Trovata la San José, un tesoro e un cimitero di guerra

Fonte: http://ilfattostorico.com/2015/12/16/trovata-la-san-jose-un-tesoro-e-un-cimitero-di-guerra/

(Colombian Ministry of Culture and the Colombian Institute of Anthropology and History)

(Colombian Ministry of Culture and the Colombian Institute of Anthropology and History)

Il presidente della Colombia aveva annunciato, lo scorso 5 dicembre, la scoperta di un relitto spagnolo di 300 anni. La notizia ha fatto il giro del mondo, soprattutto per il valore della nave: tra i 4 e i 17 miliardi di dollari.

Il galeone, chiamato San José, stava trasportando un grande carico d’oro, argento e pietre preziose dalle miniere in Perù fino alla Spagna nel 1708, quando fu distrutta in una battaglia navale contro gli inglesi. L’affondamento avvenne durante la guerra di successione spagnola, un conflitto europeo scatenato per la successione al trono spagnolo.

Secondo il governo colombiano, una spedizione archeologica ha scoperto il relitto della San José al largo della costa del paese il 27 novembre. Presto però, altri gruppi si sono fatti avanti per reclamare la nave, tra cui una compagnia statunitense che sostiene di aver individuato il relitto decenni fa, e anche il governo spagnolo.

Il presidente colombiano Juan Manuel Santos annuncia la scoperta (Colombian Ministry of Culture and the Colombian Institute of Anthropology and History)

Il presidente colombiano Juan Manuel Santos annuncia la scoperta (Colombian Ministry of Culture and the Colombian Institute of Anthropology and History)

Un tesoro e un cimitero

Il tesoro porta allo scoperto i vari pretendenti, dice Justin Leidwanger, archeologo all’Università di Stanford che studia relitti antichi nel Mediterraneo. Ma c’è un altro fattore in gioco con la San José, infatti circa 600 uomini sono affondati con la nave, e dunque la San José è un cimitero di guerra.

«La questione diventa molto delicata perché uno non potrebbe intervenire nei cimiteri di guerra», dice Leidwanger. «Si può strappare dal fondale marino un tesoro senza disturbare un cimitero di guerra? Ne dubito. Ma sarà questo il tipo di discussione che si avrà».

Una nave con storie da raccontare

Nel 1708, l’Europa era in guerra. Il precedente re di Spagna, Carlo II, notoriamente nato da un matrimonio tra consanguinei, aveva una salute molto precaria e morì senza eredi. Nominò come suo successore il suo pronipote (di zii) Filippo, duca di Angiò. Il problema era che Filippo era anche il nipote (di nonni) del re francese Luigi XIV. Perciò, incoronare Filippo re di Spagna avrebbe unito Spagna e Francia – una possibilità che spaventò il resto dell’Europa. La guerra scoppiò per prevenire questa eventualità. E a causa del colonialismo europeo, questa guerra ebbe un’ampia portata. La San José, lontana nell’Atlantico, stava trasportando un carico che avrebbe dovuto finanziare la guerra di Francia e Spagna.

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Il futuro dell’illuminazione: LED, perfetto connubio tra ecologia e design

Scritto da: Daniele Grattieri
Fonte: http://www.soloecologia.it/11122015/il-futuro-dellilluminazione-led-perfetto-connubio-tra-ecologia-e-design/8313

lampade-ledArchiviate ormai le tradizionali lampadine a incandescenza, superate ormai anche quelle più recenti a fluorescenza, il futuro dell’illuminazione è già qui e si chiama LED. Acronimo inglese di “Light Emitting Diode”, ossia diodo a emissione luminosa, inizialmente il LED era emittente di colore rosso e verde. I recenti sviluppi nella ricerca hanno portato all’invenzione del diodo a emissione blu, ossia generatore di luce bianca brillante, che ha valso l’assegnazione del Nobel per la fisica 2014, per i tre inventori di nazionalità giapponese.

È superfluo ribadire l’efficienza energetica, la resistenza e la durevolezza del LED: le lampadine possono durare fino a 100.000 ore rispetto alle 1.000 delle lampadine a incandescenza e alle 10.000 ore delle lampade fluorescenti. Un bel risparmio, non c’è che dire, anche a fronte del prezzo ancora abbastanza elevato di questa tecnologia. Il maggiore esborso economico può essere bilanciato dall’aspetto di responsabilità ecologica insito nella scelta del LED.

Si è aperto ultimamente un dibattito sulla tecnologia LED e se si possa considerare più ecologica delle precedenti. Essendo una fonte energetica artificiale e non rinnovabile, non può essere considerata completamente “verde” e necessita di un trattamento di smaltimento speciale. Come sapere però quale delle tre (lampadina classica, a risparmio energetico e LED), è da considerarsi veramente “verde”, cioè come capire l’impatto diretto che queste tre tecnologie hanno sull’ambiente?

Tian-Xia-di-ArtemideOsram, uno dei più grandi fabbricanti di prodotti per illuminazione nel mondo, ha reso noti i risultati di un’analisi di ciclo di vita o LCA (Life Cycle Assessment) condotta con Siemens sulle tre tecnologie di illuminazione, da cui emergerebbe che la sorgente più ecologica sia proprio il LED.
Ovviamente la luce LED è stata subito introdotta da grandi marchi d’illuminazione di design, potete visitare il sito Lampcommerce selezionando le migliori offerte proprio in base alla sorgente luminosa. Ci piace sognare e abbiamo scelto di mostrarvi una delle proposte più lussuose di Artemide, la lampada a sospensione Tian Xia, per mostrarvi un prodotto di altissima qualità e dal design avveniristico.

Non serve comunque spendere un capitale per un’ottima lampada a luce LED. Ecco Pirce, un pezzo classico sempre di Artemide, adatto sia al living sia alla zona notte. Originale, versatile e adattabile, le volute possono essere orientate per creare effetti di luce e ombra personalizzati. Le lampadine sono ovviamente a LED.

pirce-ArtemideInsomma ce n’è per tutti i gusti. Fonti luminose sempre più ecologiche abbinate a design di eccellenza italiana: ecco il futuro dell’illuminazione domestica e non solo. Anche gli spazi pubblici delle città si stanno convertendo a questa nuova tecnologia, con soluzioni esteticamente sempre più creative e piacevoli, perché oltre all’attenzione al risparmio dei costi energetici, anche l’occhio vuole la sua parte. E poiché sta arrivando il periodo delle feste, potrete notare che luminarie a LED rallegrano già le nostre strade. Buon Natale a tutti!

WSWS: La Disuguaglianza e la Distruzione della Classe Media in America

Il WSWS mostra come gli Stati Uniti – paese continuamente riproposto a modello anche per un’eventuale “Europa Unita” – stiano arrivando ad un tale livello di disuguaglianza che perfino le categorie di lavoratori tradizionalmente ritenuti benestanti, come medici, avvocati e accademici, sono sulla via della proletarizzazione. Comunque vada l’economia nel complesso, la condizione di vita della stragrande maggioranza delle persone sta continuamente e decisamente peggiorando, ad esclusivo vantaggio di un’aristocrazia finanziaria che sembra intenzionata a guidare la società verso la fine della democrazia. La radicalizzazione politica e la violenza sono le ovvie conseguenze di questo processo.

di David Walsh, 12 dicembre 2015

Le implicazioni dei cambiamenti nella vita della società americana messe in luce dai recenti dati pubblicati dal Pew Research Center, sulla rapida discesa del numero di famiglia della classe media, sono enormi. I dati mostrano che, secondo la definizione del Pew, le famiglie della classe media in America per la prima volta non costituiscono più la maggioranza della società.

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MERCATI FINANZIARI: HIGH YIELD…RASOIATA DI OCCAM!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2015/12/15/mercati-finanziari-high-yield-rasoiata-di-occam/

https://zenzeroetabacco.files.wordpress.com/2012/03/rasoio-guglielmo-di-ockham-semiotica-psicologia-conoscenza.jpg?w=347&h=363

Per chi non conosce il Rasoio di Occam …(Novacula Occami in latino) è il nome con cui viene contraddistinto un principio metodologico espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, noto in italiano come Guglielmo di Occam.

Tale principio, ritenuto alla base del pensiero scientifico moderno[1], nella sua forma più immediata suggerisce l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie per spiegare un dato fenomeno quando quelle iniziali siano sufficienti.(tratto da Wikipedia)

…l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamene necessariel’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessariel’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessariel’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessariel’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie

Quindi andiamo direttamente al dunque, tornando al 2014, quando tra l’indifferenza generale suggerii di fare attenzione a tutto l’universo HIGH YIELD ovvero bond ad ALTO RENDIMENTO e JUNK ovvero SPAZZATURA.

Inoltre gli amici di Machiavelli se vanno a rileggersi i manoscritti di novembre 2014 trovano continui e chiari riferimenti al rischio assoluto dell’universo high yield soprattutto del settore ENERGY…

Ne riporto un piccolo estratto, ripeto stiamo parlando di NOVEMBRE 2014 e non del senno di poi…

PIeri in diretta la rasoiata di Occam, High Yield spazzatura! Attenzione questa di dinamica in forma diversa è in atto in tutti i settori ad alto rendimento sino al settore corporate …

cccSembrava di essere tornati ai bei tempi del 2008 quando all’improvviso la liquidità scomparve ovunque persino sul mercato monetario…

Poi all’improvviso una sera di un inverno qualunque, dopo che per mesi e anni, in molti hanno alimentato una delle più colossali bolle speculative degli ultimi anni, suggerendo che non c’era alternativa, tanto ci pensano le banche centrali…

Investors See Third Avenue Fueling More Bond Market Carnage ..

  • Lucidus says it has liquidated $900 million credit funds
  • Minerd says 15% of high-yield funds may face high withdrawals

Top bond managers are predicting more carnage for high-yield investors amid a market rout that forced at least three credit funds in the past week to wind down.

Lucidus Capital Partners, a high-yield fund founded in 2009 by former employees of Bruce Kovner’s Caxton Associates, said Monday it has liquidated its entire portfolio and plans to return the $900 million it has under management to investors next month. Funds run by Third Avenue Management and Stone Lion Capital Partners have stopped returning cash to investors, after clients sought to pull too much money.

Era la primavera del 2014…poi venne l’inverno del 2015, noi ve lo abbiamo raccontato!

Immagineclicca sull’immagine per ingrandire

Solo alcune immagini da Zero Hedge vista… l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie

Se qualcuno ha ancora qualche dubbio sulle correlazioni e sulla manipolazione dei mercati ecco qui … l’inutilità di formulare più ipotesi di quelle che siano strettamente necessarie

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Santa Lucia Vergine e martire

Scritto da: Maria Stelladoro
Fonte: http://www.santiebeati.it/dettaglio/25550

25550

Siracusa, III secolo – Siracusa, 13 dicembre 304

La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana. Come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all’anno 304). Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflittele dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando. Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un’epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia. Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant’Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un’altra a Roma. Oggi in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d’arte a lei ispirate. (Avvenire)

Patronato: Siracusa, ciechi, oculisti, elettricisti, contro le malattie degli occhi e le ca

Etimologia: Lucia = luminosa, splendente, dal latino

Emblema: Occhi su un piatto, Giglio, Palma, Libro del Vangelo

Martirologio Romano: Memoria di santa Lucia, vergine e martire, che custodì, finché visse, la lampada accesa per andare incontro allo Sposo e, a Siracusa in Sicilia condotta alla morte per Cristo, meritò di accedere con lui alle nozze del cielo e di possedere la luce che non conosce tramonto.

Gli atti del martirio di Lucia di Siracusa sono stati rinvenuti in due antiche e diverse redazioni: l’una in lingua greca il cui testo più antico risale al sec. V (allo stato attuale delle ricerche); l’altra, in quella latina, riconducibile alla fine del sec. V o agli inizi del sec. VI ma comunque anteriore al sec. VII e che di quella greca pare essere una traduzione.
La più antica redazione greca del martirio contiene una leggenda agiografica edificante, rielaborata da un anonimo agiografo due secoli dopo il martirio sulla tradizione orale e dalla quale è ardua impresa sceverare dati storici. Infatti, il documento letterario vetustiore che ne tramanda la memoria è proprio un racconto del quale alcuni hanno messo addirittura in discussione la sua attendibilità. Si è giunti così, a due opposti risultati: l’uno è quello di chi l’ha strenuamente difesa, rivalutando sia la storicità del martirio sia la legittimità del culto; l’altro è quello di chi l’ha del tutto biasimata, reputando la narrazione una pura escogitazione fantasiosa dell’agiografo ma non per questo mettendo in discussione la stessa esistenza storica della v. e m., come sembrano comprovare le numerose attestazioni devozionali, cultuali e culturali in suo onore.
Sia la redazione in greco sia quella in latino degli atti del martirio hanno avuto da sempre ampia e ben articolata diffusione, inoltre entrambe si possono considerare degli archetipi di due differenti ‘rami’ della tradizione: infatti, dal testo in greco sembrano derivare numerose rielaborazioni in lingua greca, quali le Passiones più tardive, gli Inni, i Menei, ecc.; da quello in latino sembrano, invece, mutuare le Passiones metriche, i Resumé contenuti nei Martirologi storici, gli Antifonari, le Epitomi comprese in più vaste opere, come ad es. nello Speculum historiale di Vincenzo da Beauvais o nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze.
I documenti rinvenuti sulla Vita e sul martirio sono vicini al genere delle passioni epiche in quanto i dati attendibili sono costituiti solo dal luogo e dal dies natalis. Infatti, negli atti greci del martirio si riscontrano elementi che appartengono a tutta una serie di composizioni agiografiche martiriali, come ad es. l’esaltazione delle qualità sovrumane della martire e l’assenza di ogni cura per l’esattezza storica. Tuttavia, tali difetti, tipici delle passioni agiografiche, nel testo greco di Lucia sono temperate e non spinte all’eccesso né degenerate nell’abuso. Proprio questi particolari accostano gli atti greci del martirio al genere delle passioni epiche.
Sul piano espositivo l’andamento è suggestivo ed avvincente, non  mancando di trasmettere al lettore emozioni e resoconti agiografici inconsueti attraverso un racconto che si snoda su un tessuto narrativo piuttosto ricco di temi e motivi di particolare rilievo: il pellegrinaggio alla tomba di Agata (con il conseguente accostamento Agata/Lucia e Catania/Siracusa); il sogno, la visione, la profezia e il miracolo; il motivo storico; l’integrità del patrimonio familiare; la lettura del Vangelo sull’emorroissa; la vendita dei beni materiali, il Carnale mercimonium e la condanna alla prostituzione. Infatti è stretta la connessione tra la dissipazione del patrimonio familiare e la prostituzione per cui la condanna al postrìbolo rappresenta una legge di contrappasso sicché la giovane donna che ha dilapidato il patrimonio familiare è ora condannata a disperdere pure l’altro patrimonio materiale, rappresentato dal proprio corpo attraverso un’infamante condanna, direttamente commisurata alla colpa commessa; infine, la morte.
Il martirio incomincia con la visita di Lucia assieme alla madre Eutichia, al sepolcro di Agata a Catania, per impetrare la guarigione dalla malattia da cui era affetta la madre: un inarrestabile flusso di sangue dal quale non era riuscita a guarire neppure con le dispendiose cure mediche, alle quali si era sottoposta. Lucia ed Eutichia partecipano alla celebrazione eucaristica durante la quale ascoltano proprio la lettura evangelica sulla guarigione di un’emorroissa. Lucia, quindi, incita la madre ad avvicinarsi al sepolcro di Agata e a toccarlo con assoluta fede e cieca fiducia nella guarigione miracolosa per intercessione della potente forza dispensatrice della vergine martire. Lucia, a questo punto, è presa da un profondo sonno che la conduce ad una visione onirica nel corso della quale le appare Agata che, mentre la informa dell’avvenuta guarigione della madre le predice pure il suo futuro martirio, che sarà la gloria di Siracusa così come quello di Agata era stato la gloria di Catania. Al ritorno dal pellegrinaggio, proprio sulla via che le riconduce a Siracusa, Lucia comunica alla madre la sua decisione vocazionale: consacrarsi a Cristo! A tale fine le chiede pure di potere disporre del proprio patrimonio per devolverlo in beneficenza. Eutichia, però, non vuole concederle i beni paterni ereditati alla morte del marito, avendo avuto cura non solo di conservarli orgogliosamente intatti e integri ma di accrescerli pure in modo considerevole. Le risponde, quindi, che li avrebbe ereditati alla sua morte e che solo allora avrebbe potuto disporne a suo piacimento. Tuttavia, proprio durante tale viaggio di ritorno, Lucia riesce, con le sue insistenze, a convincere la madre, la quale finalmente le da il consenso di devolvere il patrimonio paterno in beneficenza, cosa che la vergine avvia appena arrivata a Siracusa. Però, la notizia dell’alienazione dei beni paterni arriva subito a conoscenza del promesso sposo della vergine, che se ne accerta proprio con Eutichia alla quale chiede anche i motivi di tale imprevista quanto improvvisa vendita patrimoniale. La donna gli fa credere che la decisione era legata ad un investimento alquanto redditizio, essendo la vergine in procinto di acquistare un vasto possedimento destinato ad assumere un alto valore rispetto a quello attuale al momento dell’acquisto e tale da spingerlo a collaborare alla vendita patrimoniale di Lucia. In seguito il fidanzato di Lucia, forse esacerbato dai continui rinvii del matrimonio, decide di denunciare al governatore Pascasio la scelta cristiana della promessa sposa, la quale, condotta al suo cospetto è sottoposta al processo e al conseguente interrogatorio. Durante l’agone della santa e vittoriosa martire di Cristo Lucia, emerge la sua dichiarata e orgogliosa professione di fede nonché il disprezzo della morte, che hanno la caratteristica di essere arricchiti sia di riflessioni dottrinarie sia di particolari sempre più cruenti, man mano che si accrescono i supplizi inflitti al fine di esorcizzare la v. e m. dalla possessione dello Spirito santo. Dopo un interrogatorio assai fitto di scambi di battute che la vergine riesce a contrabbattere con la forza e la sicurezza di chi è ispirato da Cristo, il governatore Pascasio le infligge la pena del postrìbolo proprio al fine di operare in Lucia una sorta di esorcismo inverso allontanandone lo Spirito santo. Mossa dalla forza di Cristo, la vergine Lucia reagisce con risposte provocatorie, che incitano Pascasio ad attuare subito il suo tristo proponimento. La vergine, infatti, energicamente gli  dice che, dal momento che la sua mente non cederà alla concupiscenza della carne, quale che sia la violenza che potrà subire il suo corpo contro la sua volontà, ella resterà comunque casta, pura e incontaminata nello spirito e nella mente. A questo punto si assiste ad un prodigioso evento: la vergine diventa inamovibile e salda  sicché, nessun tentativo riesce a trasportarla al lupanare, nemmeno i maghi appositamente convocati dallo spietato Pascasio. Esasperato da tale straordinario evento, il cruento governatore ordina che sia bruciata, eppure neanche il fuoco riesce a scalfirla e Lucia perisce per spada! Sicché, piegate le ginocchia, la vergine attende il colpo di grazia e, dopo avere profetizzato la caduta di Diocleziano e Massimiano, è decapitata.
Pare che Lucia abbia patito il martirio nel 304 sotto Diocleziano ma vi sono studiosi che propendono per altre datazioni: 303, 307 e 310. Esse sono motivate dal fatto che la profezia di Lucia contiene elementi cronologici divergenti che spesso non collimano fra loro: per la pace della chiesa tale profezia si dovrebbe riferire al primo editto di tolleranza nei riguardi del cristianesimo e quindi sarebbe da ascrivere al 311, collegabile, cioè, all’editto di Costantino del 313; l’abdicazione di Diocleziano avvenne intorno al 305; la morte di Massimiano avvenne nel 310. È, invece, accettata dalla maggioranza delle fonti la data relativa al suo dies natalis: 13 dicembre. Eppure, il Martirologio Geronimiano ricorda Lucia di Siracusa in due date differenti: il 6 febbraio e il 13 dicembre.  L’ultima data ricorre in tutti i successivi testi liturgici bizantini e occidentali, tranne nel calendario mozarabico, che la celebra, invece, il 12 dicembre. Nel misterioso calendario latino del Sinai il dies natalis di Lucia cade l’8 febbraio: esso fu redatto nell’Africa settentrionale e vi è presente un antico documento della liturgia locale nel complesso autonoma sia dalla Chiesa di Costantinopoli che da quella di Roma, pur rivelando fonti comuni al calendario geronimiano.
Assai diffusa è a tutt’oggi la celebrazione del culto di Lucia quale santa patrona degli occhi. Ciò sembra suffragato anche dalla vasta rappresentazione iconografica, che, tuttavia, è assai variegata, in quanto nel corso dei secoli e nei vari luoghi si è arricchita di nuovi simboli e di varie valenze. Ma è stato sempre così? Quando nasce in effetti questo patronato e perché?  Dal Medioevo si va sempre più consolidando la taumaturgia di Lucia quale santa patrona della vista e dai secc. XIV-XV si fa largo spazio un’innovazione nell’iconografia: la raffigurazione con in mano un piattino (o una coppa) dove sono riposti i suoi stessi occhi. Come si spiega questo tema? È, forse, passato dal testo orale all’iconografia? Oppure dall’iconografia all’elaborazione orale? Quale l’origine di un tale patronato? Esso è probabilmente da ricercare nella connessione etimologica e/o paretimologica di Lucia a lux, molto diffusa soprattutto in testi agiografici bizantini e del Medioevo Occidentale. Ma, quali i limiti della documentazione e quali le cause del proliferare della tradizione relativa all’iconografia di Lucia, protettrice della vista? Si può parlare di dilatazione dell’atto di lettura nell’immaginario iconografico, così come in quello letterario? E tale dilatazione nei fenomeni religiosi è un atto di devozione e fede? È pure vero che la semantica esoterica data al nome della v. e m. di Siracusa è la caratteristica che riveste, accendendola di intensa poesia, la figura e il culto di Lucia, la quale diventa, nel corso dei secoli e nei vari luoghi una promessa di luce, sia materiale che spirituale. E proprio a tale fine l’iconografia, già a partire dal sec. XIV, si fa interprete e divulgatrice di questa leggenda, raffigurando la santa con simboli specifici e al tempo stesso connotativi: gli occhi, che Lucia tiene in mano (o su un piatto o su un vassoio), che si accompagnano sovente alla palma, alla lampada (che è anche uno dei simboli evangelici più diffuso e più bello, forse derivato dall’arte sepolcrale) e, meno frequenti, anche ad altri elementi del suo martirio, come ad es. il libro, il calice, la spada, il pugnale e le fiamme. È anche vero che le immagini religiose possono essere intese sia come ritratti che come imitazione ma non bisogna dimenticare che prima dell’età moderna sono mancati riferimenti ai suoi dati fisiognomici, per cui gli artisti erano soliti ricorrere alla letteratura agiografica il cui esempio per eccellenza è proprio la Legenda Aurea di Iacopo da Varazze, che rappresenta il testo di riferimento e la fonte di gran parte dell’iconografia religiosa. In tale opera il dossier agiografico di Lucia -che si presenta  come un testo di circa tre pagine di lunghezza- è preceduto da un preambolo sulle varie valenze etimologiche e semantiche relative all’accostamento Lucia/luce: Lucia è un derivato di luce esteso anche al valore simbolico via Lucis, cioè cammino di luce.
I genitori di Lucia, essendo cristiani, avrebbero scelto per la figlia un nome evocatore della luce, ispirandosi ai molti passi neotestamentari sulla luce. Tuttavia, il nome Lucia in sé non è prerogativa cristiana, ma è anche il femminile di un nome latino comune e ricorrente tra i pagani. Se poi Lucia significhi solo «luce» oppure più precisamente riguarda i «nati al sorger della luce (cioè all’alba)», rivelando nel contempo anche un dettaglio sull’ora di nascita della santa, è a tutt’oggi, un problema aperto. Forse la questione è destinata a restare insoluta? Il problema si complica se poi si lega il nome di Lucia non al giorno della nascita ma a quello della morte (=dies natalis): il 13 dicembre era, effettivamente, la giornata dell’anno percentualmente più buia. Per di più, intorno a quella data, il paganesimo romano festeggiava già una dea di nome Lucina. Queste situazioni hanno contribuito ad alimentare varie ipotesi riconducibili, tuttavia, a due filoni: da un lato quello dei sostenitori della teoria, secondo la quale tutte le festività cristiane sarebbero state istituite in luogo di preesistenti culti pagani, vorrebbero architettata in tale modo anche la festa di Lucia (come già quella di Agata). Per i non credenti tale discorso può anche essere suggestivo e accattivante, trovando terreno fertile. Da qui a trasformare la persona stessa di Lucia in personaggio immaginifico, mitologico, leggendario e non realmente esistito, inventato dalla Chiesa come calco cristiano di una preesistente divinità pagana, il passo è breve (persino più breve delle stesse già brevi e pallide ore di luce di dicembre!). Dall’altro lato quello dei credenti,secondo i quali, invece, antichi e accertati sono sia l’esistenza sia il culto di Lucia di Siracusa, che rappresenta così una persona storicamente esistita, morta nel giorno più corto dell’anno e che riflette altresì il modello femminile di una giovane donna cristiana, chiamata da Dio alla verginità, alla povertà e al martirio, che tenacemente affronta tra efferati supplizi.
Nel Breviario Romano Tridentino, riformato da papa Pio X (ed. 1914), che prima di salire al soglio pontificio era patriarca di Venezia, è menzionata la traslazione delle reliquie di Lucia alla fine della lettura agiografica, così come ha evidenziato Andreas Heinz nel suo recente contributo.
A Siracusa un’inveterata tradizione popolare vuole che, dopo avere esalato l’ultimo respiro, il corpo di Lucia sia stato devotamente tumulato nello stesso luogo dell martirio. Infatti, secondo la pia devozione dei suoi concittadini, il  corpo della santa fu riposto in un arcosolio, cioè in una nicchia ad arco scavata nel tufo delle catacombe e usata come sepolcro. Fu così che le catacombe di Siracusa, che ricevettero le sacre spoglie della v. e m., presero da lei anche il nome e ben presto attorno al suo sepolcro si sviluppò una serie numerosa di altre tombe, perché tutti i cristiani volevano essere tumulati accanto all’amatissima Lucia. Ma, nell’878 Siracusa fu invasa dai Saraceni per cui i cittadini tolsero  il suo corpo da lì e lo nascosero in un luogo segreto per sottrarlo alla furia degli invasori. Ma, fino a quando le reliquie di Lucia rimasero a Siracusa prima di essere doppiamente traslate (da Siracusa a Costantinopoli e da Costantinopoli a Venezia)? Fino al 718 o fino al 1039? È certo che a Venezia il suo culto era già attestato dal Kalendarium Venetum del sec. XI, nei Messali locali del sec. XV, nel Memoriale Franco e Barbaresco dell’inizio del 1500, dove era considerata festa di palazzo, cioè festività civile. Durante la crociata del 1204 i Veneziani lo trasportarono nel monastero di San Giorgio a Venezia ed elessero santa Lucia compatrona della città. In seguito le dedicarono pure una grande chiesa, dove il corpo fu conservato fino al 1863, quando questa fu demolita per la costruzione della stazione ferroviaria (che per questo si chiama Santa Lucia); il corpo fu trasferito nella chiesa dei SS. Geremia e Lucia, dove è conservato tutt’oggi.

La duplice traslazione delle reliquie di Lucia è attestata da due differenti tradizioni.

La prima tradizione risale al sec. X ed è costituita da una relazione, coeva ai fatti, che Sigeberto di Gembloux († 1112) inserì nella biografia di Teodorico, vescovo di Metz. Tale relazione tramanda che il vescovo Teodorico, giungendo in Italia insieme all’imperatore Ottone II, abbia trafugato molte reliquie di santi –fra cui anche quella della nostra Lucia- che allora erano nell’Abruzzo e precisamente a Péntima (già Corfinium).  La traslazione a Metz delle reliquie di Lucia pare suffragata dagli Annali della città dell’anno 970 d.C. Ma alcuni dubbi sembrano non avere risposte attendibili: Come e perché Faroaldo ripose le reliquie o le spoglie di Lucia a Corfinium? Furono traslate le reliquie o tutto il corpo della martire? Il vescovo locale si prestò ad un inganno (pio e devoto?) o  diceva il vero? Se è ravvisabile un fondo di verità nel racconto del vescovo, allora si potrebbe desumere che le reliquie o il corpo della martire furono traslate da Siracusa nel 718 (quindi fino al 718 sarebbero rimaste a Siracusa?). Cosa succedeva allora nella città siciliana? Sergio, governatore della Sicilia, si era ribellato all’imperatore Leone III l’Isaurico e pertanto era stato costretto a fuggire da Siracusa e a  rifugiarsi da Romualdo II, duca longobardo di Benevento.  Se questa tradizione è attendibile, si può forse pensare che il vescovo di Corfinium (o piuttosto Sigeberto? Oppure altresì la sua fonte?) abbia confuso Romualdo (che proprio in quel periodo era duca di Spoleto e che, come tale, godeva di una fama maggiore) con Faroaldo? E ancora, lo stesso Sigeberto di Gembloux riferisce che Teoderico nel 972 abbia innalzato un altare in onore di Lucia e che nel 1042 un braccio della v. e m. sia stato donato al monastero di Luitbourg. Quindi, antichi documenti attestano che di fatto vi fu una traslazione delle reliquie di Lucia dall’Italia centrale a Metz, sulla frontiera linguistica romano-germanica, nella provincia di Treviri. Situata fra Germania e Francia, questa regione è anche il paese d’origine della dinastia carolingia. È una casualità? Come andarono effettivamente le cose? Secondo Sigeberto di Gembloux l’imperatore Ottone II sostò in Italia nel 970, avendo tra la sua scorta il vescovo Teodorico di Metz, il quale, durante il suo soggiorno, acquistava preziose reliquie, allo scopo di accrescere la fama della sua città vescovile. Pare che uno dei suoi preti, di nome Wigerich, che era anche cantore nella cattedrale di Metz, abbia rinvenuto le reliquie di Lucia di Siracusa, a Corfinium, poi identificata con Péntima in Abruzzo. Si dice che tali reliquie erano state prelevate dai Longobardi e trasportate da Siracusa al ducato di Spoleto. Ma perché questo spostamento? In un primo tempo le reliquie di Lucia, dopo essere state acquistate dal vescovo Teodorico di Metz, il quale aveva portato dall’Italia anche il corpo del martire Vincenzo, furono tumulate assieme alle reliquie di quest’ultimo al quale il vescovo aveva fatto erigere un’abbazia sull’isola della Mosella, dove nel 972 uno dei due altari della chiesa dell’abbazia, fu dedicato proprio a Lucia, come patrona. Sigeberto ricorda pure che Teodorico di Metz, in presenza di due vescovi di Treviri e precisamente di Gerard di Toul e di Winofid di Verdun, abbia dedicato a Lucia un oratorio nello stesso anno. Non solo, ma tanta e tale era dunque la devozione di Teodorico di Metz per la v. e m. di Siracusa che fece tumulare il conte Everardo, suo giovane nipote, prematuramente scomparso alla tenera età di soli dieci anni, proprio innanzi all’altare di Lucia. Per tutto il tempo in cui le spoglie di Lucia rimasero nella chiesa dell’abbazia di S. Vincenzo nella Mosella, la v. e m. di Siracusa fu implorata durante i giorni delle Regazioni, con una grande processione della cittadinanza di Metz che si fermò proprio nell’abbazia di S. Vincenzo. Così Metz divenne il fulcro da cui si irradiò ben presto il culto di Lucia tanto che già nel 1042 l’imperatore Enrico III reclamò alcune reliquie della v. e m. di Siracusa per il convento nuovamente fatto erigere dalla sua famiglia nella diocesi di Speyer e precisamente a Lindeburch/Limburg.

La seconda tradizione è, invece, tramandata da Leone Marsicano e dal cronista Andrea Dandolo di Venezia. Leone Marsicano racconta che nel 1038 il corpo di Lucia, vegine e martire, fu trafugato da Giorgio Maniace e traslato a Costantinopoli in una teca d’argento.  Andrea Dandolo, esponendo la conquista di Costantinopoli del 1204 da parte dei Crociati, tra i quali militava anche Enrico Dandolo, un suo illustre antenato e doge di Venezia, informa che i corpi di Lucia e Agata erano stati traslati dalla Sicilia a Costantinopoli  ma che quello di Lucia fu poi nuovamente traslato da Costantinopoli a Venezia, dove pare che di fatto giunse il 18 gennaio 1205. Quindi, la traslazione delle reliquie di Lucia a Venezia da Costantinopoli sembra legata agli eventi della Quarta Crociata (quella riconducibile al periodo che va dal 1202 al 1204), quando i cavalieri dell’Occidente latino, piuttosto che liberare la Terrasanta,  spogliarono la metropoli dell’Oriente cristiano. Infatti, nel 1204,  in seguito alla profanazione e al saccheggio dei crociati nelle basiliche di Bisanzio, neanche la chiesa in cui riposava il corpo di Lucia fu risparmiata da questa oltraggiosa strage tanto che furono pure rimosse le sue spoglie e contese le sue reliquie, molto venerate nell’Oriente ortodosso. Pare che, proprio in tale occasione Venezia, che aveva condotto la Quarta Crociata presso il Santo Sepolcro, si impadronì delle reliquie di Lucia, che giunsero, come si diceva, sulla laguna – nella chiesa di S. Giorgio Maggiore-  il 18 gennaio 1205 e cioè ancora prima della costruzione della basilica del Palladio e dell’attuale Palazzo Ducale. Il corpo di Lucia fu riposto nel monastero benedettino, dove aveva soggiornato il  monaco Gerardo (o Sagredo?). Sembra che il tragico evento del 13 dicembre del 1279  (cioè una bufera scatenatasi all’improvviso, che provocò molte vittime) sia stato la causa di una nuova traslazione  del corpo di Lucia dalla chiesa di S. Giorgio Maggiore a Venezia (eccetto, pare, un pollice -non un braccio, come vuole la communis opinio-  che sarebbe rimasto in San Giorgio). Dopo tale tragedia, infatti, le autorità decisero di traslare il corpo di Lucia in città, ponendolo in una chiesa parrocchiale a lei intitolata e ciò allo scopo di agevolare a piedi il pellegrinaggio alle sue sacre spoglie in terraferma senza dovere ricorrere ad imbarcazioni. Quindi, nel mese seguente alla sciagura e precisamente il 18 gennaio del 1280 (lo stesso giorno della memoria dell’arrivo delle sacre spoglie di Lucia da Costantinopoli), il suo corpo fu traslato nella chiesa dedicatale, che si trovava nello stesso luogo in cui era ubicata la stazione ferroviaria che, ancora oggi ne conserva la memoria nel nome e precisamente sulle fondamenta prospicienti il Canal Grande e cioè all’inizio del sestiere di Cannareggio. Tale chiesa fu poi riedificata nel 1313 e fu assegnata dal papa Eugenio IV nel 1444  in commenda alle suore domenicane, che avevano aperto il loro convento intitolato al Corpus Domini, un cinquantennio prima sempre a Cannareggio. Nel 1476, dopo circa un trentennio di contese, si raggiunse un accordo tra le monache domenicane del convento del Corpus Domini e quelle agostiniane del monastero dell’Annunziata  proprio per il possesso del corpo di Lucia: papa Sisto IV nel 1478 stabilì, con un solenne diploma, che il corpo della santa rimanesse nella chiesa a lei intestata sotto la giurisdizione delle agostiniane del monastero dell’Annunziata (che da allora prese il nome di monastero di S. Lucia), le quali ogni anno avrebbero offerto la somma di 50 ducati alle monache domenicane del convento del Corpus Domini. Nel 1579 passando per il Dominio veneto l’imperatrice Maria d’Austria, il Senato volle farle omaggio di una reliquia di s. Lucia pertanto, con l’assistenza del patriarca Giovanni Trevisan fu asportata una piccola porzione di carne dal lato sinistro del corpo della v. e m. Il 28 luglio del 1806 per decreto vicereale il monastero di Santa Lucia fu soppresso e le monache agostiniane costrette a trasferirsi al di là del Canal Grande e precisamente nel monastero di S. Andrea della Girada, dove portarono pure il corpo di Lucia. Nel 1807 il governo vicereale concesse alle agostiniane di S. Lucia di far ritorno nel loro antico convento, che, tuttavia,  trovarono occupato dalle agostiniane di Santa Maria Maddalena, le quali si fusero con quelle di S. Lucia, assumendone anche il titolo. Nel 1810 Napoleone Bonaparte decretò la chiusura di tutti i monasteri e conventi, compreso quello di S. Lucia, le cui monache furono pure obbligate a deporre l’abito monastico e a rientrare nella propria famiglia di appartenenza. Il corpo di Lucia rimase nella sua chiesa, che fu così inserita nella circoscrizione della parrocchia di S. Geremia. Nel 1813 il convento di S. Lucia era donato dall’imperatore d’Austria alla b. Maddalena di Canossa, che vi abitò fino al 1846, quando iniziarono i lavori per la stazione ferroviaria e per la demolizione del convento. Fra il 1844 e il 1860 il governo austriaco realizzò la costruzione del ponte ferroviario, che doveva giungere fino alle fondamenta di Cannareggio e cioè proprio là dove da secoli allogavano i monasteri delle domenicane del Corpus Domini e delle agostiniane di Santa Lucia, poi abbattuti. Il corpo di Lucia l’11 luglio 1860 subì, quindi, una nuova traslazione nella parrocchia di S. Geremia, per volere del patriarca Angelo Ramazzotti: il sacro corpo rimase sette giorni sull’altar maggiore, poi fu posto su un altare laterale in attesa di costruire la nuova cappella. Tre anni dopo, l’11 luglio 1863, fu inauguata: essa era stata costruita con il materiale del presbiterio della demolita chiesa di S. Lucia su gusti palladiani. Per la generosità di mons. Sambo, parroco di quella Chiesa (che nel frattempo assunse la denominazione SS. Geremia e Lucia) su disegno dell’arch. Gaetano Rossi fu allestito un altare più degno in broccatello di Verona con fregi di bronzo dorato. Quindi, dal 1860 Pio IX l’avrebbe fatto trasferire nella chiesa dei Santi Geremia e Lucia, dove si venera a tutt’oggi. Qui, la cappella del corpo di santa Lucia  è  assai bella e artistica proprio come tutte le chiese di Venezia, adorna di marmi e di bronzi, ed è sempre stata oggetto di particolari cure ed elevata devozione di fedeli sempre più numerosi. Il sacro corpo, elevato sopra l’altare, è conservato in una elegante urna di marmi preziosi, superbamente abbellita da pregiate decorazioni e sormontata dalla stupenda statua della v. e m. Sulla parete di sfondo si leggono due iscrizioni, che raccontano le vicende della traslazione e delle principali solenni festività. Il 15 giugno del 1930 il patriarca Pietro La Fontaine lo consacrava e collocava il corpo incorrotto di Lucia nella nuova urna in marmo giallo ambrato. Nel 1955 il patriarca Angelo Roncalli -divenuto poi papa con il nome di Giovanni XXIII- volendo che fosse conferita più importanza alle sacre reliquie di Lucia, suggerì che le sacre spoglie fossero ricoperte di una maschera d’argento, curata dal parroco Aldo Da Villa. Nel 1968, per iniziativa del parroco Aldo Fiorin fu portato a compimento un completo restauro della Cappella e dell’Urna della v. e m. Ancor oggi le sacre reliquie riposano nel tempio di Venezia e nella bianca curva absidale si legge un inciso propiziatorio: Vergine di Siracusa martire di Cristo in questo tempio riposa all’Italia al mondo implori luce e pace. Ma, il 4 aprile 1867 le spoglie di Lucia furono disgraziatamente profanate dai ladri (subito arrestati), che furtivamente si erano introdotti nella chiesa di S. Geremia, per impadronirsi degli ornamenti votivi. Da allora seguirono altre profanazioni e spoliazioni: nel 1949, quando alla martire fu sottratta la corona (anche in questo caso il ladro fu arrestato) e nel 1969, quando due ladri infransero il cristallo dell’urna. Nel 1975  papa Giovanni Paolo I concesse che il corpo della martire fosse portato ed esposto alla venerazione dei fedeli nella diocesi di Pesaro per una settimana. Il 7 novembre 1981 due aggressori spezzarono l’urna della martire estraendovi il corpo e lasciandovi il capo e la maschera argentea. Anche questa volta il corpo fu recuperato proprio il 12 dicembre del 1981, giorno della vigilia della commemorazione della santa.

Esiste una variante sulla traslazione del corpo di Lucia a Venezia, documentata da un codice del Seicento, o Cronaca Veniera, conservato nella Biblioteca Marciana di Venezia (It. VII, 10 = 8607, f. 15 v.): esso sarebbe stato portato a Venezia, assieme a quello di S. Agata, nel 1026, sotto il dogado di Pietro Centranico. Non conosciamo l’origine della notizia nè se derivi da una fonte anteriore. E’ diffuso, invece, il fondato sospetto di un errore meccanico di amanuense, che avrebbe letto 1026 invece di 1206, cioè gli anni dell’effettiva translatio. E nella Cronaca Veniera lo si accettò, legando il fatto al doge dell’epoca. La presenza del corpo di Lucia a Venezia sin dal 1026 è una notizia che va accolta con prudenza? Tra il 1167 e il 1182 a Venezia esisteva già una chiesa dedicata alla martire, come attestato da documenti locali.

Una delle più antiche tradizioni veronesi racconta che le spoglie della santa siracusana passarono da Verona durante il loro viaggio verso la Germania intorno al sec. X, fatto che spiegherebbe anche la diffusione del culto della santa sia a Verona che nel nord Europa. Secondo un’altra tradizione, il culto di santa Lucia a Verona risalirebbe al periodo di dominio della Serenissima su Verona. Secondo la communis opinio, Venezia infatti, già nel 1204, avrebbe trasportato le spoglie della santa nella città lagunare.

 

La Coca Cola ruba l’anima agli indigeni

Scritto da: Beatrice Salvemini
Fonte: http://www.terranuova.it/Alimentazione-naturale/La-Coca-Cola-ruba-l-anima-agli-indigeni

Indignazione e proteste da parte dei gruppi per la salute e i diritti dei consumatori: bersaglio la Coca Cola che ha promosso uno spot pubblicitario che insinua il valore positivo e aggregativo della bevanda nelle comunità indigene messicane. Proprio lì ci sono i più alti indici di obesità dovuti all’introduzione del junk food occidentale.

La Coca Cola ruba l’anima agli indigeni

Lo spot è stato fortemente criticato per avere dipinto come valore positivo l’arrivo della Coca Cola nelle comunità indigene, con giovani felici e sorridenti che costruiscono un albero fasullo fatto di tappi di Coca. Il Messico ha conosciuto un’impennata negli indici di obesità, soprattutto tra le popolazioni indigene. La Alliance for Food Health si è rivolta al Consiglio Nazionale per la prevenzione delle discriminazioni per far cessare subito la campagna pubblicitaria; a rivelarlo è il Guardian.

L’associazione Alliance for Food Health afferma che lo spot rappresenta un insulto alla dignità degli indigeni e contribuisce al deterioramento della loro salute. Il Messico è uno dei maggiori consumatori di bevande zuccherate  e gassate. Il video dello spot è stato rimosso da youtube ma continua ad apparire un po’ ovunque. Nello spot si afferma anche che gli indigeni sono felici di parlare la lingua occidentale, lo spagnolo, mentre gli attivisti locali sostengono che non è così.

MAPPA / Terremoto sulla Grecia

Scritto da: Andrea Barolini
Fonte: http://www.valori.it/finanza-etica/mappa-terremoto-sulla-grecia-11059.html

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Due Paesi come Francia e Germania non detenevano neppure un euro di debito greco nel dicembre del 2009, mentre le loro banche ne possedevano rispettivamente 79 e 45 miliardi. Cinque anni dopo, i rapporti si sono invertiti: le banche francesi sono scese a 1,81 miliardi, quelle tedesche a 13,51 miliardi. Mentre i bilanci statali dei due Paesi hanno incamerato esposizioni pari a 46,5 e 62 miliardi. Di fatto, un immenso travaso di titoli “tossici” dai bilanci bancari a quelli statali (ovvero da soggetti privati alla collettività). Si tratta solo di uno dei molti volti della crisi greca. Fatta anche di migliaia di suicidi, di tasse sui poveri aumentate del 337%, di investimenti scesi del 40%, di Pil crollato del 25%, di milioni di persone che non possono curarsi, di una recrudescenza dell’Aids, di condomini ateniesi che tengono le caldaie spente in inverno, di luce elettrica staccata a 30mila famiglie al mese. E, a fronte di tale stretta draconiana, non si è neppure risolto il problema dei conti pubblici, che anzi sono peggiorati. Perché, nel rapporto debito/Pil, il rigore ha inciso talmente tanto sul denominatore Pil da rendere vani gli sforzi effettuati sul numeratore debito.

Curare lo stress con i fiori e le essenze

Scritto da: Barbaro Pontoriero
Fonte: http://www.informasalus.it/it/articoli/curare-stress-fiori-essenze.php

Curare lo stress con i fiori e le essenze

La natura ci viene in aiuto con fiori ed essenze per curare lo stress di ogni giorno

Chi al giorno d’oggi non conosce il mostro dalle mille teste chiamato stress? Il nostro è ormai un mondo stressato: siamo stressati dal rumore delle marmitte dei motorini e di tutto il traffico cittadino, dei lavori in corso, del rombo degli aerei, ma anche dal nostro stile di vita, dai nostri stessi ritmi del tipo accompagna i bimbi a scuola, fai la spesa, prepara da mangiare, lava, stira, riassetta… E il lavoro fuori casa, la palestra, lo sport, i divertimenti?È vero, lo stress può anche essere positivo: uno stimolo che ci fa agire con rapidità, efficienza, eccitazione, che ci spinge a raggiungere obiettivi importanti, raccogliendo le sfide della vita e stimolando la nostra creatività. Ma quando tutto ciò si trasforma in insana angoscia e senso di oppressione, ecco che si è varcata la soglia dello stress negativo. Allora che fare?Una vacanza per “staccare la spina” non sarebbe male, ma se, come capita spesso, per vari motivi non possiamo concedercela, c’è comunque Qualcuno che non ci abbandona mai: come accade da secoli, la Natura apre la sua cassetta di pronto soccorso e con mani premurose ci offre un dono davvero speciale: gli oli essenziali.Se è vero che lo stress può esprimersi a diversi livelli, fisico, emotivo, mentale, dei quali uno prevarrà sugli altri, e che ognuno di noi lo manifesta con caratteristiche differenti: chi reagirà con stanchezza fisica, chi con ansia e agitazione, chi ancora con difficoltà di concentrazione e così via, è vero anche che in tutti i casi c’è però una necessità comune e fondamentale: rigenerare il sistema nervoso.

Chiodi di garofano

Quando spingiamo le risorse del nostro corpo al limite e abbiamo la sensazione di cadere a pezzi da un momento all’altro, allora è il momento di ricorrere a quest’olio. Basta annusare il suo profumo denso e speziato tre o quattro volte al giorno e ne ricaveremo una sferzata di energia ristoratrice che agirà su tutti i sistemi del corpo. Ci sentiremo più tonici, pieni di energia e fisicamente pronti ad affrontare gli impegni che ci siamo posti. Se non ci risultasse gradito il suo aroma, sarà sempre possibile scegliere tra altre essenze.

Basilico

È un buon tonico del sistema nervoso centrale, soprattutto indicato per chi soffre di stress mentale con manifestazioni somatiche quali la dispepsia.

Cannella

Stimola il sistema nervoso e agisce da tonico generale (oltre che da buon afrodisiaco). Attenzione però a non inalarne troppo dalla boccetta perché può irritare la mucosa del naso.

Limone

Se inalato, ripristina la capacità di concentrazione momentaneamente annebbiata; in un bagno aromatico, rigenera e fa scivolare via la stanchezza accumulata durante il giorno.

Pino silvestre

È una delle migliori essenze per chi è affaticato, stressato, esaurito. Ha infatti un ottimo effetto stimolante sul sistema nervoso, sulle ghiandole surrenali e sulla tiroide. È inoltre particolarmente adatto a chi ha il metabolismo un po’ rallentato.

Rosmarino

È un ottimo tonico generale e rigenerante del sistema nervoso, ideale per chi sente la mente affaticata e confusa.

Salvia officinale

È un’essenza che attiva soprattutto le risorse tipiche del principio femminile. È energizzante, lievemente euforizzante, fa emergere la capacità di affrontare le cose con fantasia e creatività.

Vaniglia

Quando ci sentiamo vicini alla depressione è il momento della vaniglia che calma, dà una sensazione generale di benessere col suo profumo denso e avvolgente, ma al contempo tonifica e stimola il sistema nervoso troppo provato.

Anche le essenze floreali possono essere di grande aiuto. Tra i Fiori Australiani (Bush) ricordiamo in particolare:

Black-Eyed-Susan

Questo Fiore insegna a rallentare: è indicato a chi non riesce a stare fermo e deve trovare sempre qualcosa da fare, altrimenti il tempo sembra sfuggire via.

Dog Rose of the Wild Forces

Adatto a chi si sente vicino al crollo, quasi dovesse perdere il controllo da un momento all’altro.

Macrocarpa

Si utilizza quando si è oltrepassato ogni limite, la stanchezza è totale.

Paw-Paw

È l’essenza per chi, oberato di lavoro, ha poco tempo per svolgerlo e il panico lo paralizza al solo pensiero.

Tra i Fiori Living abbiamo:

Purple Flag Flower

È per le persone che non si fermano mai, sono molto responsabili e si spingono fino all’estremo delle proprie risorse, senza concedersi mai una pausa o un momento di rilassamento, tanto che il sistema nervoso rischia di saltare. In questo caso la muscolatura diventa rigida, dura come la roccia.

Yellow Flag Flower

La persona che necessita di questo fiore non solo lavora tanto ed è in sovraccarico, ma sovraccarica anche coloro che ha intorno. Questi soggetti mancano di leggerezza, sono intrappolati in un circolo chiuso perché non trovano altri spazi, sono stanchi e a disagio. Diverso da Purple, che non fa pesare nulla sugli altri, per cui è difficile vedere quando sta arrivando al punto di rottura, Yellow lo manifesta chiaramente perché “scarica” su tutti quelli che gli stanno intorno e che quindi ne vengono infuenzati negativamente.

Tra i Fiori di Bach ricordiamo:

Olive

Per lo stato di sfinimento, stanchezza generale, desiderio di dormire.

Hornbeam

Per la stanchezza mentale.

Elm

Per la stanchezza e il cedimento momentaneo da sovraccarico di responsabilità, tipici di chi si sente indispensabile e non delega.

Vervain

Per chi si sente “schizzato”, ha i nervi a fior di pelle e una fortissima tensione.

Impatiens

Per la tensione e la fretta di quando si ha la sensazione di non avere sufficiente tempo per fare tutto e la muscolatura del corpo è contratta.

Tratto da “Curarsi con la Naturopatia Vol.1” di Catia Trevisani

 

CINA – Ecco dove si fabbrica il nostro Natale

Scritto da: Pjmanc
Fonte: http://www.ilfattaccio.org/2015/12/04/cina-ecco-dove-si-fabbrica-il-nostro-natale/

CINA – Ecco dove si fabbrica il nostro Natale

DA DOVE PROVENGONO LE DECORAZIONI DI NATALE IN VENDITA IN TUTTO IL MONDO? Non di certo dalla Lapponia o da qualche altra magica terra di Babbo Natale. Nel villaggio di Yiwu, in Cina, non ci sono né elfi né neve, ma 600 fabbriche che producono il 60% delle decorazioni natalizie del mondo. Le decorazioni di Natale prodotte in Cina sono destinate ai mercati esteri. Il villaggio di Natale di Yiwu non è certo un luogo felice. Il costo del lavoro è bassissimo e gli operai lavorano sei giorni alla settimana con turni quotidiani di 12 ore, per un guadagno che non supera i 200 o 300 euro al mese. Non soltanto decorazioni di Natale, in questo luogo della Cina vengono prodotti anche vari giocattoli di plastica a tema natalizio e non, come racconta la BBC, che ha voluto visitare questo luogo, definito come l’epicentro mondiale delle decorazioni di Natale e dei regali di plastica.

CHINA-

 

 

 

 

 

YIWU SI TROVA A 300 CHILOMETRI DA SHANGHAI. Se l’albero di Natale, le decorazioni o le luminarie che avete acquistato sono state fabbricate in Cina, forse provengono proprio da qui. Il villaggio del Natale, superata l’entrata, sembra un grande centro commerciale, pronto ad accogliere i rappresentanti delle aziende che vorrebbero esportare della merce all’estero. Gli operai sono continuamente esposti a polveri, colle, coloranti e vernici. Devono indossare delle mascherine per proteggersi dalle sostanze nocive, altrimenti le respirerebbero. Le immagini che ritraggono gli operai ricoperti di polvere rossa dalla testa ai piedi ci lasciano senza parole. Nessuno pensa a tutelare la loro salute. Si tratta di un lavoro molto faticoso che serve semplicemente ad alimentare il consumismo natalizio. Gli operai migranti che lavorano nelle fabbriche cinesi spesso non sanno nemmeno con esattezza che cosa sia il Natale. Qui decorazioni e luminarie si producono tutto l’anno. Lo sfruttamento dei lavoratori per la produzione di cappelli di Babbo Natale, decorazioni per l’albero, luminarie e giocattoli di plastica è evidente. Ecco allora un motivo in più per impegnarci a realizzare delle decorazioni di Natale fai-da-te con le nostre mani, a partire dal riciclo creativo e grazie a materiali semplici come carta velina, cartoncino e scampoli di stoffa.

 

Le guerre creano altre guerre

Scritto da: Graziano Fornaciari
Fonte: http://www.primapaginadiyvs.it/abbiamo-bisogno-di-una-nuova-crociata/

francois-hollande-724154_960_720La mia personale sensazione è che stiamo vivendo qualcosa di simile a ciò che è accaduto a Noè, il quale, suo malgrado tentasse di avvertire riguardo al diluvio imminente, nessuno voleva crederci. La giornata non lasciava presagire diluvi di sorta quindi, per mancanza di lungimiranza, tutti vennero presi alla sprovvista e di lì a poco furono sommersi dalle acque.

Le cose non sono cambiate nel tempo, anche ai nostri giorni si teme qualcosa di simile, ma più che l’acqua ciò che preoccupa maggiormente è la volontà di mettere a ferro e a fuoco questo pianeta, anche da parte di chi si professa paladino delle forze del bene, mentre nel proprio animo alberga un piromane doloso.

Malgrado si parli tanto della possibilità di una guerra, credo che non se ne comprenda la reale portata e i rischi che si stanno correndo, anzi, sembra proprio che la situazione attuale esalti i governanti, i cui volti, spesso contriti, magari senza esserlo veramente, assumono maschere che ben difficilmente rappresentano veramente ciò che portano nell’animo.

Fatto sta che, quando il male vuole manifestarsi, costruisce anche le condizioni attraverso le quali venire alla “luce”, giustificandosi a più non posso. Servono sempre alibi, i quali formano coalizioni improponibili, ma solo in apparenza, perché nella sostanza sono tutti d’accordo a strofinarsi le mani nell’asciugamano per poi fregarselo impunemente.

Bisogna unirsi per combattere l’Is, non c’è che dire, la coerenza, almeno secondo loro non manca, visto che tutti insieme hanno concorso perché venisse creata. Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, l’importante è che il risultato ottenuto, in un verso o per l’altro, consenta di mietere affari, come si confà ad una situazione dove il terrore viene sparso ad arte.

Guardo François Hollande e mi fa “tenerezza”, per modo di dire naturalmente, per il suo modo di “giocare” a fare il comandante in capo, un ruolo per il quale non è proprio tagliato, perché non basta fare l’autoritario per compensare la mancanza di autorevolezza. Sembra messo lì appositamente, prima degli attentati non se lo filava nessuno, ora sembra un buon Presidente della Repubblica, almeno secondo i sondaggi http://www.huffingtonpost.it/2015/11/24/francois-hollande_n_8635864.html

Prima dell’attentato a Charlie Hebdo solo 16 francesi su 100 lo ritenevano alla altezza, subito dopo erano già in 31 a ritenerlo idoneo. Lo stesso dopo gli attentati recenti di Parigi, dove François Hollande è passato da 22 a 32… gli attentati a qualcosa servono, a rivalutare personaggi che dovrebbero fare altro, invece di fare finta di occuparsi del bene comune.

Penso a Hollande e mi sovviene Bush figlio, Presidente degli Stati Uniti durante l’attentato dell’11 settembre 2001, e poi anche altri, anche di casa nostra, questo perché basta osservarli, non sembrano esprimere sguardi intelligenti, visto che sembrano persi nel vuoto in attesa di chissà quali ordini provenienti dall’alto. A pensare male spesso ci si prende, infatti, sembra che vengano create situazioni ideali affinché, personaggi come questi, siano utilizzati come burattini..

Servono burattini per fare le guerre, personaggi che siano manovrati dal Mangiafuoco di turno, burattini che siano in grado di riproporre una nuova Crociata contro l’Islam infedele. Sappiamo bene che gli interessi sono altri, e che una guerra ne genera altre all’infinito, perché è impossibile che una guerra generi la pace.

Ci trattano come polli che debbono trovare autonomamente la via del pollaio in maniera “spintanea”, dandoci l’illusione che sia una nostra libera scelta, almeno così vogliono farci credere. Ci vogliono rinchiudere in recinti con la paura nell’animo, così da non sentire il bisogno di allargare le sbarre della gabbia e scappare.

Siamo come in un teatro di posa allestito in modo tale che non se ne possa desiderare altri… naturalmente per il nostro bene, perché loro vogliono la pace… e noi stolti, per l’illusione del quieto vivere, ce lo facciamo andare anche bene. Questi sono bambini cresciuti male, tanto che credono di giocare ancora con i soldatini, qualcuno li faccia andare da un’altra parte, magari dove vi sono dei tombini aperti, come diceva il comico.

Il mondo ha bisogno di pace, e ognuno cerchi di affermarla nella propria vita al meglio delle sue possibilità, perché come diceva Totò è la somma che fa il totale. Bisogna fare la differenza tra gli interessi economici e quelli del bene comune, bisogna scegliere chiaramente, altrimenti la Vita non farà sconti, e quando mai li ha fatti, mettendo ognuno davanti alle proprie responsabilità.