Perché la Germania vuole le rinnovabili ad ogni costo

Scritta: Erika Facciolla
Fonte: http://www.tuttogreen.it/perche-la-germania-vuole-le-rinnovabili-ad-ogni-costo/

Germania_rinnovabili-350x220È notizia recente che la Germania, attraverso il suo Ministro dell’Ambiente, Peter Altmaier, abbia annunciato l’intenzione di innalzare l’obiettivo comunitario sulle rinnovabili dal 35 al 40% del fabbisogno elettrico nazionale entro il 2020. Il disegno di legge è stato già presentato in ottobre e prevede l’introduzione di nuove formule di incentivazione economica, delle normative specifiche e alcune formule di prelievo fiscale atte ad accelerare ulteriormente il ritmo di crescita sul fronte delle rinnovabili , in un Paese che è già arrivato al 25% della quota, rispetto al 35% fissato dall’Unione Europea per il 2020.

LA CONOSCI? Friburgo: la città più green della Germania

Con questo provvedimento vengono introdotti i tetti di potenza per determinare le soglie massime entro cui l’energia prodotta da eolico e biomasse non potranno più beneficiare degli incentivi, saranno ridefiniti i sistemi di accumulo con una logica di finanziamento dal basso, ed innalzati i tassi per kilowattora che i contribuenti tedeschi dovranno corrispondere allo stato per il consumo di energia elettrica direttamente in bolletta.

Ma se gli obiettivi europei sono già alla portata con diversi anni di anticipo e se gli ingenti investimenti operati nel campo dell’eolico e del fotovoltaico hanno già prodotto i risultati previsti, perché la corsa dei tedeschi verso le rinnovabili diventa ogni giorno più spasmodica? I motivi alla base di un simile atteggiamento sono riassumibili in quattro semplici parole: popolarità, condivisione, lungimiranza, ambizione.

FOCUS: La Germania prevede di raddoppiare l’energia solare prodotta entro il 2014

Punto primo: la popolarità e l’attenzione dei media ottenuta dalla Germania in tema di efficienza energetica è impressionante e ha contribuito a migliorare notevolmente l’immagine del Governo sia in Europa che agli occhi dell’opinione pubblica tedesca.

L’altra arma segreta del successo tedesco è senza dubbio la ‘condivisione’ del progetto. I risultati ottenuti sono il frutto di uno sforzo collettivo costato miliardi di euro e sostenuto dall’84% dei cittadini teutonici che condividono con i propri rappresentanti politici l’aspirazione di arrivare alla totale autosufficienza energetica nel più breve tempo possibile. E come se tutto ciò non  bastasse, anche se il costo dell’elettricità in Germania è uno dei più alti del Mondo (e con il nuovo provvedimento legislativo crescerà ulteriormente), gli utenti tedeschi sono molto attenti e virtuosi, tanto da potersi permettere tassi più salati senza pagare bollette esose.

Apparentemente potrebbe sembrare che la Germania voglia conquistare la strada delle rinnovabili ‘a tutti i costi’, ma la verità è che per i tedeschi il costo delle rinnovabili non sarà mai troppo alto rispetto al ‘prezzo’ che si potrebbe pagare in termini ambientali ed economici. Questa è quella che solitamente viene definita ‘lungimiranza’ ed è ciò di cui una Nazione dovrebbe disporre in abbondanza per crescere e prosperare.

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L’ultima, ma non per importanza, è la parola ‘ambizione’, o se preferite, ‘proprietà’. La popolazione tedesca vuole conquistare una fetta importante del sistema energetico nazionale. Cittadini e istituzioni sono già proprietari di gran parte dell’energia elettrica prodotta attraverso le rinnovabili e milioni di tedeschi stanno investendo i lori risparmi in titoli e quote di società specializzate nel settore delle rinnovabili. Come dire che i consumatori diventano produttori e proprietari dell’energia consumata, dunque la questione diventa un affare privato e pubblico al tempo stesso. Un fatto che agisce come moltiplicatore sull’economia locale con ricadute sociali a dir poco positive.

Critiche, pregiudizi e antipatie politiche a parte, non è forse arrivata l’ora di seguire il buon esempio?

pslt app: il linguaggio dei segni

Scritto da: Francesco Rinaldi
Fonte: la Patatina Fritta

psltQuando ci si guarda intorno ci si accorge che le novità in fatto di telefoni, smartphone e tablet non terminano mai. E con le novità, crescono sempre in numero anche le applicazioni per i nostri apparecchi. Se si cercano offerte di iPhone, c’è solo l’imbarazzo della scelta, così come per altre categorie di devices. Ma quello che meraviglia è soprattutto la continua evoluzione della comunicazione telefonica, che permette di restare sempre in collegamento con le persone, non più solo tramite messaggi vocali o sms, ma con app sempre più complete per condividere e vivere insieme, anche quando si è lontani.


L’ultima novità in fatto di innovazioni viene da una casa creatrice di software con sede in Scozia, la Technabling. Una soluzione quanto mai utile a chi non può utilizzare la propria voce per comunicare, ma utilizza il linguaggio dei segni. Compatibile con smartphone Android e pc portatili con sistema operativo Linux e/o Windows dotati di videocamera, questo piccolo programma rivoluzionario interpreta la sequenza dei segni, la rielabora e ne permette la visualizzazione come testo sullo schermo del computer o dello smartphone. Un vero e proprio traduttore che prende il nome di PSLT, ossia
Portable Sign Language Translator, che si prefigge l’obiettivo di superare i limiti della comunicazione proprio grazie alla tecnologia.


La Technabling stessa è nata con lo scopo di sviluppare e presentare sul mercato dei software che permettessero alle persone di potere vivere una vita di comunicazione a trecentosessanta gradi. E poiché non sempre è possibile, l’azienda ha sviluppato software come questi, che permettono all’intelligenza artificiale di capire ed assistere anche tutte le persone che non sempre riescono a comunicare in pieno regime! Un esempio di sviluppo di tali software è proprio il PSLT, che prevede non solo un vocabolario “classico” della lingua dei segni, ma anche la possibilità di creare dei segni propri, per gruppi di amici, per la famiglia o quant’altro, che superino il limite del linguaggio dei segni classico avvicinandosi molto al gergo dei gruppi.


Un’idea che prevede anche uno sviluppo continuo del linguaggio. E infatti, è lo stesso Ernesto Compatangelo, docente di informatica dell’Università di Aberdeen e fondatore di uno spin off della Technabling, ad evidenziare come un utente che faccia uso del PSLT può creare i propri linguaggi oltre ad utilizzare il linguaggio ufficiale e soprattutto può apportare suggerimenti per modifiche continue e successive che permettano uno sviluppo futuro del programma.


La caratteristica principali del PSLT è che può riconoscere qualsiasi linguaggio dei segni: al momento, essendo progettato in inglese, legge il BLS (linguaggio dei segni Inglese) e non ancora il LIS (lingua Italiana dei Segni), ma appena sarà disponibile nella versione italiana naturalmente sarà impostato anche il LIS. Inoltre, essendo progettato per superare ogni barriera, è sempre possibile associare ad un determinato segno anche un significato completamente diverso da quello reale, per creare uno slang, un codice segreto, o semplicemente per accrescere il proprio vocabolario!

 

La depressione accelera l’invecchiamento

Scritto da :Andrea Piccoli
Fonte: http://www.italiasalute.it/copertina.asp?Articolo_ID=12169

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Chi è depresso o lo è stato in passato si riconosce dalle sue cellule, nelle quali la malattia lascerebbe una traccia incancellabile. A dirlo è uno studio pubblicato su Molecular Psychiatry da un team del Vu University Medical Centre di Amsterdam.
I ricercatori olandesi hanno verificato nelle persone depresse l’esistenza di differenze evidenti nella lunghezza dei telomeri, il classico indicatore dell’invecchiamento dell’organismo umano.
La coordinatrice della ricerca Josine Verhoeven e i suoi colleghi hanno analizzato più di 2400 persone, che per un terzo erano depresse, per un altro terzo lo erano state in passato e per l’ultimo 33 per cento si mostravano in piena salute.
I volontari hanno donato un campione di sangue, che è stato analizzato in laboratorio proprio alla ricerca di segni particolari di invecchiamento cellulare, in relazione alle modificazioni nelle strutture profonde dei telomeri.
Ne è emerso che le persone con telomeri più lunghi rispetto agli altri non avevano mai sperimentato la condizione depressiva che aveva colpito il resto del campione. La differenza persisteva anche considerando il differente stile di vita, il vizio del bere o del fumare.
Secondo il team olandese, i telomeri accorciati sarebbero una conseguenza causata dalla reazione dell’organismo di fronte all’attivarsi dei sintomi depressivi: “questo ampio studio fornisce prove convincenti che la depressione è associata a diversi anni di invecchiamento biologico”spiegano i ricercatori.

Il gioco dell’arrampicatore sociale

Scritto da: Eleonora Degano
Fonte: http://eleonoradegano.wordpress.com

mad-men-opener“The social climbing game”: non è un gioco da tavolo, e nemmeno un reality show per spietati arrampicatori sociali. Si tratta invece di un’analisi statistica, frutto di uno studio realizzato alla SISSA di Trieste, che ha indagato le dinamiche della scalata al successo. Quante volte avete sentito dire “È raccomandato?” oppure “Ce l’ha fatta grazie alle sue conoscenze”? Ne ho parlato con Giancarlo De Luca, dottorando in fisica e co-autore dello studio, che è stato pubblicato sul Journal of Statistical Physics.

 

Come può la statistica dare rappresentazione fedele della società?

Abbiamo fatto una simulazione, utilizzando il metodo chiamato Monte Carlo. Il principio della è lo stesso di Facebook: più contatti ho, più sono popolare. Nel nostro modello i nodi rappresentano gli individui, e i link che li collegano le relazioni sociali. Il nodo centrale è il soggetto più influente della comunità, la persona “che conta” e alla quale bisogna avvicinarsi per la scalata sociale.  Nel caso di una società egualitaria, tutti gli individui avranno lo stesso numero di contatti. Nella realtà è invece probabile che solo un piccolo numero di persone abbia molti amici, mentre la maggior parte ne avrà pochi.

Un arrampicatore sociale, quindi, va a caccia di contatti nuovi.

Nella simulazione separavamo i link tra i nodi, attaccandoli ad altri nodi, e modificando quindi le interazioni sociali con un procedimento che prende il nome di rewiring. Questa modifica poteva essere accettata con una certa probabilità, modulata da un parametro chiamato beta. Questo parametro misurava quanto gli individui fossero propensi a tagliare i ponti col passato in favore di relazioni nuove con individui più influenti. Il parametro era impostato da noi, e variandolo abbiamo osservato le modifiche del sistema. A un valore di beta pari a zero, gli individui non hanno particolare interesse a migliorare il proprio status sociale, mentre all’aumentare del valore corrisponde un maggiore desiderio di spostarsi in una posizione centrale, interagendo con gli individui che contano.

Il livello di gerarchia della società da cosa deriva?

L’importanza di un individuo è data dall’influenza degli amici degli amici. Il fatto che una società abbia impronta egualitaria o gerarchica non dipende dal numero di individui che mirano all’ascesa, né dalle dimensioni della società stessa, bensì dall’importanza che i singoli danno al prestigio sociale. Gli individui che ottengono una posizione di predominanza tendono a mantenerla a lungo; al contrario, chi sta provando la scalata sociale tenderà a muoversi velocemente, sia in senso positivo che negativo.

L’equilibrio sociale è facile da compromettere?

In una società nella quale la gerarchia è ben strutturata, è semplice identificare i nodi centrali: i componenti hanno dunque chiaro quali contatti vanno abbandonati in favore di nuove interazioni. Una società ad alta impostazione gerarchica tenderà a essere sempre più gerarchica, e l’equilibro sarà difficile da modificare. I nodi centrali hanno una gerarchia ben precisa, perciò saranno molte le connessioni da destabilizzare per avvicinarvisi.

E nella realtà?

Abbiamo fatto molte simulazioni statistiche, partendo da differenti condizioni iniziali stabilite casualmente; molteplici realtà di partenza stabilite in modo casuale, e la possibilità per ogni nodo di cambiare la propria posizione. Nel suo essere stilizzato, questo modello quantitativo consente di verificare alcune osservazioni di sociologia, e fornisce indizi sulle dinamiche di scalata sociale nella realtà. Non abbiamo analizzato nessun dato reale, ma il modello riproduce fedelmente aspetti presenti nella società. Sarebbe prezioso avere un feedback dai sociologi, e poter associare al parametro beta delle misure realmente utilizzate negli studi, così da poter passare allo stadio successivo dell’analisi: la fase pratica.

 

Le agenzie di rating: il retroscena della finanza

Scritto da: Saverio Pipitone
Fonte: http://www.ilcambiamento.it/moneta/agenzie_di_rating.html

declassamento_agenzie_ratingLe agenzie di rating sono quelle società finanziarie private che emettono giudizi sulla credibilità economica e finanziaria di un paese,

Dalla seconda metà dell’Ottocento il processo di accumulazione del capitale ha seguito un avanzamento esponenziale e la stessa produzione che ne sta a fondamento non è riuscita a tenerne il passo.

La massa di capitali accumulati non ha tuttavia raggiunto il pieno impiego fino a quando non è subentrata la fase del capitalismo monetario che supera i cicli di produzione e consumo delle merci incentrandosi in un’odierna «società deindustrializzata e post-consumistica ovvero indebitata» per riprendere una frase di Stefano Franchini (nell’introduzione nel libro da lui curato Il capitalismo divino: colloquio su denaro, consumo, arte e distruzione, edito da Mimesis).

Un debito permanente che trascina interi Paesi e singoli consumatori ai quali si affibbia un’etichetta di affidabilità creditizia, meglio nota con il termine “rating”, emessa da agenzie private fondate alla fine dell’Ottocento.

Stiamo parlando delle tre sorelle Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch che da qualche anno influiscono sul mercato mondiale imponendosi come demiurghi delle crisi finanziarie.

Nel libro Le agenzie di rating (edito dal Mulino) Giovanni Ferri e Punziana Lacitignola ne descrivono l’origine, la struttura, il ruolo e le problematiche legate alla finanza internazionale affermando che «[…] le agenzie forniscono un’opinione su quello che è il merito di credito in un determinato lasso di tempo, e a essa è collegata una specifica probabilità di default».

Migliaia di organizzazioni economiche private o pubbliche vengono osservate nella capacità di onorare i debiti rimborsando capitale e interessi con una valutazione basata su una serie di elementi quali probabilità, rischio, incertezza e complessità, a cui si lega un segno alfanumerico che sintetizza varie informazioni quantitative o qualitative e in genere parte da una tripla A per un alto grado di solvibilità fino alla D per l’insolvenza.

Praticamente le agenzie di rating interpretano i dati del presente per anticipare gli scenari futuri, ma in realtà dai primi anni Duemila a oggi non hanno previsto la bancarotta di Enron negli Stati Uniti, il default dei bond argentini, i crac Parmalat e Cirio in Italia, il crollo della banca Lehman Brothers, avallando positivamente prodotti finanziari anomali su cui nessuno avrebbe scommesso e milioni di risparmiatori sono stati messi in ginocchio.

L’Associazione di consumatori Adusbef di Roma aveva già avvertito il mercato sulle previsioni errate delle tre sorelle del rating e qualche mese fa ha avviato un’azione legale contro una sospetta emissione di un rating sovrano negativo sull’Italia circa un presunto rischio di insolvenza ad adempiere agli impegni del debito pubblico.

La procura di Trani ha svolto le indagini concludendo poi l’inchiesta con l’accusa per Standard & Poor’s di «manipolazione di mercato pluriaggravata e continuata che ha provocato una destabilizzazione dell’immagine, prestigio e affidamento creditizio dell’Italia sui mercati finanziari»; nel documento di chiusura delle indagini si può leggere che «fornivano intenzionalmente ai mercati finanziari, quindi agli investitori, un’informazione tendenziosa e distorta in merito all’affidabilità creditizia italiana ed alle iniziative di risanamento e rilancio economico adottate dal Governo, per modo di disincentivare l’acquisto di titoli del debito pubblico italiano e deprezzarne il valore».

In questi giorni è toccata alla Francia essere declassata dall’agenzia di rating Standard & Poor’s che ne ha bocciato le politiche finanziarie e i ministri economici francesi hanno affermato che i giudizi emessi dall’agenzia sono inesatti.

Nel libro I signori del rating (edito da Bollati Boringhieri) Paolo Gila e Mario Miscali spiegano che per conoscere le agenzie di rating «il baricentro dell’attenzione deve essere spostato sugli assetti proprietari, sulla rete di relazione che esiste tra questi “sistemi esperti” che controllano e guidano i mercati, il mondo degli investitori e quello del rating. Che cosa accadrebbe se qualche società o qualche uomo della finanza fosse presente contemporaneamente su tutti questi piani (informazione, controllo, investimento, rating) e potesse accedere alle informazioni mondiali rilevanti alla velocità della luce mentre parallelamente decide le sorti di un Paese attraverso un giudizio di valutazione della capacità di credito dei suoi bond?».

Nell’agenzia Moody’s il principale azionista è il magnate Warren Buffet, mentre un azionista di minoranza comune alle tre sorelle è il fondo di private equity BlackRock, ed entrambi hanno puntato sempre su “cavalli vincenti”. Sullo stesso mercato questi big della finanza da un lato giudicano e dall’altro investono, richiamando alla mente il finanziere d’assalto degli anni Ottanta Gekko Gordon del film Wall Street che, munito di informazioni riservate e reperite con l’inganno, speculava cinicamente in Borsa per fare soldi in poche ore anche se provocava fallimenti di aziende e la perdita di posti di lavoro.

Il professore Pierangelo Da Crema nel libro La crisi della fiducia (edito da Etas) individua le colpe del rating nel crollo della finanza globale ma avverte che «[…] sbaglierebbe chi volesse riconoscere la radice di quanto è successo solo nell’avidità degli uomini del rating e della finanza. Su uno sfondo brulicante e sconfinato premono i bisogni e i desideri di un’umanità intera, la voglia di tutti di avere di più».

Siamo dinanzi a un gioco pericoloso dove a ogni debito corrisponde un credito e al vantaggio di uno lo svantaggio di tanti altri che sono oramai soggiogati da una pesantissima crisi non di penuria di beni ma per mancanza di eccesso, ovvero i beni non mancano e le persone vogliono consumare sempre di più senza mai soddisfarsi ed indebitandosi per mantenere questo stile di vita.

Il consumatore rappresenta l’ultimo anello di questo sistema capitalistico di produzione e distribuzione di beni di consumo, sia materiali che immateriali, ma paradossalmente ha il potere di influenzare tutta la filiera economico-finanziaria verso l’alto per avviare un primo cambiamento attraverso l’adozione di comportamenti di sobrietà nei consumi con una conseguente riduzione del debito.

una banca o un’azienda condizionando scelte finanziarie globali o nazionali che possono avere esiti devastanti per una società. Ma chi le muove? Come funzionano? Ecco una prima analisi di un esperto del settore che ci spiega i meccanismi speculativi di queste eminenze grigie della finanza liberista.

 

 

Enorme macchia solare sul Sole 13/11/2013

Scritto da: Annunaki
Fonte: http://www.nibiru2012.it/

5sx7Una mostruosa macchia solare, così l’hanno definita gli esperti del settore.

La macchia solare numero 1899 che qui vediamo far capolino nella parte sinistra della nostra stella.

è veramente fuori standard. Quello che preoccupa gli esperti è  la correlazione tra questa grande macchia solare e l’apogeo della cometa Ison di questi giorni.

Il Sole quando la cometa Elenin si trovò al suo apogeo generò brillamenti di classe M e X per svariati giorni. Ora sta succedendo nuovamente con la cometa Ison in avvicinamento: nei giorni scorsi il Sole ha emesso notevoli brillamenti solari che hanno disturbato non poco i satelliti geostazionari.

Ora sta arrivando questa macchia n.1899 e sarà rivolta verso la terra proprio nei giorni dell’apogeo di ISON.

Scatenerà un evento di Carrington ? Dobbiamo preoccuparci?

Quando il pittore non è umano…

Scritto da: Monica Taddia
Fonte: http://italiaparallela.blogspot.it

foto-madonnaEra il 1252 quando i Servi di Maria commissionarono al pittore Bartolommeo l’affresco dedicato all’Annunciazione nella cappella di Santa Maria a Cafaggio (ora frazione di Prato). L’uomo fece il possibile per rappresentare al meglio la scena, ma fu preso da profondo sconforto quando si rese conto di non essere in grado a dipingere il volto della Vergine Gloriosa (appellativo dato successivamente alla Madonna del dipinto).

Dopo numerosi tentativi e, probabilmente, anche qualche lacrima, Bartolommeo cadde in un inaspettato e profondo sonno. Al suo risveglio, però, era accaduto il miracolo: il volto di Maria era stato completato. E non parve essere opera di mano umana. Lo stesso Michelangelo affermò: “Quivi non è arte di pennelli, onde sia stato fatto il volto della Vergine, ma cosa divina veramente”.

Solitamente i pittori dell’epoca erano soliti rappresentare l’Annunciazione presentandoci una Madonna impaurita e sgomenta dall’apparizione dell’angelo. Nel caso di questo affresco, invece, la Vergine è calma e infonde in coloro che l’osservano in senso di beatitudine e serenità.

 

Circolava leggenda, fino al secolo scorso, che anche a Michelangelo fosse accaduto qualcosa di molto simile: mentre era intento a dipingere un quadro (non ci è dato sapere quale), si addormentò con il pennello in mano, esausto e piccato per l’essere impossibilitato a raggiungere il grado di perfezione che andava cercando. Si risvegliò dopo qualche ora ritrovandosi davanti agli occhi l’opera completata. Ma da chi?

 

Questi sono solamente due esempi di rappresentazioni in parte eseguite da mano umana e in parte per mano divina.

 

Vi sono poi dipinti definiti con il termine greco achiropiti -non dipinti da mani umane- come, ad esempio, la Madonna della Quercia di Conflenti (CZ), la più antica immagine mariana esposta al pubblico culto: la Vergine, avvolta da un manto azzurro e con un lino ricamato nella mano sinistra, tiene in braccio un Gesù raffigurato nell’atto di benedizione e con un libro (simbolo di parola divina) in mano.

 

Altro esempio è la Madonna di Rossano Calabro (CS), la cui realizzazione si aggirerebbe attorno all’ VIII sec. d.C., nonostante la leggenda narri del ritrovamento di questa icona nel 580 da parte dell’eremita Efrem.

 

 

 

Immagine: Madonna Achiropita di Rossano Calabro (CS)

 

La situazione nelle Filippine

Fonte: http://www.iljournal.it/2013/la-situazione-nelle-filippine/527219

Tacloban-aeroportoDopo la devastazione di Hayan le Filipine cercano di ricostruire. Gli aiuti arrivano ma ci sono problemi anche per questo.

Oggi il governo delle Filippine ha diramato il bollettino ufficiale delle vittime causate dal passaggio del tifone Hayan. Si parla di 1883 morti annunciati, di 2623 feriti e di 83 persone disperse.
Il bollettino dice anche però che i soccorsi sono ancora molto lontani dal raggiungere alcune delle zone più isolate dell’arcipelago quindi è chiaramente un bilancio provvisorio. Intanto la macchina degli aiuti umanitari di tutto il mondo si è messa in moto come abbiamo raccontato ieri.

In merito alla distribuzione degli aiuti bisogna registrare l’assalto alla zona di atterraggio della città di Tacloban, quella più danneggiata dal tifone, dove la gente esausta ha cercato di svuotare gli aerei senza attendere l’organizzazione di scarico degli aiuti. Ci sarebbero otto morti per una rissa scoppiata per assicurarsi alcuni sacchi di riso. E molta gente non sa come ricevere gli aiuti che sono stati destinati ai sopravvissuti.

Come se non bastasse, il convoglio di camion con i corpi delle vittime già recuperate, diretto al sito dove è stata predisposta una fossa comune per la sepoltura, è stato costretto a interrompere l’operazione a causa di colpi di arma da fuoco. Lo ha riferito il sindaco di Tacloban, tra le città più colpite.

Eco Courts: condomini ecologici – quali sono le caratteristiche

Scritto da: Nicoletta
Fonte: http://www.soloecologia.it/

ecocourtsPuò un condominio risparmiare e gestirsi in maniera più compatibile con l’ambiente? Assolutamente sì e i primi esperimenti lo dimostrano. In questo filone si inserisce il progetto Eco Courts. A Milano, ad esempio, due condomini con 300 famiglie, ci stanno provando sotto la guida degli Amministratori. L’obiettivo è di ridurre in un anno il consumo dell’acqua del 30% e del 15% quello dell’energia elettrica. Nel cortile dei caseggiati è stata installata una “piazzetta ecologica”, dove si raccolgono non soltanto i tradizionali rifiuti differenziati, ma anche farmaci scaduti e oli prodotti in cucina. E’ stata anche impiantata una fontanella per l’acqua pubblica che, oltre a refrigerare l’acqua, può aggiungere anche il gas – con enorme risparmio sull’acquisto di acqua al supermercato e molti metri cubi in meno di plastica conferita tra i rifiuti. Ogni appartamento è dotato di regolatori per il riscaldamento e a tutti i rubinetti sono stati applicati diffusori che nebulizzano l’acqua calda riducendone il consumo. Nelle parti comuni le vecchie lampade a fluorescenza sono state sostituite con le più recenti. L’acqua piovana viene recuperata per l’irrigazione del giardino. Non manca il bike sharing di condominio, costituito da vecchie biciclette totalmente rimesse a nuovo. In futuro si pensa a creare un locale per mettere in comune gli elettrodomestici. E c’è da scommettere che saranno in molti a voler copiare il progetto.

La Francia fa naufragare l’accordo di Ginevra sul nucleare iraniano

Scritto da: Nicola Pedde
Fonte: http://temi.repubblica.it/limes/

siti nucleari iraniani 500-2[Carta di Laura Canali]

Nonostante si fosse aperto sotto i migliori auspici, il secondo round negoziale fra Teheran e le potenze 5+1 si è concluso con un nulla di fatto a causa dell’ostracismo e del protagonismo di Parigi. Ma non tutto è perduto.

Sembrava quasi raggiunto l’accordo con l’Iran, il 9 novembre. Sembrava, perché improvvisamente qualcosa ha smesso di funzionare, facendo venir meno lo spirito di ottimismo e concretezza che sino ad allora aveva pervaso il negoziato tra Teheran e i paesi del 5+1.

 

 

È stata la Francia, senza tanti giri di parole, a non permettere la definizione di un accordo, cercando ancora una volta di imporre un ruolo e una visione della politica estera alquanto inappropriati e privi di senso mentre il secondo round negoziale per la definizione della questione relativa allo sviluppo del programma nucleare iraniano era partito sotto i migliori auspici.

 

La prima riunione si era conclusa con la consegna da parte dell’Iran di una proposta definita “interessante” dalle controparti. L’incontro successivo si era quindi aperto con uno slancio e un dinamismo che non si vedeva da anni nella gestione del complesso negoziato. A ribadire l’importanza dell’evento, e la necessità di individuare in quella sede e in quella tornata la dimensione generale di un accordo, ci avevano pensato i ministri degli Esteri di quasi tutti i paesi partecipanti al negoziato, giunti a Ginevra per condurre incontri paralleli e per supportare l’operato dei propri team.

 

 

Tra il pomeriggio di venerdì 8 e la mattina di sabato 9 l’entusiasmo aveva toccato l’apice, con la notizia del raggiungimento di una posizione comune che avrebbe potuto permettere, di lì a poco, la definizione di un accordo.

 

Le parti erano concordi nel definire la sostanza dell’intesa sulla necessità di arrestare il programma di arricchimento, rimandando a una fase successiva i dettagli relativi all’effettuazione delle ispezioni, al funzionamento delle centrali e, soprattutto, alla gestione delle scorte già esistenti di uranio arricchito. Inoltre, la convergenza riguardava l’opportunità di trattare con la massima cautela la questione dell’arresto e graduale riduzione dell’attività nelle centrali di Fordo e Arak che, senza ombra di dubbio, costituivano – e costituiscono – l’elemento cruciale di questa fase del processo negoziale. Tutti erano infine pronti a definire almeno la bozza di un accordo di massima che avrebbe loro permesso di capitalizzare al meglio, nei rispettivi ambiti politici nazionali, il successo dell’evento.

 

Tutti, tranne la Francia. Le prime avvisaglie del problema si sono avute proprio con le esternazioni alla stampa di un delegato francese, fatte a più riprese, attraverso le quali alcune informazioni sensibili sul negoziato stesso sono state rese pubbliche ancor prima che la Ashton ne facesse menzione agli inviati.

 

L’atteggiamento francese ha urtato non poco la suscettibilità dei diplomatici presenti all’incontro, che non hanno fatto mistero di aver giudicato inopportuna la decisione della Francia di contravvenire alle regole di comunicazione imposte dalle circostanze. Alla chiusura dei lavori, per mezzo delle comunicazioni ufficiali, è stato chiaro come e quanto tutti i partecipanti non abbiano digerito in alcun modo gli ostacoli frapposti da Parigi al raggiungimento di un accordo, tanto da lasciare Ginevra con un’evidente amarezza stampata in volto.

 

 

Dalle prime indiscrezioni è risultato che i delegati francesi avrebbero rifiutato la definizione di un accordo di base, chiedendo piuttosto la chiusura degli impianti di Arak e una riduzione sostanziale delle scorte di uranio arricchito. A nulla sarebbero valsi i tentativi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania, Cina e Russia, concordi nel sostenere la necessità di un accordo progressivo e calibrato, cui far seguire nei prossimi mesi un programma particolareggiato per limare gli aspetti tecnici. L’obiettivo di portare a casa un risultato immediato e di grande impatto per le opinioni pubbliche iraniane, europee e statunitensi è quindi svanito, sebbene si possa comunque trarre una nota positiva dagli incontri di Ginevra.

 

Tutti, a eccezione della Francia, sono arrivati al tavolo delle trattive con la chiara e manifesta volontà di tornare a casa con un accordo in tasca. Questo atteggiamento, dopo anni di pericolosa chiusura, è indubbiamente un risultato epocale, motivo per cui è ancora possibile sperare che il prossimo 20 novembre, quando i negoziati riprenderanno a Ginevra, possa essere finalmente trovata un’intesa.

 

 

Restano tuttavia non pochi ostacoli lungo il percorso. I prossimi 10 giorni vedranno solertemente all’opera i principali detrattori di qualsiasi ipotesi di successo. Sono infatti palesemente preoccupati dalla possibilità di un riavvicinamento tra Iran e Stati Unti non solo i sauditi e altre monarchie del Golfo Persico, ma anche Benjamin Netanyahu, che non ha nascosto in alcun modo la propria insoddisfazione nel constatare l’amichevole dimensione entro cui sono stati condotti i negoziati di Ginevra.

 

Per i primi il consolidamento dell’Iran e della sua strategia regionale rappresenta una minaccia esistenziale di immani proporzioni, mentre per Netanyahu significa il crollo ideologico della politica di sicurezza impostata dal suo governo in questi anni.

 

 

Una fase difficile ed estremamente delicata, ma ancora caratterizzata dalla volontà di quasi tutti gli attori di individuare il percorso che può portare a una soluzione. Non tutto, quindi, è perduto.

 

 

In questi 10 giorni l’auspicio è che l’Europa e gli Stati Uniti riescano a convincere la Francia ad abbandonare la politica di chiusura e ostracismo verso il negoziato.