Perché l’impeachment in Italia confina col fantasy

Scritto da: Simone Santucci
Fonte.: http://www.loccidentale.it/node/128874

giorgio-napolitano-87-anni4La storia dell’impeachment va incredibilmente di pari passo con la storia della nascita e della affermazione del parlamentarismo. La rara apparizione di questa procedura nella storia delle democrazie occidentali dimostra quanto sia difficile porla in essere anche in presenza di eventi gravi: è davvero avvilente che in questi giorni, da più parti, la si brandisca come uno spauracchio solo per mere opportunità politiche del momento. Ci chiediamo se parte della nostra classe politica sappia davvero come la messa in stato d’accusa si sviluppi nel suo iter e soprattutto in quali casi viene azionata.

I padri costituenti, non senza dibattiti molto accesi in fase preparatoria, decisero di trasporre nel nostro sistema questo antichissimo istituto. In quali casi è possibile azionare la procedura di messa in stato d’accusa? L’art. 90 prevede due reati: “l’alto tradimento” e “l’attentato alla Costituzione”, due fattispecie che ancora oggi attanagliano i più fini giuristi sulla possibile reale applicazione e esplicazione in un procedimento che, ricordiamo, non è mai stato promosso in quasi settant’anni di storia. Ma, a quanto pare, la portata di questi due reati appare invece molto scontata ai forzisti e grillini che, sorprendentemente, hanno la situazione più chiara di quanto ne avesse avuta un Mortati, un Orlando, un Ruini.

Cosa siano infatti l’alto tradimento e l’attentato alla Costituzione in dottrina e giurisprudenza non è mai stato chiarito. Per quanto riguarda l’alto tradimento alcuni si sono spinti a ritenere che non si tratti di un reato particolare: basterebbe un qualsiasi comportamento che possa far pensare a un tradimento per incorrere nel citato reato; quell’“alto” si riferirebbe solamente all’alta funzione svolta dal Presidente che quindi la connoterebbe in questo modo. Altri poi, circa l’altra fattispecie (l’attentato alla Costituzione) fanno riferimento all’art. 283 del codice penale che prevede un reato simile nel nome (“attentato contro la costituzione dello Stato”).

Un errore grossolano, in realtà, se si pensa che all’epoca della stesura di questa disposizione la Costituzione repubblicana non era stata ancora scritta (il codice è del 1930 la Costituzione venne scritta ben diciassette anni dopo). Non è un caso che il termine “costituzione” appaia nel codice penale con la lettera minuscola; ci si riferisce dunque a due cose differenti. Stante questa problematica mai risolta ci si chiede, legittimamente, se i promotori dell’accusa a Napolitano conoscano questo impervio dibattito settantennale.

In caso di risposta affermativa ci si chiede quindi quali siano i comportamenti di Napolitano a loro opinione ascrivibili a queste due prescrizioni penali. Grillo ha avuto più volte modo di chiarire che il Presidente “riunendosi in una notte al Quirinale” abbia deciso, con alcuni leader politici, di dar vita a un nuovo governo (!). Un po’ poco per sostenere una accusa di portata così grave. Quanto ai forzisti che vorrebbero spalleggiare Grillo in questa iniziativa andrebbero informati che in quella notte al Quirinale erano presenti anche esponenti del loro partito, tutt’altro che contrari a queste riunioni carbonare. Il governo, in effetti, nacque pochi giorni dopo, con l’entusiasmante benedizione del Pdl. Di che parliamo quindi?

Non possiamo, infine, non fare cenno al complesso procedimento richiesto dalla legge. Prima dell’introduzione vi è una attività probatoria svolta da un comitato bicamerale appositamente riunito  che ha veri e propri poteri inquirenti. Una volta deciso (a maggioranza) se procedere alla archiviazione o alla proposta formale d’accusa da presentare all’aula (in seduta comune) questa dovrà poi approvare l’accusa a maggioranza assoluta. A tutt’oggi rimane un mistero su come possa costituirsi una maggioranza di voti in seno al comitato e poi, eventualmente, all’interno del Parlamento. Ma andiamo avanti.

In caso di approvazione dell’accusa, come si è detto, non è il Parlamento a decidere (come in Gran Bretagna o o negli Stati Uniti) ma la Corte costituzionale (in composizione integrata), un organo a più riprese ritenuto eversivo da molti di questi esponenti politici che oggi addirittura vorrebbero affidargli un così delicato processo. Non osiamo immaginare in caso di assoluzione se questi stessi personaggi riterranno più incostituzionale un Presidente assolto o una corte clemente (composta poi da numerosi giudici di nomina presidenziale).

Il lettore non si spaventi, non è un romanzo fantasy, ma una delle possibilità concrete in caso, raro per fortuna, di sviluppi rilevanti. Un teatrino al quale avremmo fatto volentieri a meno ma che, nonostante tutto, non accenna ad uscire dal dibattito politico. Non è una idea peregrina pensare che i “molti” che invocano oggi la messa in stato d’accusa non sappiano nulla circa la sua reale struttura. Conoscendo qualcosa, a nostro avviso, si sarebbero scoraggiati già in partenza.

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