LA NUOVA DEMOCRAZIA. Illusioni di civiltà nell’era dell’egemonia Usa

Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com

Ed. Zambon Editore – Pagg. 484

Con la sconfitta del nazifascismo abbiamo creduto di esserci liberati dai più pericolosi criminali. Ma oggi, alla luce di nuovi documenti e di nuove testimonianze, possiamo sostenere che così non è. I crimini sono stati soltanto spostati dall’Europa alle aree del Terzo Mondo, col pretesto di “portare la libertà” ai popoli. In nome della libertà e della democrazia sono stati commessi innumerevoli crimini e genocidi.
Il titolo “La Nuova Democrazia”, riprende la definizione che il dittatore Augusto Pinochet dette alla nuova situazione cilena creatasi dopo il massacro di migliaia di persone e la soppressione del governo eletto democraticamente di Salvator Allende. La Nuova Democrazia è una “democrazia senza popolo”. Le “Nuove Democrazie” sono oggi tantissime, attuate e ancora, tragicamente, da attuare. Il mondo di oggi è tutt’altro che liberato da coloro che si arrogano il potere di commettere crimini, nel nome di un’ideologia che trova nel profitto e nel potere il suo unico Dio.

Questa sconcertante realtà ci viene resa incomprensibile dai media, che mostrano immagini raccapriccianti di bambini in fin di vita per la fame e non ci spiegano a cosa tutto ciò è dovuto. Impediscono l’emergere del paradosso di un Occidente che si professa evoluto e scientificamente avanzato, ma che non è capace di salvare molti esseri umani dalla morte per fame. Corpi di immigrati vengono mostrati galleggianti, senza vita, nello Stretto di Gibilterra, ma non ci spiegano le ragioni politiche ed economiche che costringono queste persone a fuggire dal loro Paese rischiando la vita. I media ci mostrano guerre e guerriglie ma non ci dicono chi produce e vende le armi che rendono possibile tutto ciò.
E’ arrivato il momento di mettere tutti i tasselli del puzzle al loro posto, per rendere possibile la totale comprensione della realtà. E per dire chi sono i responsabili dei crimini.
Questo libro fa luce sulle cause dei problemi più gravi che vessano l’umanità. Senza reticenze indica le cause e i suoi responsabili.
Nonostante il libro faccia impietosamente luce sugli orrori di cui alcuni esseri umani sono capaci, le conclusioni non sono pessimistiche. Al contrario, l’idea di fondo è che scovare i crimini sia il primo passo per non renderli impuniti e per realizzare un mondo migliore. Il libro non individua soltanto i crimini del gigante imperiale, ma anche i suoi piedi d’argilla.

Colombia: l’olio di palma il biologico che non convince

Fonte: http://www.salvaleforeste.it

L’espansione delle piantagioni di olio di palma si è rivelata una vera e propria piaga del decennio. Foreste incontaminate vengono abbattute mettendo a rischio specie come l’orango e la tigre, immensi pozzi di carbonio come le torbiere vengono distrutti, mentre alle comunità contadine vengono sottratte le terre di cui vivono. Dall’Indonesia al Congo, dalla Malesia alla Colombia, le ruspe della monocoltura avanzano. Dietro di loro, l’industria alimentare, quella dei cosmetici e il nuovo business del cosiddetto biodiesel. Non stupisce che imprese senza scrupoli abbiano dato il via a una vera e propria corsa ai terreni, per accaparrarsi una delle risorse strategiche dei prossimi decenni. Ma tra queste figurino marchi del biologico, è davvero una brutta sorpresa.
Il caso della comunità di contadini Las Pavas è emblematico. “Alla fine degli anni Novanta, un centinaio di famiglie tornarono alla tenuta di Las Pavas, dove i loro antenati avevano vissuto per diverse generazioni. Questa terra era stata occupata da un narcotrafficante, presunto parente del noto signore della droga Pablo Escobar. Inutile resistere ai narcotrafficanti, ma quando questi l’anno abbandonata, i contadini sono subito tornati e hanno iniziato a coltivare con cacao, mais, zucca e altri prodotti agricoli, e inoltrarono allo Stato una richiesta di riconoscimento dei loro diritti di proprietà –  ha raccontato Stephan Suhner, della coordinazione delle ONG svizzere, a Swissinfo.ch. – A nulla valsero però le loro rivendicazioni. Qualche mese più tardi i paramilitari si ripresentarono e, usando violenze e minacce, li cacciarono per poi vendere la terra al consorzio El Labrador, legato alla Daabon Organic”.

Il consorzio El Labrador associa due imprese, la Aportes San Isidro e la Ci Tequendama, di proprietà della Daabon Organic, una multinazionale che esporta  prodotti certificati bio in Europa. Questi terreni, sottratti alle comunità contadine, sono ora coltivati a palma da olio per la produzione di agrocarburanti.

I contadini hanno invano tentato di far valere i propri diritti sulle loro terre ancestrali. Durante il processo di attribuzione della terra, un documento rimase senza firma e tutta la procedura fu quindi poi dichiarata nulla. Secondo il rapporto indipendente, inoltre, le autorità competenti hanno gestito in modo contraddittorio il caso, lasciando crescere le speranze dei contadini, mentre al tempo stesso favorivano  gli interessi della multinazionale.

Malgrado le stesse autorità abbiano riconosciuto l’illegalità dello sfratto, dal luglio del 2009 le famiglie di Las Pavas vivono in una situazione di emergenza umanitaria, resa ancora più difficile dalle recenti inondazioni che hanno distrutto i campi e allagato le loro abitazioni. I contadini di Las Pavas, hanno annunciato di voler tornare al loro villaggio, malgrado abbiano ricevuto minacce. Il processo di rivendicazione del loro diritto alla terra è stato sostenuto, tra gli altri, anche dal Programma di sviluppo e pace (finanziato in parte dall’UE), e da SUIPPCOL, il Programma svizzero per la promozione della pace in Colombia di cui fanno parte una decina di ONG, tra cui la stessa Peace Watch e SWISSAID.

Interpellata da swissinfo.ch, la sezione tedesca della Daabon Organic ha precisato di aver abbandonato ogni attività a Las Pavas un mese più tardi, in seguito al fallimento dei negoziati con la comunità di contadini. Una notizia contestata però da ASOCAB e dalle stesse ONG svizzere. “La Daabon Organic continua probabilmente a far parte del consorzio, sotto mentite spoglie – ha spiegato Stephan Suhner  a  Swissinfo.ch.- Non solo il suo nome figura tuttora sui documenti ufficiali, ma la multinazionale è anche accusata di far pressione sui membri della comunità, con minacce e tentativi di corruzione”.

La vicenda dei contadini di Las Pavas era emersa lo scorso anno, quando Christian Aid e il Body Shop – che importava olio di palma dalla Daabon Organic – incaricarono una commissione indipendente di indagare sul caso. La commissione ha stabilito l’impossibilità di stabilire con certezza la regolarità delle fattoria della Daabon Organic. Nel settembre del 2010 il Body Shop decise di interrompere ogni relazione commerciale con la Daabon Organic.

Preoccupate per l’incolumità dei contadini, le ONG svizzere hanno invitato il Dipartimento degli affari esteri, che finanzia in parte il programma SUIPPCOL, ad intervenire presso le autorità colombiane affinché garantiscano una maggior sicurezza alla popolazione e accelerino il processo di attribuzione della tenuta Las Pavas.

La vicenda di Las Pavas ha gettato qualche ombra anche sull’operato di Bio Suisse che da diversi anni certifica con la propria gemma bio le attività della Daabon Organic. Una scelta che le associazioni svizzere hanno biasimato più volte, chiedendo una presa di posizione più netta all’associazione.

Accordo di pace nelle foreste della Tasmania

Fonte: http://www.salvaleforeste.it

L’accordo di pace nelle foreste della Tasmania si fa sempre più vicino, e con esso la protezione di oltre 430.000 ettari da trasformare in parchi nazionali, in cambio della prosecuzione delle operazioni di abbattimento di alberi in altre foreste naturali. L’accordo è stato raggiunto un anno dopo i colloqui volti a per porre fine alla maggiore controversia ambientale del paese negli ultimi 30 anni.

La palla passa ora ai governi federali e statali con la richiesta di oltre 100 milioni di dollari di sovvenzioni al settore. L’accordo è entrato nella fase cruciale da quando il gigante del legno  Gunns Ltd si è impegnato a fermare  l’abbattimento nelle foreste naturali.

A quanto riporta il Sidney Morning Herald, il ministro dell’Ambiente, Tony Burke, ha definito l’accordo”storico”, ma ha anche messo le mani avanti, avvertendo che il governo Gillard non avrebbe dato una risposta prima di visionare tutti i dettagli.

Tuttavia, il leader del Verdi, Bob Brown, ha richiesto la protezione per altri 142.000 ettari di foresta, come originariamente richiesto dalle associazioni ambientalisti, e ha richiesto che il più grande gruppo forestale ancora attivo nelle foreste naturali, la malese Ta Ann Ltd, si impegni a dismettere le operazioni in foresta primaria.

Le foreste che saranno trasformate in parchi nazionali sono:

  • la foresta naturale di eucalipti della Tasmania orientale, sede di aspri conflitti ambientali;
  • la foresta pluviale Tarkine, nell’area nord-orientale dell’isola;
  • spot minori di foreste aride lungo la costa orientale.

I due principali attori dell’accordo sono l’Australian Conservation Foundation e Environment Tasmania, mentre la  Wilderness Society, è uscita dai colloqui il mese scorso per la mancanza di progressi e esprime dubbi sull’accordo.

SALUTE: ITALIANO FA PRIMO TRAPIANTO AL MONDO TRACHEA ARTIFICIALE

Fonte:http://www.agi.it/

AGI) – Stoccolma, 8 lug. – Primo trapianto al mondo di una trachea costruita artificialmente. E a guidare la straordinaria impresa e’ stato il chirurgo italiano Paolo Macchiarini, uno dei ‘cervelli’ volati all’estero dopo la laurea in Italia.
L’annuncio e’ stato fatto dall’ospedale di Stoccolma, il Karolinska University Hospital, dove e’ avvenuto l’intervento.
Il 9 giugno, un 36enne all’ultimo stadio di un tumore tracheale, ha ricevuto una nuova trachea, fatta di un impianto sintetico e ricoperta delle sue stesse cellule staminali.
Secondo i medici dell’ospedale, la cosiddetta procedura medica rigenerativa rivoluziona il settore dei trapianti di trachea, rendendoli molto piu’ abbordabili: significa che “i pazienti non dovranno piu’ attendere per un donatore adeguato”, si legge nella nota diffusa dall’ospedale di Stoccolma. A giovarsene saranno soprattutto i pazienti piu’ piccoli, per i quali la disponibilita’ di donatori e’ molto piu’ bassa e che dunque avranno maggiori probabilita’ di ripresa. Il team di chirurghi guidato da Macchiarini insieme ad Alexander Seifalian dell’University College London, ha disegnato e costruito la trachea artificiale: la struttura a forma di Y e’ stata costruita con un materiale polimerico ‘nano-composito’ tipo plastica fatto di minuscoli blocchetti costituitivi. I ricercatori dell’istituto Harvard Bioscience hanno invece creato uno speciale bioreattore utilizzato per rifornire l’impianto con le cellule staminali del paziente, che sono cresciute sulla trachea sintetica nei due giorni precedenti il trapianto. “Cio’ che rende questa procedura diversa e’ il fatto che e’ la prima volta che e’ stata creata una trachea interamente sintetica e trapiantata con successo: e’ una pietra miliare nella medicina rigenerativa. Crediamo che i nuovi polimeri creati possano essere utilizzati in molte altre eccitanti applicazioni”, ha spiegato il professor Seifalian.
“Poiche’ le cellule usate per rigenerare la trachea erano le stesse del paziente, non c’e’ stato alcun rigetto e il paziente al momento non sta assumendo farmaci immunodepressori”, ha fatto sapere l’ospedale. La convalescenza del paziente, uno studente africano che risiede in Islanda, prosegue con successo e l’uomo sara’ dimesso in giornata. (AGI) .

CENSURA DI INTERNET IN CORSO ANCHE NEGLI USA

Scritto da:Paulp Joseph Matson
Fonte: Prison Planet    Traduzione: http://www.comedonchisciotte.org

Professori in legge avvertono che la nuova legislazione permetterà allo stato di chiudere i siti web per aver linkato altri siti che ospitano materiale soggetto a copyright

La nuova legislazione che darebbe al governo degli Stati Uniti il potere di chiudere domini per capriccio senza possibilità di rettifica solamente per aver linkato siti che ospitano materiale soggetto a copyright è stata definita come il marchio di fabbrica dei “regimi repressivi” da un gruppo di professori in legge che avvertono come la disposizione consente allo stato di “distruggere il sistema degli indirizzi Internet”.

La legge Protect IP, al momento ferma al Senato, rappresenta un colpo mortale alla libertà di parola in Internet. Trasformerebbe tutta la rete di un clone simile a YouTube, che censura e cancella abitualmente il materiale quando gli viene richiesto dai governi o dalle corporations e chiuderebbe gli user channel senza possibilità di appello.
La legislazione codifica semplicemente quello che la Homeland Security sta già mettendo in pratica, sequestrando e chiudendo i siti web senza alcun rispetto di una procedura legale e in molti casi senza nemmeno notificarlo al proprietario.

In una lettera aperta scritta dal professor Mark Lemley della Stanford University, da David S. Levine della Elon University e da David G. Post della Temple University, avvisano che la legge richiederà alle aziende di hosting di Internet e ai motori di ricerca di depennare interi siti web sulla base di un semplice richiamo al copyright del detentore del diritto, senza che venga intrapreso un processo legale o un accordo tra le parti.

Anche linkare un sito web che i detentori del copyright indicano sia in violazione delle leggi a tutela della proprietà intellettuale darà modo agli agenti federali di sequestrare il tuo dominio e di imporre sanzioni penali.

“In un periodo in cui molti governi stranieri hanno notevolmente incrementato i propri sforzi per censurare la comunicazione su Internet, [il Protect IP Act] incorporerebbe per la prima volta nelle leggi degli Stati Uniti un principio che viene sempre associato ai regimi repressivi: il diritto di insistere nella rimozione del contenuto da tutto Internet, senza considerare dove abbia origine o sia ubicato per soddisfare la direttiva di una legge interna”, afferma la lettera.

Nel suggerire che la rimozione dei siti web senza nessuna possibilità di rettifica sia una evidente violazione della legge costituzionale così come intesa dalla Suprema Corte, i professori affermano che la disposizione darebbe modo al governo il potere di “distruggere il sistema dell’indirizzamento in Internet”.

“Impone ai provider di Internet e agli operatori dei server di Internet di rifiutarsi di riconoscere quei domini Internet che una corte considera “dedicate ad attività di contraffazione”. Ma invece di attendere che un sito web venga giudicato colpevole di una violazione imponendo così l’equivalente della pena di morte, la legge consentirebbe ai tribunali di ordinare a un qualsiasi provider Internet di fermare di riconoscere il sito anche in base a un ordine restrittivo limitato o un’ingiunzione preliminare emesso lo stesso giorno in cui venga esposto il reclamo. Le corti potrebbero emettere un ordine del genere anche se al proprietario del nome del dominio non venisse mai notificato di avere un caso contro di lui.”

I motori di ricerca, le compagnie di carte di credito e anche i pubblicitari potrebbero essere obbligati a rifiutarsi di trattare con il proprietario di un sito in base alla legge in discussione, rendendo “straordinariamente difficile ai pubblicitari e alle aziende che operano con le carte di credito di fare affari in Internet.”

Come abbiamo in modo esaustivo documentato, i fautori di una maggiore regolamentazione della rete, come il senatore Senator Joe Lieberman, hanno chiaramente sancito la loro intenzione di creare un sistema di controllo di Internet stile comunismo cinese, affidando a Obama il potere di bloccare intere aree della rete con un pulsante di morte virtuale.

In effetti, il network Cloud di Amazon é noto per aver deletato l’intero sito di Wikileaks dai propri server in seguito a una chiamata telefonica del Senate Homeland Security Committee del senatore Joe Lieberman che richiedeva che quel sito venisse fatto fuori.

Lieberman ha spifferato le vere ragioni dietro questa mossa a favore della censura della rete nel corso di un’intervista alla CNN dove ha affermato che “proprio in questo momento la Cina, il suo governo, può scollegare parti della sua Internet in caso di conflitto e anche noi dobbiamo avere la stessa possibilità.”

In una più recente intervista con il network, Lieberman ha etichettato le denunce che lui stesse creando un “pulsante di morte per Internet” come “disinformazione”, continuando nel ripetere la stessa asserzione secondo cui il governo USA deve avere il potere di “disconnettere parti della sua Internet in caso di conflitto”.

Naturalmente, come abbiamo già provato, la Cina non disconnette Internet “in caso di guerra”, lo fa solamente per censurare e intimidire le persone che esprimono il dissenso contro le atrocità del governo o la corruzione. Questo è esattamente il tipo di ambiente online che i governi occidentali stanno tentando di replicare mentre cercando di soffocare l’ultimo bastione della vera libertà di parola, il mondo della rete.

Sigarette: divieto di fumo per i minori?

Scritto da : Alessia Ferla
Fonte:http://www.informasalus.it/i

Divieto di vendere sigarette ai minori, estendere il divieto di fumo ai cortili di tutte le scuole, inserire nei pacchetti di sigarette un foglietto illustrativo come quello che si trova nelle confezioni dei farmaci contenente le informazioni ai fumatori sui rischi per la salute e le sostanze nocive con cui si viene a contatto fumando. Oltre a catrame, nicotina e monossido di carbonio, il fumo libera infatti migliaia di sostanze di cui almeno 40 sicuramente cancerogene, tra queste, l’ammoniaca, il mercurio, il cadmio.

Queste alcune delle misure restrittive previste dal disegno di legge presentato al Senato da Ignazio Marino (Pd) e Antonio Tomassini (Pdl), all’esame della Commissione Sanità e in attesa di avere il parere della Commissione Bilancio di Palazzo Madama.

In Europa il fumo uccide ancora 650 mila persone ogni anno, cifra che comprende circa 19mila vittime per il fumo passivo. In Italia il numero di morti è di circa 80 mila persone. Il fumo rappresenta la seconda causa di morte nel mondo, ed è quindi uno dei maggiori problemi di sanità pubblica.

Questo il preoccupante dato emerso dal convegno “Fumo: dipendenza o stile di vita?” organizzato a Roma con il patrocinio del Senato della Repubblica e promosso dall’Osservatorio Sanità e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità e dall’Associazione Parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione.

In Italia – ha affermato Tomassini –  un significativo e importante passo avanti per la lotta al fumo è stato fatto con l’entrata in vigore della legge Sirchia, ma crediamo che un ulteriore giro di vite contro il fumo attivo e passivo vada fatta proprio con gli strumenti legislativi. Da un’indagine Doxa del 2011 il numero dei fumatori che dopo l’introduzione della legge del 2005, era diminuito, ma ora sta ricominciando a crescere; ne consegue che gli sforzi per contrastare questa tendenza negativa vadano rafforzati proprio attraverso un disegno di legge che tenga conto dei più recenti ed avanzati risultati conseguiti in ambito scientifico in materia di studio delle caratteristiche e della dannosità del consumo dei prodotti del tabacco”.

Mario Draghi nominato presidente BCE: io perso la scommessa, l’Italia una occasione importante.

Scritto da : Antonio De Martini
Fonte: http://corrieredellacollera.com

Rompo il riposo che mi ero imposto fino al 1 settembre, per riconoscere che  non ho azzeccato la previsione su Mario Draghi. Ritenevo e ritengo,   che Draghi  sarebbe stato  per l’Italia  più utile a sostituire  Dominique Strauss Khan al Fondo Monetario Internazionale , rendendosi utile anche all’Italia,  mentre  è stato nominato – come da previsione ufficiale – presidente della Banca Centrale Europea e sarà probabilmente destinato a nuocere nal suo paese.

Dopo essere riuscito a fare sei mesi  di previsioni  – esatte al centimetro – sui problemi del Vicino Oriente in movimento, inciampo  oggi su una errata  previsione “italiana”.  La ragione principale  è che mi intendo di più  di geopolitica e questioni militari, la seconda è  che , evidentemente,  i governanti italiani riescono a mantenersi sempre al di sotto di ogni sottovalutazione. A  sua difesa ,  Draghi potrà domani invocare il verso de El Cid  Campeador ” che buon vassallo con un buon sovrano”.

Tra una posizione  finanziaria mondiale chiave e  di vertice , praticamente  libera da condizionamenti cogenti ,  ed un’altra europea e “bloccata” in quasi  ogni comportamento, si è scelta  – o mostrato di scegliere – quest’ultima e la si chiama “successo”.

Mario Draghi può essere annoverato tra quegli italiani che, di fronte alla palude italiana , hanno scelto nei secoli  la via dell’esilio per valorizzarsi: il Principe Eugenio di Savoia o il Montecuccoli  o il Metastasio che scelsero l’oriente austriaco; il Cellini, il Mazzarino o  Pierre Cardin,  la Francia ;  Colombo o l’Alberoni la Spagna.

La candidatura italiana è stata sostenuta dai partner europei più forti probabilmente in vista delle scelte che si cercherà di fare nei prossimi mesi e  che sarà utile per  far trangugiare agli italiani medicine non gradevoli. E’ probabile che il partito euroscettico che  si sta organizzando anche in Italia, pedina decisiva per ogni moto mediterraneo,  possa essere indebolito dalla presenza di un italiano al vertice della BCE a Francoforte, limitando anche  la nostra capacità negoziale in maniera  forse decisiva.

Temo che la candidatura ” riuscita” di Mario Draghi possa avere gli stessi effetti della scelta dei Papi italiani nel mondo cattolico: abbiamo portato lo spirito universale di Roma nel mondo, ma a livello nazionale siamo stati  ridotti a terra di conquista.

Queste considerazioni non inficiano la qualità del candidato, ma della candidatura:  a riprova della maggior libertà di manovra, ricchezza e capacità decisionale,  mentre  la BCE sta litigando da settimane sul prestito alla Grecia,   il Fondo Monetario  lo aveva ormai deliberato .  Mancava  solo la formalizzazione del consiglio due giorni dopo se DSK non avesse intrapreso la sua  guerra di Troia.

Tav al Nord e meno treni al Sud, chi vuole dividere il Paese?

Fonte:http://www.ilcambiamento.it/

Il progresso fermato da un gruppo di violenti, poliziotti picchiati, manifestanti definiti potenziali assassini. È la descrizione che tutti i giornali nazionali ed i tg forniscono di quanto accaduto in Val di Susa domenica 3 luglio. È da qui che si capisce che è una guerra, quella per il Tav, e come ogni guerra il potere se la gioca con tutti i mezzi a disposizione, in primis l’informazione.

È un meccanismo tipico, influenzare l’opinione pubblica cercando di trasformare un conflitto sorto per ragione d’interesse in un fatto principalmente valoriale: uno scontro fra buoni (la classe dirigente, strenui difensori del progresso) e cattivi (una banda riottosa e violenta che assale i poliziotti inermi e, si suppone, vorrebbe continuare ad usare il mulo per il trasporto delle merci). Due categorie che tutti sono in grado di assimilare senza troppi dilemmi interiori, abituati a ciò fin dai vecchi film western.

Intanto mentre monta il caso mediatico e le vecchiette sfrattate per lasciar spazio alla devastazione della propria valle – comprensiva di inquinamento di falde acquifere e dispersione di milioni di tonnellate di acqua – diventano improvvisamente delle potenziali “assassine”, il cantiere di Chiomonte non si ferma. I lavori sono ripresi lunedì quasi come se niente fosse successo.

Fa quasi sorridere la situazione di lunedì descritta nel centro del paese dal Sole 24 Ore: “nonne a passeggio con i nipotini, uomini che prendono il sole”. Un idillio. Come se non fossero i pacifici cittadini della Val di Susa a protestare contro il Tav, ma un branco di violenti venuti da chissà dove e con chissà quali scopi.

Il messaggio è chiaro: non si blocca il progresso. Almeno non in Val di Susa. Infatti basta spostare lo sguardo un po’ più a sud per capire come il progresso non solo si sia fermato ma abbia inserito la retromarcia. In un interessante articolo riportato da Greenreport.it, la presidente di Italia Nostra, sezione di Reggio Calabria, Angela Martino, fornisce un bel po’ di dati interessanti sui collegamenti ferroviari nel mezzogiorno.

Da 2005 ad oggi la Calabria ha perso circa 5.500 chilometri/treno al giorno (significa che ogni giorno vengono percorsi 5.500 chilometri in meno dai treni che partono dalla Calabria, vi arrivano o vi transitano). Sono state soppresse molte tratte, tra cui quelle che collegavano il capoluogo di provincia con Torino, Taranto, Milano, Catanzaro e inoltre la Palermo–Roma.

La notte il servizio è scarso e gli orari dei treni sembrano pensati da una mente diabolica per renderli inutilizzabili dai pendolari. Sembra poi, stando a quanto riferito dalla Uilt (Unione italiana lavooratori trasporti, ndr), che già dal 2011 potrebbero essere eliminati del tutto i collegamenti notturni di Calabria e Sicilia con le altre regioni e da marzo potrebbero essere soppressi altri 12 treni a lunga percorrenza verso il Nord. Tutto questo forse in vista dell’arrivo dei treni ad alta velocità? Decisamente no. Il Tav c’è già, al sud, nella sua versione definitiva e arriva fino a Salerno.

Andiamo verso uno scenario in cui sarà possibile viaggiare da Torino a Lione in due ore, da Milano a Parigi in quattro, ma ci vorrà un giorno intero per raggiungere la Calabria o la Sicilia dal nord. Perché, viene da chiedersi? Perché si vuole trascinare con la forza il nord Italia nel cuore dell’Europa – a costo di distruzioni di paesaggi e guerre civili – e staccare il sud persino dal resto della penisola? Perché si vogliono portare i ministeri a Milano e si fa di tutto per peggiorare l’emergenza rifiuti a Napoli?

Non c’è una risposta facile, a portata di mano, solo impressioni. L’impressione che la classe dirigente italiana, proprio nel 150esimo compleanno della nazione, voglia scrollarsi di dosso il mezzogiorno, come una propaggine fastidiosa ed inutile. Chissà, forse ha ragione Gigino, tassista napoletano intervistato dal Paìs: “qui abbiamo i posti più belli del mondo, se le cose funzionassero bene al nord non ci andrebbe più nessuno”.

A.D.

Insetto emette suono potentissimo tramite i genitali

Fonte:http://news.discovery.com/
Tradotto da: http://www.ditadifulmine.com/

L’animale più rumoroso del mondo non è una balena intenta a cantare, ma un piccolo animale acquatico che, relativamente alle sue dimensioni, è in grado di produrre il rumore di origine animale più intenso mai registrato colpendo il suo pene con un’appendice posta sull’ addome.

L’animaletto è un piccolo insetto della famiglia delle Corixidae che vive in stagni e fiumi, e produce un rumore simile a quello di un tagliaerbe servendosi del suo pene e di una piccolissima appendice di soli 50 micron di lunghezza.

Come un animale così piccolo possa creare un suono così potente rimane ancora un mistero, ma questo meccanismo ha suscitato parecchio interesse nell’ambiente scientifico per via delle sue possibili applicazioni: si va dalla creazione di sonar microscopici per sottomarini senza pilota fino a piccole sonde ultrasoniche per applicazioni in campo medico.

La scoperta di questo bizzarro animale è avvenuta quasi per caso: Jérôme Sueur, ricercatore del Muséum national d’Histoire naturell, venne avvertito da un amico che alcuni insetti che vivono nei fiumi attorno a Parigi emettevano suoni particolarmente potenti.

Il suono emesso da questi insetti è talmente potente da poter essere avvertito da chiunque cammini sulla riva di un fiume da loro popolato, e se consideriamo che soltanto l’1% del suono viene trasmesso dall’acqua all’aria possiamo avere un’idea di quanto baccano possano fare questi piccoli animali acquatici.

Sueur e i suoi colleghi hanno quindi iniziato le loro investigazioni, scoprendo che questo suono veniva emesso da minuscoli insetti.
“Abbiamo avuto qualche problema ad iniziare perchè pensavamo che i suoni provenissero da insetti relativamente grandi, dato che era così potente. Solo dopo aver portato gli insetti in laboratorio abbiamo scoperto che si trattava di loro”.

Questi insetti possono emettere suoni con picchi di 99 decibel, un rumore paragonabile a quello di una discoteca in piena attività, o di un concerto rock visto da una distanza di pochi metri dal palco.

A quanto pare, si trattarebbe del suono più potente emesso da un animale mai registrato prima, ovviamente se rapportato alle dimensioni dell’animale stesso. Generalmente, infatti, più un essere vivente è grande più i suoni da lui emesso saranno potenti, come i 236 decibel fatti registrare da un capodoglio e che costituiscono il record di potenza assoluto del regno animale. “Questo piccolo insetto acquatico costituisce un’importante eccezione a questa regola”.

Come venga prodotto questo suono così potente rimane ancora un mistero. Si sa che questi insetti trasportano minuscole bolle d’aria sott’acqua per poter respirare, ed è probabilmente questa riserva d’aria che rappresenta il segreto del loro suono.
“E’ possibile che utilizzino la bolla per amplificare il suono, e che la bolla agisca come una sorta di altoparlante”.

Altro mistero è la ragione che spinge questi animali ad emettere un suono così potente. Il motivo potrebbe essere legato all’accoppiamento: i maschi potrebbero emettere questi suoni per sovrastare le “voci” di altri potenziali competitori sessuali ed essere notati dalle femmine.

Strage di Ustica, Bonfietti: “Governo si indigni come col caso Battisti”

Scritto da: Cora Ranci
Fonte: http://it.peacereporter.net/

31 anni fa il DC9 dell’Itavia si inabissò nel Tirreno. La magistratura è ancora in attesa della risposta alle rogatorie internazionali.

Da quando, nel 1999, il giudice istruttore Rosario Priore concluse la sua inchiesta sul disastro occorso al volo dell’Itavia il 27 giugno del 1980, parte di quella verità a lungo intravista venne finalmente svelata. Nelle oltre 5mila pagine della sentenza ordinanza depositata dalla Procura di Roma, si legge che l’aereo civile in volo da Bologna a Palermo finì coinvolto in una vera e propria “guerra di fatto e non dichiarata“, che costò la vita a 81 persone. Le perizie giunsero infatti alla conclusione che l’aereo fu abbattuto da un missile nell’ambito di un'”azione militare di intercettamento”.

Lo scenario è supportato da un documento consegnato alla magistratura italiana dalla Nato – reso edito alla stampa per la prima volta nei giorni scorsi dal giornalista esperto del caso, Andrea Purgatori – da cui risulta che quella sera, intorno al DC9, volavano ben 21 aerei militari, di cui 12 identificati come americani e britannici, e 7 formalmente “sconosciuti”.

L’interrogativo principale intorno a cui stanno tuttora indagando i Pm romani Monteleone e Amelio riguarda proprio la nazionalità degli aerei militari che volavano nei pressi del DC9. Si è in attesa delle risposte alle rogatorie internazionali che la Procura di Roma ha inviato l’anno scorso a Stati Uniti, Francia, Belgio, Germania e Libia.

Daria Bonfietti è la Presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica. Oggi, a 31 anni dal fatto, la magistratura sembra avere fatto ciò che poteva. Adesso la questione è politica?

Certamente, per questo anche oggi chiediamo al governo di attivarsi seriamente affinché i paesi interpellati rispondano alle rogatorie che gli sono state inviate. Fino ad oggi, infatti, governi stranieri alleati si sono rifiutati di rispondere alle domande dei nostri magistrati, o lo hanno fatto in modo ridicolo e quindi oltraggioso. Per andare avanti nell’accertamento della verità, l’azione della magistratura non è più sufficiente. Bisogna che il governo italiano si mostri determinato nella pretesa di risposte che sino ad oggi sono mancate. Se giustamente ci si indegna per il caso Battisti, non dobbiamo infatti dimenticare che le stesse offese le subiamo da anni da parte di paesi amici che su Ustica si rifiutano di fornire risposte.

Anche in Italia non manca chi contesta lo scenario ricostruito da Priore, opponendo una versione che vorrebbe il DC9 esploso a causa di una bomba a bordo.

La tesi della bomba è stata sostenuta dall’Aeronautica militare solo quando, nel 1989, a relitto recuperato, i periti conclusero che ad abbattere il DC9 era stato un missile. Prima di quel momento, la stessa Aeronautica aveva insistito sul cedimento strutturale. Guarda caso, il sottosegretario Giovanardi è sceso in campo sulla questione solo dopo che nel 2007 Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio nel giugno 1980, testimoniò ai magistrati che ad abbattere il DC9 erano stati i francesi nel fallito tentativo di colpire un aereo libico sui cui avrebbe dovuto trovarsi Gheddafi. Evidentemente qualcuno ha temuto che la verità fosse in procinto di emergere.

Da quando è nata l’associazione, nel 1988, non avete mai smesso di “bussare alla porta delle istituzioni” chiedendo verità e giustizia.

Si tratta di una battaglia che conduciamo innanzitutto per la dignità, oltre che per la giustizia. Nel nostro paese è potuto accadere che un aereo civile fosse stato abbattuto in tempo di pace con un’operazione di guerra. E quel che è più grave è che, come ha concluso Priore nella sua sentenza ordinanza, “nessuno ha dato la minima spiegazione di ciò che è successo”. Come Associazione, noi non siamo, come qualcuno ha detto, il “partito del missile”. Noi abbiamo sempre cercato la verità, non una verità. E ci aspettiamo che in questo senso, come ha ricordato oggi il Presidente della Repubblica, “ogni sforzo sia compiuto”.