UNA BRUTALE OMOLOGAZIONE TOTALITARIA

Scritto da: Gianni Tirelli
Fonte: http://www.oltrelacoltre.com/?p=12318

Conosco, anche perché le vedo e le vivo, alcune caratteristiche di questo “nuovo Potere” ancora senza volto: per esempio la sua determinazione (coronata da successo) di trasformare contadini e sottoproletari in piccoli borghesi, e soprattutto la sua smania, per così dire cosmica, di attuare fino in fondo lo “sviluppo”: produrre e consumare.
L’identikit di questo volto ancora bianco del nuovo Potere attribuisce vagamente ad esso dei tratti “moderati”, dovuti alla tolleranza e a una ideologia edonistica perfettamente autosufficiente; ma anche dei tratti feroci e sostanzialmente repressivi. La tolleranza è infatti falsa, perché in realtà nessun uomo ha mai dovuto essere tanto normale e conformista come il consumatore; e quanto all’edonismo, esso nasconde evidentemente una decisione a preordinare tutto con una spietatezza che la storia non ha mai conosciuto.
Dunque questo nuovo Potere è in realtà – se proprio vogliamo conservare la vecchia terminologia – una forma “totale” di fascismo. Ma questo Potere ha anche “omologato” culturalmente l’Italia: si tratta dunque di una omologazione repressiva, pur se ottenuta attraverso l’imposizione dell’edonismo e della joie de vivre.
Il nuovo fascismo non distingue più! non è umanisticamente retorico – ma è americanarmente pragmatico. Il suo fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo. Pasolini – Scritti Corsari 1975

Questi ultimi cento anni di storia sono stati caratterizzati da una crescita esponenziale della violenza, della paura, della crudeltà e della mortalità.
Un’escalation sistematica dell’orrore che non ha eguali nella storia dell’umanità. Due guerre mondiali, il nazifascismo e la bomba atomica, sono state le prove tecniche che hanno anticipato il debutto, della più inimmaginabile tragedia umana che, nel “Liberismo Relativista”, incarna quint’essenza del maligno al potere. In questa guerra al massacro le armi tradizionali di un tempo sono state bandite per sempre, a favore delle più moderne, funzionali e intelligenti, di distruzione di massa e mediatiche; frutto insperato dello sforzo congiunto di autorevoli scienziati, studiosi e ricercatori che nell’efficacia delle loro “scoperte” si sono garantiti l’esclusiva e la protezione del potere.
E’ evidente che ogni parallelo con il passato è a dir poco imbarazzante e volutamente miope. Ogni tentativo di azzardare un corrispettivo fra ieri e oggi, è sinonimo di ignoranza, ipocrisia, inconsapevolezza e disonestà intellettuale.

Questi due mondi, sono opposti e contrapposti. Nulla li accomuna e ogni possibile affinità addotta, è un esercizio di mistificazione. Uno è il bene e l’altro il male. Uno è la vita e l’altro la morte – un mondo biofilo e l’altro necrofilo.
Definirli, diversi, sarebbe un’ingenuità imperdonabile. La diversità prescinde da ogni concetto di omologazione, per attestarsi come valore imprescindibile della condizione umana e di ogni altra forma di vita. Anche parlare di due mondi, è improprio e inesatto. Prima della rivoluzione industriale esisteva una realtà che definiva il mondo in ogni suo aspetto, regole, valori e principi etici, imperituri e non opinabili – oggi, questo mondo si è spento per sempre, per trasfigurare in un inconscio vuoto permeato di nulla e di relativismo; un non mondo.

Per tanto, sostenere la tesi dell’eterna e inevitabile “necessità” del male, endemica a una storia del mondo fatta di corsi e ricorsi storici, attestandola come fattore fisiologico (al fine di giustificare le aberrazioni e nefandezze di questo secolo), sarebbe come affermare che le spade delle legioni romane uccidevano al pari di una testata nucleare – che le cadute da cavallo (mezzi di trasporto di un tempo), le potremmo serenamente paragonare (per numero e conseguenze), agli incidenti stradali che, giornalmente, si consumano sulle nostre strade e autostrade. Che, il tasso di sostanze, tossiche inquinanti e mortali, disperse nelle acque di fiumi, laghi, mari e falde acquifere e sul territorio, non è un novità di oggi – che l’aria delle nostre città è la stessa di sempre – che la sistematica estinzione di specie animale e vegetali è un fattore fisiologico, endemico alle ragioni della natura stessa.

In verità, non sappiamo più distinguere il male dal maligno, la libertà dalla licenza, la furbizia dall’intelligenza, la verità dalla menzogna e il progresso dalla catastrofe ambientale.
Questa nostra è la peggiore delle schiavitù. Siamo prigionieri, costretti dentro l’invisibile gabbia dell’omologazione e di un persistente disagio psichico/esistenziale, oppressi dalla dittatura di una libertà effimera e dall’illusione indotta dal Sistema Relativista di considerarci tali. Ogni altro aggettivo che potremmo affiancare al termine “relativismo”, con l’intento di rafforzarne il significato etimologico, in realtà, lo mortifica, essendo lo stesso (il relativismo) una condizione fuori da ogni oggettiva comprensione umana e più terribile auspicio.

Di fatto, dentro di noi, non vibra più alcuna corda e ogni moto di mare si è spento, schiacciato dall’appiattimento verso il basso di ogni nostro personalismo, giudizio critico e gesto rivoluzionario.
Neppure sotto il peggiore dei regimi, era mai stata prodotta una tale massificazione delle coscienze e una così alta percezione della paura, in tutte le sue forme psicotiche, ipocondriache, di densità e di contaminazioni!
Gli individui androidizzati delle società occidentali, interpretano la conoscenza del passato, come incapace di attingere a una realtà oggettiva e assoluta. Affermo questo sulla base di un’attenta e disincantata osservazione dei loro atteggiamenti, ragionamenti, convincimenti e, in fine, analizzando gli effetti delle loro scelte sulla realtà presente.

Oggi, nelle democrazie consumistiche, l’illegalità è assurta a regola. Gli organi preposti a contrastarla, sono così marci e corrotti, che chiamare le nostre società, civili, è un ossimoro. L’ossimoro, partorito in quantità industriale dal moderno Sistema liberticida, è il germe malefico del relativismo.
Per tanto, la locuzione “certezza scientifica”, descrive con efficacia il contrasto logico di una tale affermazione, codificandola, a buon diritto, fra la sconfinata categoria dei moderni e catastrofici ossimori.

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