Il mistero del massacro di Sandby Borg

Fonte: https://ilfattostorico.com/2018/05/06/il-mistero-del-massacro-di-sandby-borg/

The Guardian

Antiquity

 

sandy borg svezia impero romano occidente

L’estremità di una spada in argento dorato (Daniel Lindskog)

In Svezia gli archeologi hanno scoperto le eccezionali prove di un terribile massacro avvenuto alla fine del V secolo d.C., sulla costa dell’isola di Öland. Gli abitanti di un piccolo villaggio furono misteriosamente uccisi nelle loro case o in strada mentre provavano a fuggire.

I loro corpi vennero lasciati marcire sul posto e non vennero neanche presi gli oggetti preziosi che portavano con sé, tra i quali degli splendidi gioielli e alcune monete d’oro romane.

Il forte ad anello di Sandby Borg. Ospitava circa 50 case e una popolazione di 200-250 abitanti (Sebastian Jakobsson)

A Sandby Borg sembra non esserci stato scampo. In una casa un uomo anziano, colpito al cranio, cadde proprio sopra il focolare e il suo corpo fu carbonizzato fino all’osso. In un’altra casa un ragazzo adolescente, forse durante la fuga, inciampò su un corpo steso sul pavimento e morì sul posto. L’orrore si legò così tanto al sito che quando gli archeologi cominciarono i lavori, la popolazione locale li avvertì di tenersi lontani da quel luogo. Dopo tre stagioni di scavi, con meno di un decimo del sito scavato, la squadra ha pubblicato i suoi risultati sulla rivista Antiquity. Le scoperte raccontano la fine catastrofica della vita nel villaggio – “un singolo evento che fermò il tempo, come un naufragio ma a terra”.

Alla metà del V secolo d.C. Sandby Borg era un prospero villaggio protetto dalle mura di un forte circolare. Dopo l’attacco non tornò mai nessuno a seppellire i morti, e nemmeno per saccheggiare gli oggetti preziosi o il bestiame. I morti – nove in una sola casa – marcirono dove caddero, distesi in strada o in casa fino al crollo dei tetti, mentre i loro animali morirono di fame chiusi nelle recinzioni. In mezzo ai corpi giacevano ancora degli oggetti preziosi: monete d’oro romane, gioielli in argento dorato, ornamenti argentati per capelli, perline di vetro e conchiglie di ciprea dal Mediterraneo. Gli archeologi hanno persino trovato tracce degli ultimi pasti, tra cui una mezza aringa vicino a un focolare e alcune pentole.

Perla di vetro decorata con fiori e spirale d’argento (Daniel Lindskog)

Un magnifico anello (Daniel Lindskog)

Una spilla d’argento (Daniel Lindskog)

(Daniel Lindskog)

(Alfsdotter et al./Antiquity)

Ludwig Papmehl-Dufay, archeologo del museo locale, aveva iniziato gli scavi dopo che alcuni tombaroli erano stati avvistati nel sito. Sebbene non esistano resoconti scritti o orali del massacro, alcune storie locali lo consideravano un luogo pericoloso. «Trovo molto probabile che l’evento sia stato ricordato e abbia creato dei forti tabù, forse tramandati nei secoli grazie alla tradizione orale», ha detto Papmehl-Dufay. Tre stagioni di scavo hanno già suscitato numerosi interrogativi. Nel cranio di un uomo erano stati conficcati quattro denti di pecora. Secondo Papmehl-Dufay potrebbero rappresentare un’offesa finale: siccome gli antichi mettevano una moneta o altri piccoli oggetti di valore coi morti per pagare il passaggio nell’aldilà, questa sarebbe stata una maledizione per prevenirlo. Nelle vicinanze è stato trovato l’osso di un piccolo braccio, la prova che neppure i bambini furono risparmiati.

Tra tutti i beni scoperti non sono state trovate armi complete. Forse furono prese come trofei e sepolte come offerta rituale in una palude vicina. Öland è un’isola al largo della costa svedese nel Mar Baltico, e nel periodo romano era ricca. Le monete d’oro romane e le importazioni di lusso testimoniano i salari guadagnati combattendo come mercenari. Sull’isola si contano almeno 15 forti ad anelli, ma solo Sandby Borg sembra aver avuto una fine così cruenta nei turbolenti decenni della caduta dell’Impero romano d’Occidente. Il museo della contea di Kalmar ha organizzato una piccola mostra del sito, e spera di crearne una più ampia permanente. Finora sono stati recuperati 26 corpi e sono state scavate totalmente solo tre delle 53 case, ma molti altri resti aspettano ancora che la loro storia sia finalmente raccontata.

(Daniel Lindskog)

(Daniel Lindskog)

(Daniel Lindskog)

(Daniel Lindskog)

(Daniel Lindskog)

Pianta di Sandby borg (Alfsdotter et al./Antiquity)

 

EURO E ITALIA: DON’T CRY FOR ME ARGENTINA!

Fonte: http://icebergfinanza.finanza.com/2018/05/08/euro-e-italia-dont-cry-for-me-argentina/

Purtroppo in questo Paese, infarcito di giornalisti ignoranti ad essere buoni, analisti ed editorialisti, pure economisti che tengono famiglie ad alto tenore di vita, non è facile far comprendere la verità, soprattutto quando questa gente ha il totale monopolio della carta stampata e delle televisioni, non riuscendo ancora ad avere il dominio sul web.

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Le Open Society Foundations,  sono una rete di fondazioni internazionali fondata dal magnate George Soros che lavorano per costruire democrazie vibranti e tolleranti i cui governi sono responsabili e aperti alla partecipazione di tutte le persone, dicono loro.

Uno di questi è Fubini, un caro amico di Soros, si Soros lo speculatore, lo squalo che attaccò la lira e la sterlina negli anni ’90, ha recentemente scritto sul Corriere della Sera…

La drammatica lezione dell’Argentina per chi è contro l’euro

L’Argentina nel 2003 fa aveva ripudiato debito pubblico per 100 miliardi di dollari e aveva svalutato drasticamente per cavarsela. Sono passati 15 anni, ma non è ancora vaccinata: un battito d’ali di farfalla a Washington diventa un tifone
a Buenos Aires. Che c’entra con l’Italia? Niente, ma proprio questo è il punto. Non c’entra perché l’Italia è nell’euro e solo per questo sul suo enorme debito riesce a pagare interessi persino inferiori di quelli americani, a tutto vantaggio di famiglie e imprese. Proviamo a uscire dall’euro, o a ripudiare il debito. Prima però chiamiamo Mauricio Macri per sentire cosa ne pensa.

Ma tu pensa, Fubini scrive pure che per una volta non si può neanche dare la colpa ai politici locali. Il leader oggi è Mauricio Macri, un ingegnere di origini calabresi che mantiene il Paese su una rotta di buonsenso, riforme e prudenza, politiche neoliberiste su suggerimento del FMI e crolla tutto comunque!

Ci aveva già pensato un altro illustre scienziato finanziario tempo fa, per il quale ieri girava alche il nome per un eventuale governo di tregua o neutrale come dicono loro sempre, ma sta facendo davvero una brutta figura…

Se Tokyo sembra Atene

C’è una battuta che gira tra i miei colleghi: «Sai qual è la differenza tra il Giappone e la Grecia?». L’agghiacciante risposta è: «Tre anni». L’ovvio riferimento è alla situazione del debito pubblico. Per quanto paradossale, l’accostamento della grande potenza industriale asiatica al piccolo e disastrato Stato ellenico non è poi così assurdo.

L’articolo era datato 2012, ne sono passati sei di anni e non è successo nulla in Giappone, nessuno ha fatto la fine della Grecia.

Potrei tirarvi fuori centinaia di articoli sulla fine dell’Inghilterra, se usciva dall’ Europa, peste, tifo e colera, iperinflazione e via dicendo.

Basterebbe ricordare cosa scrivevano i soloni di Confindustria a proposito della fine ingloriosa che attendeva il nostro Paese nel caso che gli italiano non avessero votato si al referendum confermativo di casa Renzi…

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Siamo nel 2017 e della recessione, nessuna traccia, saliamo del uno virgola e dei quattro punti di pil in caduta se ne è persa traccia.

Per carità, è tutta brava gente, dotti, medici e sapienti, peccato che come dice il nostro caro John Perkins…

Come ben sapete, non provate a chiedere all’oste se il suo vino è buono, se è davvero il migliore, non potete chiedere a questa gente se davvero l’euro è la migliore soluzione, dopo gli evidenti fallimenti di questi anni, loro vi rispenderanno che sì, perché il loro datore di lavoro la pensa così!

E’ normale, ci mancherebbe, sarei preoccupato se non fosse così, diceva il nostro caro Don Milani…

 “E qual’è mai il giornale che scrive per il fine che in teoria gli sarebbe primario cioè informare o non invece per quello di influenzare in una direzione”

Alle volte però capita di ascoltare il pensiero alternativo, quello di Alberto e Claudio,  e scopri che le cose non sono proprio così, almeno che loro vi raccontano solo una parte della loro verità…

1) Argentina e Italia sono Paesi profondamente diversi. In Argentina il settore agricolo pesa il quadruplo rispetto all’Italia (rispettivamente, 8% e 2% del Pil), e questo incide sulla composizione dell’export, che in Italia è composto per l’84% da prodotti manifatturieri, mentre in Argentina solo per il 31%.

2) Quando un Paese si basa sulle materie prime o su prodotti agricoli grezzi, la sua prosperità dipende dai prezzi di questi ultimi sui mercati internazionali. Una caduta dei prezzi lo metterà in difficoltà qualsiasi moneta esso adotti o per quanta moneta esso stampi. Ciò vale per esempio per il Venezuela se il prezzo del petrolio dimezza e vale anche per l’Argentina: se il prezzo della soia crolla del 30%, come è successo nell’ultimo quinquennio: gli argentini devono tirare la cinghia e non c’entra se la moneta è il peso, l’euro o il dollaro.

3) Questo anche perché le materie prime hanno domanda rigida: se la soia dimezza non ingozziamo i nostri vitelli. Anche a causa di ciò dal 2010 l’Argentina è in deficit estero, cosa che ora la costringe ad alzare i tassi per farsi prestare i soldi che non guadagna più esportando. La politica monetaria degli Stati Uniti, evocata da Fubini, c’entra, ma solo perché si innesta su questa fragilità strutturale. La situazione dei Paesi manifatturieri è ben diversa, perché la domanda dei loro prodotti è elastica al prezzo, e a questo punto quale valuta si adotti e come la si gestisca diventa rilevante. Un «attacco speculativo» che ci costringesse a svalutare renderebbe i nostri prodotti e il nostro turismo ancora più convenienti per l’estero, aumentando il nostro surplus commerciale, cioè la nostra disponibilità di valuta pregiata, senza bisogno di alcun rialzo dei tassi. Se non credete a noi, fidatevi di un commentatore bene informato: «Euro più debole? Per noi sono più i vantaggi che gli svantaggi» (Fubini, 11 marzo 2015).

4) Quanto precede spiega perché l’argentino Macrì, nonostante sia tutto «buon senso, riforme e prudenza» (a detta di Fubini), da quando ha preso il potere ha visto la sua valuta indebolirsi del 45% sul dollaro, senza riuscire a riequilibrare i conti con l’estero. Viceversa, un altro presidente, l’ungherese Orbán, nonostante sia tanto cattivo e non faccia le riforme, ma anzi cacci il Fmi fuori dal Paese con la ramazza, pur non avendo l’euro, bensì il fiorinetto, va avanti tranquillissimo, grazie al suo surplus commerciale, e viene costantemente rieletto dai suoi concittadini. L’export ungherese è per l’83% composto da prodotti manifatturieri e per questo l’Ungheria ha beneficiato della flessibilità del fiorino. Lasciamo valutare al lettore a quale Paese l’Italia somigli di più.

Poi si sa, c’è sempre qualcuno che si arrampica sugli specchi, ti dice che le svalutazioni non sempre sono buone, che il Giappone, che quando la domanda globale latita, hanno poco effetto sulle esportazioni, che basta guardare al Giappone, che ha svalutato come un forsennato dal 2012 in poi  e non è successo nulla o quasi.

Ora non sto qua a riempirvi la testa con paroloni, a Voi che piacciano tanto i grafici, consiglio solo di fare mente locale, ovvero agli effetti che ha avuto sul nostro Paese, demolito dalla criminale politica economica di Monti, la feroce svalutazione imposta da Draghi all’euro, passando in un attimo da 1,40 a 1,03…

Qualcosina possiamo dire anche a proposito della sterlina e dell’Inghilterra sommersa dall’oceano a causa della Brexit…

Nessuno può dire cosa accadrà in realtà, nessuno dice che sarà una passeggiata, nessuno pensa ad un’uscita non concordata o meno, ma le evidenze storiche sono più a favore che contro, la differenza la fanno le chiacchiere da bar!

L’India è la nuova Indonesia? La deforestazione prossima ventura

Fonte:http://www.salvaleforeste.it/it/deforestazione/4375-l-india-%C3%A8-la-nuova-indonesia-la-deforestazione-prossima-ventura.html

Sta accadendo adesso. Il Ministero indiano dell’ambiente, delle foreste e dei cambiamenti climatici pubblicato una nuova Policy forestale nazionale che, se approvata, aprirà le foreste demaniali allo sfruttamento privato Finora, questo è stato esplicitamente vietato dall’attuale legge forestale.  La precedente (ancora in vigore, ma per poco) legge forestale affermava ch le foreste fungono da risorsa genetica per il mantenimento dell’equilibrio ecologico. Per questa ragione, non saranno messe a disposizione delle imprese per lo sviluppo di piantagioni o altre attività”. Ora invece, sembra che le foreste saranno messe in vendita o cedute per espandere le piantagioni industriali.
La nuova bozza recita: “La produttività delle piantagioni forestali è molto scarsa nella maggior parte dell’unione. Queso sarà risolto adottando una gestione scientifica e intensiva delle piantagioni di specie rilevanti come teak, sal, sisham, pioppo, gmelina, eucalyptus, casuarina, bamboo ecc. I terreni disponibili degradati e sotto-utilizzati saranno gestiti per produrre legname di qualità con interventi scientifici. Modelli di compartecipazione pubblico-privato saranno adottati per affrontare la piantumazione nella aree forestali degradate nelle aree forestali e non, assieme alle imprese forestali.”
Gli ecologisti sostengono che la nuova bozza è una versione annacquata dell’attuale politica e scarsa nei contenuti. Alcuni hanno commentato che si tratta di un documento redatto frettolosamente, che mina il ruolo della comunità locali nella conservazione delle foreste, mentre altri sottolineano come la nuova bozza di linee guida ignori completamente le diffuse attività di distruzione delle foreste. Diversi studi scientifici mostrano come grandi aree di foresta vengono frammentati a causa di progetti industriali o di sfruttamento mal pianificati. La frammentazione delle foreste ha impatti devastanti e rappresenta una delle più gravi minacce alla conservazione. Ma la nuova policy ignora il rischio e dichiara che “si è verificato un aumento della copertura forestale e una riduzione della deforestazione … nonostante … l’aumento popolazione, l’industrializzazione e la rapida crescita economica “.
Nel 2013, uno studio degli avvocati ambientali Ritwik Dutta e Rahul Choudhary ha rivelato come il paese, ogni giorno, perda in media, ha 135 ettari di foresta naturale a causa di progetti di sviluppo. Dutta e Choudhary sostengono he solo nel 2017 il governo abbia approvato circa 10.000 permessi di eccezione alla legge forestale.
Persino i principali habitat per la tigre non vengono risparmiati. Progetti di esploraizione minoritaria, di costruzione di dighe o di trade pretendono l’abbattimento di 200 kmq a Panna (Madhya Pradesh), di oltre 83 kmq ad Amrabad (Telangana), di 1.000 ettari a Palamau (Jharkhand), di 39 ettari da Pench (MP) e 50 kmq da Corbett (Uttarakhand).