COMINCIA A WASHINGTON IL PROCESSO AL DIPARTIMENTO DI STATO SULLE SCELTE DI SICUREZZA CHE HANNO PORTATO ALLA MORTE DELL’AMBASCIATORE STEVENS

Fonte: http://corrieredellacollera.com/

Alla camera bassa americana a Washington, è iniziato ieri il procedimento di verifica sui fatti di Libia dell’11 settembre, col palese intento di mettere in stato d’accusa l’Amministrazione Obama a ventisei giorni dalle elezioni presidenziali , anche per sfruttare il momento favorevole a Romney creatosi dopo il dibattito TV del 3 ottobre.

La prima linea di difesa dei democratici, è stata la riduzione delle spese di sicurezza delle ambasciate, imposte dai repubblicani, per trecento milioni di dollari.
Il piatto forte dei repubblicani è l’elenco degli atti aggressivi subiti dal consolato di Bengazi nelle settimane precedenti all’attentato principale, inclusa l’apertura – con esplosivo – di una breccia nel muro di cinta ” sufficiente a far passare quaranta uomini”.

Esaminando le dichiarazioni e le omissioni dei testimoni chiamati a deporre e le informazioni da me presentate nei due post sul tema rispettivamente del 12 e del 14 settembre, mi pare di poter dire che la riuscita dell’attentato dell’11 settembre di Bengazi è dovuta allo stesso misto di improvvisazione e fortuna degli attentatori dell’11 settembre 2001 ed allo stesso miscuglio di affarismo e incompetenza che ha caratterizzato la risposta americana in quel fatale giorno a
New York.
Nessuno dei due antagonisti ha capito , nessuno ha imparato.
Nel mio post del 12 settembre ( Progressi in Libia nel processo unitario: da tutti contro tutti a tutti contro gli USA) facevo notare che la sicurezza si era trasformata in business e che la società britannica G4S aveva preso in appalto la sicurezza con un finanziamento di dieci milioni di euro dati dalla U E.
Adesso si scopre , grazie all’inchiesta, che l’equipe dei contractors – libici – ingaggiati dagli inglesi, aveva un turnover superiore al 30% ed era armata di pistola ( segno che gli americani non si fidavano a dare dei mitra.)
Si scopre anche che pochi giorni prima dell’attacco un certo numero di guardiani si era dimesso a causa di insistenti voci nel sul che davano un attacco ” importante” per imminente.
Come sempre insomma, la mania di risparmiare privatizzando ha creato le premesse del problema; il distacco dalla gente, ha impedito di sapere; la smania di aprire bocca coi giornalisti prima di capire cosa era successo ( Susan Rice) ha creato un guazzabuglio di informazioni accavallate che hanno dato l’impressione che si volesse nascondere qualcosa. L’impreparazione.
Nel post del 14 settembre ( l’assassinio di Stevens e il dilemma USA: meditare o bombardare?) sembra essersi impostato malissimo: la meditazione la fanno alla Camera dei rappresentanti i nemici del presidente con lo scopo di fargli perdere voti e non di capire che i sistemi manageriali in politica portano al disastro.
Per il bombardare , lo zar antiterrorismo Brenner è venuto a parlare a Tripoli col Presidente libico per coordinare gli sforzi per catturare – meglio uccidere – i colpevoli , ma avrebbe dovuto lasciare il comfort di Washington prima e non dopo.
L’antiterrorismo e previsione e prevenzione , non vendetta e non comunicati stampa a stalla vuota.

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