BAMBINI SCOMPARSI

Fonte: http://www.associazioneprometeo.org/
Intervista con Rita Pedditzi di “Massimiliano Frassi” per Associazione Prometeo – 2006 –

Forse è un dramma superiore addirittura al lutto.
Perché se nel caso della morte di un figlio in qualche modo si faranno, prima o poi, i conti con la dura realtà, quando capita ciò che sto per raccontare il rischio credo sia quello di impazzire. Dato che una risposta qui non c’è.
E’ il silenzio a dominare, a tessere le trame di una vita interrotta e mai più attivata.
Parlo del dramma dei bambini scomparsi. Figli divenuti tutto ad un tratto invisibili.
Solo nel nostro paese sono migliaia ogni anno, sottratti spesso con la forza, il 20% dei quali non verrà mai più ritrovato.
Dove finiscono? Perché non se ne parla?
Spunto del nostro reportage esclusivo è l’uscita di un libro, il primo del suo genere in Italia, intitolato appunto “Bambini Scomparsi” (edizioni Aliberti) e presentato in anteprima al convengo promosso dallaPrometeo., “Pedofilia, quando il dolore ha gli occhi di un bambino”.
L’autrice è una nota giornalista, Rita Pedditizi, già redattrice del programma Chi l’ha Visto.

“Il tuo libro si apre con dei dati. Shockanti. A fronte dei quali, però, a mio avviso non c’è ancora oggi una adeguata risposta da parte delle istituzioni. Tu stessa scrivi che se gli inquirenti avessero avuto più risorse forse molti casi si sarebbero potuti risolvere positivamente……”
“In questi anni ho avuto molti contatti con le forze dell’ordine e con i magistrati ed ho trovato tanta gente splendida che lavora per quattro soldi senza guardare all’orario, al giorno di festa e, tante volte, al proprio stato di salute. Sono entrata in uffici di Comandi Carabinieri od in Questure dove, su sedie sbilenche, sono stata accolta da marescialli, ispettori, ufficiali e funzionari che, con grande disponibilità, mi hanno dato una mano per capire retroscena di storie complicate. A fronte di un’etica che non permette loro di criticare l’istituzione di appartenenza o lo Stato in generale, ho capito la loro rabbia per non aver potuto dedicare più tempo ad un’indagine delicata ed appassionante per correre dietro all’evolversi di diverse situazioni magari meno poliziesche ma ugualmente doverose. Vedi, nei film americani noi vediamo l’investigatore che arriva in ufficio, appende la giacca, si aggiusta le bretelle e, dopo aver acceso un bel sigaro, alza il telefono e dispone. Da noi è il contrario: il nostro investigatore arriva in ufficio e non si è ancora tolto la giacca che suona il telefono e viene disposto di lui. In Italia abbiamo decine di migliaia di uomini impiegati nell’ordine pubblico, per evitare che quattro imbecilli si menino perchè  la loro squadra ha perso o ha vinto, abbiamo migliaia di uomini impegnati in scorte di sicurezza ad onorevoli e similari che non servono assolutamente a proteggere ma solo a dare un giusto rilievo alla personalità che esce dai palazzi del potere. Vieni a Roma e vedrai, all’ora di pranzo ed all’ora di cena quante sirene si sentono nell’aria, impegnate a scortare la solita macchina blu con i vetri oscurati dove siede il  “personaggio” Non è sterile critica alle Istituzioni ma al modo bizantino che alcuni appartenenti di esse hanno nell’esternare il potere. Lo stesso Presidente della Repubblica ha ammesso che avere quasi 300 (!) corazzieri alle proprie dipendenze è decisamente eccessivo, tenuto conto del fatto che, ogni volta che si sposta, la sua tutela viene fatta anche, e soprattutto, dalle forze di polizia del luogo ove si reca. T’immagini un pool di 300 persone organizzato nella repressione del fenomeno del rapimento di bambini? I risultati non potrebbero mancare. Sei mai entrato nell’ufficio di un magistrato? Vedi una scrivania enorme, carica di falconi contenenti centinaia di pratiche ed un computer acceso, il tutto contornato da codici penali, di procedura penale ed altri. Sul muro, molte volte vedi disegni di bambini che dedicano alla mamma, il feroce P.M. , i primi abbozzi di arte. Se vai oltre con lo sguardo vedrai un volto pallido, tirato, spesso dietro a quelle lenti che fanno gli occhi piccoli piccoli che ti abbozza un sorriso timoroso. Questo è il magistrato tipo, un grande studioso che lotta contro torme di avvocati sfruttando le 25 ore della sua giornata, e poco conta che siano 24, cercando di non perdere mai  l’amore per la Giustizia che lo anima. Parli con lui, o lei, ed il telefono squilla, perché il magistrato è di turno e deve risolvere, dal tavolino, quanto succede fuori, dando conforto ed aiuto a chi opera sulla strada “ Sì, maresciallo, lo arresti e mi mandi gli atti prima che può, perché tra due ore sono in udienza, oggi pomeriggio un interrogatorio in carcere e stasera un incidente probatorio . Anzi faccia una cosa, venga lei a portare gli atti qui che ho delegarle un’indagine urgente, sa, siamo quasi ai limiti. Va bene? La aspetto, stia bene!” Poi è evidente che ci sono, nel nostro paese, situazioni di prima linea, di seconda linea e le retrovie. E’chiaro che il commissariato di Palermo ha più da fare rispetto a quello di Trento, il che non è una valore di merito ma solo un dato statistico. Ed un omicidio a Palermo entra, velocemente nella statistica, mentre a Trento tiene la prima pagina dei quotidiani  locali per settimane. E chiaro che sono entrambi seri e preparati ma hanno tempi diversi e maggior possibilità di applicazione . “
E’ un fiume in piena Rita, travolgente e coinvolgente, come le storie che emergono dal suo libro E così sfilano davanti a noi nomi noti o dimenticati, bimbi la cui immagine riconosceremmo tra cent’anni ed altri la cui immagine, forse, non abbiamo mai visto. La domanda che le porgo è la più scontata, ma anche quella che ognuno di noi si fa:“come è possibile che un bimbo sparisca senza lasciare traccia?


Nelle storie che racconti la mancanza di prove, di indizi certi è un doloroso e costante leit-motiv”.
“Hai mai fatto un incidente con la macchina?” risponde pronta Rita, “sai benissimo che devi compilare due o tre moduli e scambiare i dati con l’altra parte ma in realtà scendi dal veicolo ed hai voglia di piangere, trovi il modulo ma non la penna o viceversa, poi si ferma qualcuno che ti vorrebbe aiutare e ti confonde ancora di più, tu sposti la macchina per non intralciare il traffico e, magari, passi dalla parte della ragione a quella del torto, poi arrivano i vigili e ti fanno domande mentre tu pensi “ Ma perchè proprio a me?” Quando succede un delitto, la scena criminis andrebbe , come dicono i tecnici, congelata, ma così non è, si toccano cose, le si spostano e poi si ha paura a dire quelli che sono i propri dubbi ed i propri sospetti perché una papà ed una mamma che hanno perso un figlio sanno solo accusarsi tra di loro. Tutto questo l’orco lo sa e guadagna vantaggio, tanto vantaggio…”.
Ho posto la stessa domanda a Ray Wyre, criminologo inglese tra i massimi esperti al mondo di serial-killer pedofili. Mi ricorda il caso di Robert Black, pedofilo reo di aver rapito ed ucciso circa 400 bambini. Da lui incontrato in carcere alla domanda “come facevi a sottrarre un bambino” Black rispose che “gli bastavano 30 secondi, solamente 30 secondi di disattenzione da parte degli adulti per rapire un piccolo”.

Torno all’inchiesta di Rita e le chiedo, soffermandomi sulla mancanza di indizi come mai, certi casi, e mi riferisco a quelli più “noti” di Denise Pipitone o della Celentano, lasciano aperti numerosi interrogativi.
“Innanzitutto va detto che  i tempi investigativi e processuali sono quelli che sono e poi, se vogliamo dirlo, esistono sequestri di serie A, di serie B e …fuori campionato. Mi ricollego alla domanda che mi hai fatto prima e ti dico che la colpa non è del capitano o dell’ispettore ma di tutto uno Stato che mette al primo piano le piume del pavone. Ti immagini se l’ipotetico pool di 300 uomini si fosse dedicato  Denise o ad altri piccolini? Credi che avremmo ancora tanti dubbi?”.

Un altro dramma che appare in quasi tutte le storie di bimbi scomparsi è la pedofilia. Che aggiunge orrore all’orrore.

Ed è incredibile leggere come, ogni qual volta un bimbo sparisca, le forze dell’ordine contattino in ogni realtà centinaia di pedofili accertati ed in libera uscita. Bombe innescate senza alcun controllo. Dal caso del piccolo Silvestro Delle Cave, abusato per mesi e poi ucciso brutalmente dai suoi carnefici, in poi la pedofilia appare come protagonista o come comparsa dietro ad ogni caso. Chiedo: “E’ plausibile pensare ad una rete di pedofili che anche nel nostro paese rapisce i bimbi per i propri turpi scopi?”.
“Ecco una domanda a cui non si può rispondere con un sì o con un no, anche se la pedopornografia dilagante ed i viaggi in Thailandia da parte di nostri connazionali sono testimoni di questa aberrazione nauseante. Ma non voglio eludere la risposta ed allora ti dico che secondo me esistono anche nel nostro paese organizzazioni che, magari sfruttando la povertà ed il riserbo dei genitori delle  piccole vittime, giocano con i corpicini di queste creature per appagare gli istinti più contro natura e poi gettare il giocattolo.”

A tutto lo scorso mese di dicembre 2006 erano ancora 1.687 i minori “ufficialmente scomparsi”. Purtroppo molti di questi probabilmente finiscono nelle reti di pedofili che li usano ed abusano per produrre materiale pedopornografico. Oggi in Italia un sito internet di “buona qualità” produce un introito giornaliero di almeno 90mila euro. Necessario quindi trovare ogni giorno “merce nuova” per assecondare le migliaia di richieste, da parte di un mercato che pare non avere un freno.

Spesso la pedofilia, insieme allo sfruttamento dei minori, viene associata ad un nuovo capitolo di questo viaggio nell’orrore dell’infanzia violata italiana, altra costante che ricorre peraltro in tantissime storie raccontate da Rita: gli zingari.

“E’ questo un ennesimo tasto dolente: senza cadere in pericolose generalizzazioni, ti chiedo quanto l’immagine classica del nomade ladro di bambini corrisponde oggi alla realtà, dato che in molte delle storie trattate appaiono come tragici sospettati.”. “Eccoci alla domanda che speravo non mi facessi, ma queste sono le regole del gioco ed io sto al gioco. Allora, in Sicilia c’è la Mafia, quindi tutti i siciliani sono mafiosi? In Campania c’è la Camorra, allora tutti campani sono camorristi? In Sardegna c’è l’anonima sequestri ed allora…io sono sarda figlia di sardi e so che non tutti i sardi sono sequestratori o padre padrone. E quindi cosa devo dire degli zingari? Prima di tutto che non so come facciano a sopravvivere perché non ho mai visto zingari in fabbrica o al mercato a vendere prodotti; so che quando in un paese arriva un accampamento di zingari molte case vengono ripulite; so che quei segni sui citofoni che indicano presenza di cane in casa, uomo armato, antifurto sonoro non li mette la fatina del dentino e so anche che se arrivando a casa vedo due zingarelli uscire dall’androne  forse il mio non sarà un piacevole rientro. So anche che questi ragazzini non finiranno mai in prigione perché sono privi di documenti e si dichiarano infraquattordicenni o, almeno minorenni e che, se saranno accompagnati in un centro di accoglienza fuggiranno dopo poche ore. Ogni zingaro ha decine di alias e infiniti domicili in quei campi nomadi stanziali dove li trovi solo quando non hanno commesso niente. Se no se vai a chiedere di uno che è sospettato o, addirittura ricercato, ti viene incontro il loro capo e ti dice, sorridendo, che stai perdendo tempo perché lì non troverai niente e nessuno di tuo interesse. E non lo dice solo a me o a te che non siamo titolati a sapere, ma lo dice anche a gente in divisa che butterebbe volentieri tutto all’aria. Ma ancora non ti ho risposto perché non voglio generare una caccia alle streghe in cui io per prima non crederei ma ti posso dire che dalla sparizione di Denise ad ora vi sono stati circa una decina di tentati rapimenti di bimbi da parte degli zingari.”

 

Il nostro incontro sta per terminare. E vorrei si chiudesse con la riflessione con cui ho aperto, ovvero l’immane dolore che si prova davanti alla scomparsa di un proprio figlio. Incontro Paola e Paolo Onofri, genitori del piccolo Tommaso rapito ed ucciso un anno fa alle porte di Parma. Davanti a noi il grande masso con la foto di Tommy e decine di peluche che colorano il posto dove il suo corpicino senza vita, fu lasciato, sotto una coltre di melma e foglie secche. “Nella disgrazia” mi dice Paola “siamo stati fortunati. Perché noi l’abbiamo trovato. Morto, ma l’abbiamo trovato”.

Riporto le stesse osservazioni a Rita, per la quale non è certo stato facile scrivere un libro così:

“in effetti è una sorta di sofferenza fisica, oltre che spirituale, parlare di bimbi scomparsi. Non c’è una scala di valori nel dolore, la tragedia è tale sia che si tratti di una persona anziana che di un ragazzino. Ma nel secondo caso c’è, credo in tutti noi, una sorta di non accettazione, di ribellione, di rabbia, viene voglia di urlare al cielo ed agli uomini che non è giusto e che non doveva succedere.  Forse è una sorta di immedesimazione, perché tutti siamo stati bambini e riviviamo le paure della nostra infanzia, quando percepivamo che intorno a noi c’era cattiveria, malvagità, che le parole belle che ci venivano insegnate a scuola, in famiglia, in chiesa, non corrispondevano alla società dove muovevamo i primi passi. Le stesse favole ci portavano angoscia, paura, sudori freddi ed a poco valeva che alla fine finissero bene, in noi rimaneva l’immagine dell’orco che poteva, all’improvviso manifestarsi davanti a te. Scoprire che tanti, troppi piccoli sono entrati e non sono mai usciti da queste favole è qualcosa che ti toglie quella sicurezza che hai cercato di raggiungere diventando adulto . Ed allora cerchi di aggirare la tua impotenza e scrivi quello che sai, cerchi di richiamare l’attenzione su chi è stato dimenticato, nella speranza, per quanto flebile, di ritrovare chi è sparito. Forse, per dirla tutta, è uno sfogo, una sorta di placebo per le ferite della propria anima per impedire che i volti di quei bimbi ti seguano nei sogni perché se una società sbaglia, la colpa è del disinteresse di tutti per ciò che accade fuori dalle mura della propria casa. “

Il libro si conclude con una lettera della mamma di Denise Pipitone a Beppe Grillo. Non entro in merito a questa storia, ancora da scrivere, dato che la lettura del capitolo apre più di un interrogativo. Mi fermo alla lettera ed alla proposta di legge che da lì scaturisce, dato che pare che nel nostro paese ci sia ancora un vuoto legislativo e che la sparizione di un minore sia equiparata ancora oggi, grazie ad una legge obsoleta, alle fuitine.

“Vedi il problema è precedente al momento del giudizio in tribunale, dove, bene o male, la storia si è conclusa. Il primo ostacolo lo incontri quando ti viene detto che devono passare, in mancanza di elementi probanti un sequestro, almeno un paio di giorni, che forse il bimbo è da amici o da parenti anche se il tuo cervello ed il tuo cuore ti dicono che se non viene cercato subito non lo vedrai mai più. Secondo me si dovrebbe attuare un protocollo investigativo che preveda una rapida serie di attività da parte delle forze di polizia, allo scopo di congelare l’ipotetica scena criminis, senza mezzi termini, il che vuol dire che se tu vai dai carabinieri a denunciare la scomparsa di tuo figlio devi immaginare che entro pochi minuti la tua casa verrà messa sotto sopra e che tu verrai interrogato senza tanta delicatezza perché anche tu sei un potenziale orco. Il che non vuol dire che ce l’hanno con te ma che i primi li devi sgombrare tu e la tua famiglia, senza remore o vergogne, ne va della salvezza del tuo caro.”
Pensi di continuare, chiedo in conclusione, ad occuparti di questo argomento:
“Questa volta la risposta è facile: sì, sto raccogliendo altro materiale e vorrei incapsulare questo mio approfondendo il problema a livello mondiale.
I primi dati che ho sono allucinanti e credo sia doveroso per me comunicarli a tutti, creare collegamenti, risvegliare interessi, se no l’Orco vincerà…”.

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