IL NORD SI RISVEGLIA FRONTIERA DI MAFIA

Scritto da : Antonio Siracusano
Fonte: http://www.gazzettadelsud.it

Ci fu un tempo in cui le cattedre morali “nordistoidi” erano bocche di fuoco schierate a batteria, sempre caricate a sentenze inappellabili di condanna. Imputato unico, recidivo e rassegnato, il Sud fradicio di mafia, imbevuto dei sette vizi capitali, offriva il fianco e porgeva la guancia, convinto di un abissale ritardo antropologico che affondava le radici in una tara razziale. Gli esordi leghisti – ben prima di “Roma ladrona” – hanno trovato terreno fertile in un Mezzogiorno pustoloso e irredimibile, sanatorio da recidere per scongiurare il dilagare dell’infezione.

Si sa come sta andando a finire. Il capovolgimento di fronte, con il giudice degradato a imputato, ci consegna un Paese unito dai disvalori. Le distanze si annullano, le pretese etiche arretrano e si conferma quella pericolosa deriva populista che spiana la diversità, rendendola inoffensiva e quasi macchiettistica.
Eppure le cronache giudiziarie degli ultimi anni inducono a osservare uno spartiacque che continua a dividere le reazioni civili, tra un Nord acquiescente (ma se salissimo su quelle cattedre morali potremmo anche dire accogliente) e un Sud che negli anni ha costruito una memoria di resistenza etica al virus della mafia. Le recenti inchieste hanno svelato la colonizzazione criminale – con la ‘ndrangheta sempre più pervasiva – di una “Padania” che improvvisamente si ritrova avvinta dal volto oscuro delle cosche, più o meno nelle retrovie rispetto all’infiltrazione economica e politica.
Una macchia ombreggiante che si è insinuata attraverso frontiere sociali e culturali sguarnite (accomodanti?). Almeno questa è l’impressione che gli stessi inquirenti hanno ricavato dalle loro indagini, non mancando di rilevare come l’avanzata dei capitali sporchi, le collusioni con i faccendieri dei clan e il controllo del territorio, si siano imposti senza dissonanze, come un fiume limaccioso che non trova ostacoli.
In questi anni – di fronte alla ramificazione degli interessi mafiosi – la diagnosi leghista si è limitata a vittimizzare un Nord in purezza costretto a importare la feccia sudista, spedita al soggiorno obbligato.
Una chiave di lettura folcloristica e demagogica che non può certo reggere la cifra di un progressivo “incistamento”, dovuto anche a una preoccupante friabilità (dalla cattedra morale, invece, si vede una strisciante complicità) del tessuto civile connettivo.
Ora sarebbe facile invitare i declamatori nordisti, in questo periodo un po’ smarriti e pallidi, a visitare le nostre memorie dell’antimafia, a studiare (senza scorciatoie) gli esempi di uomini che si sono fatti argini e anticorpi, che hanno donato il loro sangue per ridare vita a una coscienza civile dominata e in letargo.
Grazie a quei sacrifici oggi è possibile, in queste terre di Sicilia e Calabria, raccontare il coraggio e la resistenza, la dignità e la rivolta morale. E non per mettere i piedi su quella cattedra eretta a monumento separatista, ma per riequilibrare il peso di sentenze sbrigative e speculative. Dal ritratto di una “Padania” incontaminata affiorano lineamenti un po’ più rugosi e sfioriti. I segni della realtà non fanno sconti.

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