Obbedisci, compra, consuma, crepa (e mi raccomando, dormi)

Fonte: http://ilporticodipinto.it/recensione/obbedisci-compra-consuma-crepa-e-mi-raccomando-dormi

Essi vivono (They Live – 1988)

  • genere: Fantascienza/Horror
  • regia: John Carpenter
  • interpreti: Roddy Piper, Keith David, Meg Foster, George ‘Buck’ Flower, Peter Jason
  • produzione: Alive Film

GIUDIZIO: Da non perdere

In due parole

Il film più esplicito e politico di John Carpenter, un attacco frontale alla nostra società; inquieta più oggi che all’epoca della sua uscita.

Recensione

John Carpenter nel 1988 piomba nei cinema con un film girato in 50 giorni con una pipa di tabacco, mal distribuito (almeno in Italia) e sparito presto dalle sale. Tuttavia ha lasciato il segno, e che segno. “Essi vivono”, resuscitato per il mercato home video e dalle rassegne notturne televisive, è diventato un vero e proprio “Cult Movie” capace di resistere alla prova del tempo.

Film profondamente scorretto, una chiara presa di posizione politica per il suo autore; geniale e pieno di trovate, intende fare un ritratto spietato e realistico dell’era Reaganiana, della società degli Yuppies e di quello stile di vita, di controllo e di propaganda che stava emergendo in modo lampante e allarmante in quegli anni.

Carpenter però con la sua opera non mostra soltanto una lucida visione di un preciso periodo storico; il suo film mostra già cosa sarebbe successo per tutti gli anni 90 e l’apice che si sarebbe raggiunto oggi, nella prima decade del nuovo millennio. Un pò come 1984 di George Orwell (opera a cui tutti gli autori geniali come Carpenter sono debitori) che si rivelerà ben poco paranoico e molto profetico anche se in realtà partiva dall’analisi delle logiche politiche e ideologiche di quel periodo storico in cui fu scritto, l’opera di John Carpenter va probabilmente oltre gli intenti del suo autore trasformandosi in una sorta di “Cassandra” a cui non manca un feroce senso dell’umorismo.

La storia di John Nada, un uomo che come dice il suo nome non è niente perchè non possiede niente, è il pretesto per farci scoprire che viviamo in una sorta di sogno ipnotico; la realtà non è ciò che crediamo di vedere, e il “risveglio” per Nada avviene quando indossa uno strano paio di occhiali e improvvisamente vede il mondo in bianco e nero (il colore della realtà), scoprendo che ogni cartellone pubblicitario, ogni libro, ogni cartello, in pratica ogni cosa che si può osservare o leggere, contiene un messaggio subliminale diverso da ciò che si può vedere o leggere senza quei misteriosi occhiali.

Ovunque posa lo sguardo, il messaggio è lo stesso: obbedisci, non pensare, compra, consuma… Sulle banconote si può leggere soltanto: sono il tuo dio. Altre cose risulteranno visibili a John Nada grazie a quegli occhiali: antenne che diffondono segnali per tenere la gente addormentata per spegnere le coscienze per diffondere un unico segnale televisivo portante che ha come obiettivo una società considerata mediocre.

La causa di tutto sono gli alieni, curiosamente Yuppies, sono loro a dirigere la società, ad aver conquistato il pianeta; alieni che hanno le fattezze di zombies; e in questa visione c’è tutta la deriva della cosidetta società occidentale.

I deboli e i nullatenenti vengono oprressi, si cerca il loro annientamento, qualche debole tentativo di resistenza attraverso una rete televisiva pirata che prova ad aprire le coscienze della gente (non eravamo ancora nell’era di internet ma è incredibile il parallellismo se ci si pensa oggi) viene demolita con ogni mezzo.

Una speranza di rivoluzione, di rivincita può arrivare soltanto da chi non ha niente, non è nessuno… Da Nada, appunto.

Allacciate le cinture e godetevi una delle più esilaranti, geniali, originali, ma anche pericolosamente realistiche e attuali pellicole di John Carpenter.

Lo Stay Behind e la sovranità limitata dell’Europa

Scritto da: Paolo Teobaldelli
Fonte:
http://www.resistenze.org/sito/te/cu/st/cust6d04-000259.htm

Dedicato a Mario de cuccu’

Premessa: Stay Behind e Democrazia.
1. L’Operazione Gladio: l’Europa a sovranita’ limitata.
2. Gladio e terrorismo nero, il caso Italia: bombe nelle piazze, nei treni, sui binari, e nelle stazioni fra il 69′ e gli anni 90′.
3. Gladio e repressione:la Guerra Preventiva al dissenso intellettuale e politico.

Premessa: Stay Behind.
Scopo di quest’articolo e’ quello di fornire un piccolo contributo per una comprensione piu’ profonda dello Stay Behind, cioe’ il piano segreto statunitense di controllo e stabilizzazione, per l’Europa denominato Operazione Gladio e per l’America Latina denominato Operazione Condor, cerchero’ dunque innanzitutto di delineare le caratteristiche principali, soprattutto quelle piu’ sconosciute, dello Stay Behind.
Rivolgero’ l’attenzione, per una mia maggiore conoscenza specifica, al piano europeo dello Stay Behind cioe’ all’Operazione Gladio (per gli interessati all’Operazione Condor rimando ai dati blibliografici).
1. L’Operazione Gladio: l’Europa a sovranita’ limitata.
Lo Stay Behind inizia sin dal primo dopoguerra. La situazione nel 45′ non e’ quella che gli anglo-americani avrebbero desiderato. E cio’ nonostante la strategia di attesa per un intervento massiccio contro Hitler, attesa che aveva come scopo l’indebolimento dell’Unione Sovietica, aggredita con estrema violenza dal grosso delle armate nazifasciste, circa 3.000.000 di soldati in possesso di armi sofisticate e di mezzi blindati e motorizzati all’avanguardia (vedi l’eccellente articolo di Chiaia: 2006). Nonostante infatti l’attacco violentissimo, l’eroismo del popolo russo e degli altri popoli sovietici, testimonianza della grande fratellanza e solidarieta’ di tutte le componenti sociali ed etniche dell’Unione Sovietica, ha permesso addirittura ai rossi di arrivare per primi a Berlino e di occupare gran parte dell’Europa dell’est e della Germania stessa.
Ecco allora che il capitalismo anglo-americano si affretta a operare un piano di controllo teso ad evitare che in un immediato futuro le masse popolari dell’Europa Occidentale scegliessero anche loro un modello di societa’ non-capitalista. A tal fine gli USA stringono patti segreti con tutte quelle componenti fasciste, naziste e della Massoneria tutte accomunate dall’anticomunismo (Vaticano incluso).
L’Operazione Gladio nasce ufficialmente nel 1949 con la creazione di cellule clandestine nei paesi occidentali, quali Italia, Belgio, Germania dell’ovest, Grecia, Turchia e persino Svezia e Svizzera. Vengono dunque reclutati individui fino a 50 anni di eta’ e la maggior parte di essi provengono dalle file delle strutture nazifasciste ormai scomparse. Sono cioe’ ex Gestapo, ex S.S., ex Ovra (la polizia politica fascista italiana), reparti speciali della Wehrmacht o dei vari eserciti fascisti (italiani e degli altri paesi europei satelliti del nazifascismo alleati di Hitler e Mussolini). Una delle prime rivelazioni del piano Gladio si ebbe in Germania dell’Ovest in seguito alla morte di uno dei membri della Gladio durante un addestramento militare clandestino nel 1952. Georg August Zinn socialdemocratico e Presidente di uno dei Länder della Germania dell’Ovest, reagì e svelo’ pubblicamente l’esistenza di una organizzazione militare clandestina creata dagli USA ufficialmente per constrastare una eventuale invasione dell’URSS.
L’URSS aveva avuto 20 milioni di morti, la distruzione semi-totale di fabbriche, ferrovie, e citta’ e tutto poteva desiderare meno che una continuazione della guerra. In realta’ la giustificazione anti-URSS faceva parte della propaganda anticomunista e serviva a giustificare un clima di emergenza che facilitava il controllo e legittimava anche azioni poco pulite quali la Gladio. Tale organizzazione infatti, che si avvaleva di ex-nazifascisti addestrati in basi militari USA, in realta’ aveva altri compiti, quali quello di provvedere a schedare dirigenti sindacali e socialisti pericolosi, da eliminare nel caso la situazione lo richiedesse, nel caso ad esempio si richiedesse l’attuazione di un colpo di stato se dalle elezioni fossero fuoriusciti governi troppo a sinistra o comunque antiamericani, cosa che invece in America Latina si verifico’ spesso purtroppo, ad esempio in Guatemala con il governo di Arbenz nel 1954, nel Cile di Allende nel 70′, e in Argentina, in Nicaragua ecc.. La lista di persone uccise nei vari golpe e’ lunghissima. L’esistenza in Europa di schedature di politici, sindacalisti e intellettuali della sinistra e’ ormai storia certa; in Germania ad esempio, nel caso appena sopra citato, Zinn rivelo’ che l’organizzazione aveva compilato liste di 200 politici socialdemocratici, 15 politici comunisti e altri personaggi del mondo intellettuale e del sindacato.
Il Partito Socialdemocratico Tedesco reagì con estrema veemenza accusando gli USA di volere colpire il Partito Socialdemocratico e di violare la sovranita’ tedesca. Ma il governo federale libero’ gli uomini della Gladio arrestati in seguito alle dichiarazioni di Zinn, e nessuna inchiesta ufficiale fu mai avviata sul caso specifico, ne’ sulla Gladio, e il caso si spense da solo.
Lo stesso caso delle schedature risulto’ anche in Italia, nel 1990, in seguito alle indagini su un attentato operato nel 1972 con esplosivo che fu rivelato appartenere ad un deposito segreto di armi della Gladio. Dai documenti emersi e da quelli declassificati si delineo’ l’esistenza di una strategia stragista detta della Tensione, e di un’attivita’ di spionaggio e controllo del mondo della sinistra. La maggior parte dei dirigenti del Partito Comunista, nazionali e regionali, furono schedati e nel caso il PCI avesse vinto le elezioni essi avrebbero dovuto essere arrestati e deportati in una base militare NATO in Sardegna e eventualmente eliminati.
Per quanto riguarda il funzionamento operativo lo Stay Behind si avvale di un certo numero di agenti che non figurano ufficialmente, essi non sono poliziotti o soldati (per lo piu’ sono membri di organizzazioni di estrema destra e anche preti) ma essi agiscono anche in cooperazione e copertura di agenti delle forze dell’ordine e dei servizi; il loro pagamento viene effettuato attraverso canali in nero. A tal fine viene gestita la vendita di droghe (eroina e cocaina soprattutto), operazioni criminali in collaborazione con settori mafiosi, quali rapine e sequestri (vi ricordate l’Anonima Sequestri?).
Tale organizzazione nel suo essere clandestina e ignota ai vari parlamenti rappresenta senza dubbio una aperta e grave violazione della sovranita’ dei paesi europei dove essa opero’, uno stato nello stato in collaborazione con loggie massoniche (ad esempio la P2 di Gelli), servizi militari e civili, neofascisti e Vaticano (famoso il caso dell’istituto di credito IOR che serviva anche a smistare i fondi CIA per operazioni di golpe o di repressione delle guerriglie in centro e sudamerica).
L’organizzazione della Gladio entro’ in azione massicciamente quando alla fine degli anni 60′, nonostante la massiccia propaganda e i finanziamenti ingenti ai partiti di centro destra, la societa’ spingeva verso cambiamenti in senso sociale e i Partiti socialisti e comunisti erano cresciuti notevolmente ma era gia’ attiva sin dai primi anni 50′.
Essa si avvale’ dopo il 60′ dell’esperienza maturata nella decade precedente dalle operazioni del piano Condor in America Latina. Il piano Condor viene attuato parallelamente al piano Gladio, cioe’ sin dall’immediato dopoguerra, ma data la lontananza dell’America Latina dall’opinione pubblica europea esso sin da subito si spinge al livello estremo di violenza programmata e pianificata a scopi politici, quali l’assassinio di dirigenti comunisti, intellettuali, sindacalisti, ecc. sino ad attentati dinamitardi contro civili tesi a diffamare la resistenza armata dei gruppi di sinistra.
2. Gladio e terrorismo nero in Europa, il caso Italia: bombe nelle piazze, nei treni, sui binari, e nelle stazioni fra il 69′ e gli anni 90′.
In Europa il piano Gladio inaugura una stagione di violenza terroristica nel 1969 in Italia con la bomba a Piazza Fontana che causa 13 morti e circa 80 feriti. Prima del 69′, grazie al saldo controllo del potere assicurato dalla democrazia cristiana la Gladio fu operativa soltanto a livello di intelligence, di sorveglianza e controllo delle opposizioni. Al calare del consenso per la dc e al montare delle opposizioni si cerco’ piuttosto di rispondere con la repressione statale, attraverso l’operato delle forze dell’ordine. Si puo’ dire che il piano Gladio negli anni 50′ e’ in addestramento e preparazione in attesa dell’evolversi degli eventi. Il personaggio chiave e’ Licio Gelli che ex agente nazifascista riesce nel 43′ a passare le linee e a consegnarsi agli alleati, e grazie ai rapporti personali con i cardinali Montini (poi Paolo VI) e Pacelli (poi Pio XII) legati gia’ alla CIA, Gelli riesce ad arruolarsi per i servizi atlantici, e a collaborare al primo grande progetto fascismo-CIA, quello del salvataggio di ex-ufficiali e gerarchi nazifascisti verso il sudamerica.Gelli partecipa attivamente all’addestramento e all’organizzazione dello Stay Behind (ma la loggia massonica P2 non e’ una relta’ solo italiana bensì e’ un’organizzazione internazionale con legami forti con la massoneria reale inglese; essa partecipa attivamente al piano Condor, ad esempio ai tempi della direzione CIA di George Bush senior la P2 di Gelli organizza l’omicidio del diplomatico cileno Orlando Letelier a Washington; inoltre attraverso lo IOR, l’istituto creditizio del Vaticano, finanzia le varie dittature in America latina, da Somoza a Pinochet). Ma la partecipazione di settori militari e dei servizi (oltre che di fascisti e neofascisti) dello stato italiano e’ ampia e documentata. Vengono approntati piani di golpe in caso di perdita del potere. Il 1965 e’ il caso del Piano Solo, organizzato dalla stazione di Roma della CIA guidata allora da Theodore Shackley e Marc Wyatt, in collaborazione con il generale dei carabinieri De Lorenzo e il responsabile del SISMI, i servizi dell’esercito, il generale Vito Miceli. Del 1970 e’ il tentativo di golpe di Juan Valerio Borghese sempre in collaborazione CIA-GLADIO-servizi, mentre nell’estate del 69′, per preparare le condizioni per il golpe, esplodono 145 bombe in chiese, cinema, banche, stazioni, treni, e in sedi di partiti di sinistra. Nessuna delle bombe e’ mortale, ma e’ sufficiente alla stampa per indicarne la matrice nei comunisti e per paventare l’impressione forte che vi sia un reale pericolo di un’aggressione rossa alle istituzioni democratiche.
Nel dicembre del 69′ ecco la bomba a Piazza Fontana, con numerose vittime; i servizi avevano preparato anche il capro espiatorio, il giovane anarchico Pietro Valpreda e il suo gruppo di giovani anarchici. Valpreda fu rappresentato dalla stampa come un mostro, mentre l’anarchico Pinelli moriva volando da una finestra della Questura durante l’interrogatorio. Purtroppo l’accusa contro Valpreda si smonto’ perche’ il giorno dell’attentato Valpreda era a fare un provino alla RAI come ballerino a Roma, ma non ne aveva parlato a nessuno dei giovani componenti il gruppo anarchico perche’ si vergognava di cio’. Nel gruppo vi erano infiltrati di stato ma avendo Valpreda taciuto, il piano di accusarlo una volta esplosa la bomba, nonostante l’assoluta mancanza di prove, ando’ avanti. La bomba a Piazza Fontana fu seguita da un’altra che esplose poco tempo dopo alla Banca Nazionale del Lavoro a Roma che feri’ 12 persone. Insomma inizia la strategia della tensione, e tutte le poche inchieste avviate, o i pochi dati emersi da inchieste su casi avvenuti per lo piu’ fuori Italia, indicano unanimi la responsabilita’ su base organizzativa dello Stay Behind, chiamando in causa CIA, MI6, servizi segreti italiani ed europei (tedeschi, belga e turchi ad esempio).
E nel 1974 il falso anarchico Bertoli lancia una bomba a mano in una strada popolata della capitale uccidendo 4 persone e ferendone 40. Bertoli, si sapra’ poi e’ in realta’ un appartenente di Ordine Nuovo e membro della Gladio.
Per reazione la sinistra extra-parlamentare si organizza per un accenno di resistenza, politica ma anche armata, ma le strutture dello stato sono piu’ che pronte. Nel 1970 risulta essere numeroso il numero di agenti civili disseminati sul campo dalla Gladio (circa 2.000) e molti altri da forze dell’ordine e servizi (piu’ di 10.000) e dopo aver decapitato il primo nucleo storico delle Brigate Rosse, e’ operazione facile infiltrare l’organizzazione sino ai livelli piu’ alti e decisionali (vedi la testimonianza in proposito del colonnello Le Winter, USA, che era ufficiale di collegamento con la GLADIO, in Blum: cit. p. 107) e spingere tale organizzazione ad eliminare l’unico politico democristiano pericolo, cioe’ Aldo Moro, convinto si dovesse varare un’alleanza di governo con i comunisti, il famoso “compromesso storico”.
Così nei primi anni 80′ si intensifica l’azione repressiva e terroristica, bombe esplodono ovunque, causando decine di morti e centinaia di feriti. L’atto piu’ clamoroso e’ l’attentato alla Stazione di Bologna che causo’ 86 morti. Ma anche in Belgio, nel 1983, azioni terroristiche dello Stay Behind seminano morte e terrore. Gruppi armati entrano in supermarket e centri commerciali sparando all’impazzata contro la gente inerme (vedi Blum: 1995).
3. Gladio e repressione:la Guerra Preventiva al dissenso intellettuale e politico.
La rete clandestina della Gladio non e’ pero’ solamente limitata alla strategia della tensione o al finanziamento sporco di dittature in centro e sud america, bensì una parte delle sue energie e’ destinata all’eliminazione di quei leaders della sinistra considerati pericolosi dai servizi di intelligence per la loro presa sulle masse (vedi Mattelart: 1991). Sono quelli che la sociologia pragmatica americana definisce opinion leaders e che hanno effetti rilevanti sull’opinione pubblica. Così mentre si cerca di costruire una comunicazione masss-mediatica volta a legittimare e stabilizzare il potere attraverso la creazione di opinion leaders di sicura fede politica (cioe’ di centro destra), allo stesso tempo si provvede a mettere fuori gioco quelli della sinistra. Come abbiamo accennato cio’ e’ piu’ evidente nell’operazione Condor che non deve stare molto attenta a provocare scandali, perche’ tutta l’america Latina e’ posizionata in un accurato cono d’ombra della comunicazione. Lì si provvede con metodi spiccioli all’eliminazione fisica di tali leaders, i cui nomi vengono accuratamente scelti dalla Gladio e dall’intelligence attraverso un’opera di valutazione e di selezione. In Europa invece lo Stay Behind deve stare attento a non sollevare reazioni di condanna morale da parte dell’opinione borghese moderata. Così la guerra preventiva al dissenso intellettuale e politico viene operata con metodi piu’ fini, strategie di vero e proprio stay behind. In particolare e’ l’aspetto economico che viene utilizzato per tartassare tali leaders, rendergli la vita impossibile dal punto di vista finanziario (con multe, sanzioni ecc.), ma si usano anche metodi piu’ pesanti quali sabotaggi che creano incidenti in apparenza casuali, o incriminazione per fatti criminali e/o terroristici le cui prove incriminanti sono accuratamente costruite dalla Gladio.
Nel 1972 ad esempio una delle prime operazioni del genere. A Fiungo, una frazione di Camerino in provincia di Macerata nelle Marche, i carabinieri ritrovano una certa quantita’ di armi in un casolare di campagna. Sul luogo sono presenti anche alcuni oggetti che addebita tali armi alla sinistra. Vengono arrestati il segretario del PCI di Camerino e altri giovani della sinistra locale, mentre la stampa monta subito il caso del terrorismo rosso. Come si sapra’ piu’ tardi (il caso Fiungo e’ emerso addirittura nell’inchiesta sul processo Andreotti) le armi erano state messe dalla Gladio in accordo con la locale stazione dei carabinieri.
A Tolentino, sempre in provincia di Macerata, negli anni 70′ un giovane leader carismatico della FGCI viene arrestato perche’ i carabinieri ritrovano nella sua cantina una certa quantita’ di armi. Il giovane nega la proprieta’ delle armi e dichiara di non saperne la provenienza, ma restera’ a lungo in carcere dove morira’ alcuni anni dopo.
Altri metodi sono conosciuti a tutti coloro che negli anni 70′ militavano in organizzazioni di estrema sinistra, e consistono ad esempio nel ritrovamento di buste contenenti eroina nelle auto dei malcapitati, buste appositamente situate dai soliti agenti, tanto che ad un certo punto si era sparsa nelle organizzazioni la parola d’ordine di controllare attentamente di aver chiuso tutte le portiere dell’auto, e che non vi fossero spiragli o aperture nei finestrini.
L’omicidio Moro poi rendera’ piu’ facile la repressione e decine di giovani vengono arrestati di notte senza prove e sbattuti in carceri speciali, senza la possibilita’ neanche di sapere il motivo degli arresti e di contattare un avvocato.
Una collegata strategia piu’ generale e’ stata quella di inondare il mercato di droghe pesanti quali cocaina ed eroina con un duplice risultato; da un lato quello di placare il dissenso trasformando potenziali ribelli in tossicodipendenti, dall’altro quello di avere così a disposizione fondi ingenti in nero per le operazioni sporche (nonche’ da mettersi in tasca). Intanto a livello mass-mediatico si prepara la svolta reazionaria varando un programma studiato proprio per i giovani, cioe’ l’esaltazione dello yuppismo, il giovane ambizioso e capitalista alla sfrenata ricerca della ricchezza e del piacere che deve sostituire gli hyppies e i rivoluzionari nella scelta dei miti a cui i giovani tendono per indole naturale. La svolta e’ significativa ed investe sin dai primi anni 80′ il tessuto sociale. Nelle discoteche si inizia a vietare l’ingresso a chiunque sia solo lontanamente ascrivibile a movimenti alternativi. Non si entra con scarpe da ginnastica, con i capelli lunghi, con i jeans strappati, ecc. ecc. e non viene piu’ suonata la musica rock.
Questo aspetto della Guerra Preventiva tesa a mettere fuori dal gioco potenziali leaders della sinistra politica, sindacale e organizzativa e’ pressoche’ sconosciuto per varie cause.
Una di queste e’ che negli anni piu’ caldi, gli anni 60′ e 70′, il piu’ grande partito di opposizione, il PCI, scelse la linea istituzionale lasciando questi giovani soli di fronte alla violenza clandestina dello stato che figurava come democratico ma di nascosto agiva pero’ con violenza estrema. Il PCI scelse di credere nello stato democratico e rigetto’ la protesta giovanile come estremismo, spesso rifiuto’ persino l’assistenza legale a molti di questi giovani, e semplicemente non ha mai creduto alla tesi della guerra clandestina. L’unico problema, essi pensavano, era la possibilita’ che una parte di neofascisti collegati ad esercito e forze dell’ordine potessero tentare un golpe. In realta’ questa parte nera era soltanto una delle due faccie della democrazia italiana dello stay behind, e sarebbe entrata in gioco con il golpe soltanto se la democrazia cristiana avesse perso il controllo del potere (gestito tra l’altro oltre che con le operazioni di intelligence e spionaggio della sinistra coordinate dalla CIA anche grazie alle collusioni con le diverse mafie del sud). Negli anni 80′ e 90′ invece il calo di consensi della sinistra di alternativa e il suo ammorbidirsi nei confronti del CAF (così veniva chiamata, lo ricorderete, la trojka Craxi-Andreotti-Forlani) lascio’ ancora piu’ mano libera alla guerra preventiva contro l’emergere di possibili nuovi leaders a sinistra, guerra che si e’ svolta nel piu’ assoluto silenzio contro i giovani piu’ promettenti della sinistra di opposizione e anarchica (questi in particolare i piu’ aggrediti perche’ privi di qualsiasi difesa istituzionale). Poi a nasconderne i lineamenti e’ anche la mancata declassificazione dei vari documenti coperti da segreto di stato, ed il fatto che appunto come strategia di Stay behind (cioe’ stai dietro, nasconditi) essa viene applicata veramente in modo chirurgico e talmente individualizzato che spesso neanche coloro che sono piu’ vicini agli interessati se ne accorgono. A questo proposito sarebbe veramente il caso di cominciare a raccogliere testimonianze e statistiche. La raccolta di dati anche solo a livello di indizi generali potrebbe aiutare molti storici e giuristi a far luce su uno degli aspetti piu’ inquietanti dello Stay Behind europeo. E ancor piu’ necessaria si rende una tale attivita’ di inchiesta se si considera che a tutt’oggi nessuno puo’ confermare che l’Operazione Gladio sia conclusa; secondo lo stesso Andreotti nel 1990 c’erano ancora almeno 600 agenti sul libro paga della Gladio. Il che getta sul presente un’ombra inquietante, per cui far luce sul passato potrebbe essere anche il primo passo verso una piu’ profonda comprensione del presente.
 

Bibliografia
BLUM, W.,
1995 – Killing Hope, U.S. Military and CIA Interventions since World War II, Common Courage Press, Monroe, Maine.
Chiaia, A.,
2006 – Memoria e Oblio, in: Jugoinfo, mailing list a cura del Comitato Nazionale Jugoslavia (www.cnj.it)
MATTELART, A.,
1991 – La communication-monde: Histoire des idées et des stratégies, La Découverte, Paris.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cina. Il caso Bo Xilai getta ombre sulle forze armate

Scritto da: Alessandra Colarizi
Fonte: http://www.dazebaonews.it/

PECHINO (corrispondente) – Alcuni alti funzionari della zona militare di Chengdu, capitale provinciale del Sichuan, sono finiti sotto indagine.

La Commissione militare centrale (Cmc), che controlla le forze armate cinesi, ha sguinzagliato cinque nuclei investigativi per fare chiarezza sui rapporti che li legano a Bo Xilai, l’ex segretario di Chongqing caduto in disgrazia dopo essere stato coinvolto nel più colossale scandalo politico in salsa di soia degli ultimi vent’anni.

Che Bo fosse strettamente collegato all’Esercito Popolare di Liberazione non è certo una novità, ma la sua epurazione, avvenuta la scorsa settimana con l’espulsione dal Comitato centrale e dal Politburo per “gravi violazioni della disciplina del Partito,” e l’arresto della moglie Gu Kailai, sospettata dell’assassinio del britannico Heywood, stanno continuando a gettare ombre oscure sulle forze dell’ordine locali.

Nella giornata di domenica due tra i più alti ufficiali di polizia di Chongqing sono finiti in manette per un presunto insabbiamento del “caso Heywood”, come riportato dal Sunday Morning Post, mentre il Chongqing Daily, portavoce del governo municipale, ha accennato che l’ex “imperatore rosso” potrebbe affrontare accuse penali; prima volta che i media di stato si sono esposti con dichiarazioni tanto esplicite.

Alcuni giorni fa l’agenzia di stampa Xinhua aveva rivelato che il generale Guo Boxiong, vice comandante della Commissione militare centrale, di recente aveva fatto visita al Comando militare di Chengdu per intimare al personale di non ascoltare o diffondere voci sulle recenti questioni politiche. Guo ha poi invitato i soldati “a seguire strettamente le direttive della leadership del governo centrale guidata dal compagno Hu Jintao”, e a prendere “precauzioni contro qualsiasi incidente rischi di disturbare la situazione complessiva”.
Raccomandazioni che giungono dopo una serie di richieste di giuramento al Partito avanzate dal People’s Liberation Army Daily, vero e proprio megafono dell’esercito. “Potremmo perdere la nostra direzione in questa complessa lotta per il potere politico se non abbiamo un forte orientamento politico”, si leggeva in un suo articolo pubblicato lo scorso 27 marzo.

Una fonte di stanza nella capitale provinciale del Sichuan ha raccontato che “cinque task force sono state spedite presso il Comando militare locale al fine di verificare se e in quale misura alti funzionari e soldati  siano stati coinvolti nel “caso Bo Xilai”. E sebbene non siano ancora stati fatti nomi, molti elementi inducono a pensare che diversi generali fossero legati da rapporti di intima amicizia con l’ex leader di Chongqing.

Il Comando militare di Chengdu supervisiona il sud ovest del Paese compresa la città di Chongqing e le province del Sichuan, dello Yunnan, del Guizhou nonché la regione autonoma del Tibet, politicamente sensibile. La stessa fonte ha avanzato l’ipotesi che anche il 14esima armata, con base a Kunming, nello Yunnan, e fondato dal padre di Bo Xilai, Bo Yibo, sia stata sottoposta ad indagine. Proprio il giorno prima della fuga del superpoliziotto Wang Lijun presso il consolato americano di Chengdu (6 febbraio scorso), Bo aveva fatto una visita di alto profilo all’armata paterna.

Ma i rapporti con l’esercito non si fermano qui. Secondo quanto raccontato da alcuni giornalisti di Chongqing, all’inizio della campagna anticriminalità lanciata due anni fa con lo scopo di ripulire la megalopoli cinese dalle gang mafiose, temendo per la sua incolumità, l’ex capo del Partito locale si sarebbe rifugiato per diverso tempo presso una guarnigione dell’Esercito popolare di liberazione.

Nel frattempo all’inizio di questo mese Guo Weiguo, vice capo della polizia di Chongqing, e Li Yang, capo della polizia giudiziaria municipale, sono stati arrestati con l’accusa di aver occultato alcuni dettagli sulla morte di Heywood per la quale è attualmente indagata la moglie di Bo.

Mai come in questo ultimo periodo il controllo delle forze armate si rivela di fondamentale importanza per la leadership cinese. Un commento pubblicato il 1 aprile sul sito Deutsche Welle riferiva che gli ultimi appelli lanciati dal People’s Liberation Army Daily confermerebbero una lotta di potere in atto tra i corridoi di Zhongnanhai, il quartier generale del Partito.
All’eliminazione di Bo Xilai, spiega il portale d’informazione tedesco, potrebbe accompagnarsi l’ipotesi che Hu Jintao decida di continuare ad esercitare la sua influenza sul Pcc anche dopo il passaggio delle consegne ai leader della quinta generazione previsto per il prossimo autunno, mantenendo la carica di presidente della Commissione militare centrale sino al 2014 o al 2015 (percorso simile a quello tracciato dall’ex presidente Jiang Zemin che rinunciò alla Cmc soltanto dopo il 4° Plenum del XVI Congresso, nel settembre 2004).

Secondo quanto spiegato dal commentatore d’attualità Wen Zhao, il fatto che il Partito comunista cinese non sia, in realtà, un governo legittimato dal popolo, esclude la possibilità di risolvere questo periodo di crisi politica attraverso l’assunzione di decisioni giudiziarie o di procedure quali referendum nazionali.
“L’esercito svolge quindi un ruolo cruciale”, ha commentato Wen a New Tang Dynasty TV (NTDTV), con sede a New York, “Chi lo controlla [l’esercito], vincerà”.

Alla fine di marzo le voci di un colpo di mano dell’esercito avevano infiammato l’opinione pubblica gonfiando il web di congetture più o meno fantasiose. Tra le ipotesi più accreditate, quella di una spaccatura in seno ai vertici che vedrebbe Zhou Yongkang, membro del Comitato permanente del politburo e potente capo degli apparati di sicurezza nazionale, schierato contro il blocco Hu Jintao -Wen Jiabao come unico alleato di Bo Xilai.

Il budget per il 2012 destinato alla stabilità interna e gestito da Zhou, con un aumento dell’11,5% rispetto all’anno passato, ha supera quello stanziato per l’esercito toccando la soglia dei 701,8 miliardi di yuan (circa 111 miliardi di dollari).

Secondo alcune stime, come riporta The Epoch Times, l’apparato manovrato dall’alleato di Bo Xilai (sebbene da alcuni giorni si vociferi che Zhou sia stato indotto alle dimissioni) è composto da circa 10 milioni di persone, tra le quali rientrano funzionari di polizia, agenti di sicurezza nazionale e locale, forze armate, corpi speciali, servizi segreti, polizia stradale, compreso il prezioso “esercito di Internet” preposto alla censura della rete. Uno staff che supera numericamente quello dell’esercito regolare.

La straordinaria vita di Miyamoto Musashi

Scritto da: Cristiano Suriani
Fonte: http://www.tuttogiappone.net/storia/Miyamoto-Musashi.php

Il suo vero nome era Shinmen Musashi no Kami Fujiwara no Genshi: Il più famoso samurai della storia del Giappone. La sua vita ha dell’incredibile e lo pone come uno dei personaggi più interessanti, non solo del Giappone, ma di tutta la Storia dell’umanità . Non solo fu un leggendario spadaccino che affrontò, senza perdere mai, decine di duelli, la maggior parte dei quali all’ultimo sangue, ma fu anche un valente artista; eccelleva anche nell’arte della pittura, nella calligrafia, nella scultura e come poeta: le sue opere, di grandissimo valore, sono oggi conservate in vari musei. Scrisse uno dei più famosi trattati di strategia e di filosofia applicata al combattimento: Il Libro dei Cinque Anelli. In questo trattato, scritto nel 1645, Musashi riassunse tutta la sua esperienza di maestro dell’arte della spada. Fondò anche una scuola di arti marziali, la Niten Ichi Ryu che insegna il combattimento a due spade: una lunga (Katana) e una corta (Wakizashi ). Ma sono le sue gesta di schermidore quelle che gli hanno consentito di entrare nella leggenda; fino all’età di 29 anni, cioè fino allo scontro con Kojirō Sasaki, partecipò a sessanta duelli. Partecipò anche a varie battaglie tra cui quella di Sekigahara in cui militò tra le file, perdenti, dei seguaci della famiglia Toyotomi. Sul personaggio di Miyamoto Musashi esiste una vasta letteratura; sono stati compiuti numerosi studi e i giudizi sul personaggio sono estremamente variegati. Sui momenti topici della vita di Musashi esistono molteplici versioni e, molto spesso, risulta difficile, se non impossibile, stabilire la verità dei fatti. A prescindere delle versioni, è innegabile che Musashi sia da considerare uno dei più grandi samurai della storia giapponese.

Nacque nel 1584 a Miyamoto-Sanoma nella provincia di Mimasaka che oggi fa parte della prefettura di Okayama. Già in tenera età mostrò una non invidiabile capacità di procurarsi guai; crebbe guardando il padre samurai insegnare l’arte ai numerosi guerrieri che venivano a richiedere i suoi servizi come maestro. Nel 1596 un samurai di nome Arima Kihei, arrivò in città e mise un annuncio in cui cercava coraggiosi disposti a combattere contro di lui; Musashi, che aveva dodici anni, si fece avanti: fu il suo primo duello. Nonostante fosse armato solo di una spada di legno, e l’avversario con la classica spada affilata come un rasoio, il giovane Musashi vinse ed uccise l’esperto samurai.
All’età di quindici anni lasciò il villaggio.Musashi aveva già sedici anni, ma aveva già combattuto in tre guerre. Negli anni successivi percorse il Paese passando da un duello all’altro e, naturalmente, ne uscì sempre vincitore.
All’età di venti anni è a Kyoto, l’allora capitale del Giappone. Qui sfidò il miglior spadaccino dell’epoca,Yoshioka Seijuro, il quale raccolse la sfida.
Miyamoto Musashi non vinceva i suoi duelli solo grazie alla sua grande forza e sulle sue grandi doti tecniche, ma era un maestro nell’uso di diversivi che operavano sulla psicologia dell’avversario in modo da minare la sua forza. Un tipico esempio fu il duello con Yoshioka che, oltretutto, era a capo di una famosissima scuola di arti marziali. Musashi arrivò tardi al duello facendo così infuriare l’avversario che non si attendeva una mancanza di rispetto, soprattutto da chi aveva gettato il guanto della sfida. Il duello iniziò, ma la mente di Yoshioka, essendo ancora turbata dall’affronto subito, non aveva la lucidità che la situazione richiedeva. Venne deciso che lo scontro non fosse all’ultimo sangue e che fosse combattuto con spade di legno. Il duello si concluse nel giro di pochi minuti con un grande colpo che Musashi assestò alla spalla sinistra di Yoshioka; il colpo fu così violento che Yoshioka dovette essere rianimato e portato via a braccia. All’età di appena vent’anni, Miyamoto Musashi era diventato lo spadaccino più famoso del Giappone. L’affronto subito da Seijuro recò vergogna sull’intera famiglia e il fratello minore, Denshichiro, sfidò immediatamente Miyamoto cercando così di risollevare le fortune della famiglia. Anche in questo duello Miyamoto ripetè lo scherzetto fatto a Yoshioka: arrivò in ritardo innervosendo così l’avversario. Lo scontro fu senza storia e Denshichiro, che era un samurai piuttosto dotato, vi trovò la morte.
Per la famiglia Yoshioka l’affronto subito era intollerabile: doveva essere vendicato a tutti i costi. Solo la morte di Miyamoto Musashi avrebbe potuto rendere ai Yoshioka l’onore perduto. Centinaia di guerrieri vennero radunati, armati con spade, archi e fucili, per organizzare un’imboscata. Miyamoto venne informato in anticipo del pericolo e questa volta cambiò strategia: arrivò all’appuntamento in anticipo e, nascosto nel fogliame, aspettò i suoi nemici. Vide arrivare i nemici e poi, all’improvviso, sbucò prendendo alla sprovvista un folto gruppo di samurai avversari; individuò, raggiunse ed uccise Matashichiro, il dodicenne nuovo capo del clan; infine, in tutto questo caos, si aprì un varco, attraverso i nemici, e riuscì a fuggire.
Negli anni successivi Miyamoto Musashi continuò a duellare per tutto il Paese; attraverso questi duelli all’ultimo sangue, cercava di raggiungere l’Illuminazione, lo stadio finale, il perfezionamento dell’arte del combattimento
A ventotto anni Miyamoto incrociò la lama con Sasaki Kojiro, uno dei più famosi samurai dell’epoca: ne venne fuori uno dei più famosi duelli della storia giapponese. Lo scontro si svolse su un’isola. Anche questa volta Musashi arrivò in ritardo facendo così innervosire l’avversario. Prima di sbarcare sull’isola , Musashi si costruì una spada di legno ricavandola da un remo della barca. Una volta di fronte, i due campioni, si buttarono subito all’attacco. Miyamoto sferrò subito un terribile colpo sulla testa di Sasaki che crollò a terra, ma senza prima aver risposto con un fendente che sfiorò di pochi millimetri la testa di Miyamoto. Anche da terra Sasaki mostrò la sua abilità con un colpo che, però, non andò a segno: bucò solo il kimono di Musashi. Il colpo di grazia avvenne con grosso colpo al torace di Sasaki Kojiro ancora a terra per il colpo subito precedentemente. Le versioni riguardanti questo episodio sono diverse; un altro racconto dice che le due famiglie, di cui Musashi e Kojiro erano i rispettivi campioni, fossero in lotta per il possesso dell’ isola e che Kojiro, appena ripresosi dal colpo alla testa, venne giustiziato, mentre era ancora a terra, dai membri della famiglia vincente.
Miyamoto combatteva spesso con un Bokken, una spada di legno usata in allenamento. Si diceva, inoltre, che fosse di carattere difficile, scortese e poco amante dell’igiene personale. Non si sposò mai, ma ebbe tre figli adottivi.
Nel 1614-1615 partecipò all’episodio finale della guerra tra i clan Tokugawa, che governava il Paese, e Toyotomi. Musashi era ancora al servizio di Toyotomi Hideyori quando il suo quartier generale, il castello di Osaka, venne circondato dalle truppe dello Shogun Tokugawa. Dopo lo scontro con Kojiro, Musashi diradò i duelli a favore di altre attività. Certamente non si sottrasse ai duelli, quando sfidato, ma non li cercò di proposito, come prima. Si dedicò, invece, alla sua scuola e ai suoi discepoli che affluirono sempre più numerosi. Partecipò alla costruzione del castello di Akashi e alla riorganizzazione della città di Himeji dove si stabilì nel 1621. L’anno successivo era di nuovo in viaggio e raggiunse Edo dove cercò, invano, di diventare Maestro di Spada dello Shogun Tokugawa. Insieme al figlio adottivo Miyamoto Iori, continuò il suo pellegrinare per il Paese per arrivare infine ad Osaka. Nel 1934 si spostarono nella città di Kokura ed entrarono al servizio del daimyo Ogasawara Tadazane. Padre e figlio parteciparono alla rivolta di Shimabara dove militarono tra le file delle forze shogunali impegnate a schiacciare la rivolta. Iori, durante questo conflitto, si distinse ottenendo il grado di Karō, il grado più elevato tra i samurai. Musashi, invece, venne ferito da pietre lanciate dagli assediati. Successivamente, dopo essersi legato al daimyo Hosokawa Tadatoshi, si trasferì a Kunamoto, nel Kyushu, dove si dedicò, principalmente, alla scrittura e all’insegnamento della sua materia preferita: la strategia del combattimento. Dal 1642 cominciò a soffrire di attacchi di nevralgia e l’anno successivo si ritirò in una caverna dove cominciò a scrivere il suo Libro dei Cinque Anelli. Poco dopo aver terminato il libro, morì: era il 13 giugno del 1645. Si pensa che sia stato stroncato da un cancro ai polmoni. L’ultima opera letteraria fu il Dokkodo, composto una settimana prima di morire; una raccolta di ventuno precetti, un testamento spirituale per i suoi allievi. Il suo corpo è sepolto nel villaggio di Yuge.

La figura di Miyamoto Musashi è leggendaria e si è stabilita con grande autorità nell’immaginario popolare; ha ispirato decine fra film e prodotti per la televisioni, videogame, libri, anime e manga, libri.
Non è possibile sopravvivere a sessanta duelli senza avere delle qualità e senza poi entrare nella Storia. Musashi combatteva spesso con una spada di legno contro nemici armati di spade d’affilato acciaio, a volte affrontava anche più avversari contemporaneamente, ma uscì sempre vittorioso. La sua grande forza fisica e la maestria nel saper padroneggiare la tecnica, da sole, non bastano a spiegare il suo successo; era anche un profondo conoscitore della strategia militare e della psiche umana che spesso gli permise di ottenere quel vantaggio necessario a vincere i duelli.
Fondò una scuola di scherma, la Niten Ichi-ryū, attiva ancora oggi, in cui veniva insegnato il combattimento con due spade, una lunga e una corta. Ai suoi numerosi discepoli, insegnò il coraggio, il disprezzo per il pericolo e per la morte; volle che, come lui, vivessero una vita austera e piena di sacrifici nella ricerca dell’Illuminazione, meta finale di ogni guerriero.

MOVIMENTI TETTONICI DI ORIGINE BELLICA

Scritto da: Gianni  Lannes
Fonte: http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/04/movimenti-tettonici-di-origine-bellica.html

Giochi di guerra nel Belpaese. Il 13 aprile 2012, in mattinata hanno tremato Palermo e Trapani (magnitudo 4.3), mentre alle 22 e 13 minuti, una scossa di magnitudo 3.3 è stata avvertita in Toscana (epicentro a 16 chilometri NW da Pistoia: 44.08 N; 10.88 E), segnala il Centre Sismologique Euro-Méditerranéen. A mezzanotte e 22 minuti del 14 aprile, ha tremato Ascoli Piceno (magnitudo 2.1). Non è tutto. Come attesta l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, negli ultimi 30 giorni – ma non solo – tremori e scuotimenti tellurici hanno interessato gran parte dello Stivale. Particolarmente colpite le seguenti aree: Tirreno, Medio Adriatico e Ionio.

Nel report di ieri stilato dall’Ingv si legge: “L’attività sismica degli ultimi tre mesi si è concentrata maggiormente a nordest della zona colpita dal terremoto di oggi (13 aprile 2012, ndr), più in prossimità dell’isola di Ustica. La distribuzione del numero di terremoti nel tempo mostra due picchi di attività, intorno al 27 febbraio e quello odierno”. A fine febbraio, a livello ufficiale, era in atto l’esercitazione militare Proud Manta 12. In seguito, sono decollate le solite sperimentazioni belliche occulte.
Singolare coincidenza: si tratta di zone marittime (aree di nota pericolosità sismica) dove sono in corso da mesi – a grandi profondità subacquee – manovre militari segrete della Nato, comunque a conoscenza del Governo italiano e, particolarmente del ministero della Difesa. Perché gli USA “stimolano” le faglie sismiche italiane, o meglio, ci giocano? Un dettaglio non trascurabile: gli “Alleati” USA custodiscono illegalmente centinaia di ordigni nucleari da nord (Aviano, Ghedi, Vicenza, Livorno) a sud dell’Italia, Sicilia compresa. Soltanto a Sigonella, per fare un documentato esempio, decine di bombe e mine atomiche sono depositate ai piedi del vulcano Etna, mentre nella stazione aeronavale di Augusta, stazionano sommergibili a propulsione ed armamento nucleare dell’U.S. Navy.

In oltre una dozzina di porti italiani delle principali città costiere, attraccano unità nucleari, ma non sono noti o non esistono, oppure risultano obsoleti – in violazione delle normative nazionali ed internazionali in materia – i piani di sicurezza per la popolazione civile. All’attuale presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, Monti Mario, si chiede se sia mai tollerabile tale grave situazione di manifesta violazione del Trattato internazionale di non proliferazione nucleare. Ai parlamentari della cosiddetta opposizione, si domanda di battere un colpo, se ancora esistono e contano qualcosa.
Le attività pre-belliche dell’Alleanza Atlantica nel Mediterraneo, perfino nelle acque territoriali (all’interno delle 12 miglia dalla costa) mettono a rischio la vita di milioni di italiane ed italiani. Si attende una catastrofe per recuperare la sovranità nazionale e garantire immediatamente totale sicurezza alla popolazione del Belpaese?

Gli oli essenziali per l’igiene intima

Fonte: http://www.terraemadre.com/2012/04/il-te-bianco-fa-bene-alla-pelle/

I detergenti intimi non sempre possiedono tutte le proprietà utili che ci servono nel momento dell’uso, per cui sarebbe utile aggiungere qualche goccia di olio essenziale a seconda della necessità, o utilizzare qualche goccia di olio (3-5) in un pò di acqua tiepida (semicupi). Ma quali oli essenziali utilizzare?

 

 

  • Lavanda: calmante, astringente, cicatrizzante, antisettico.
  • Malva: rinfrescante, lenitiva, decongestionante, emolliente e calmante.
  • Salvia: lenitiva, anti-arrossante e anti-pruriginosa (per la presenza di salviolo), anti-idrotica (contro sudore e macerazione cutanea), anti-microbica (e altre proprietà).
  • Camomilla: lenitiva e protettiva nei confronti di tessuti e mucose (per la presenza di azuleni), antispasmodica e gastroprotettiva.
  • Carota: protettiva del tessuto epiteliale, decongestionante, lenitiva, trofica (nutre l’epidermide).
  • Elicriso: lenitivo, decongestionante, emolliente e calmante (per la presenza di pinene, eugenolo e linaiolo).
  • Limone: antinfiammatorio, antisettico, tonico (sulla circolazione capillare), astringente.
  • Timo: antimicrobico (grazie al timolo), antispastico (grazie ai flavonoidi).
  • Tea Tree: antinfettivo, antinfiammatorio, antisettico, antivirale, battericida, balsamico, cicatrizzante, espettorante, fungicida, immunostimolante.

E in Trentino appare lo «Sciacallo dorato»

Fonte: Il Giornale di Vicenza

In Trentino tra gli animali c’è un nuovo arrivo: è lo sciacallo dorato (Canis aureus), di cui è stata trovata una carcassa in Valsugana, riferisce la Provincia Autonoma. La specie è nuova per le Alpi orientali, perchè proviene dall’Europa sud orientale (Balcani), espansione favorita dalla minore presenza del «concorrente» lupo.

Transazione eseguita…

Fonte:http://freenfo.blogspot.com/

L’unico modo per debellare definitivamente l’evasione fiscale è l’abolizione totale del denaro contante. Questo pensa il governo dei servi, questo pensano i padroni che governano le nostre misere vite. Dietro parole come queste si celano obiettivi e scopi ben diversi dalla banale lotta all’evasione fiscale. Anche perché non è l’evasione il male del mondo, il male del mondo sono le persone senza anima che hanno deciso di distruggere la creatura umana. Molto spesso nel corso degli anni , questo blog ha ammonito frasi simili o concetti legati alla tracciabilità delle transazioni e gli scopi che essi rappresentano. Un mondo basato unicamente sull’elettronica, sui circuiti intelligenti, su microchips e quant’altro, è un mondo in cui non esiste più alcun livello di libertà. Oggi si parla di pareggio del bilancio statale quando sappiamo benissimo che è impossibile sia nella logica che nella forma, essendo il sistema autofinanziato dal debito. Ci meravigliamo delle truffe quotidiane dei soliti noti, mentre gli onesti vengono depredati di ogni risorsa e della dignità ogni giorno.

Stiamo diventando persone che odiano i propri fratelli perché la propaganda dei telegiornali non fa altro che ipnotizzare le nostre povere menti. Siamo terrorizzati dal futuro dei nostri figli senza preoccuparci di capire il perché si è arrivati a questo punto. Il denaro elettronico sarà il veicolo per renderci definitivamente schiavi, vittime non più inconsapevoli del sistema predatorio in cui viviamo. Io prego ogni giorno per coloro che non sanno quello che fanno, perché ci sarà un giorno in cui io non vorrei nemmeno essere a cento chilometri da queste persone, tanto il dolore sarà per loro fatale e universale.

Trieste. Scoperta una tubatura di piombo con un nome a rilievo

Fonte: http://www.archeorivista.it

Continuano a sorprendere le ricerche archeologiche effettuate in relazione agli scavi per la costruzione del Park San Giusto di Trieste. Infatti, un approfondimento della zona più occidentale dell’area attigua alla via del Teatro romano, alla fine del muro caratterizzato dalla presenza di un ragguardevole drenaggio di anfore, individuato nel corso dei sondaggi precedenti, ha svelato una nicchia, ricoperta con malta idraulica e un pozzo o bacino di fontana.

La scoperta più interessante, però, è emersa quando si è deciso di approfondire lo scavo, nella zona a lato del pozzo o fontana, dove non si sono conservate le lastre del pavimento, già parzialmente asportato proprio per il suo inserimento. Si tratta di una tubatura di piombo, databile al primo secolo dopo Cristo e recante un marchio a rilievo con il nome Publius Postumius Primigenius. Il condotto, conservato per oltre due metri, apre la prospettiva a diverse ipotesi sulle quali, però, l’archeologa della Soprintendenza, Paola Ventura, non vuole ancora pronunciarsi, attendendo ulteriori approfondimenti.

Per ora è possibile dire che la fistula aquaria, questo il nome latino della conduttura, è stata ritrovata in un’area di presumibile destinazione pubblica, fornita di acqua corrente, e che il materiale impiegato, il piombo, per il suo prezzo elevato, era principalmente usato proprio per distribuire in città l’acqua attraverso gli acquedotti pubblici. Per questa ragione, spesso, le tubature erano bollate con il nome del municipio o, a Roma, con quello dell’imperatore. A volte, però, venivano anche usati per trasportare l’acqua corrente negli edifici privati dei più ricchi. In questo caso, la bollatura ricorderebbe il committente o il produttore della conduttura o, ancora, il proprietario della casa. Pertanto, potrebbe essere Publius Postumius Primigenius un ricco cittadino che poteva permettersi l’acqua corrente in casa?

Per ora, del nome inciso con il marchio a rilievo si può solo dire con sicurezza che si tratta di un personaggio del mondo romano verosimilmente sconosciuto fino ad oggi, anche se un Marcus della gens Postumia è ricordato nell’iscrizione di un monumento funerario di Tergeste e i Postumii si ritrovano anche nell’ambito della X regio (l’antica regione augustea Venetia et Histria), con specifica attestazione nella città di Brescia.
Una nuova tessera, dunque, che indubbiamente potrà contribuire alla comprensione della destinazione e della funzione degli edifici, privati o pubblici, che si levavano lungo l’antica linea costiera, sino dal primo insediamento della città romana

Stretto di Messina a rischio sottomarini nucleari USA

Fonte: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
(Foto: torrese.it) Dall’antichità è ritenuto uno dei corridoi marittimi più pericolosi per la navigazione. Lo Stretto di Messina vanta un triste record d’incidenti e collisioni, eppure continuano ad attraversarlo annualmente più di quindicimila imbarcazioni. Si tratta di superpetroliere, traghetti, navi da crociera e pescherecci, unità container con a bordo rifiuti radioattivi, tossici e nocivi, imbarcazioni da guerra di Stati Uniti d’America ed alleati NATO. E le portaerei giganti e i sommergibili a capacità e propulsione nucleare.

Il 5 aprile scorso l’ultimo transito atomico. Mentre alcuni curiosi assistevano all’attracco nel porto di Messina della nave da crociera “Splendida”, a pochi metri dalla costa è improvvisamente emersa l’inquietante sagoma nera di un sottomarino USA. Stamani la foto dell’hunter killer atomico a passeggio nello Stretto è stata pubblicata in prima pagina dalla Gazzetta del Sud.
“Secondo i dati acquisiti dal registro del sistema Vts di Forte Ogliastri, nella disponibilità della Guardia costiera, si è trattato di un sottomarino nucleare presumibilmente della classe Virginia, l’ultima nata dalla modernissima tecnologia americana, che ha preso il posto degli obsoleti sottomarini della classe Los Angeles”, riporta il quotidiano. Costruiti a partire del 2005 nei cantieri di Newport dai colossi General Dynamics e Northrom Grumman, i sottomarini Virginia hanno un costo di quasi 2 miliardi dollari l’uno, sono lunghi 115 metri, larghi 10 e pesano 7.900 tonnellate. Ma imbarcano soprattutto un reattore atomico modello “9SG” (di nona generazione) e i famigerati missili da crociera BGM-109 “Tomahawk” con doppia capacità, convenzionale e nucleare. Le azzardatissime manovre del sottomarino, in uno specchio d’acqua assai trafficato, avrebbero potuto avere conseguenze a dir poco catastrofiche. L’eventuale collisione con altra unità in navigazione, lo scoppio di un incendio a bordo, uno spiaggiamento come quello verificatosi appena due mesi fa in località Ganzirri alla nave “Rubina” (quasi un “Concordia” bis), avrebbero potuto trasformare lo Stretto nella Fukushima del Mediterraneo.
“In Italia, siamo già andati vicino al disastro nucleare nel settembre 2003, quando il sottomarino nucleare “Hatford” si danneggiò gravemente per aver urtato contro il fondale marino, nella zona vicina alla base della Maddalena, in Sardegna”, ricorda il professore Massimo Zucchetti, ordinario di Impianti nucleari del Politecnico di Torino. “Poi la Maddalena è stata abbandonata, ma le misurazioni della radioattività diedero dati allarmanti. Noi riuscimmo a determinare la presenza di materiale radioattivo, ed in particolare plutonio, in certe alghe nella zona dell’arcipelago. Ciò ci permise di dimostrare, contrariamente a quanto sostennero le autorità militari, che era avvenuta una sia pur limitata immissione di inquinanti nelle nostre acque”.
I dati statistici sul numero d’incidenti avvenuti ai reattori nucleari navali sono inquietanti. Negli ultimi quarant’anni si sono avute ben oltre un centinaio di emergenze nucleari o radiologiche ad unità di Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna e Francia. “Purtroppo, la sicurezza dei reattori nucleari su navi a propulsione nucleare è secondaria rispetto ad altre ragioni, strategiche, di produzione e di presenza della flotta”, aggiunge Zucchetti. “Mentre in campo nucleare civile esistono sistemi di sicurezza che sono obbligatoriamente presenti e senza i quali l’impianto non ottiene il permesso di funzionamento da parte delle autorità, su un sottomarino, la presenza di questi sistemi di sicurezza è limitata, per ragioni di spazio, di peso e di funzionalità. Essendo vascelli militari, sono soggetti all’approvazione e alla responsabilità esclusivamente delle autorità militari. Ci ritroviamo quindi col paradosso di reattori nucleari che non otterrebbero la licenza di esercizio civile in nessun paese, e che circolano invece liberamente nei nostri mari”.
Tutt’altro che remota la possibilità di un surriscaldamento del nocciolo del reattore per il mancato funzionamento del circuito di raffreddamento e finanche la fusione parziale o totale del nocciolo. “La fusione del nocciolo è un evento ipotizzato dai piani di emergenza di Taranto e La Spezia, due dei porti italiani utilizzati per le soste di navi militari nucleari”, rileva il fisico Antonino Drago dell’Università di Napoli. “Esso potrebbe provocare un possibile cataclisma tipo maremoto, dovuto allo sfondamento dello scafo da parte del nocciolo che fonde o evapora a milioni di gradi fondendo anche tutto ciò che incontra; si leverebbe una nube radioattiva che spazzerebbe larghe zone seminando morte, provocando un inquinamento del mare in proporzioni inimmaginabili, e in definitiva, attraverso le piogge, dell’acqua potabile e dei prodotti agricoli”.
Un caso di avaria all’impianto di raffreddamento, con conseguente perdita di refrigerante è avvenuto il 12 maggio 2000 al sottomarino d’attacco britannico “HMS Tireless”, mentre transitava al largo della Sicilia. Dopo aver ha spento il reattore, il comandante chiese di potere fare ingresso in un porto italiano, ma il permesso gli fu negato dalle autorità competenti per motivi di sicurezza. Il sottomarino si diresse poi nel porto di Gibilterra; l’entità dei danni subiti dal reattore costrinse l’unità all’ormeggio per diversi anni, generando le proteste della popolazione e una querelle diplomatica fra Gran Bretagna e Spagna. Una quindicina di anni fa il Comitato messinese per la pace e il disarmo unilaterale pubblicò un rapporto sui più gravi incidenti che hanno interessato navi militari in transito nello Stretto.
“L’alba dell’1 novembre del 1971 si verificò una collisione tra la nave delle Ferrovie dello Stato “Villa” e il sommergibile statunitense “Uss Hardhead” con propulsori deseal”, riportavano i pacifisti. “Il 29 novembre 1975, a circa 25 miglia nautiche dallo Stretto di Messina, nel mar Ionio, l’incrociatore USA “Belknap” subì una notevole fuoriuscita di nafta durante le operazioni di rifornimento con una nave cisterna. Al tempo il “Belknap” ospitava i sistemi missilistici “Asroc” e “Terrier” in grado di montare testate nucleari del tipo W44 e W45 da un kiloton”.
Tre gli incidenti verificatosi nel corso del 1977. Il primo, l’11 gennaio, a due miglia a nord da Capo Peloro, vide la portaerei statunitense a propulsione nucleare “Theodore Roosvelt” speronare un mercantile liberiano. “L’unità da guerra proseguì verso il porto di Napoli, pur avendo riportato la fenditura di 5-6 metri sulla prura a tribordo”, scriveva il Comitato per la pace. “La “Roosvelt” utilizzava come generatori due reattori e imbarcava un centinaio di testate nucleari del tipo B43, B57 e B61, con una potenza variabile dal mezzo Kiloton ad un Megaton”.
Il secondo incidente avvenne il successivo 23 agosto: la portaerei “USS Saratoga”, anch’essa con un centinaio di testate a bordo, subì un incendio nei pressi dell’hangar per il ricovero dei caccia, a seguito dell’esplosione di un fusto di aerosol. “La velocità e la reazione professionale dell’equipaggio e la decisione di chiamare a distanza il Quartier generale hanno permesso di ridimensionare il potenziale disastro”, fu il laconico commento del Comando generale della US Navy. Il 6 ottobre, mentre era ancora una volta in transito nello Stretto, la “Saratoga” fu speronata sulla fiancata di dritta da un mercantile austriaco. “L’urto fu talmente violento che da una falla fuoriuscì una grossa quantità di nafta, ma anche in questo caso la “Saratoga” continuò la sua rotta senza rispondere ai messaggi radio del mercantile e della Capitaneria di porto”.
La sera del 3 gennaio 1983 fu la volta dell’incrociatore a propulsione nucleare “USS Arkansas” ad entrare in collisione con il mercantile italiano “Megara Iblea” davanti a Punta Pezzo. Notevoli i danni registrati dalle due unità. L’“Arkansas”, classe Virginia, era dotato al tempo di due reattori atomici ed armato con missili antisottomarino “Asroc” (con testate nucleari W44 da un kiloton) e da crociera “Tomahawk” (con testate W80 con un potenziale esplosivo variabile dai 5 ai 150 kiloton).
Singolare quanto accadde invece nella tarda serata del 15 ottobre 1985. “Nei pressi di Capo Peloro venne evitata in extremis la collisione tra una nave militare americana e la nave da crociera Achille Lauro in transito nello Stretto per imbarcare alcuni magistrati responsabili dell’inchiesta sul sequestro dell’unità da parte di un commando palestinese”, segnala il report del Comitato per la pace. “L’imbarcazione statunitense si era avvicinata pericolosamente alla Achille Lauro per spiare l’arrivo dei giudici. Il mancato incidente fu denunciato dal comandante Giuseppe Floridia, responsabile dell’Ufficio navigazione nello Stretto, che era riuscito a dirigere via radio l’Achille Lauro verso una nuova rotta ed evitare la collisione. Il comandante Floridia riuscì ad identificare la sigla della nave USA, F96, presumibilmente corrispondente alla fregata “Valdez”, classe Knox, dotata al tempo di tre missili “Asroc” armati con testate W44 da un kiloton”.