Chi consegnò all’agente G.71, alcuni giorni prima del sequestro di Moro, il plico diretto ai servizi segreti israeliani con la richiesta di aiuto per salvare lo statista democristiano?

Scritto da: Valerio Lucarelli
Fonte: http://www.valeriolucarelli.it/arconte.htm

Antonino Arconte, nome in codice G.71 VO 155 M, faceva parte di una struttura militare riservatissima: la “Gladio delle centurie”. Gladio fu istituito negli anni ’50 con lo scopo di neutralizzare un eventuale offensiva dei comunisti in caso di guerra civile.

Il Comunicato N° 3 del sequestro Moro recita: “L’interrogatorio prosegue con la completa collaborazione del prigioniero. Le risposte che fornisce chiariscono sempre più le linee ccntrorivoluzionarie che le centrali imperialiste stanno attuando.”

“Il gran segreto” intorno al quale ruotavano gli interrogatori delle BR a Moro era proprio Gladio. Così l’agente G71 racconta a Stefano Vaccara, giornalista di America Oggi, la sua missione in Medio Oriente:

“Partii dal porto della Spezia il 6 marzo 1978, a bordo del mercantile Jumbo Emme. Sulla carta era una missione molto semplice: avrei dovuto ricevere da un nostro uomo a Beirut dei passaporti che avrei poi dovuto consegnare ad Alessandria d’Egitto. Dovevo poi aiutare alcune persone a fuggire dal Libano in fiamme, nascondendole a bordo della nave. Ma c’era un livello più delicato e più segreto in quella missione. Dovevo infatti consegnare un plico a un nostro uomo a Beirut. In quella busta c’era l’ordine di contattare i terroristi islamici per aprire un canale con le BR, con l’obiettivo di favorire la liberazione di Aldo Moro.”

Fin qui nulla di strano. È prassi consolidata chiedere aiuto ad un’altra agenzia e il Mossad era forse più potente fra i servizi.

Il plico che contiene l’ordine di aprire un canale per la liberazione di Moro è autenticato dal notaio Pietro Ingozzi d’Oristano ed è firmato del Capitano di Vascello della Marina della X Divisione “Stay Behind”. Il documento è datato 2 marzo 1978 e fu consegnato a Beirut il 13 marzo dello stesso anno. Moro sarà rapito il 16 di marzo, due settimane dopo la data d’emissione e ben diciotto giorni prima della “cartolina di mobilitazione” che giunse ad Arconte il 26 febbraio 1978.

G71 doveva consegnare il documento a Beirut all’agente G-219, identificabile nel colonnello Ferraro, suicidatosi in circostanze dubbie nel 1995, dipendente dal capocentro G-216, il colonnello Stefano Giovannone, indicato dallo stesso Moro in una delle sue lettere come tramite con i movimenti di liberazione del Medio Oriente, affinché questi intervenissero sulle BR ai fini della sua liberazione.

Una perizia scientifica effettuata sul documento ha affermato che carta, inchiostri e caratteri di stampa, erano quelli normalmente in uso al Ministero della Difesa, Marina Militare, Ufficio X°, negli anni ’70. Cioè che il campione è compatibile con l’epoca dei documenti di raffronto.

Giova ricordare che cinque anni fa, all’uscita del documento, ci furono delle interrogazioni parlamentari. Lo stesso Giulio Andreotti chiese espressamente al governo Berlusconi, allora in carica, di far subito luce sulla vicenda, perché se quel documento fosse risultato un falso chi lo spacciava per vero avrebbe dovuto essere perseguito. Cosa che non è mai accaduta.

Arconte dice: “Ho deciso di parlare, di raccontare chi sono veramente e cosa ho fatto per il mio Paese e per la democrazia, perché mi sento in pericolo. Molti, troppi, di noi sono morti. Chi in missione, chi in strani incidenti e chi è stato perfino “suicidato”. La verità è che ci vogliono cancellare, vogliono cancellare la nostra storia e fare in modo che di noi non resti più la memoria”.

Come racconta nel sito www.shar-net.com, Arconte sta cercando una produzione europea per finanziare un’opera cinematografica tratta dal libro “L’Ultima Missione!”.

Tra i suoi quadri mi ha particolarmente colpito questo dipinto olio su tela tratto dal sito www.geocities.com/Pentagon/4031. Ho chiesto ad Arconte il titolo dell’opera. Ecco la sua risposta:

“Semplicemente FIRMATO ed esprime l’amarezza di chi è stato costretto a uscire allo scoperto, lasciare l’anonimato per difendere la sua vita, il suo onore e la sua famiglia.”

I Servizi Segreti sapevano con largo anticipo che Moro sarebbe stato sequestrato dalle Brigate Rosse. Forse la sua morte e quella dei suoi cinque uomini di scorta poteva essere evitata.

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