ITALIA, LIBIA, GUERRA, INTELLIGENCE

Scritto da: Marco Della Luna
Fonte: http://marcodellaluna.info/sito/2016/03/04/italia-libia-guerra/

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Stupidamente in questi giorni ci chiediamo se, quando e come l’Italia debba andare a combattere in Libia.

Stupidamente, perché, in forza dei trattati di pace con gli USA e del fatto che i banchieri yankee controllano il sistema bancario italiano, sarà Washington (con al più Londra e Parigi) a decidere che cosa farà l’Italia, anche questa volta, come già ha fatto con Kuwait, Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Gheddafi. E lo deciderà senza riguardo agli interessi italiani e alla vita degli Italiani.

La storica stabilità della politica estera italiana malgrado la storica mutevolezza dei suoi governi, dipende dal semplice fatto che, a seguito della resa incondizionata agli angloamericani l’8 settembre 1943, sono stati imposti protocolli che stabiliscono che l’Italia obbedisca agli USA in materia di politica estera (e in altre materie, comprese quella finanziaria), al disopra delle norme costituzionali che proibiscono che l’Italia faccia guerre.

Quando personaggi istituzionali italiani e non, preposti alla sicurezza e alla difesa, dicono che si cerca di evitare la guerra e che il problema è in mano all’intelligence, intendono che i servizi segreti militari di paesi Nato, tra cui l’Italia, stanno eseguendo serie di uccisioni mirate di capi “nemici” mediante droni armati, mediante tiratori scelti trasportati con velivoli silenziati o stealth, mediante commandos di Legione Straniera o di corpi simili dei paesi Nato e di Israele. In questi giorni Renzi ha firmato e subito segretato un decreto che estende ai corpi speciali dell’esercito le coperture riservate ai servizi segreti. Il che vuol dire, esplicitamente, che manda le forze armate italiane a uccidere, cioè a fare la guerra, in Libia. Se qualcuno di quei militari sarà catturato dall’Isis, probabilmente sarà torturato e ucciso, oppure scambiato con armi o prigionieri, ma la sua cattura e uccisione (così come lo scambio) sarà tenuta segreta anche ai suoi familiari, non solo alla stampa. Il decreto in questione, essendo in contrasto con l’art. 11 della Costituzione, è illegittimo.

La guerra è già in corso, in segreto, non dibattuta, non dichiarata, non autorizzata dal parlamento, decisa da Washington. E così andava anche con le altre guerre in cui l’Italia ha partecipato: anche i nostri governi mandavano militari sotto copertura a uccidere i capi dei gruppi considerati nemici da Washington. Ma queste pratiche segrete sono da sempre la norma nella politica estera di tutti i paesi. E’ soltanto l’opinione pubblica ignorante, sistematicamente educata dai media a una visione cosmetica della realtà, che si stupisce e scandalizza.

Tornando alla Libia, che si dovrebbe fare per stabilizzarla? Il paese chiamato “Libia” comprende 3 regioni storicamente differenti: Fezzan, Tripolitania, Cirenaica, abitate da molte tribù da secoli in competizione o guerra tra loro. Un paese con una popolazione tribale, senza senso civico e democratico, più abituata a combattere che a lavorare, e con un’enorme ricchezza petrolifera che attira gli appetiti armati di potenze occidentali, le quali ricorrono alla guerra per assicurarsi pozzi e porti, e per toglierli agli altri (all’Eni, in particolare – vedi l’assassinio di Mattei). Come stabilizzare un siffatto paese e un siffatto popolo? E’ ovvio: bisogna che Washington, Londra e Parigi si accordino per spartirsi quelle risorse, che distruggano le forze in campo (usando l’ONU e lo pseudo-governo di Tobruk per deresponsabilizzarsi e dando il comando militare alla serva Italia), che mettano al potere un dittatore armato e finanziato da loro, col duplice incarico di reprimere ogni opposizione o disordine col terrore, e di consentire lo sfruttamento delle risorse petrolifere.

Mutatis mutandis, è quello che stanno realizzando in Italia mediante Renzi e le sue riforme elettorale e costituzionale, che concentrano nel premier i tre poteri dello Stato, limitano la rappresentatività del parlamento e neutralizzano la funzione dell’opposizione.

 

Palermo – La grande cripta dei “Cappuccini”

Fonte: http://tanogabo.com/palermo-la-grande-cripta-dei-cappuccini/

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La fama del convento, costruito dai Cappuccini venuti a Palermo nel 1533, è rinomata per uno strano cimitero, da sempre definito “Le Catacombe” della città di Palermo.

In realtà il nome è improprio, poiché trattasi di un cimitero sotterraneo, con lunghe gallerie scavate nel tufo, per un’estensione di circa 300 mq, in uso nel XVII secolo, con circa 8.000 cadaveri imbalsamati.

La macabra parata raffigura una società intera che visse dal XVII al XIX secolo. Essa destò la curiosità di diversi visitatori fra cui il celebre poeta veronese Ippolito Pindemonte, che visitò le catacombe nel giorno dei morti nel 1779 e le decantò nei versi dei “Sepolcri “, e il celebre scrittore francese Guj de Maupassant che, avendole visitate nell’anno 1885, si soffermò lungamente sul metodo dell’essiccamento.

L’origine delle catacombe si fa risalire intorno al 1599, quando i frati sfruttando una preesistente cavità naturale al di sotto dell’altare maggiore della chiesa, trasferirono le salme di 40 frati precedentemente sepolti presso il lato meridionale della chiesa.

I frati iniziarono a scavare in quanto la preesistente cavità non riusciva più a contenere le salme che via via arrivavano.
Si dice che i frati abbiano appreso una tecnica di mummificazione segreta attraverso particolari sostanze chimiche. “La leggenda narra che tra questi corpi – scrive Giovetti – ci sarebbe anche quello di Cagliostro, inutilmente cercato da Napoleone quando visitò il convento”.
Essi furono posti tutti attorno alle pareti e al centro in una nicchia fu posta l’immagine della Madonna, oggi non più esistente.

Ripresi i lavori di ampliamento nel 1601, fu scavata una seconda stanza a cui si accedeva per mezzo di una scala che si dipartiva dalla sagrestia. Dal 1601 al 1678 si continuò a scavare e furono costruiti il corridoio dei frati e quello degli uomini; i lavori continuarono fino al 1732 raggiungendo l’attuale dimensione: quattro corridoi a quadrato divisi su un impianto di forma rettangolare da un quinto corridoio.
Questa sistemazione si deve al frate architetto Felice La Licata da Palermo nel 1823.

cappuccini2Un luogo singolare: la Cripta dei Cappuccini. La sua fama e’ legata al fatto che dal Seicento fino al 1881 fu scelta come luogo di eterno riposo dai cittadini più in vista di Palermo. Lungo i corridoi riservati a varie categorie di persone – uomini, donne, professionisti ed ecclesiastici – si contano centinaia di corpi scheletriti, mummificati, alcuni imbalsamati altri deposti in urne e bare. La visione può risultare sconcertante e inquietante ma rientra nel contesto della città di Palermo: crudo, bellissimo, ricco di tesori e di umanità un po’ assopita, in cui è palpabile la voglia di riemergere. Proprio come per i cadaveri e gli scheletri della Cripta.

Questo strano cimitero ha destato la curiosità di diversi visitatori fra cui il poeta Ippolito Pindemonte, che visitò le catacombe nel giorno dei morti nel 1779 e le decantò nei versi dei suoi “Cimiteri“, (vv. 126-136):

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 «………spaziose, oscure
 stanze sotterra, ove in lor nicchie, come
 simulacri diritti, intorno vanno
 corpi d’anima voti, e con que’ panni
 tuttora, in cui l’aura spirar fur visti;
 sovra i muscoli morti e su la pelle
 così l’arte sudò, così caccionne
 fuori ogni umor, che le sembianze antiche,
 non che le carni lor, serbano i volti
 dopo cent’anni e più: Morte li guarda, 
 e in tema par d’aver fallito i colpi».

La città di Palermo, grata e riconoscente all’illustre poeta, chiamò la strada che porta alla Chiesa e quindi al cimitero “Via Pindemonte”.

 .

Ricordiamo inoltre Giacomo Leopardi
Paralipomeni della Batracomiomachia

canto VIII stanza 16

1  Son laggiù nel profondo immense file
2  di seggi ove non può lima o scarpello,
3  seggono i morti in ciaschedun sedile
4  con le mani appoggiate a un bastoncello,
5  confusi insiem l’ignobile e il gentile
6  come di mano in man gli ebbe l’avello.
7  Poi ch’una fila è piena, immantinente
8  da più novi occupata è la seguente.

1: Son laggiù…immense file: con un brusco stacco la narrazione riprende e, quasi a contrasto colla chiusa dell’ottava precedente, cerca di «immaginar che cosa sia» la morte, proponendone una rappresentazione fantastica: una sorta di macabra e grottesca allegoria del disfacimento organico e del totale annientamento dell’individuo, aperta da quelle parole evocative («profondo», «immense») che se nei Canti suggeriscono piacevoli sensazioni indefinite qui designano invece l’immensità terrificante dell’annientamento; secondo Bavarese nell’immaginare questa massa inerte di morti Leopardi ha tenuto presente un passo dei Sepolcri di Pindemonte dove viene descritta la cripta dei Cappuccini presso Palermo (vv. 126-136) «spaziose, oscure/ stanze sotterra, ove in lor nicchie, come/ simulacri diritti, intorno vanno/ corpi d’anima voti, e con que’ panni/ tuttora, in cui l’aura spirar fur visti;/ sovra i muscoli morti e su la pelle/ così l’arte sudò, così caccionne/ fuori ogni umor, che le sembianze antiche,/ non che le carni lor, serbano i volti/ dopo cent’anni e più: Morte li guarda,/ e in tema par d’aver fallito i colpi.», ma se le salme in Pindemonte vengono trasfigurate poeticamente e risparmiate dalla consunzione, il lucido e tragico materialismo di Leopardi non risparmia queste anime-cadaveri dalla dissoluzione fisica: cfr. st. 17-19 e note.
2: ove non può…scarpello: su cui non ha potere la lima o lo scalpello; i sedili dei morti sono di un materiale indistruttibile, quasi a suggerire, come cantano le mummie di Federico Ruysch, che la morte è «sola nel mondo eterna».
5: l’ignobile e il gentile: il non nobile e il nobile; l’uguaglianza profonda di tutti gli esseri di fronte alla morte è un motivo topico, dai Dialoghi dei morti di Luciano al Dialogo sopra la nobiltà di Parini, ma, dopo le polemiche antimonarchiche del canto III (cfr. st. 40-43 e note) assume anche qualche valenza democratica;
6: come…l’avello: nell’ordine in cui via via li ha accolti la tomba.
7: immantinente: subito.
8: novi: (morti) recenti.

Per concludere, vi voglio raccontare un fatto realmente accaduto.
Un mattino una coppia di visitatori si trovava nella cripta quando, improvvisamente, un teschio cominciò a spostarsi lungo il pavimento. I due cominciarono a gridare. In loro aiuto accorse un addetto che sorridendo, diede un calcio al teschio facendo fuggire il topolino che involontariamente aveva provocato quell’enorme spavento ai due visitatori.

Scoperta in Sardegna! Più Raro dei Diamanti

Scritto da: Super User
Fonte: http://www.greensarda.com/notizie/una-scoperta-in-sardegna-piu-rara-dei-diamanti

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LA NOTIZIA HA DELL’INCREDIBILE I DIAMANTI AL CONFRONTO SONO SPICCIOLI. La scoperta ha fatto il giro del mondo. Ritrovato minerale rarissimo in Sardegna. “Se avete l’intenzione di donare alla vostra amata un anello davvero raro dimenticate i diamanti e regalatele una ichnusaite sarda”. Questo è l’annuncio scherzoso di Robert Hazen, un ricercatore americano, per l’uscita della sua nuova pubblicazione scientifica sui minerali più rari della Terra. L’Ichnusaite, infatti, come la Nuragheite, è uno dei circa 2500 minerali più rari al mondo. I diamanti al confronto sono molto più comuni. Sono solo 5 i siti al mondo dove si possono trovare questo genere di minerali appartenenti ai molibdati attinidi e uno di questi è in Sardegna. I due minerali sono stati ritrovati a Su Seinargiu (Sarroch) nel 2013. La loro fragilità e il fatto che sono microscopici li rende rari e preziosi. La loro scoperta porta nuova comprensione sulla cristallochimica e getta luce su come si formano durante l’alterazione del combustibile nucleare esaurito e come possano influenzare il rilascio di radionuclidi in condizioni stoccaggio. Scienziati da tutto il mondo stanno analizzando i due minerali, dei quali ad ora la densità e le proprietà ottiche non sono note. Robert Hazen è un mineralologo del Carnegie Institution for Science di Washington autore di uno studio sulle pietre più rare del pianeta. Insieme al collega Jesse Ausubek della Rockfeller University di New York studia le proprietà dei minerali più introvabili, delicati a tal punto che, quando estratti, molti di loro si dissolvono con le radiazioni solari.
La Sardegna non smette mai di sorprenderci.

NATO: ci costa 64 milioni al giorno. Ecco tutte le spese militari a confronto.

Scritto da: Claudio Messora
Fonte: http://www.byoblu.com/post/minipost/nato-ci-costa-64-milioni-al-giorno-ecco-tutte-le-spese-militari-a-confronto

Secondo i dati dell’Istituto di Ricerca Internazionale sulla Pace di Stoccolma (in sigle: il SIPRI), nel 2014 l’Italia ha tirato fuori qualcosa come 23 miliardi di euro in spese militari dovute alla sua partecipazione alla NATO (di cui solo il 4.5% circa sono serviti alla difesa civile). Fanno 64 milioni di euro al giorno. Non male! Sempre nel 2014, i paesi NATO nel loro complesso hanno tirato fuori oltre 4 mila miliardi di euro (comprese le pensioni dei militari etc). Certo, la parte del leone la fanno gli USA, con 553 miliardi di euro, ma non scherzano neppure la Francia, con i suoi 56 miliardi, il Regno Unito, con i suoi 54 miliardi, la Germania, con i suoi 42 miliardi, gli Emirati Arabi Uniti, con i loro 20 miliardi (che poi sono sempre roba inglese), la Turchia, con i suoi 20 miliardi e Israele, con i suoi 14 miliardi e mezzo.

Questo grafico illustra il divario nella spesa militare tra gli USA e gli altri partner della NATO, anno per anno (cliccate per espandere). La linea blu è la spesa militare totale NATO. La linea rossa è la spesa totale dei partner NATO senza gli USA.

 

Grafico spesa militare NATO per anno

Sono numeri impressionanti: tutti i paesi NATO hanno destinato nel 2014 ben 800 miliardi di euro alle spese militari. A leggere i numeri così come sono, emerge impietoso il quadro di chi detiene la frusta e di chi non può che prendere frustate: tutta l’Africa nel suo complesso, nello stesso periodo ha stanziato solo 45 miliardi di euro in armamenti e in eserciti, mentre la Russia ha speso 76 miliardi di euro, l’Iraq 8,63 miliardi e l’Iran 11,53. Se mettiamo da un lato il budget militare delle forze NATO e dall’altro quello della Siria – che nel 2011 spendeva “solo” due miliardi di euro (poi il dato logicamente non è stato più disponibile) -, della Russia e dell’Iran, ne esce un 800 a 90 che dice molto sull’entità delle forze in campo. Tra l’altro, non sorprende che l’Arabia Saudita abbia messo a budget dal canto suo ben 72 miliardi di euro in spese militari (ricorderete le bombe che regolarmente partono da Cagliari con probabile destinazione Arabia Saudita, e ricorderete il commento di Renzi, che a SkyTG24 ha detto che “è doveroso fare affari” in tal senso), né perché si sia messa alla testa di una massiccia “esercitazione militare” di 18 giorni, condotta da almeno 21 paesi arabi proprio nel nord del paese, verso i confini con la Siria.

Differenze Budget Militare NATO vs Siria Russia Iran

Per consultare i dati grezzi, scaricate il SIPRI Military Expenditure Database. Intanto, la petizione NO GUERRA, NO NATO conta già 18 mila firmatari, oltre a Dario e Jacopo Fo, Ferdinando Imposimato, David Riondino, Gianni Vattimo, Giulietto Chiesa, Vauro e molti altri. Si aderisce firmando qui: “La pace ha bisogno di te“.