Africa. Attacco alla Libia. ecco spiegazioni inedite, ma convincenti.

Scritto da: Antonio De Martini
Fonte: http://corrieredellacollera.com

VEDREMO SE E’ VERO.

Quale può essere il fil rouge che collega tutti  i paesi attaccati – e presi di mira  in varie forme –  dagli USA e Gran Bretagna con l’aiuto di una serie di ausiliari tradizionali  più o meno consapevoli?

Libia, Libano, Siria,Irak,Somalia, Sudan, Iran.  Non hanno in comune  l’etnia ( Iran è ariano mentre gli altri sono semiti  o – Sudan – misti).

Non hanno in comune  la religione: Libano ha cristiani, l’Iran è sciita, la Siria è mista. Non il petrolio: Somalia e Siria non ne hanno in quantità significative. Non la ricchezza: Somalia e Sudan non lo sono.

Se invece vediamo il negativo, vediamo che nessuno di questi paesi  figura tra i 56 aderenti alla Banca per i Regolamenti Internazionali.

In pratica sono paesi che hanno rifiuutato di far parte della comunità finanziaria internazionale  e  la Libia in particolare se la stava cavando molto bene:

  • Stando ai dati del FMI la Banca centrale libica possiede 144 tonnellate di oro nei suoi forzieri. Per un paese di tre milioni e mezzo di abitanti, non è niente male.  L’educazione  e l’assitenza medica sono gratuite; le coppie che si sposano ricevono  50.000 dollari a fondo perduto.
  • I Ribelli, ancora prima di costituire un governo provvisorio, hanno annunziato ( il 19 marzo) di aver costituito la BANCA CENTRALE DI LIBIA.  La Banca centrale di Libia ( quella di Gheddafi per intenderci) è pubblica e non privata, stampa la moneta e presta denari allo stato senza interessi per finanziare le opere pubbliche tra cui il famoso fiume sotterraneo fatto dall’uomo che utilizza le acque fossili del Sahara per irrigare tutta l’area agricola della Libia  che si trova al Nord. A proposito l’attività agricola in Libia è esentasse. Completamente. Questa politica è l’esatto contrario di quella seguita dal mondo occidentale  che fa pagare tutti i servizi quali l’educazione e la sanità ed ha privatizzato le banche centrali che fanno pagare gli interessi  agli stati quando forniscono loro i fondi.
  • La ragione ufficiale che ha spinto l’occidente a non mantenere le Banche Centrali come pubbliche  è  che questi prestiti aumentano l’inflazione, mentre prendere prestiti dalle Banche estere o dall FMI , non provocherebbe inflazione. In realtà prendere i denari a prestito da Banche centrali pubbliche  – senza interessi – riduce grandemente il costo dei progetti  pubblici di investimento  e in alcuni casi li riduce del 50%.
  • Gheddafi aveva da poco lanciato la proposta di creare una moneta unica africana IL DINARO ORO  e l’unico paese africano  che si era opposto, è stata la Repubblica del Sud Africa, che  è stata proprio quella che si è presentata  a Tripoli per la mediazione con i ribelli e la NATO.  Su questa proposta c’è un commento di Sarlosi che l’ha  giudicata “una minaccia per l’Umanità”.
  • Sia Saddam Hussein che Gheddafi avevano proposto  – entrambi sei mesi prima dell’attacco – di scegliere l’Euro ( o il dinaro) come valuta per le transazioni petrolifere.

ADESSO RESTIAMO IN ATTESA DI VEDERE  – IN CASO DI VITTORIA  DELLA NATO – SE  EDUCAZIONE E SANITA’ RESTERANNO GRATUITE, SE LA BANCA CENTRALE LIBICA ADERIRA’ ALLA  B.R.I. E SE L’INDUSTRIA PETROLIFERA LIBICA VERRA’ SVENDUTA A  PRIVATI.   Poi anche i più ingenui  cominceranno ad avere sospetti.

Biologico: la Rigoni di Asiago e l’eldorado bulgaro

Scritto da : Luca Bortoli
Fonte: http://www.howtobegreen.eu/

I Cimbri, l’agricoltura biologica, le società per azioni e la Bulgaria: un miscuglio insensato di termini e concetti, a prima vista. Ad un esame più approfondito si scoprono essere gli elementi costitutivi di una grande azienda, leader nella vendita di miele e confetture a livello nazionale e produttore conosciuto anche oltre confine: la Rigoni di Asiago, in provincia di Vicenza.
Pare che questo antico popolo nordico, i Cimbri appunto, stabilitosi nell’Altipiano dei Sette Comuni fuggendo i Romani che li avevano massacrati in battaglia, avessero grandi capacità nella produzione di miele e marmellate. È a queste conoscenze tradizionali che i Rigoni fanno riferimento diretto per spiegare i loro esordi.
La figura chiave, in realtà, fu la signora Elisa Antonini, nonna degli attuali dirigenti, la quale avviò all’apicoltura due dei nove figli che ebbe dal marito Antonio: erano poliomielitici, non potevano portare pesi, né fare grandi sforzi fisici. Difficile immaginarlo allora, eppure dal passatempo per due figli deboli, complicati da sistemare a livello lavorativo, i Rigoni hanno messo in piedi negli anni un piccolo impero che da Asiago di estende a est fino alle sponde del Mar Nero a ovest fino ad oltre oceano.L’Apicoltura Rigoni snc prende a marciare coinvolgendo alla fine tutta la famiglia. Fino al 1978 la sua attività principale consiste nella produzione del miele a partire dalle molte arnie sparse per i campi dell’Altipiano. L’avvento della terza generazione Rigoni alla guida dell’azienda segna una prima svolta: la trasformazione e la distribuzione di miele di produzione propria o acquistato da altri diventa l’attività preponderante. L’azienda cresce sempre più, introduce nel mercato il miele monoflora e altri prodotti apistici come confetture a base di miele e integratori. La commercializzazione viene rivoluzionata: niente più negozi specializzati, si passa alla grande distribuzione.
Col 1989 e la caduta del muro di Berlino arriva la crisi. Dall’est europeo la concorrenza è sfrenata: i prezzi calano, forse al pari della qualità dei prodotti. E proprio sulla qualità è basata, almeno per un verso, la risposta della Rigoni. 1992, si passa al biologico, una nicchia di mercato che nel tempo diventerà molto frequentata dai consumatori. Per un altro verso, differenziare la produzione diventa necessario. Al miele si affiancano le confetture, sbarca nel mercato Fior di frutta che abbina il biologico con competenze esclusive sulla dolcificazione naturale a partire dal succo di mela. È il 1997 quando l’Apicoltura Rigoni snc muta denominazione e forma: Rigoni di Asiago è ora una spa e dal 1997 tra i soci conta la finanziaria pubblica Sviluppo Italia (12,3%) e la regionale Veneto Sviluppo (29,8%). Dello stesso anno è la Rigoni Usa Inc, distributrice dell’intera gamma di prodotti negli States.
Miele biologico.
Tutto il miele commercializzato dal 1992 in avanti, giurano alla Rigoni, è biologico al 100%.
Accurata la scelta dei siti per gli alveari; controllato il raggio d’azione delle api, da uno a cinque chilometri; conservanti e aromi artificiali banditi dal prodotto; bandito pure l’uso di medicinali chimici per prevenire eventuali malattie degli insetti. Nel tempo i fratelli Rigoni hanno selezionato un discreto numero di apicoltori, sparsi in tutto il territorio nazionale, dai quali il miele viene acquistato, lavorato e venduto.

Le confetture, ovvero l’eldorado bulgaro
Le confetture Rigoni nascono in gran parte grazie alla quantità di frutta che fin dal 1993 proviene dalla Bulgaria. Notevoli i numeri di produzione, tutta biologica: 2000 ettari di superficie coltivata dislocata nei dintorni di Pazardijk, 3000 tonnellate di frutta prodotta ogni anno, due le società coinvolte nella gestione: Ecovita ed Ecoterra. Le coltivazioni principali riguardano fragole e fragoline: mille tonnellate di prodotto che impegnano mille raccoglitori. Ci sono poi varietà di more di rovo, prugne, ciliege, amarene, nocciole, lamponi, ribes nero, ribes rosso, uva spina e mele. Giunta in Italia surgelata, la frutta viene poi lavorata nel centro produttivo di Foza. Qui tutte le operazioni sono automatizzate e monitorate da computer che sono anche in grado di fornire la tracciabilità della materia dalla sua origine al confezionamento. Considerate anche le varietà italiane,sono seimila le tonnellate di frutta che ogni anno vengono lavorate a Foza.
La Rigoni di Asiago spa è oggi un colosso da 18.000 vasetti di confettura all’ora, smistati nella grande distribuzione tramite il polo di Albaredo Veronese. Dal 2005 i fratelli Rigoni sono tornati in possesso dell’intero pacchetto azionario e hanno fatto della loro azienda il leader indiscusso del mercato del biologico con prodotti come la Nocciolata e Dolcedì, lo zucchero delle mele. Nel 2006 Fiordifrutta si è imposta come la marmellata più acquistata dagli italiani

 

Soldi, bugie e deforestazione

Fonte: http://www.salvaleforeste.it

Soldi, tanti soldi, per pubblicare annunci pubblicitari che ingannano i consumatori. Con un programma che spazia dalla Repubblica a Internazionale, dal Sole 24 Ore al Frankfurter Allgemeiner, e a numerosi altri media europei, la Asia Pulp & Paper (APP), il colosso cartario noto per aver distrutto oltre un milione di ettari di foreste pluviali a Sumatra, presenta la propria immagine verde. Per chi ci vuol credere.
Già, perché la APP vanta il proprio impegno nella protezione… delle aree che sta distruggendo! Nello stesso momento in cui la APP annuncia di sostenere programmi di protezione di aree come i santuari della tigre del Senapis e di Bukut Tigapuluh e la riserva Unesco di Giam Siak Kecil, le ruspe dell’impresa radono al suolo proprio le foreste di questi habitat, per farne piantagioni di acacia.

Incredibile, ma vero: secondo quanto documentato dall’osservatorio indonesiano Eyes on the Forest, le licenze di taglio ottenute nel 2010 dalla APP, comprendono infatti aree nei paesaggi forestali di Giam Siak Kecil-Bukit Batu, del Bukit Tigapuluh, di Kerumutan e Senepis-Buluhala e della Penisola di Kampar, le stesse che la APP dichiara di proteggere.

Le nuove concessioni sono in gran parte collocate nelle aree di alto valore di conservazione, e per il 90% si trovano su suolo torboso, spesso con la torba più profonda di 4 metri. Esiste una legge indonesiana che vieta la conversione di queste aree di torba profonda oltre i 3 metri (Decreto Presidenziale N. 32/1990), e molti ritengono che tali concessioni siano da ritenersi illegali.

Illegali o meno, si tratta di un autentico crimine contro il clima globale: le foreste torbiere palustri sono ricchissime di carbonio, fino a 300 tonnellate per ettaro, e la loro distruzione per convertirle in piantagioni ha fatto dell’Indonesia il terzo emettitore di carbonio, dopo Stati Uniti e Cina. Secondo uno studio del Rainforest Action Network, la sola APP emette più CO2 di 165 nazioni del mondo – anche se pubblica “rapporti” in cui vanta un impatto pari a zero… semplicemente omettendo di calcolare le emissioni causate dalla deforestazione!

La APP, e il sistema di imprese che la riforniscono di fibre, sono stati indicati come i principali responsabili della distruzione della foresta pluviale di Sumatra che ha portato sull’orlo dell’estinzione specie come l’orango, la tigre e l’elefante di Sumatra: a queste e molte altre specie, la deforestazione sta sottraendo giorno dopo giorno l’ambiente vitale.

Mentre in Europa la APP cerca di presentarsi come un paladino dell’ambientalismo, negli Stati Uniti ha gettato la maschera, e finanzia le violente campagne anti-ambientaliste della Consumers Alliance for Global Prosperity, incentrata sul diritto della APP ad abbattere le foreste. Secondo un’inchiesta del New York Times, la APP è riuscita a coinvolgere i Tea Party, l’ala più oltranzista del Partito Repubblicano, nel sostegno alla causa della APP: il diritto di importare cellulosa e carta dalla Cina e dall’Indonesia senza curarsi di inezie come gli impatti ambientali. Una bizzarra alleanza, ma il denaro fa miracoli

 

Messico, sfollati dai narcos

Scritto da: Alessandro Grandi
Fonte: http://it.peacereporter.net/

Oltre 34mila morti violente. Più di 230mila persone costrette a sfollare dalle loro case e rifugiarsi in arre tranquille. Questi incredibili numeri snocciolati dal Idmc (Centro de Monitoreo de Desplaziaminetos Internos) all’interno del rapporto: “Mexico: desplaziamento, forzado a conseguencia de la violencia de los carteles de la droga” fanno parte della storia recente del Messico. Non sono certo una novità. Come non deve considerarsi una novità il fatto che almeno la metà dei 20mila sfollati si sarebbero trasferiti negli Usa. Sono piuttosto numeri impressionanti che devono far riflettere se vogliamo creare per i nostri figli un futuro mondo migliore.

Sono decine gli articoli di giornale che tutti i giorni raccontano il dramma della guerra fra e contro i cartelli della droga, un po’ meno quelli che raccontano il dramma quotidiano di quelle persone costrette a subire la guerra. Decine di famiglie costrette a scappare dalle loro terre d’origine per mettere in salvo la vita minacciata dalla violenza. Interi villaggi messi sotto scacco dalle potenti organizzazioni legate al traffico internazionale di stupefacenti e quasi costretti a chiudere. Un fenomeno, però, che dalla Segreteria de Gobernacion, ritengono riguardare solo alcune aree del Paese, quello dove l’influenza dei cartelli è più evidente.

Come il caso, forse unico, del piccolo villaggio di frontiera di Ciudad Mier, nello Stato di Tamaulipas, stretto nelle morsa di una guerra fra bande i Los Zetas e il Cartello del Golfo. Per settimane i cartelli si sono contesi il villaggio, minacciando la popolazione e costringendola ad abbandonarlo. E quei pochi valorosi cittadini, circa 400, che non hanno voluto sottostare alle minacce e sono rimasti a animare le case e il paese, sono stati consigliati dalle forze dell’ordine di lasciarlo. Magari raggiungendo lidi più tranquilli come il pueblo Miguel Aleman. I più abbienti hanno potuto raggiungere luoghi più lontani e sicuri. In molti hanno preso una decisione che magari finora avevano rimandato e si sono trasferiti negli Usa.

Nel frattempo, il Colegio de la Frontera Norte rende noto che negli ultimi cinque anni almeno la metà dei municipi di Praxedis Guerrero y Guadalupe, nello Stato di Chiuhuahua, ha visto un progressivo spopolamento, e quasi la metà della popolazione ha abbandonato le case per paura di restare vittima dei narcos.

In ogni caso il tributo maggiore lo stanno pagando i cittadini degli Stati di Chihuahua e Tamaulipas. E non è sempre facilissimo affrontare la situazione considerando che non tutti i cittadini hanno possibilità economiche sufficienti. Infatti, lo Stato messicano non prevede risorse da distribuire alle persone che decidono di andarsene.

E allora lo Stato che apporto dà? Nella città più pericolosa del Paese e probabilmente una delle più pericolose del mondo, Ciudad Juarez, lo Stato centrale messicano ha messo a disposizione 20 sociologi, 18 lavoratori sociali, 8 avvocati e un medico. Il tutto come supporto alle famiglie che in qualche modo sono state vittime della cieca furia della violenza dei cartelli.

Le forze dell’ordine ritengono che le vittime indirette della guerra potrebbero essere più di 70mila.

Omaggio a Vittorio Arrigoni

Nota della redazione:

In questi giorni si sta scrivendo tanto sul pacifista Vittorio Arrigoni…la nostra redazione si limiterà a rendere omaggio alla figura di questo uomo che ha pagato con la vita per gli ideali in cui credeva.


Foto tratta dal suo profilo su facebook

Med in Italy: la prima casa ecologica italiana alle olimpiadi di architettura “Solar Decathlon Europe 2012″

Scritto da :Verdiana Amorosi
Fonte: http://www.greenme.it/

Quarantasette metri quadrati calpestabili, 150 metri di struttura e un consumo di 2.000 kilowattora. È questo l’identikit della nuova casa ecologica made in Italy, che verrà presentata alle prossime Olimpiadi dell’architetturaSolar Decathlon Europe 2012”, una competizione internazionale tra venti Paesi, che presenteranno prototipi di abitazioni costruite a basso impatto ambientale, dove l’Italia partecipa per la prima volta.

La nuova casa ecologica realizzata in Italia non è solo ecosostenibile, ma anche bella, trasportabile e costruita seguendo lo stile mediterraneo; in breve un luogo di efficienza energetica e tecnologia, che consente di avere una temperatura mite sia in estate che in inverno, come ha spiegato Chiara Tonelli, docente dell’Università Roma Tre, responsabile del team di architetti che ha realizzato il progetto finalista:  “Il vero problema delle case nell’area del Mediterraneo è il caldo, non il freddo”.

E così, grazie ad una stretta collaborazione dell’Ateneo di RomaTre con quello della Sapienza, un gruppo di professori, neolaureati e studenti hanno unito le loro forze per realizzare il prototipo della casa del futuro, che però non dimentica le sue radici. Il team di architetti e studenti ha infatti messo in pratica anche in ambito architettonico quella filosofia che coniuga il presente, il futuro e il passato. Come? La pianta della casa si rifà alle antiche abitazioni dei Sumeri, con un giardino “raffrescante” all’esterno del patio, mentre lo sguardo al futuro è dato dall’energia rinnovabile rivenduta al fornitore e un’auto elettrica collegata alla rete di produzione, che funge da batteria per stoccare l’energia in eccesso. Smontabile e componibile in uno o più moduli, la nuova casa “Med in Italy” crea di fatto un nuovo di abitare, senza devastare il pianeta.

Non solo casa passiva perché quella progettata dalle università romane è in grado di produrre sei volte più energia di quella necessaria al suo fabbisogno. In tal modo è stato stimato che in 20 anni una casa di questo tipo eviterà l’immissione in atmosfera di oltre 121 tonnellate di emissioni di CO2, in pratica quanto un piccolo bosco di 120 alberi, senza dover rinunciare ad alcun comfort, ma al contrario, con la massima tecnologia a disposizione.

La spesa complessiva per costruire questa struttura eco-compatibile è di un milione di euro, mentre il prototipo ne costerà circa 250.000, la casa sarà rivestita con un materiale fonoassorbente e potrà essere messa su in tempi brevi, perfino in luoghi dove mancano collegamenti a reti fognarie ed elettriche. Ma il bello di Med in Italy è che può essere realizzata in due giorni e montata in appena otto: “Ciò consentirà di utilizzarla anche in territori turistici – ha detto Chiara Tonelli –  oppure dopo catastrofi naturali come i terremoti o nella prima accoglienza per i profughi”.

Tra i test che la nuova casa ecologica “Med in Italy” dovrà superare c’è anche una prova di comunicazione e fattibilità, in breve il grado di accoglienza della casa.  Ma se è vero che lo stile di vita mediterraneo è il più accogliente per eccellenza, forse vedremo premiati i nostri eco-architetti!

“La finale verrà disputata nel settembre 2012 e quindi ci aspetta un altro anno di lavoro, ma noi abbiamo già vinto una tappa fondamentale”, continua Tonelli. “Siamo stati scelti tra le centinaia di progetti presentati e questo ci consentirà di avere i fondi per realizzare l’edificio. Inoltre è la prima volta che una casa bioclimatica viene studiata con maggiore attenzione all’isolamento dal caldo rispetto a quello dal freddo. Noi mediterranei abbiamo una tradizione antichissima nel campo della bioclimatica e con Med in Italy abbiamo recuperato la ricchezza di questa storia costruttiva coniugandola con le possibilità offerte dalla tecnologia moderna. Questo binomio, unito a una forte attenzione all’aspetto estetico, è la chiave che può permettere all’Italia di tornare a giocare un ruolo di primo piano in questo campo”.

E allora…Forza Azzurri!

Continua la strage di Api. Colpa del mais

Scritto da: Gian Maria Maselli
Fonte : Il Giornale di Vicenza

IL CASO. Il grido di aiuto degli apicoltori, che oggi si riuniscono a convegno a Legnaro

Miola: «Da tre anni nei campi utilizzano i neo-nicotinoidi che stordiscono gli insetti: non trovano più l’alveare»

Zoom Foto

Ma quali sparizioni e apparizioni: le api stanno semplicemente… morendo. Stecchite a centinaia dal mais “conciato male”. Tanto che da un paio d’anni qualche apicoltore berico il miele lo fa con api importate dalla Calabria. A svelarlo è Pietro Miola, apicoltore di Monteviale, che interviene sull’avvincente “giallo delle api”.
Un mistero che ha tenuto banco nelle nostre zone, grandi produttrici di miele. “Le api se n’erano andate? Le api sono tornate? Colossali sciocchezze. In realtà, la maggior parte delle api era morta. E le altre, trasferite da noi apicoltori per non fare la stessa fine», spiega Miola.
E allora, di che parliamo, quando sentiamo che le api scompaiono misteriosamente da alcune zone del nostro territorio, per poi magicamente ricomparire in altre? Miola sbotta: «Macché misteri e magie. La verità è che da circa tre anni la concia del mais – che ormai è piantato, mi dicono, anche sui piazzali delle chiese – utilizza i neo-nicotinoidi. Che stroncano la gran parte delle api, in tre distinte fasi dell’anno. Ai primi di maggio, durante la semina del mais, muoiono perfino i pipistrelli, che si cibano degli insetti contaminati dalla sostanza, e i pesci, quando filtra nei fiumi. Poi in primavera, dopo che i neo-nicotinoidi sono stati ben assorbiti dalla pianta, ormai alta 40 centimetri, le api vanno a raccogliere l’acqua dalle foglie. E muoiono sul colpo. Infine a grano maturo altra morìa, perché le api raccolgono il polline dal pennacchio delle piante. Si stordiscono, e non trovano più la strada verso l’alveare. Freschi studi dell’Università di Padova hanno confermato questa ricostruzione».
Trovato il colpevole, si corre ai ripari. Ma il danno resta alto. «Negli ultimi due anni ho dovuto ricomprare, dalla Calabria, 200 alveari su 240 – spiega Miola – al costo di 130 euro per ogni famiglia d’api». Come fanno gli apicoltori a proteggersi? «Trasferendo gli alveari lontano dal mais – spiega Miola -. Io ad esempio li ho trasferiti sui colli Euganei. L’ape è un animale territoriale, ha un’autonomia di volo di 4 chilometri, e se perde l’orientamento muore. Mica si trasferisce da sola». Oltre ai trasferimenti forzati, quali contromisure restano? «Gli agricoltori dovrebbero fare come una volta – conclude Miola – rotando le colture tra mais, frumento ed erba medica”. Se ne parlerà anche  in un convegno scientifico alla Corte Benedettina di Legnaro.

La rubrica della fotografia: La camera obscura

Scritto da: Raffaella Bolla e Gianluca Menti
Fonte: La patatina fritta

Ciao a tutti

Ci è stato chiesto di scrivere qualcosa riguardante la fotografia, tenendo una rubrica in questo blog.

Abbiamo così deciso di cominciare questa nuova avventura nell’affascinante mondo della fotografia, iniziando dalla sua storia.

La fotografia è una disciplina relativamente giovane che però già possiede una ricchezza di contenuti paragonabile alle altre arti, essendoci stata un’evoluzione velocissima di questo mezzo, il quale ha portato la sua diffusione ad un livello capillare mai prima d’ora raggiunto.

Tutto sembra inizi con Aristotele nel IV a.c., quando, per poter osservare un’eclissi di sole, creò la camera obscura. Con questo nome possiamo indicare uno strumento capace di riprodurre su una superficie l’immagine capovolta della realtà. Questo processo avviene, similarmente a quanto accade nei nostri occhi, facendo passare la luce attraverso un piccolo foro (foro stenopeico) , e proiettando l’immagine su di un piano ad esso prospiciente. La camera obscura può avere diverse misure: può essere una piccola scatola, come pure un’intera stanza, da cui prende il nome di “camera”.

Nei nostri occhi succede lo stesso fenomeno: l’immagine entra attraverso il foro della pupilla e si forma capovolta sulla retina, posta in fondo all’occhio. Il cervello poi automaticamente raddrizza l’immagine, attraverso un raffinato meccanismo.

La camera obscura diviene così il principio base di ogni strumento fotografico, dai primi esemplari di macchina fotografica, alle ultime macchine dotate di sensore.

Lungo la storia l’evoluzione della camera obscura è assai ben documentata: nel 1039 lo scienziato arabo  Alhazan Ibn Al-Haitham la usò per lo stesso scopo di Aristotele.

Nel 1515 fu Leonardo da Vinci a descrivere tale processo, che chiamò Oculus Artificialis (Occhio Artificiale). La versione della camera obscura Leonardesca fu poi applicata alla pittura, permettendo agli artisti di ricalcare le viste di paesaggio.

Fu invece il fisico pavese Girolamo Cardano ad utilizzare una piccola lente convessa, antenata degli odierni obiettivi, per ottenere un’immagine più nitida.

Tre anni dopo Giambattista Della Porta, fisico napoletano, descrisse nel suo libro Magia Naturalis un apparecchio con lente e specchio riflettore per il raddrizzamento dell’immagine, in questo caso proiettata su di un vetro smerigliato.

Negli stessi anni il veneziano Daniele Barbaro descriveva una camera obscura utile per il disegno prospettivo.

Nel seicento prese piede l’uso della camera obscura portabilis: una scatola con una lente da una parte, sopra il foro di entrata della luce ed uno schermo di vetro smerigliato dall’altra, cosicchè l’immagine potesse essere vista dall’esterno della camera.

Nel 1620, per poter effetuare i suoi rilievi topografici, Giovanni Keplero, usava una tenda da campo come camera obscura. Una lente ed uno specchio, posti sulla sommità della tenda, rinviavano l’immagine su di un piano all’interno.

Dal ‘600 in poi l’uso della camera obscura prese piede nel mondo dell’arte, venendo utilizzata non solo per le vedute di paesaggio ma anche per la ritrattistica.

Una sua versione gigante fu costruita a tale scopo nel 1646 ad Amsterdam, da Athanasius Kircher. In questa camera, che permetteva all’artista di entrarvi, un foro consentiva alla luce di passare andando a riprodurre il paesaggio esterno sulla parete opposta. A questo punto il disegnatore tracciava su un grande foglio appeso alla parete i tratti principali del paesaggio, per poi completare l’opera in studio.

Kircher si avvide anche della possibilità di ripetere all’opposto il processo, creando le basi per la lanterna magica e quindi per i moderni proiettori.

Fu solo nel 1685 che il tedesco Johann Zahn realizzò la prima camera obscura reflex che perfezionava le precedenti. All’interno di questa era possibile, grazie ad uno specchio posto a 45 gradi rispetto alla lente dell’apertura, riflettere l’immagine su di un vetro opaco. Posizionandoci sopra i fogli da disegno era possibile ricalcare l’immagine proiettata. Lo stesso inventore costruì in seguito un modello più piccolo e meno complicato trasportabile ovunque.

To be continued!

In Italia c’è un complotto!!!

Di: Dott Fabio Troglia
Fonte :  http://www.lamiaeconomia.com/

Il governo ha abolito la “tassa di un euro sul cinema”. Lo ha annunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta nel corso di una conferenza stampa al termine del consiglio dei ministri di oggi.

Letta ha spiegato che la tassa di un euro che all’inizio avrebbe dovuto finanziare il tax credit per la cultura sarà sostituita dall’aumento dell’accisa sulla benzina di uno o due centesimi.

Una persona sana di mente,potrebbe fare una scelta più terribile di questa??
Io sono esterefatto e comincio a nutrire qualche serio dubbio di complotto,cioè che si stia facendo di tutto per distruggere l’Italia e renderla schiava di qualche super potenza.
Pensandoci bene, non è una cosa cosi pazza,pensiamo al patrimonio culturale del ns paese alle bellezze naturali, al cibo ecc..
Questa è l’unica spiegazione, perchè non è possibile che ogni nuova legge sia sempre contraria all’interesse del paese, sia sempre un blocco per la sua crescita non è possibile.
Pensate questo aumento, a catena cosa determinerà,oltre al costo del trasporto mezzo macchina,l’aumento di tutte le merci che vengono trasportate su gomma che in Italia ovviamente sono la maggiorparte ecc..
Io sono dell’idea che ci sia un disegno ben preciso voi cosa ne pensate??

In Toscana il primo ospedale “verde” in Italia

Fonte: http://www.sanitaincifre.it

Nasce in Toscana il primo ospedale “verde”. Parliamo del “Versilia“, situato per l’appunto sulla costa tirrenica che, grazie all’adozione di rigorose norme e tecnologie, è la prima struttura del genere a potersi fregiare della certificazione energetica in classe C. “Il fatto positivo – ha sottolineato l’assessore regionale al diritto alla salute Daniela Scaramuccia – è non soltanto legato al risparmio energetico, ma anche alla riduzione delle emissioni di CO2. Questo significa che si riesce a migliorare la qualità dell’ambiente, uno dei determinanti di salute. La certificazione energetica ottenuta è il risultato del grande sforzo compiuto dalla Ausl 12 e del lavoro di tutte le persone che si sono impegnate per raggiungere questo primato”.
La complessa verifica per l’ottenimento della certificazione in classe C del “Versilia” si è conclusa a gennaio scorso. Una grande performance per una struttura complessa come un ospedale generale che ha al suo interno attività diversificate che comprendono anche aree soggette a regimi impiantistici particolari come le sale operatorie, il day surgery, le terapie intensive e le stesse degenze ad alta intensità di cura. Il risultato è stato ottenuto grazie alla costante attenzione a due significativi aspetti: la struttura fisica dell’edificio e l’attenzione alla qualità dei componenti dell’involucro edilizio; la corretta strategia impiantistica e la grande attenzione agli strumenti di regolazione dell’energia, termica ed elettrica. Fin dalla progettazione, a metà anni ’90, è stata posta grande attenzione all’impatto ambientale dell’edificio ed all’efficienza energetica del fabbricato e dei suoi componenti. L’involucro “a doppia pelle”, le finestrature a taglio termico, le coperture del tipo “tetto verde”, le caldaie a condensazione, la trigenerazione, il free cooling, il sistema operativo di controllo delle performance, rappresentano solo alcuni esempi di questa attenzione che si è poi concretizzata durante la costruzione. Grazie all’estesa capacità di regolazione che si è sviluppata negli anni alla struttura è possibile dare energia (termica o elettrica) solo dove serve, quando serve e quanto serve, ispirandosi anche nella gestione energetica al principio dell’”appropriatezza”