferta negli ultimi anni, forse una sciatalgia, mentre la sua statura era di 157 centimetri. Il viso, le mani ed i piedi sono mummificati, mentre sotto l’abito di suora agostiniana si trova l’intero scheletro.

Mafia, in principio fu il clan dei Marsigliesi. Poi Roma divenne la Suburra di Romanzo Criminale

Scritto da: Giuseppe Pipitone
Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/19/mafia-in-principio-fu-il-clan-dei-marsigliesi-poi-roma-divenne-la-suburra-di-romanzo-criminale/2741259/

In un documentario di Rai Storia vita, opere e delitti di una banda di malavitosi di successo venuti d’Oltralpe, che per la prima volta mostra alla Capitale che cos’è il crimine, quello vero e organizzato. Dal ventre molle della Costa Azzurra, dove i mafiosi siciliani inviavano i loro picciotti a studiare la raffinazione dell’eroina, arrivò la banda delle tre B: Maffeo Bellicini, Jacques Berenguer e Albert Bergamelli

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Prima di Mafia capitale e della banda della Magliana, prima di Romanzo criminale e dei corleonesi di Cosa nostra, prima del regno di Renato De Pedis e di Massimo Carminati, prima che Roma diventasse Suburra, c’è un manipolo di gangster che mette radici nella città eterna. Una banda di malavitosi di successo venuti d’Oltralpe, che per la prima volta mostra alla Capitale che cos’è il crimine, quello vero e organizzato. Lo chiamavano il clan dei Marsigliesi, perché da lì, dal ventre molle della Costa Azzurra, dove i mafiosi siciliani inviavano i loro picciotti a studiare la raffinazione dell’eroina, che arrivava la banda delle tre B: Maffeo Bellicini, Jacques Berenguer e Albert Bergamelli.

Il primo è un appassionato di filosofia che ama lo champagne, gli altri due preferiscono il whisky e la cocaina: insieme sono tre gangster vecchio stampo, cresciuti nel milieu marsigliese con Al Capone come idolo e un’esistenza ispirata alla Chicago degli anni ’30, vestiti costosi e auto di lusso, donne bellissime e almeno un paio di spettacolari evasioni dalle carceri di mezza Europa. Solo che negli anni ’60 Roma non è Chicago e non è nemmeno quella terra di conquista che diventerà solo qualche tempo dopo, con l’arrivo delle mafie dal Sud e la scalata dei ragazzi della Magliana: in quel momento la Capitale non conosce ancora cosa sia la criminalità organizzata. “È per questo motivo che i marsigliesi cambiarono il modo di fare crimine in Italia: il loro alto tenore di vita e l’aspetto elegante nascondevano sfrontatezza e ferocia con cui perpetrarono i loro crimini. Furono celebri i loro sequestri di persona, e i rapporti con criminali milanesi come Francis Turatello”, racconta Franco Roberti, procuratore nazionale Antimafia che ha curato l’introduzione al documentario dedicato da Rai Storia ai tre gangster venuti d’Oltralpe (in onda mercoledì alle 21 e 30).
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Quella ricostruita da Alessandro Chiappetta e Graziano Conversano, con le testimonianze dei magistrati Ferdinando Imposimato e Otello Lupacchini, è una storia quasi dimenticata, la cronaca di un biennio di violenza e paura che ha inciso in maniera fondamentale nella storia criminale romana. Tutto comincia il 21 febbraio del 1975, all’ufficio postale di piazza dei Caprettari: i marsigliesi entrano in scena sognando il colpo della vita: alla fine, invece, il bottino è misero, appena 400 mila lire. Sull’asfalto, però, lasciano il cadavere di un poliziotto, Giuseppe Marchisella, e si portano dietro anche la morte della fidanzata, che si suiciderà solo due giorni dopo.

Neanche il tempo di contare i cadaveri che cominciano i sequestri di persona: il primo è quello del gioielliere Gianni Bulgari. Auto truccate, mitra spianati, volto coperto e un bottino che alla fine sfiorerà i cinque miliardi di euro: la Capitale, fino a quel momento popolata solo da anarchiche “batterie” di malavitosi locali, non ha mai visto nulla del genere. Sui giornali Bellicini, Berenguer e Bergamelli diventano “gli uomini d’oro”: da loro impareranno il “mestiere”, alcuni dei ragazzi che poi scriveranno la storia criminale italiana come Danilo Abbruciati, il futuro er Camaleonte della banda della Magliana.

Nel frattempo, però, intorno ai Marsigliesi si muove anche altro: dagli estremisti neri a esponenti dei servizi segreti, dai terroristi dei Nuclei armati proletari fino ad Aldo Semerari, lo psichiatra che firmava false perizie mentali per i camorristi e che poi verrà trovato decapitato nel cofano di un’auto abbandonata nei paraggi del castello di Raffaele Cutolo. “A un certo punto cominciano degli incroci con i poteri occulti – ricorda il giornalista Andrea Purgatori nel documentario – una zona grigia dove si intrecciava la criminalità con pezzi deviati della polizia, dei servizi segreti si propongono e come dire vengono anche reclutati per compiere azioni che vanno al di là della semplice rapina o del sequestro di persona”.
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Ed è su questo che lavorava il giudice Vittorio Occorsio, sui collegamenti tra il clan dei Marsigliesi ed elementi di spicco della loggia P2: morirà ammazzato dal neofascista Pierluigi Concutelli, che lo abbatte a colpi di mitra il 10 luglio del 1976. Finisce e male anche la storia dei marsigliesi: dopo un paio di fughe tra gli Stati Uniti e la Francia, Berenguer e Bergamelli verranno trucidati in carcere da detenuti comuni senza un apparente motivo. Riesce a sopravvivere invece Bellicini: scappato dal carcere di Lecce nel 1976, era stato subito riacciuffato mentre beveva champagne in un ristorante nel centro di Roma. Tornato libero finirà di nuovo in manette trent’anni dopo, confuso tra le segnaletiche di un maxi blitz antidroga: i carabinieri del gruppo Frascati neanche si accorsero di aver arrestato l’ultimo sopravvissuto dei Marsigliesi, il clan che prima di tutti aveva messo le mani su Roma.