Quota 200. Scotland Yard ad Albettone con Prometeo, dalla parte dei bambini!

Fonte: http://www.massimilianofrassi.it/blog/

Tanti gli iscritti a tutt’ora al corso di formazione che faremo domani (5 maggio) ad Albettone, alle porte di Vicenza.
Il fronte comune anti pedofili cresce sempre di più e non si era mai visto prima d’ora in Italia un corso con 200 agenti delle forze dell’ordine (insieme a membri di Prometeo e Scotland Yard), desiderosi di impegnarsi attivamente per contrastare il peggiore dei crimini.Intanto ci arrivano richieste di replicare corso in tutta Italia: cosa che siamo orgogliosi di poter garantire a tutti, fin d’ora. Grazie!!!!

Il patrimonio forestale italiano è in aumento

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/04052012/il-patrimonio-forestale-italiano-e-in-aumento/

Risulta difficile crederci, ma è una buona notizia: nonostante incendi e disboscamenti, il patrimonio forestale italiano è aumentato di 1.700.000 ettari negli ultimi vent’anni.

Lo ha annunciato qualche giorno fa il Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, Mario Catania e il Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, alla presenza del capo del Corpo Forestale dello Stato che ha realizzato l’ultimo inventario generale delle foreste.

Oggi nel nostro paese esistono 10.400.000 ettari di foreste, che si traducono in 12 miliardi di alberi sparsi su tutta la Penisola.

A parte la bellezza, la presenza di foreste sul territorio è di fondamentale importanza perché esse sono serbatoi naturali di carbonio che viene catturato dal terreno evitando di diffondersi pericolosamente nell’atmosfera.

Nel suolo del territorio italiano sono trattenute 4 miliardi di tonnellate di CO2, una quantità dieci volte superiore dall’Italia ogni anno. L’anidride carbonica è il principale gas a effetto serra: ecco perché foreste e boschi del Belpaese svolgono un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell’obiettivo fissato dal protocollo di Kyoto per ridurre l’emissione di gas nocivi e contenere l’innalzamento della temperatura del pianeta che porta ai cambiamenti climatici. Senza considerare la meraviglia della biodiversità a cui può dare vita ciascuno degli alberi di una foresta.

Gruppo Intervento Speciale (GIS)

Fonte:http://www.carabinieri.it/

Il Gruppo di Intervento Speciale (G.I.S.) è stato istituito il 6 febbraio 1978, in piena emergenza terrorismo, per idea, impulso e direttiva dell’allora Ministro dell’Interno, On. Francesco Cossiga, che aveva visitato numerosi Paesi europei al fine di acquisire un’approfondita conoscenza dei rispettivi reparti speciali.

L’evolversi, in quel periodo, di fenomeni terroristici e di forme di disturbo dell’ordine pubblico richiese la costituzione di un’apposita unità per l’impiego in operazioni speciali anti-terrorismo e anti-guerriglia, con carabinieri tratti dall’allora Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” perché particolarmente addestrati ad intervenire nelle situazioni più rischiose anche in presenza d’ostaggi.

Di stanza a Livorno, il G.I.S., che ha dimensioni contenute (livello Compagnia), dipende per l’impiego dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ed è inquadrato nella 2^ Brigata Mobile.

Attualmente fornisce anche un supporto altamente qualificato ai reparti territoriali in occasione d’ importanti operazioni di polizia.

Ancora oggi, tutti gli operatori del G.I.S. provengono dal I Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”. Sono volontari, con età non superiore ai trent’anni e con ottimi precedenti disciplinari.
Le prove selettive per accedere al G.I.S. sono molto impegnative e constano anche di visite mediche e valutazioni psicoattitudinali finalizzate ad accertare la capacità operativa in situazioni ad elevato stress fisico e psicologico.
Chi supera le selezioni accede al “Corso per Operatore” del G.I.S., durante il quale si studiano varie discipline tra cui: tecniche di disarmo personale, tiro rapidodiscriminato con armi corte e lunghe, impiego esplosivi, alpinismo, tecnica di discesa rapida da pareti ed elicotteri, tecniche d’irruzione in edifici, impiego materiali speciali, tecniche di guardia del corpo, tecniche d’intervento su obiettivi particolari (autobus, aerei, treni).
Superato il corso, l’operatore G.I.S. partecipa ad ulteriori corsi di specializzazione quali: operatore subacqueo, paracadutista con tecnica della caduta libera, tiratore scelto ed artificiere antisabotaggio.

L’obiettivo perseguito da tale training intensivo è l’impiego di un elemento particolarmente selezionato, profondamente motivato e capace di distinguersi per tecnica, lucidità ed equilibrio, specie in attività coordinate per operazioni speciali.

Il reparto, considerato di solito come “ultima ratio”, ebbe il battesimo operativo il 29 dicembre 1980 quando fece irruzione nel supercarcere di Trani (BA), sgominando in modo estremamente rapido e incruento una rivolta di detenuti che avevano preso in ostaggio 18 Agenti di custodia.

Londra. Scoperta la prima prova dell’esistenza di un bordello nel I secolo

Scritto da: Giovanni Lattanzi
Fonte: http://www.archeorivista.it/

I fangosi fondali del Tamigi restituiscono la prima testimonianza dell’esistenza di un bordello a Londra nel I secolo.

Un disco metallico simile a una moneta romana, che probabilmente è stata utilizzato da un lussurioso legionario, è stato ritrovato sulle rive del Tamigi, nella zona ovest di Londra vicino a Putney Bridge. Realizzato in bronzo e più piccolo di una moneta da dieci centesimi, il gettone ritrovato rappresenta un uomo e una donna uniti nell’intimità di un atto sessuale. Gli storici credono che si tratti della prima testimonianza di un bordello romano che sia mai stata trovata in Inghilterra.

Il gettone è stato ritrovato nel fango, dove dev’essere rimasto per quasi 2000 anni fino a che non è stato dissotterrato da un archeologo amatoriale (Regis Cursan, di 37 anni) con il suo metal detector portatile. Sul retro del gettone è rappresentato il numero XIIII, che secondo alcuni esperti potrebbe indicare che il suo titolare ha speso più di 14 monete romane per comprarlo, ossia l’equivalente di sette forme di pane o lo stipendio giornaliero di un operaio del I° secolo d.C.. Molto probabilmente, chi possedeva il gettone l’ha consegnato a una schiava sessuale in cambio dell’atto rappresentato sulla moneta stessa.

Lo scopritore con il prezioso e curioso reperto, nel luogo del ritrovamento.

Il gettone è stato donato al Museo di Londra, dove sarà esposto per i prossimi tre mesi. La curatrice del Museo, Caroline McDonald, ha dichiarato che si tratta di un reperto unico nel suo genere in Inghilterra; pezzi di questo tipo, infatti, sono stati ritrovati in tutto l’impero Romano, ma mai in Inghilterra.

Gli storici suggeriscono che la raffigurazione molto esplicita dell’atto sessuale sulle monete era dovuta a una mancanza della conoscenza del latino da parte della popolazione. In più, questo tipo di gettone veniva utilizzato per evitare che il denaro vero finisse direttamente nelle mani delle schiave sessuali. Bisogna, infine, anche considerare che utilizzare monete con l’immagine dell’imperatore Tiberio in un bordello era considerata, ai tempi, una pratica illegale.

 

 

 

 

 

Salute: praticare jogging aumenta sensibilmente la longevità

Scritto: Andrea Centini
Fonte: http://www.articolotre.com/

E’ il risultato di una lunga ricerca iniziata nel 1976 dal Copenhagen City Heart Study presentato all’EuroPRevent 2012 di Dublino. Gli uomini ne beneficiano in maniera leggermente maggiore rispetto alle donne.

“I risultati della  ricerca permettono di rispondere definitivamente alla domanda se il jogging faccia bene o meno alla salute.

Si può asserire con certezza che praticare jogging regolarmente allunghi sensibilmente la vita. La buona notizia è che non è necessario esercitarsi intensamente e frequentemente per trarne eccellenti benefici”. E’ il positivo commento rilasciato dal professor Peter Schnohr -cardiologo in capo del progetto Copenhagen City Heart Study- ai margini di una conferenza dell’EuroPRevent 2012, meeting organizzato dall’Associazione Europea per la Prevenzione e Riabilitazione Cardiovascolare (EACPR) attualmente in corso di svolgimento a Dublino (Irlanda).

Il dibattito sulla salubrità del jogging è iniziato negli anni ’70, quando alcuni uomini di mezza età persero la vita praticando questa tipologia di attività fisica: “Da allora -spiega Schnohr- alcuni suggeriscono che il jogging potrebbe essere troppo faticoso e pericoloso per le persone di una certa età. Noi possiamo finalmente dimostrare il contrario”.

Dallo studio, condotto su 20.000 uomini e donne tra i 20 ed i 93 anni di età, è emerso che per chi pratica questa attività il rischio di mortalità si riduce del 44% e soprattutto vi è un enorme beneficio in termini di longevità: 6,2 anni per gli uomini e 5,6 anni per le donne. Il risultato è ancor più sorprendente se si considera che i maggiori benefici si ottengono correndo tra una e due ore e mezza alla settimana (in due o tre sessioni) a ritmi lenti o moderati, senza “ammazzarsi” di fatica. “Il rapporto -spiega Schnohr- appare molto simile a quello relativo all’assunzione di alcol. La mortalità è più bassa nelle persone che dicono di fare jogging in modo moderato rispetto ai non appassionati di podismo o a coloro che si allenano a livello estremo. Il jogging ideale è quello che fa aumentare il ritmo del respiro e non ansimare”.

Tutti i partecipanti dello studio, sottoposti a visite regolari, sono stati invitati a rispondere ad alcune domande circa le proprie abitudini di joggers e sulla percezione del ritmo sostenuto (lento, moderato e veloce). I dati sono stati rilevati per 35 lunghi anni in quattro periodi distinti (1976-1978, 1981-1983, 1991-1994, 2001-2003) ed hanno consentito agli studiosi del Copenhagen City Heart Study, che ha sede presso il Bispebjerg University Hospital di Copenhagen, di amplificare la documentazione statistica su alcune malattie. Tra esse allergie, insufficienza cardiaca, malattie polmonari e cardiovascolari, demenza senile, apnea del sonno, epilessia, malattie genetiche ed ictus. Nel corso del progetto di ricerca sono stati registrati 10.158 decessi tra i sedentari e solo 122 tra i podisti, un dato che se legato ad altri fattori statistici (come ad esempio l’età) ha fatto determinare agli studiosi l’abbassamento del rischio di mortalità del 44% per gli amanti del jogging.

Al termine della conferenza il professor Peter Schnohr ha elencato tutta una serie di benefici apportati alla salute praticando jogging: “Migliora l’assorbimento dell’ossigeno, aumenta la sensibilità all’insulina, abbassa la pressione sanguigna, riduce l’aggregazione piastrinica, previene l’obesità, migliora la funzione cardiaca, ossea ed immunitaria, migliora il profilo lipidico, riduce i marcatori delle infiammazioni e gioca un ruolo positivo anche nel benessere psicologico”. Secondo  Schnohr il miglioramento della funzione psicologica deriva anche dal fatto che le persone che praticano jogging hanno maggiori opportunità di interazione sociale.

Hemloft: la casa sull’albero a forma di uovo

Scritto da: Francesca Mancuso
Fonte: http://www.greenme.it/

Il barone rampante, chi di noi non ha sognato leggendo l’opera di Calvino? Vivere sugli alberi, distaccandosi dalla realtà, lasciando il grigiore dei palazzi per immergersi nel cuore del verde. Un desiderio realizzato da Joel Allen, giovane sviluppatore software che, stanco del proprio stile di vita, improvvisatosi falegname, ha costruito una bellissima ed ecologica casa sull’albero, a forma di uovo a Whistler, in Canada.

Si chiama HemLoft ed è frutto di un progetto auto-finanziato e di tanta tanta fatica. L’albero si trova su un pendio scosceso, in mezzo ad un bosco di abeti, a circa cinque minuti a piedi dalla strada più vicina.

Dopo aver lasciato il lavoro e aver optato per uno stile di vita ben più sostenibile, Allen ha pensato a lungo alla soluzione dove poter trascorrere il resto della sua vita senza alcun contatto con la realtà. Così, dopo aver esaurito i propri risparmi ha deciso di imparare l’arte della falegnameria e di costruirsi da solo il proprio alloggio.

Armato di “cieca ingenuità e determinazione suprema”, come egli stesso racconta, comincia a progettare, a pensare e infine a costruire il suo esclusivo e naturale loft nel bel mezzo dei boschi canadesi. Non una classica casa sull’albero, ma una cellula di forma circolare, lontana dalle “goffe forme dei classici rifugi sull’albero” dice Allen. “Volevo qualcosa che sembrasse un po ‘più elegante”.

Ci sono voluti diversi anni per costruire il suo loft, considerata l’esiguta dei mezzi economici dell’improvvisato designer-architetto. Una delle difficoltà maggiori, dopo aver pensato alla struttura, è stata la ricerca dell’albero che avrebbe dovuto ospitarla. Nell’estate del 2008, Allen si mette a cercare l’albero ospite perfetto nei boschi di Whistler, che doveva rispondere ad alcuni requisiti: trovarsi ad una distanza ragionevole da una strada, ma fuori dalla vista e dalla portata d’orecchio del traffico umano e garantire alla forma della casa a uovo di adattarsi all’ambiente circostante anche nelle dimensioni: “Non riuscivo a spiegare esattamente come dovesse essere ma ho pensato che lo avrei riconosciuto”. E così è stato. Tra i requisiti secondari il fatto di essere rivolto a sud-ovest e la vicinanza all’acqua corrente.

La maggior parte dei materiali utilizzati da Allen, principalmente il legno, sono riciclati, comprese le piccole finestre apribili che forniscono luce e aria.

Poco dopo aver finito di costruire asse dopo asse l’abitazione dove conta di passare il resto della sua vita, Allen durante un viaggio in Slovenia conosce Heidi.

E vissero felici e contenti nella casa-uovo delle foreste canadesi…

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Nato.Torna la Guerra Fredda tra Usa e Russia

Fonte: http://www.articolotre.com/2012/05/nato-torna-la-guerra-fredda-tra-usa-e-russia/81953

La tensione sull’asse Mosca-Washington è tornata altissima come ai tempi della Guerra Fredda dopo che gli Stati Uniti hanno annunciato di completare il proprio piano di difesa missilistica globale entro il 2021. La notizia ha mandato su tutte le furie la Russia che non ha escluso un intervento militare preventivo ai danni dello scudo missilistico americano.

D.C.- 3 maggio 2012- Inutile mentire, quella di oggi è una giornata che potrebbe passare alla storia per aver segnato l’inizio di una nuova contrapposizione globale tra Usa e Russia. L’Unione Sovietica non esiste più ma gli Stati Uniti hanno comunque dato l’annuncio che entro il 2021 verrà ultimato il piano di difesa missilistica globale anche noto come “scudo spaziale”, un piano che a Mosca viene visto come una deliberata minaccia all’integrità territoriale della Russia. A dare l’annuncio da Mosca ci ha pensato Madeleine Kridon, assistente del segretario alla Difesa Usa, che era presente a una conferenza internazionale sulla difesa missilistica: “Crediamo che probabilmente entro il 2021 saremo in grado di creare tutto questo“, ha detto Kridon, spiegando poi che  secondo il Dipartimento alla Difesa statunitense, il dispiegamento del sistema di difesa missilistica si svolgerà in quattro fasi.

UNA NUOVA GUERRA FREDDA?- Comprensibilmente questo annuncio ha sollevato enormi preoccupazioni in Russia e Mosca ha affidato la sua piccata risposta al suo ministro della Difesa, Anatoli Serdiukov, presente anche lui alla conferenza: “La situazione dello scudo antimissile in Europa è praticamente a un punto morto, e non è ancora possibile trovare soluzioni reciprocamente accettabili, fra Russia e Nato, sul tema della difesa missilistica.”Il prossimo 20 maggio, come ha ricordato il ministro, a Chicago gli Stati Uniti daranno probabilmente avvio alla prima fase del programma di Initial Operational Capability sulla difesa missilistica europea. Questo secondo Serdyukov significherà “che Usa e Nato stanno continuando a sviluppare il sistema di difesa missilistico, senza tenere conto delle preoccupazioni russe“. “Ora i nostri Paesi sono di fronte a un dilemma: o saremo in grado di superare l’esame sulla cooperazione e rispondere congiuntamente alle minacce missilistiche e le sfide emergenti, o saremo costretti a prendere misure tecnico-militari, legate alla realizzazione di progetti antimissile”, ha concluso.

Anche il presidente russo Dimitri Medvedev ha detto la sua sull’argomento:”Il prezzo di decisioni sbagliate in materia di difesa missilistica può rivelarsi particolarmente elevato. I problemi della difesa missilistica incidono direttamente sulla base della stabilità strategica, e il prezzo di decisioni errate può risultare particolarmente elevato“. In sostanza quindi dele azioni unilaterali da parte di Stati Uniti e Nato sulla difesa missilistica rischierebbero di provocare una nuova vera e propria corsa agli armamenti da parte della Russia, secondo un linguaggio che si credeva ormai essere relegato al passato della Guerra Fredda. Medeved ha comunque voluto lasciare aperto uno spiraglio alle trattative tra i due paesi, proponendo di  preparare un nuovo trattato di riduzione delle armi strategiche su principi di parità e pari sicurezza, in modo da dare garanzie ai russi che il potenziale americano e della Nato di difesa missilistica non sia diretto contro il deterrente nucleare susso.

UNA MINACCIA PER MOSCA- Per dimostrare come lo scudo europeo della Nato rappresenti una minaccia diretta per Mosca, i russi hanno elaborato un modellino computerizzato del progetto Abm statunitense, presentandolo alla conferenza internazionale sui sistemi di difesa antimissile apertasi oggi a Mosca. Nella videoanimazione, illustrata dal vice capo di stato maggiore Valeri Gerasimov, sono state evidenziate le traiettorie del progetto previsto in Polonia e in Romania notando il loro impatto sulle forze di contenimento nucleare russe dispiegate in ogni regione del paese. La Russia ha poi anche affidato un piccata reazione al generale Nikolai Makarov, che nel corso della conferenza internazionale sulla difesa missilistica apertasi oggi a Mosca ha dichiarato che la Russia potrebbe decidere di lanciare un attacco preventivo su siti europei di difesa missilistica in una determinata situazione.Minacce di questo tipo non si sentivano dai tempi del blocco aereo di Berlino, nel secondo scorso, e sono la spia di un rinnovato antagonismo tra le due potenze.

“Tenendo conto della natura destabilizzante di un sistema missilistico di difesa, cioè la creazione dell’illusione che un’attacco disarmante può essere lanciato impunemente, una decisione sull’impiego preventivo delle armi di attacco disponibili potrebbe essere presa se la situazione peggiorasse“: ha ribadito Makarov che ha anche delineato le possibili opzioni in campo per “distruggere la difesa missilistica in Europa”. A questo proposito il generale ha citato “l’impiego di nuove armi di attacco a sud e nord-ovest della Russia, compreso il dispiegamento di sistemi missilistici Iskander nella regione di Kaliningrad“.

Perdo il lavoro e mi ammazzo: tanto, lo Stato se ne frega

Fonte: http://www.libreidee.org/2012/05/perdo-il-lavoro-e-mi-ammazzo-tanto-lo-stato-se-ne-frega/

Perdo il lavoro, chiudo l’azienda e mi tolgo la vita: «Nessuno può essere trattenuto in vita contro la propria volontà», diceva seccamente Seneca commentando Epicuro, per il quale «vivere nella necessità» non era affatto necessario. In tempi di sordida crisi che miete vittime in Italia, nella civile Europa e in tutto l’Occidente, osserva Marco Cesario su “Micromega”, ci si chiede se calpestare la necessità ed optare per il suicidio non costituisca forse «la scandalosa ed inammissibile sconfitta della società in cui viviamo». Ovvero: la sconfitta delle istituzioni e dello Stato come forma di associazione che, come voleva Rousseau, in nome della libertà individuale «difende e protegge, mediante tutta la forza comune, la persona ed i beni di ciascun associato». Di fronte all’eclissi del welfare e al «definitivo tramonto di una qualunque idea di Europa basata sul principio di solidarietà», oggi perde valore anche il senso più antico del termine “Stato”, in quanto «collettività di vite federate per il bene comune».

Uno dei più accaniti critici dell’euro-politica, il solitario giornalista Paolo Barnard, illumina i possibili “perché” con due citazioni agghiaccianti. La prima è del super-economista francese Jacques Attali, “caposcuola” dei futuri leader del centrosinistra italiano: «Ma cosa crede, la plebaglia europea, che l’euro l’abbiamo creato per la loro felicità?», dice Attali all’attonito Alain Parguez, allora consigliere economico del presidente Mitterrand. Un altro ideologo transalpino al servizio delle stesse élite finanziarie mondiali, François Perroux, già nel lontano 1943 – in piena Seconda Guerra Mondiale, con l’Europa ancora invasa dalle armate hitleriane – a modo suo guardava avanti: l’ideale, diceva, sarebbe stato, un giorno, arrivare a privare lo Stato della sua vera ragion d’essere, e cioè la sua capacità di spesa a favore dei cittadini. “Profezia” che, secondo Barnard, si è avverata oggi – come tutti possiamo constatare – grazie a due mosse fatali: l’adozione fraudolenta dell’euro, “moneta straniera” che priva di Stati della possibilità di sostenere il debito pubblico a favore dei cittadini, e la progressiva cessione delle sovranità anche legislative a Bruxelles, dove a dettar legge sono gli oscuri tecnocrati, non eletti da nessuno ma al servizio delle lobby planetarie, alta finanza e grandi multinazionali globalizzate.

«Che si tratti delle derive dell’offensiva neoliberista fagocitata dalla crisi economica globale o della volubilità di un mercato che segue leggi imperscrutabili», dice Cesario, una cosa è certa: «I suicidi aumentano man mano che ci si inabissa nella peggiore crisi economica mondiale dal crack del ‘29». Quella dei suicidi per disperazione è ormai un’emergenza, come rileva David Stuckler, sociologo dell’università di Cambridge: la curva dei suicidi è aumentata in maniera vertiginosa soprattutto in quei paesi colpiti maggiormente dalla crisi. Il tasso di suicidi in Grecia è aumentato del 24% nel biennio 2007-2009. In Irlanda, nello stesso periodo, i suicidi dettati da ristrettezze economiche e condizioni di vita proibitive sono aumentati del 16%. In Italia la situazione è più che allarmante: secondo l’ultimo Rapporto Eures, dal titolo “Il suicidio in Italia al tempo della crisi”, nel solo 2010 ben 362 persone si sono date la morte perché impossibilitate a far fronte ad una condizione economica avversa, a fronte delle 357 vittime del 2009 e della media di 270 tra il 2006 ed il 2009. Nel funesto 2012 si sono già suicidati 23 imprenditori, di cui nove solo in Veneto.

Ciò che più preoccupa, aggiunge Cesario, non è solo la triste corrispondenza tra il peggioramento della situazione economica di un paese e l’impennata del tasso di suicidi: ad allarmare è l’annuncio dei tagli orizzontali al welfare, il tramonto degli “scudi sociali” che finora avevano protetto il cittadino di fronte al baratro della nuova povertà. L’analista di “Micromega” ricorda le drammatiche ultime parole di Dimitris Chistoulas, il pensionato greco di 77 anni che si è dato la morte nel cuore di quella che fu la culla della democrazia e della civiltà occidentale, Atene: «Non vedo altra soluzione che una fine onorevole, prima di iniziare a rovistare i cassonetti in cerca di cibo». Una fine onorevole: non è forse meglio di una vita vissuta nel segno delle umiliazioni? Cesario punta il dito contro «lo scandalo della povertà e la minaccia diretta alla nostra sopravvivenza materiale, fantasma sempre scacciato ai margini dell’Occidente e del pensiero», perlomeno fino a ieri. Di colpo, la crisi oggi ci mette di fronte alla «mera precarietà dell’esistenza», anche alla «irrisorietà delle nostre politiche sociali».

La caduta dei simboli che facevano dello Stato il garante della sopravvivenza materiale dei propri cittadini – continua Cesario – indicherebbe che anche lo Stato, nella sua concezione moderna, è in profonda crisi e che forse si dovrebbero rivedere i concetti di “bene comune”: se infatti coincide con il benessere materiale e spirituale di una collettività, come interpretare allora il suicidio di un’anziana di 78 anni a Gela perché l’Inps le aveva tolto 200 euro dalla pensione? Non è forse il simbolo del tragico fallimento dello Stato, un tempo garante della collettività e oggi invece ridotto al ruolo di “attore economico” che di fatto privilegia gli interessi particolari delle banche e della finanza mondiale? Come può ancora, uno Stato simile, essere degno di rappresentare il corpo dei cittadini? La stessa decisione di modificare l’articolo 81 della Costituzione inserendo il vincolo del “pareggio di bilancio”, aggiunge Cesario, va esattamente in questa direzione, cioè verso la dissoluzione del concetto classico di Stato: «La priorità non è più il benessere collettivo nazionale ma interessi economici particolari e sovranazionali».

La terribile ondata di suicidi che attraversa l’Europa e l’Italia, osserva l’editorialista di “Micromega”, ha messo in luce un altro inquietante fenomeno, strettamente connesso: ovvero la desacralizzazione dell’esistenza, la perdita di valore della vita umana, ora non più considerata “necessaria” se non nel contesto economico del processo globale della produzione, un ciclo aberrante di sfruttamento senza limiti, che vede la morte dell’essere umano come una necessaria e inevitabile fatalità. «In questo fosco scenario – scrive Marco Cesario – la vita, nel suo senso biologico e storico, può e deve essere sacrificata sull’altare del feticcio-mercato per permettere al sistema stesso di sopravvivere». Di fronte ad una prospettiva simile, «il suicidio come forma di resistenza», addirittura «come atto politico o d’insubordinazione», diventa un’arma: si può leggere come «l’ultima ed estrema forma di lotta dell’individuo contro una società desolidarizzata, disumanizzata, alienata, che non mette più al centro delle sue preoccupazioni l’uomo ma la produzione, l’accumulazione della ricchezza, lo sfruttamento delle risorse naturali per creare più produzione e non più benessere collettivo».

Il suicidio come forma di disperata protesta appartiene alle pagine più tristi della storia dell’umanità, dai bonzi del Tibet ridotti a torce umane fino al tragico eroismo di Jan Palach, che si diede fuoco a Praga nel 1968 davanti ai cingoli dei carri armati sovietici. Ora siamo al suicidio politico in tempo di pace? «Vedendo i propri concittadini morire sotto i colpi della crisi – protesta Cesario – la politica non dovrebbe ripensare se stessa ed agire immediatamente per prevenire un fenomeno tanto drammatico». Problema: «Ma se la politica non è più capace di pensare l’uomo, come può dirsi umana e come possono dirsi umane le nostre società?». Lungi dal voler fare l’apologia del suicidio “politico”, non resta che chiedersi come agire, per scongiurare il rischio che – nel vuoto assordante della nostra società dominata dall’economia che ha traviato atrocemente la politica – altre vittime della disperazione finiscano per vedere nell’auto-omicidio «l’ultimo ed estremo atto di libertà e di dignità dell’essere umano».

Dalla Siria

Scritto da: Joe Fallisi
Fonte: http://byebyeunclesam.wordpress.com/

Il giorno della festa dei lavoratori del mondo

al-Jumhūriyya al-ʿArabiyya al-Sūriyya, questa la denominazione completa della Repubblica Araba di Siria. Ricorda il nome della Grande Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista. A poco più di un anno dal mio viaggio in Libia, sono sbarcato nella tarda serata del 30 aprile 2012 all’aeroporto di Damasco. In quell’occasione ero coi British Civilians for Peace in Libya, oggi mi trovo qui con altri osservatori, ma allo stesso scopo: vedere personalmente qual è la realtà dei fatti e riferirne. Siamo un gruppo di italiani, alcuni nati in Siria, come Jamal Abo Abbas, capo della comunità siriana di Roma, che ha organizzato il viaggio. A uno di loro, Ahmad Al Rifaele, hanno appena ammazzato il cugino, Kusai Malek, e il cognato del cugino, Bashar Halimeh. La sua famiglia abita nella periferia di Damasco. Mi racconta una storia simile a tante altre che ascolterò in seguito. Gli uccisi non erano soldati e neanche sostenitori attivi del regime. Semplicemente non aderivano alle manifestazioni dei “ribelli”. E’ bastato questo, può bastare anche solo questo. Alle 3 di mattina di venerdì scorso i terroristi sono penetrati in casa e hanno sgozzato uno dei due, sparando mortalmente all’altro. E hanno rubato tutto quello che era possibile portar via. Per un miracolo non ci sono stati altri morti. A volte sterminano le famiglie per intero, così che non rimangano testimoni. Poi attribuiscono la carneficina ai soldati dell’esercito regolare. Arriviamo al Cham Palace, in pieno centro, e troviamo una città quasi deserta. Fino a un mese e mezzo fa, mi dicono, Damasco era vivissima anche in piena notte. L’esperienza libica insegna una dura lezione. Tutti sanno che l’avvenire della Siria è legato a quel che farà la Cina e, soprattutto, la Russia. Se i due alleati decidessero, per qualche motivo, di togliere la solidarietà al Paese come accadde nei confronti della Giamahiria, la torva dei predatori “umanitari” si scatenerebbe. Sono lì in attesa, coi loro aerei, le loro bombe radioattive, le loro truppe d’assalto specializzate. Per ora impiegano e foraggiano, tramite l’Arabia e il Qatar, dalle basi in Turchia, le formazioni dei tagliagola libici, iracheni, afghani, pachistani, yemeniti, in piccola parte siriani. Partecipano anche direttamente con alcuni gruppi di “istruttori” e contractors, lo dimostrano i francesi arrestati pochi giorni fa. Ma sono casi singoli, come piccole gocce in attesa della cascata di veleno. Quest’aria di catastrofe incombente l’avevo respirata anche a Tripoli. Allora, mi ricordo, c’era una sorta di paradossale spensieratezza persino nella tragedia, sembrava impossibile la vera e propria devastazione. Dalla finestra del mio hotel vedevo la spiaggia e il porto e il mare tranquilli, il traffico delle automobili regolare, l’azzurro del cielo immacolato. L’Africa non avrebbe permesso che la Libia, il suo gioiello, venisse stuprata e distrutta. Ora sappiamo di cosa sono capaci gli imperialisti e gli orridi mostri “islamici”. Le immagini della tortura, sodomizzazione e omicidio, in mondovisione, di Muammar Gheddafi e poi dell’oscena megera ridens di hamburgerlandia sono impresse come memento mori negli occhi di tutti anche in Siria, da Bashar al-Assad all’ultimo eroico soldato o lavoratore della terra. E nessuno dimentica che solo la Siria e l’Algeria (quest’ultimo il Paese che ospita i familiari ancora in vita del grande Gheddafi) si opposero alla risoluzione per la no-fly zone sulla Libia votata dai traditori della Lega Araba. E’ un progetto e ruolino di marcia implacabile a suo modo grandioso, quello degli occidentali, stabilito più di dieci anni fa. Le “primavere” dei signori del caos, l’opera enorme di frammentazione e spoliazione “autogestita” del Medio Oriente, puntano al’Iran e infine alla Russia. Che per prima lo sa bene. Sarà capace, avrà la forza di opporsi a questo disegno? L’interrogativo incombe tremendo e nessuno, in cuor suo, fa finta di illudersi. Anche perché gli agenti del nemico sono attivi più che mai. Siamo immersi nella società degli spettri, “superamento” di quella dello spettacolo. La base da cui si origina ogni rappresentazione ed ermeneutica di questo genere di conflitti fornita dagli organi del “mainstream” non è più la realtà, ma un suo Ersatz costruito a tavolino ovvero in studios appositi, una fanta-realtà virtuale, modellata ad usum Delphini. Essa giustifica di fronte alla falsa coscienza ciò che è stato programmato, e dovrà accadere. La ricostruzione e la messa in onda a cura di al-Jewzeera, nel deserto del Qatar, della piazza centrale di Tripoli invasa dai manifestanti “democratici” giorni prima della caduta stessa della città, certificano che il sistema funziona. Ora terroristi hanno cominciato a commettere i loro crimini con l’uniforme degli agenti della sicurezza. Quel che si vuole, appunto, è che scompaia la distinzione tra vero e falso. E alla fine la responsabilità di tutti gli orrori ricada sulle autorità dell’ultimo Stato arabo laico e antisionista. Voltato l’angolo della strada c’è una grande banca che ha appena subìto un attentato. A pochi passi il Parlamento siriano, altro obiettivo sensibile. Il nostro punto di osservazione è privilegiato.

La visita all’ospedale militare di Damasco è un’esperienza che non dimenticherò. Per le strade della città, lungo il percorso, vediamo affissi i manifesti delle prossime elezioni parlamentari del 7 maggio (in Siria lo stipendio degli onorevoli è di circa 400 euro al mese…). Ci accoglie il generale medico e primario del nosocomio (1200 posti disponibili), uno dei più grandi e importanti del Medio Oriente, con specializzazioni di rilievo, soprattutto nella cura dei tumori e nel trapianto di midollo osseo. Attualmente sono in cura 110 feriti gravi, molti di questi casi disperati. E ogni giorno si verificano nuovi arrivi, senza tregua, e 15-20 decessi. E’ nato in un piccolo villaggio ad est di Homs, dove abitano i suoi parenti, che non vede da mesi. Di fede cristiana, ha sempre convissuto in armonia coi suoi vicini di casa musulmani. Ora non può più nemmeno tornare a visitare la sua famiglia. Per ragioni di sicurezza ci chiede di non fotografarlo. Nell’ospedale approdano in continuazione militari, ma anche civili, feriti dalle bombe, dai colpi inferti da avversari che possono attaccare nell’ombra ad ogni istante, che (non solo) in Libia hanno già compiuto atrocità indescrivibili… drogati, venduti, fanatici, pazzoidi, pronti a qualunque infamia. Il medico soldato, un piccolo uomo di circa 50 anni dagli occhi azzurri che si esprime con calma e precisione, è orgoglioso di provenire da una famiglia di contadini poveri, perché nel Paese del “dittatore” Assad il sistema è meritocratico. Ogni bimbo accede gratuitamente al sistema educativo: chi ha più talento e determinazione va avanti, finisce gli studi e si fa onore nella professione che ha scelto e con la quale può essere utile alla società. Così pure, nella Repubblica siriana, tutti i cittadini hanno diritto alle cure mediche di base, a spese dello Stato, dalla culla alla tomba – in questo non c’è differenza rispetto alla Libia di Gheddafi, di cui, per l’appunto, i predoni occidentali stanno finendo di compiere la distruzione e il saccheggio. In Arabia Saudita la donna non può votare né essere votata, non può nemmeno guidare l’automobile. Nella Siria laica ha gli stessi diritti dell’uomo. Anche perciò i trogloditi maschilisti e impotenti della sharia, aggiungo io, odiano a morte il regime siriano. Coloro che chiedono la democrazia per gli altri, ci dice, dovrebbero innanzi tutto realizzarla a casa propria. Il terrore islamico è una loro creazione e fa i loro interessi, non certo quelli del popolo. E tornerà, come infezione mortale, da chi lo ha prodotto. A proposito della Turchia, pedina centrale in questo gioco al massacro, ricorda che durante e dopo la Prima Guerra Mondiale essa si macchiò del genocidio non solo degli Armeni, ma anche dei Greci del Ponto e dell’Anatolia e dei Siriaci. I tiranni turchi (dominati sotterraneamente dai dönmeh e in combutta con gli imperialisti e coi sionisti) sono grandi criminali di massa. Oggi mantengono alta la loro fama, al di là della retorica e delle vuote proclamazioni. Cuore insanguinato dei problemi in Medio Oriente è sempre la Palestina. Solo quando (se) l’entità sionista si ritirerà dalle alture del Golan e darà ai Palestinesi il diritto di autodeterminazione si potrà intravedere una luce. Gli chiedo cosa ci sia di vero nelle accuse rivolte all’esercito di impiegare mezzi durissimi. Su di esse si basa tutta la propaganda guerrafondaia dell’Occidente e dei suoi vari manutengoli arabi, ma anche dei partiti e dei gruppuscoli di “sinistra” che riferiscono ogni giorno di presunti massacri da parte dell’esercito. Gli cito il caso di uruknet, website in inglese e in italiano di “informazione dal Medio Oriente”, e la sua lista quotidiana di martiri causati dall’esercito. Mi risponde che si tratta di menzogne colossali, senza pudore. Nelle zone circoscritte dove avvengono gli scontri (a ridosso della Turchia e del Libano, ma anche in alcuni quartieri della periferia della capitale) è la stessa popolazione che implora i militari di non andarsene, di non abbandonarla. Il popolo chiede la protezione dell’esercito, e l’esercito protegge il popolo nei limiti delle sue possibilità. I mercenari terroristi s’infiltrano tra i civili, al minimo segno di reazione li abbattono senza pietà. E li usano come scudi umani. Qatar e Arabia Saudita hanno fatto sapere, attraverso il loro portavoce di Istanbul, che entro un mese bisogna riuscire a occupare Damasco e Aleppo… il tempo stringe… In realtà la situazione potrebbe essere risolta e l’ordine ristabilito molto velocemente, in una decina di giorni, dal governo legittimo. Se questo non è ancora successo, lo si deve proprio alla sua volontà di cercare di fare meno vittime possibili tra la popolazione civile, in una guerra che vede un’esigua minoranza dalla parte dei rivoltosi. I quali ultimi (il nucleo originario sembra sia composto da alcune decine di migliaia di delinquenti comuni) compiono al grido (blasfemo) di Allāhu Akbar ogni genere di efferatezze, istruiti in tali pratiche dai macellai della Libia, che ne posseggono il know- how, che sanno “come si fa”. Ma il limite di sopportazione è stato superato. D’altronde qualunque Paese ha il diritto-dovere di difendere la propria integrità e indipendenza. Ci si può immaginare come reagirebbero, solo per fare un esempio, gli USA se un fenomeno simile si verificasse all’interno dei loro confini. Per fortuna l’esercito siriano è più consistente e più forte di quello della Giamahiria ed è ancora compatto, integro. Inoltre l’appoggio della Russia e della Cina resiste (per ora). Anzi, proprio russi e cinesi chiedono ad Assad misure più risolute per combattere la feccia terroristica, che naturalmente, come in Libia, senza l’intervento di “volenterosi” capaci di bombardare e invadere è in grado solo di creare disordini e morti, non di ottenere il risultato che i suoi padroni auspicano.
Incominciamo la nostra breve visita insieme col giornalista cubano Luis Beaton, di “Prensa latina”. E’ un cammino tra la sofferenza e la dignità. Ecco Mohamad Abu Rmeh Khaled Latkani, soldato di 22 anni che i terroristi hanno picchiato selvaggiamente a un posto di blocco 12 giorni fa, sparandogli poi una decina di colpi. Sopravvissuto per miracolo, potrebbe morire da un momento all’altro. Il fatto si è svolto sotto gli occhi degli “osservatori” orwelliani dell’ONU, già visti in Iraq e su tanti altri fronti delle guerre imperiali: spie che monitorano la consistenza e l’ubicazione dei mezzi di difesa del Paese aggredito e passano le informazioni a chi di dovere, fornendo ai media notizie utili alla propaganda degli aggressori (registrano sempre solo le dichiarazioni degli antigovernativi). E poi Ihsan Jaavar, altro giovane ferito grave che il 25 aprile è stato vittima, coi suoi commilitoni, di un attacco nella città di Ḩuwayjat ad Darah da parte di 300 terroristi. Gli amici sono morti. Per lui le stelle avevano deciso diversamente. Incontriamo in un’altra stanza di questa via crucis il colonnello Ahmed Mansur. Il suo caso, la sua persona mi colpiscono in modo particolare. Ha perso una gamba in un attentato e non possono togliergli le bende perché la ferita ancora sanguina. Con un filo di voce, ma occhi scintillanti che parlano più delle parole, ci dà il benvenuto in Siria, nella sua amata patria. I nemici della libertà hanno preso in ostaggio davanti a lui, prima che la bomba esplodesse, un gruppo di civili e li hanno immolati come agnelli. Sono capaci delle peggiori barbarie… smembrano e mutilano le vittime… ma incredibilmente, mentre accenna a questi incubi, emana dal suo volto una luce radiosa, come se si trovasse già al di là delle malvagità e delle miserie. Ricorda con un sorriso, prima che lo abbracci accomiatandomi, il proverbio secondo cui i cattivi medici pretendono di curare il mondo mentre sono loro gli ammalati più gravi… C’è, tra gli altri militari, un ragazzo andato a proteggere una manifestazione antigovernativa (!) e quasi scannato… e un brigadiere dell’esercito, prelevato a Damasco e lasciato per strada dai criminali sicuri di averlo ucciso… pure lui sopravvissuto perché la sua ora non era ancora giunta. E ci sono anche vittime civili: un padre che ha visto spirare il figlio e che è stato colpito a sua volta, un commerciante di Hama al quale hanno sparato solo perché non scendeva in piazza coi ribelli del Kali Yuga… Ci chiamano dal cortile, dove sta per arrivare un’ambulanza con le spoglie di un giovane di Damasco, appena falciato da una bomba. Un’ambulanza!… piuttosto un misero pulmino irriconoscibile… una vera ambulanza sarebbe sotto il tiro dei terroristi… è successo a Gaza durante Piombo Fuso, e avviene qui. Aveva 22 anni Mohamad Musa Alfahad, soldato di leva. Usciamo tutti, anche il primario… sa di dover assistere alla stessa scena terribile che si ripete ogni giorno. I familiari, stretti insieme come in una morsa, ancora non vogliono crederci. Fuori, all’angolo dell’entrata di servizio, la pila delle casse funebri, quattro poveri assi di legno inchiodati sul dolore, che attendono i nuovi arrivi. E’ proprio lui, è volato via… rimane solo il suo volto, gli occhi chiusi per l’eternità. Ho ancora nell’orecchio le urla strazianti dei fratelli e della madre, abbarbicati a quella bara muta come a un’àncora, all’ultimo albero dell’ultima foresta… Poi tutto finisce, l’ospedale si fa lontano, l’imbrunire ci riporta in albergo. E’ finito anche il nostro primo maggio in Siria, il giorno della festa dei lavoratori del mondo.

Cambogia: omicidio nella foresta

Fonte: http://www.salvaleforeste.it/taglio-illgale/3063-cambogia-omicidio-nella-foresta.html

Difendere l’ambiente e la legalità può costare anche la vita. In Cambogia Chut Wutty, noto ambientalista e direttore dell’associazione Natural Resource Protection Group, è stato ucciso a un posto di blocco della polizia cambogiana nella provincia di Koh Kong, vicino al confine con la Thailandia, mentre accompagnava due giornalisti di Cambodia Daily per investigare sulla deforestazione illegale nell’area di una centrale idroelettrica costruita su progetto cinese. Salva le Foreste pubblicava poche settimane fa un lungo articolodel Phnom Penh Post, in cui Wutty denunciava le complicità del taglio illegale con le forze dell’ordine. Già allora la polizia sequestrò tutte le foto dei giornalisti del Phnom Penh Post, che documentavano il taglio illegale. Lo stesso copione si è ripetuto con il fatale esito. I due giornalisti che erano con lui, un cambogiano e un canadese, sono stati arrestati dalla polizia per interrogatori e poi rilasciati. In una successiva dichiarazione riportata dalla Ap, il portavoce della polizia ha affermato che non ci saranno ulteriori indagini – come richiesto da diverse associazioni per i diritti umani – in quanto il poliziotto che ha sparato a Wutty, una volta che si è accorto di averlo ucciso, si è a sua volta suicidato. Per Amnesty International, Wutty era uno dei «pochi ambientalisti rimasti in Cambogia a denunciare i disboscamenti e la concessione delle terre in parchi e riserve naturali che stanno impoverendo gli abitanti e distruggendo l’ambiente». Inoltre aveva criticato la polizia cambogiana che «proteggeva gli interessi privati dei più ricchi».